Processo amministrativo: competenza territoriale (Cons. Stato, ad. plen., n. 38/2012)

Redazione 12/12/12
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FATTO

1. Il Rettore dell’Università di Messina, prof. *******************, in carica dal 2004, veniva eletto per un secondo mandato nel 2007 (a.a. 2007/2008), con naturale scadenza al 31 ottobre 2011, non più rinnovabile per proroga di mandato e limite di legge.

2. Con D.R. 3 agosto 2010, previa delibera del Senato e del C.d.A. dell’ateneo, lo stesso Rettore apportava modifiche allo statuto, mediante le quali si disponeva (art.57) che “i mandati in corso degli organi elettivi, compresi il Collegio dei revisori dei conti ed il Nucleo di valutazione di Ateneo sono prolungati di un anno”

3. Siffatto provvedimento veniva impugnato da un gruppo di docenti e dipendenti dei ruoli tecnico- amministrativi dell’Università e annullato dal Tribunale amministrativo di Catania con sentenza 29 ottobre 2011 n. 2586 (confermata dal C.G.A. con ordinanza n. 86/12).

4. Nel frattempo sopraggiungeva la legge 30 dicembre 2010 n. 240, di riforma del sistema universitario, la quale, all’art. 2, comma 9, prevedeva la proroga del Rettore in carica al momento dell’adozione del nuovo statuto (attuativo dei nuovi contenuti della riforma) per un anno accademico.

5. Il nuovo statuto dell’Università, esitato dalla competente Commissione istruttoria (art.2 comma 5 l. n. 240 del 2010) entro il termine di legge (29 luglio 2011 exart. 2 comma 1 legge cit.) veniva adottato dagli organi di ateneo il 29 ottobre 2011.

6. Lo statuto veniva trasmesso al Ministero dell’istruzione per il controllo ex art. 6 l. 9 maggio 1989, n. 168 e restituito con nota 7 marzo 2012, n. 1243; l’ateneo deliberava di uniformarsi ai rilievi ministeriali in data 4 e 13 aprile 2012.

7. Il nuovo statuto, adottato il 29 ottobre 2011 e pubblicato nella GURI il 19 maggio 2012, entrava in vigore il 3 giugno 2012, con la conseguenza che il Rettore (scaduto il 31 ottobre 2011) veniva prorogato nel proprio ufficio ex lege per l’anno accademico 2011/12 (ex art. 2 comma 9 l. n. 240 cit.: “Il mandato dei Rettori in carica al momento dell’adozione dello Statuto di cui ai commi 5 e 6 è prorogato sino al termine dell’anno accademico successivo” ).

8. In ragione del combinato disposto degli artt. 9 comma 3 e 53 primo comma dello statuto d’ateneo, le elezioni per il rinnovo della carica di Rettore dovevano celebrarsi almeno 90 giorni prima della scadenza della carica e con preavviso di almeno 30 giorni, cioè entro il 3 giugno.

9. Rilevata la mancata emissione del decreto di convocazione delle elezioni ad opera del professore decano, un gruppo di docenti e dipendenti dell’ateneo avanzavano istanza perché si procedesse negli adempimenti in questione.

10. Il Decano dava riscontro con decreto n.1608/12 con il quale, in ragione delle note ministeriali che interpretavano la norma transitoria di cui al comma 9, terzo periodo, dell’art. 2 l.n. 240 cit. nel senso che la stessa si riferiva al momento dell’adozione definitiva dello statuto, respingeva la richiesta di convocazione delle elezioni.

11. Avverso tale rigetto i prof. Risicato ed altri proponevano ricorso al TAR del Lazio, deducendo i seguenti motivi.

12. Violazione e falsa applicazione art. 2, commi 1, 5, 6, 7 e 9 l. n. 240, come interpretato dall’art. 7, comma 42 ter, d.l. 6 luglio 2012 n. 95, introdotto dalla l. 7 agosto 2012, n. 135. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento e della mancanza dei presupposti.

Secondo il disegno normativo dell’art. 2 della l. n. 240 del 2010, le Università statali dovevano provvedere alla riforma dei propri statuti entro sei mesi (primo comma); in caso di mancato rispetto di tale termine il Ministero doveva assegnare alle università il termine di tre mesi per adottare le modifiche statutarie (comma 6); lo statuto adottato doveva essere trasmesso al Ministero per il previsto controllo ex art. 6, l. n. 168 del 9 maggio 1989, da esercitarsi entro 120 giorni dalla ricezione dello stesso (comma 7); il mandato dei rettori in carica al momento dell’adozione dello statuto di cui ai commi 5 e 6 era prorogato fino al termine dell’anno accademico successivo (comma 9).

