Procura speciale (Cass. n. 9641/2013)

Redazione 19/04/13
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Svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente notificato C.A. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Sondrio T.W. e M.B. chiedendo dichiararsi in via principale la nullità delle procure speciali conferite (l’una in proprio e l’altra come rappresentante della zia An.Cu.) da essa attrice al T. in data 2-12-1992 autenticate dal notaio ****** aventi ad oggetto delle compravendite immobiliari, la dichiarazione in pari data sempre dell’esponente di esonero del rappresentante dal rendiconto, nonché la successiva scrittura privata di compravendita di immobili del 31-3-1993, sempre ad autentica da parte del notaio ******, che il T., avvalendosi dei poteri conferitigli dalle predette procure, aveva concluso con sé stesso; in via subordinata la C. chiedeva annullarsi i predetti atti e, in via ulteriormente subordinata, chiedeva il risarcimento dei danni subiti pari al valore degli immobili oggetto degli atti dei quali chiedeva la nullità o l’annullamento; la domanda subordinata di annullamento, in particolare, veniva fondata sull’esistenza di artifici e raggiri posti in essere nei suoi confronti dalla B. che l’avrebbero indotta a sottoscrivere i richiamati atti, situazione della quale avrebbe profittato il T..
Quest’ultimo costituendosi in giudizio si dichiarava all’oscuro delle accuse di attività ingannatoria mosse dalla C. alla B., assumeva di aver ricevuto dalla C. le procure a vendere degli immobili, di avervi provveduto versando il relativo prezzo, e di aver anzi estinto il mutuo ipotecario gravante sugli immobili pur garantitigli liberi, versando l’importo di lire 37.000.000; il convenuto chiedeva il rigetto delle domande attrici ed il risarcimento dei danni subiti per il mancato utilizzo degli immobili acquistati, immobili che la C. si era rifiutata di rilasciare, nonché per l’esborso effettuato per la cancellazione dell’ipoteca iscritta sugli immobili.
Si costituiva in giudizio anche la B. rilevando che le affermazioni dell’attrice erano infondate, di non aver assunto alcun impegno nei confronti della C. e di non comparire in alcun modo negli atti impugnati da quest’ultima per vizi della volontà; chiedeva quindi il rigetto delle domande attrici.
Nelle more il T. introduceva altro giudizio nei confronti della C. chiedendo, previa riunione dei due procedimenti, la condanna della C. al rilascio in suo favore degli immobili da esso acquistati; la C. resisteva alla domanda.
Riuniti i procedimenti il Tribunale adito con sentenza del 27-11-01 accoglieva la domanda subordinata della C., annullava le procure speciali irrevocabili rilasciate il 2-12-1992 dalla C. stessa in favore del T. , la connessa quietanza in pari data nonché la scrittura privata contenente due atti di compravendita stipulati da quest’ultimo con sé stesso in data 31-3-1992.
Avverso tale sentenza proponeva impugnazione il T. ; si costituiva la B. proponendo appello incidentale e chiedendo la reiezione delle domande della C.; si costituiva in giudizio la C. resistendo ad entrambi i suddetti appelli.
La Corte di Appello di Milano con sentenza del 23-3-2006 ha rigettato il gravame.
Per la cassazione di tale sentenza il T. ha proposto un ricorso basato su quattro motivi cui la C. ha resistito con controricorso; la B. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

 

