Interrogatorio libero anche nel processo amministrativo (Cons. Stato n. 1069/2012)

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Massima

Anche nell’ambito del processo amministrativo, le parti possono essere sottoposte all’interrogatorio libero.

Nulla rileva, in tal senso, la mancata previsione espressa del codice del processo amministrativo di un tale strumento probatorio.   

L’ammonimento per stalking in sede amministrativa ed i provvedimenti in materia del giudice penale hanno sia natura che finalità diverse, che giustificano una differente intensità dell’attività investigativa che viene richiesta in tali sedi.

Nello specifico, non è necessario ai fini dell’ammonimento che si sia raggiunta la prova del reato, essendo, invece, sufficiente in tal senso, fare riferimento ad elementi da cui sia possibile desumere, con un sufficiente grado di attendibilità, un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che ha ingenerato nella vittima un forte stato di ansia e paura.

 

 

 

1.     Premessa

 

Con la decisione in commento i giudici del Consiglio di Stato hanno precisato e ribadito che anche nell’ambito del processo amministrativo le parti possono essere sottoposte all’interrogatorio libero, a nulla rilevando la mancata previsione espressa del codice del processo di cui trattasi di un simile strumento probatorio.

Nella fattispecie esaminata dai giudici una donna era finita in carcere per omicidio e tornata in libertà aveva cercato con molta insistenza di mettersi in contatto con il figlio che non vedeva da tempo.

Una simile insistenza (1) portò ad un provvedimento di ammonimento da parte del questore, il quale ritenne che le condotte poste in essere dalla donna potessero integrare il reato di stalking previsto e punito dal codice penale all’articolo 612 bis.

Da ciò l’impugnazione dell’atto amministrativo dinanzi al TAR.

 

 

2. Conclusioni

 

Il giudice amministrativo, dopo l’interrogatorio libero della donna, decise per la liceità della condotta tenuta dalla stessa (2) e, quindi, annullò il provvedimento impugnato.

Da qui la decisione del Ministero dell’Interno di rivolgersi a Palazzo Spada, chiedendo di appurare la nullità dell’interrogatorio libero, poiché una simile attività processuale, oltre a non essere prevista dal decreto legislativo n. 104 del 2010, non potrebbe trarsi dal rito amministrativo nemmeno alla luce di una lettura sistematica dello stesso.

Il pensiero del Ministero, tuttavia, non è stato condiviso dai giudici di Palazzo Spada che, con la sentenza che si annota, hanno sostenuto la “piena cittadinanza del mezzo istruttorio” anche nel procedimento di cui trattasi.

La mancata previsione nel codice del processo amministrativo (3) tra le attività istruttorie, dell’interrogatorio libero delle parti, non può indurre a pensare che nel processo citato non possa essere ammesso tale interrogatorio, atteso che lo stesso non costituisce un mezzo di prova, bensì uno strumento di possibile convincimento del giudice di natura sussidiaria.

Affinché possa parlarsi di atti persecutori che possono dar luogo all’ammonimento per stalking è necessario che ricorrano cumulativamente tali elementi:

–         la sussistenza di condotte reiterate di minaccia o molestia nei confronti di taluno;

–         l’insorgenza nella vittima di uno stato di ansia, di paura o di timore per l’incolumità propria o di un congiunto ovvero l’alterazione delle abitudini di vita;

–         la sussistenza di un nesso di causalità tra la condotta del persecutore e lo stato d’animo o l’alterazione delle abitudini di vita della vittima.

L’ammonimento per stalking, benché atto amministrativo, ha una diretta incidenza anche sulla vicenda penale, in quanto determina la perseguibilità d’ufficio del reato degli atti persecutori e comporta, in caso di condanna, un aumento di pena. In questo senso, non è condivisibile l’affermazione che un simile provvedimento sarebbe privo di immediata lesività e, in quanto tale, neppure impugnabile.

Per tacere delle ripercussioni che l’ammonimento può determinare sul piano dell’immagine e dell’identità personale di chi ne è destinatario, tanto più in contesti ed ambienti raccolti dove è più difficile conservare l’anonimato (4).

 

 

 

Manuela Rinaldi 
Avvocato foro Avezzano Aq – Dottoranda in Diritto dell’Economia e dell’Impresa Università La Sapienza, Roma, Proff. Maresca – Santoro Passarelli; Tutor di Diritto del Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. A. Maresca; Docente in corsi di Alta Formazione Professionale; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano, Aq; Docente nel corso di preparazione all’esame da avvocato c/o Tribunale di Avezzano organizzato dal COA di Avezzano unitamente alla  Fondazione Studi Giuridici “Cassinelli – Buccini”; Direttore Amministrativo Fondazione Studi Giuridici “Cassinelli – Buccini” c/o COA Avezzano;

 

 

 

__________
(1)     Che si concretizzava in continue telefonate nonché appostamenti nei luoghi di frequentazione del figlio.

(2)     In base a quanto considerato dal giudice la condotta della donna era stata frutto solamente della frustrazione retaggio del difficile reinserimento nella società della stessa.

(3)     Cfr. in tal senso gli articoli 63 e seguenti del codice del processo amministrativo.

(4)     Sul punto cfr. http://www.avvocatocarlin.it/news/testo/?id=504

Sentenza collegata

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