Successivamente, in sede di approvazione del d.l. 6 luglio 2012, n. 95 veniva introdotto, fra l’altro, un nuovo comma 42- ter dell’art. 7 del d.l. n. 95 a mente del quale “allo scopo di garantire una corretta transizione al nuovo ordinamento, l’art. 2 comma 9, terzo periodo, della l. n. 240 del 2010 si interpreta nel senso che, ai fini della decorrenza della proroga del mandato dei rettori in carica, il momento di adozione dello statuto è quello dell’adozione definitiva all’esito dei controlli previsti dal comma 7 del medesimo articolo”.

Nella fattispecie, i controlli sul nuovo statuto dell’Università di Messina si erano conclusi con la nota ministeriale 7 marzo 2012, n. 1243, con le deliberazioni del C.d.A. e del Senato del 4 e del 13 aprile e la successiva pubblicazione nella G.U. del 19 maggio 2012, quando però il ***************** non era più in carica, essendo cessato dalle funzioni sin dal 1 novembre 2011 alla scadenza naturale del mandato, con lo spirare dell’anno accademico 2011/2012.

Non sarebbe quindi applicabile, alla fattispecie, la estensione del mandato così come configurata dal comma 42 ter dell’art. 7 del d.l. n. 95 del 2012.

13. Violazione e falsa applicazione art. 2, commi 1, 5, 6, 7 e 9 l. n. 240, come interpretato dall’art. 7, comma 42 ter, d.l. 6 luglio 2012, n. 95, introdotto dalla l. 7 agosto 2012, n. 135. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento e della mancanza dei presupposti. Questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 42 ter, d.l. 6 luglio 2012, n. 95, introdotto dalla l. 7 agosto 2012, n. 135, per violazione degli artt. 117, primo comma, Cost. e 6 CEDU, nonché 3, 24, 77 secondo comma e 102 Cost.

In via graduata e subordinata al mancato accoglimento del precedente motivo, si deduce la incostituzionalità del comma 42 ter dell’art. 7, d.l. n. 95 del 2012, in quanto non conterrebbe una norma di interpretazione autentica, ma di sostanziale modifica del corretto significato dell’art. 2 comma 9 della l. n. 240 del 2012, che parla di adozione e non di adozione definitiva degli Statuti universitari.

La norma in parola, con la sua portata retroattiva, lederebbe il canone della ragionevolezza (art. 3 Cost.) e, applicandosi al passato e ai giudizi in corso, lederebbe l’art. 24 Cost., impedendo agli interessati di conseguire in giudizio la realizzazione dei propri diritti ed interessi, con ingiustificata invasione delle prerogative del potere giudiziario (art. 102 Cost.).

La disposizione contrasterebbe, altresì, con l’art. 117, primo comma Cost., in relazione all’art. 6 della CEDU sul diritto all’equo processo (sotto il profilo della necessità di conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali).

L’art. 7 comma 42 ter del d.l. n. 95 cit. sarebbe altresì incostituzionale per violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., per estraneità al contenuto del d.l. cui afferisce e perché, comunque, carente di ogni presupposto di indifferibilità ed urgenza.

14. Si chiedeva quindi la condanna ex artt. 30 e 34 c.p.a. a convocare immediatamente i comizi elettorali per il rinnovo della carica di Rettore per il sessennio a.a. 2012/13- 2017/18.

Il prof. ********* era decaduto dalla carica di Rettore dell’Università di Messina sin dal 1 novembre 2011, sicchè ad avviso dei ricorrenti sarebbe evidente la necessità di convocare immediatamente le elezioni per il rinnovo della carica in questione e ciò anche a prescindere dall’art. 7 comma 42 ter cit., applicandosi comunque il combinato disposto dell’art. 9, comma 3 e 53, primo comma, dello statuto, secondo cui l’anno accademico inizia il 1^ ottobre e termina il 30 settembre

15. Si costituivano in giudizio l’Università degli studi di Messina, con controricorso, ed il Ministero.

L’Università eccepiva la mancata corretta instaurazione del contraddittorio, non essendo stato il ricorso notificato a tutti i contro interessati, individuati nell’intero corpo elettorale dell’Università e altresì l’infondatezza del ricorso alla luce della modifica normativa intervenuta medio tempore, nonché la infondatezza della dedotta questione di legittimità costituzionale.