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione degli artt. 81 c.p.c. e 1441 c.c., premesso che la C. aveva chiesto la declaratoria di nullità o in via subordinata l’annullamento delle due procure speciali da essa conferite al T., l’una in proprio, l’altra quale subrappresentante della zia An.Cu., rileva che con la prima scrittura privata del 31-3-1993 l’esponente aveva acquistato determinati beni immobili di proprietà di quest’ultima; pertanto la domanda di annullamento per vizio del consenso dell’atto di compravendita riguardante detti immobili posto in essere dal T. poteva essere proposta soltanto da An..Cu. , dante causa del T. , mentre detta domanda era stata avanzata da soggetto privo di “legitimatio ad causarti” nonché della titolarità attiva del rapporto dedotto in giudizio.
La censura è infondata.
Premesso che la Corte territoriale ha affermato che il giudice di primo grado aveva ritenuto che A.C. aveva proposto domanda di annullamento per dolo delle procure conferite al T. il 2-12-1992 in forza delle quali quest’ultimo si era poi reso acquirente degli immobili di proprietà di A.C. e di Cu.An., non risulta che la sentenza abbia esaminato, né il ricorrente deduce di aver prospettato, la questione degli effetti dell’annullamento delle procure sulla validità degli atti di compravendita stipulati in base ad esse, questione che la sentenza di primo grado aveva risolto annullando anche questi ultimi atti e l’atto di quietanza, cosicché l’esame della questione della legittimazione di C.A. all’azione di annullamento dei contratti di compravendita degli immobili di proprietà di An.Cu. è preclusa dal giudicato.
Con il secondo motivo il T., denunciando violazione dell’art. 102 c.p.c., assume la nullità della sentenza impugnata per non aver partecipato al giudizio la litisconsorte necessaria Cu.An. con riferimento alle domande di nullità e di annullamento per vizio del consenso della compravendita di cui alla scrittura privata del 31-3-1993 avente ad oggetto degli immobili di proprietà della suddetta An.Cu.; infatti quest’ultima non poteva non essere parte del giudizio avente ad oggetto la validità o meno del negozio sostanziale.
La censura è fondata.
La domanda proposta da A.C. di annullamento del contratto di vendita avente ad oggetto i beni di proprietà di Cu.An. era finalizzata alla pronuncia di una sentenza costitutiva con effetti estintivi del suddetto negozio con una incidenza diretta sulla posizione giuridica di quest’ultima, in quanto per effetto dell’accoglimento di tale domanda gli immobili predetti erano destinati a rientrare nel suo patrimonio; pertanto è evidente che ****** era litisconsorte necessaria in ordine al giudizio introdotto con la suddetta domanda.
Con il terzo motivo il ricorrente, deducendo violazione dell’art. 2732 c.c. nonché vizio di motivazione, assume che il giudice di primo grado aveva annullato la dichiarazione sottoscritta da C.A. in data 2-12-1992 avente ad oggetto la quietanza relativa al pagamento del prezzo dei beni oggetto di procura ed il conseguente esonero del procuratore dal rendiconto per errore di fatto; ebbene la Corte territoriale sul punto non si è espressa malgrado la questione relativa all’annullamento della quietanza fosse stata oggetto del capo della sentenza impugnata; in realtà semmai detta dichiarazione confessoria risultava essere stata annullata per dolo, mentre l’art. 2732 c.c. ammette la revoca della confessione soltanto per errore di fatto o per violenza.
Il motivo è inammissibile.
Invero, poiché la questione prospettata, che implica un accertamento di fatto, non risulta trattata dalla sentenza impugnata, il ricorrente, al fine di evitare una sanzione di inammissibilità per novità della censura, aveva l’onere – in realtà non assolto – non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di appello, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo avesse fatto, per dar modo a questa Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.
Con il quarto motivo il T. , denunciando violazione egli artt. 1439 secondo comma c.c. – 116 c.p.c. e 2729 c.c. nonché vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto sussistente la conoscenza da parte del T. degli artifici posti in essere da un terzo sulla base di presunzioni contraddittorie, non univoche ed illogiche.
Il ricorrente assume anzitutto di aver voluto acquistare i beni di An.Cu. ed A.C. ad un prezzo vantaggioso ma sicuramente congruo, e di non aver saputo nulla in ordine a ristrutturazioni o eventuali accordi tra la B. ed C.A.; inoltre il T., considerato beneficiario dell’operazione, aveva erogato tra il dicembre 1992 ed il marzo 1993 60.000 franchi svizzeri ad An.Cu., 55.000.000 lire alla B. per girarli ad A.C. e lire 33.852.596 per l’estinzione dell’ipoteca senza aver avuto la disponibilità materiale dell’immobile sempre occupato da A..C. ; aggiunge che i prezzi di vendita degli immobili non erano irrisori ma congrui, contesta che il pagamento in contanti del prezzo in favore di quest’ultima fosse inverosimile, laddove era stato provato che il pagamento effettuato in favore di An..Cu. , avvenuto lo stesso giorno, era pure stato effettuato in contanti; infine l’estinzione del mutuo da parte del T. era circostanza confermativa della sua buona fede.
Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha ritenuto che la consapevolezza da parte del T. dell’attività dolosa della B. nei confronti di A..C. era provata da una serie di elementi; al riguardo ha evidenziato l’assenza di spiegazioni in ordine al conferimento in favore del T. di procure speciali irrevocabili da parte di una persona come A.C. a lui sconosciuta, l’assenza di una prova documentale, al di là dell’annullata quietanza, dell’effettivo passaggio di denaro in favore di A.C., l’estinzione del mutuo da parte dell’acquirente nonostante l’acquisto degli immobili garantiti liberi da pesi, e l’irrisorietà del prezzo pagato.
Orbene la Corte territoriale ha posto in essere un accertamento di fatto in ordine alla conoscenza da parte del T. dei raggiri usati dalla B. nei confronti di A.C. ed alla circostanza che egli ne abbia tratto vantaggio (ai sensi dell’art. 1439 secondo comma c.c.) sorretto da logica e congrua motivazione, come tale insindacabile in questa sede; in particolare appare logico sia l’argomento relativo al fatto del non avere il T. giustificato il rilascio delle procure a vendere in suo favore da parte di una persona sconosciuta, considerata la natura fiduciaria che connota tanto la procura quanto l’esonero da rendiconto, sia quello riguardante il prezzo di vendita irrisorio, atteso che, avendo il T. contrattato con sé stesso, tale prezzo avrebbe dovuto essere preordinato nelle procure, mentre la sua irrisorietà costituiva una evidente anomalia in un atto che escludeva il riferimento al prezzo di mercato.
In definitiva all’esito dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso la sentenza impugnata deve essere cassata, e la causa deve essere rimessa ai sensi dell’art. 383 ultimo comma c.p.c. ad altro giudice unico del Tribunale di Sondrio; data la natura particolare della controversia ricorrono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese di tutti e tre i gradi di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo ed il quarto, dichiara inammissibile il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, rinvia la causa ad altro giudice unico del Tribunale di Sondrio e compensa interamente tra le parti le spese di tutti e tre i gradi di giudizio.

Redazione