16. Il TAR Lazio con ordinanza n. 8172/2012 declinava la propria competenza a favore di quella del TAR Sicilia, sede di Catania, sulla scorta delle seguenti considerazioni:

a) ai sensi dell’art. 13, primo comma, c.p.a., il Tribunale amministrativo regionale è inderogabilmente competente sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni i cui effetti diretti sono limitati all’ambito territoriale della regione in cui il Tribunale ha sede;

b) nella fattispecie risulta impugnato in via principale un provvedimento del Professore decano dell’Università di Messina avente effetti diretti nell’ambito territoriale di riferimento, inerendo esclusivamente alla convocazione del corpo elettorale dell’ateneo in questione;

c) le note ministeriali richiamate nel provvedimento, impugnate dagli stessi ricorrenti con la formula “ove occorrer possa” non costituiscono atti aventi natura provvedimentale generale, essendo il primo, del 7/3/2012, rivolto direttamente al Magnifico Rettore dell’Università di Messina ed il secondo, del 1/6/12, una mera indicazione interpretativa rivolta al Presidente della CRUI;

d) il provvedimento del Professore decano ha all’origine una determinazione interpretativa di legge direttamente riconducibile a tale soggetto e ha effetti limitati all’ateneo;

me) rientra nella competenza territoriale del TAR periferico la controversia avente ad oggetto provvedimenti pur adottati da una Autorità centrale, ma con effetti limitati all’ambito territoriale di detto Tribunale;

f) non è attratta nella competenza del TAR Lazio l’impugnativa di un provvedimento dell’Autorità centrale che non ha portata generale né efficacia sull’intero territorio nazionale, bensì opera in seno al singolo rapporto cui afferisce e spiega i suoi effetti diretti nell’esclusivo ambito della circoscrizione territoriale ove quest’ultimo è costituito e si svolge.

17. L’Università proponeva istanza per regolamento di competenza, sostenendo la competenza del TAR del Lazio, in quanto sarebbe errato considerare rilevante ai fini della competenza unicamente l’atto del decano, laddove, invece, anche gli atti da questo richiamati e parimenti impugnati dai ricorrenti sarebbero lesivi della sfera dei ricorrenti e non avrebbero efficacia limitata all’ambito territoriale in cui ha sede l’ateneo, trattandosi di atti aventi valore e portata generali. Si verterebbe, nel caso di specie, in una ipotesi di cd. atto plurimo, formalmente unitario, ma idealmente scindibile in una pluralità di provvedimenti autonomi. In particolare la impugnata nota ministeriale indirizzata alla CRUI assumerebbe il carattere di un atto di indirizzo nei confronti della generalità degli atenei italiani.

18. I ricorrenti depositavano memoria difensiva in ordine alla dedotta questione di incompetenza territoriale, sostenendone l’infondatezza alla luce sia della pronuncia dell’adunanza plenaria n. 33 del 24 settembre 2012, sia del comma 4 bis aggiunto all’art. 13 c.p.a. ad opera del d.lgs. 14 settembre 2012, n. 160, entrato in vigore il 3 ottobre 2012, a mente del quale “la competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l’interesse a ricorrere attrae a se’ anche quella relativa agli atti presupposti dallo stesso provvedimento, tranne che si tratti di atti normativi o generali, per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza”.

Chiedevano, quindi, l’integrale conferma della ordinanza del TAR del Lazio n. 8172 del 2012, resa inter partes, dichiarando competente il TAR Catania, innanzi al quale il giudizio è già stato riassunto (Sez. III, n. 2259/2012 R.G.).

Chiedevano, altresì, la pubblicazione del dispositivo della decisione dell’ordinanza di decisione sul presente regolamento di competenza al termine della Camera di consiglio, al fine di consentire la discussione della domanda cautelare alla Camera di consiglio, già fissata innanzi al TAR di Catania per il 21 novembre p.v.

19. Il regolamento è stato assegnato all’adunanza plenaria, nella composizione integrata prevista dall’art. 10, comma 3, del d.lgs. 24 dicembre 2003, n. 373 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana concernenti l’esercizio nella regione delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato).

All’odierna Camera di consiglio il regolamento è stato introitato in decisione, previa trattazione orale.

 

DIRITTO

Va preliminarmente ricordato che l’art. 13 c.p.a., rubricato “Competenza territoriale inderogabile” recita:

“1. Sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni è inderogabilmente competente il tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione esse hanno sede. Il tribunale amministrativo regionale è comunque inderogabilmente competente sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni i cui effetti diretti sono limitati all’ambito territoriale della regione in cui il tribunale ha sede.

2. Per le controversie riguardanti pubblici dipendenti è inderogabilmente competente il tribunale nella cui circoscrizione territoriale è situata la sede di servizio.

3. Negli altri casi è inderogabilmente competente, per gli atti statali, il tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma e, per gli atti dei soggetti pubblici a carattere ultra regionale, il tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il soggetto”.

Il correttivo apportato a detta norma dall’art. 1 d.lgs. 14 settembre 2012, n. 160 ha sancito l’inderogabilità della competenza dei tribunali amministrativi regionali, come stabilita dalla legge, sia essa funzionale o per territorio, anche in ordine alle misure cautelari.

Si è inteso, in tal modo, chiarire che il criterio ordinario di riparto della competenza è quello della sede dell’autorità amministrativa cui fa capo l’esercizio del potere oggetto della controversia (si vedano in tal senso la relazione al codice e l’adunanza plenaria n. 33 del 2012).

Tuttavia tale criterio non opera là dove gli effetti diretti del potere siano individuabili in un ambito diverso; in tal caso la competenza è del tribunale nella cui circoscrizione tali effetti si verificano.

E’ stato, quindi, in sintesi ritenuto (adunanza plenaria n. 33 cit.) che in tema di competenza territoriale inderogabile del giudice amministrativo il criterio principale sia quello della sede dell’autorità che ha emesso l’atto impugnato e che tale criterio sia sostituito da quello inerenti gli effetti diretti dell’atto qualora essi si esplichino in luogo compreso in una diversa circoscrizione territoriale di tribunale amministrativo regionale.

Ciò premesso, si ritiene che debbano essere condivise la considerazioni svolte dall’ordinanza del tribunale amministrativo regionale del Lazio che ha declinato la propria competenza a decidere sul ricorso di cui si discute, a favore di quella del tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sede di Catania.

Invero, la controversia di cui trattasi ha per oggetto, in via principale, il decreto del Decano dell’Università di Messina con cui, in risposta alla richiesta di convocazione del corpo elettorale d’ateneo per l’elezione del Magnifico Rettore dell’Università ex art. 9 comma 3 dello statuto del medesimo ateneo, è stata disposta la trasmissione a tutti gli elettori che avevano sottoscritto la richiesta delle copie conformi della determina dirigenziale del 7 marzo 2012, n. 1243 e della nota ministeriale dell’1 giugno 2012, n. 508 che risultavano d’ostacolo alla convocazione del corpo elettorale d’ateneo per la elezione del Magnifico Rettore, in quanto per effetto di detti atti sarebbero derivati precisi vincoli nel senso della permanenza nell’ufficio del Rettore in carica sino al termine dell’a.a. 2012/2013 (vincoli ribaditi dalle note ministeriali di identico tenore inviate nel medesimo torno di tempo e nelle stesse circostanze a molti altri atenei italiani).

Tale atto poggia le proprie motivazioni sui due atti presupposti sopracitati: a) la delibera dirigenziale n. 1243 del 7 marzo 2012 con cui il Direttore generale del Dipartimento per l’Università e per la ricerca trasmette al Rettore dell’Università degli studi di Messina le osservazioni e le richieste di modifica sul nuovo statuto, adottato ai sensi della l. n. 240 del 2010, a seguito dello svolgimento del controllo di cui all’art. 2 comma 7 delle medesima legge e invita al loro recepimento; b) la nota n. 508 del 1 giugno 2012 del Capo di Gabinetto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e diretta al Presidente della CRUI avente ad oggetto chiarimenti circa dubbi interpretativi insorti a proposito della norma di cui all’art. 2 comma 9 l. n. 240 del 2012 relativamente alla durata del mandato rettorale prevista da detta norma transitoria.

La delibera dirigenziale citata ha come oggetto specifico osservazioni e proposte di modifiche allo statuto dell’ateneo: non sembra, quindi, revocabile in dubbio che abbia effetti esclusivamente limitati ad esso, ancorchè all’interno della delibera si accenni ad un nuovo dies a quo per il computo della proroga del mandato rettorale in caso di ricezione dei rilievi mossi, ostando ad ogni diversa interpretazione il principio dell’autonomia universitaria.

Per quanto riguarda, invece, la nota a firma del Capo di Gabinetto, ne va esclusa, per contenuto e forma, la natura di atto avente efficacia vincolante, quali le direttive e gli atti di indirizzo; né portata generale nei confronti della generalità degli atenei italiani. Essa si atteggia piuttosto come un parere interno all’Amministrazione, di valenza interpretativa e in seno ad essa destinato ad esaurire i propri effetti.

In definitiva, nella specie va dunque riconosciuta la competenza del TAR della Sicilia, esulando dal caso in esame alcuna possibile problematica di spostamento della competenza per ragioni di connessione. Tale interpretazione ha trovato, del resto, conferma nel disposto dell’art. 13 comma 4 bis c.p.a., aggiunto dall’art. 1 d.lgs. 14 settembre 2012, n. 160, il quale dispone che “La competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l’interesse a ricorrere attrae a sé anche quella relativa agli atti presupposti tranne che si tratti di atti normativi o generali, per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza”, la cui ratio è appunto quella di evitare che in presenza di atti meramente endoprocedimentali si produca l’effetto distorsivo di attrarre la competenza relativa all’atto finale lesivo.

Le spese della presente fase regolatoria della competenza seguono la soccombenza e vengono liquidate in Euro 1000,00.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (adunanza plenaria), definitivamente pronunciando sul regolamento di competenza in epigrafe, proposto dall’Università di Messina, dichiara competente il TAR della Sicilia.

Redazione