Procedure di stabilizzazione relativa a graduatorie: impugnazione (Cons. Stato n. 5269/2012)

Redazione 12/10/12
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FATTO e DIRITTO

1. La signora A. M. V. è stata assunta, quale vincitrice della selezione conclusasi con decreto del 14 dicembre 2001 e in qualità di assistente amministrativo, alle dipendenze del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica (MIUR) con contratto a tempo determinato della durata di due anni a far data dal 21 dicembre 2001, prorogato sino al 21 dicembre 2004.

Successivamente, ella ha vinto un concorso per un posto a tempo determinato per il profilo di operatore amministrativo presso il Consorzio interuniversitario lombardo per l’elaborazione automatica (*****), costituito da università della Lombardia, ed è stata assegnata al MIUR (dove ha continuato a lavorare) in virtù di una convenzione tra il Ministero e il Consorzio, a far data dal 1° giugno 2005.

Con decreto direttoriale del 7 settembre 2007, è stata indetta la procedura di stabilizzazione, di cui all’art. 1, comma 519, l. 27 dicembre 2006, n. 269, del personale assunto con contratto di lavoro a tempo determinato. A tale procedura ha partecipato la signora V., ma il decreto direttoriale del 25 settembre 2007, con il quale sono state approvate le graduatorie, non l’ha inclusa tra il personale stabilizzato, per la mancata maturazione del requisito della prestazione di servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della legge, ossia nel periodo 1° gennaio 2002 – 31 dicembre 2006 (difettando a tal fine dieci giorni di servizio).

2. La signora V. impugnava il decreto di indizione della procedura e il decreto di approvazione della graduatoria, in parte qua, con ricorso (rubricato al n. 10075 del 2007) proposto dinanzi al T.a.r. per il Lazio, chiedendone l’annullamento previa sospensiva.

3. Avverso l’ordinanza cautelare di rigetto, basata sul rilievo dell’efficacia preclusiva dell’art. 1, comma 519, l. n. 296 del 2006, e della manifesta infondatezza dei dubbi di legittimità costituzionale della richiamata disposizione sollevati dalla ricorrente, la stessa interponeva appello cautelare.

Questa Sezione, nell’ambito del giudizio cautelare d’appello, con ordinanza n. 2230/2008 dell’11 marzo 2008 dichiarava rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 519, l. n. 296 del 2006, per contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione e, previa sospensione del giudizio in corso, rimetteva gli atti alla Corte Costituzionale.

Con separata ordinanza n. 1414/2008 di pari data la Sezione, in accoglimento dell’appello cautelare, accoglieva l’istanza cautelare di primo grado ai fini dell’inserimento della ricorrente con riserva nella graduatoria per la procedura di stabilizzazione, fino alla decisione della Corte Costituzionale.

4. Quest’ultima, con ordinanza 70/2009, dichiarava la manifesta inammissibilità della sollevata questione di costituzionalità, sulla base della seguente testuale motivazione:

“Considerato che il Consiglio di Stato dubita della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), che prevede la «stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, che ne faccia istanza, purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge»;

che tale disposizione, ad avviso del collegio rimettente, consentendo che soggetti non vincitori di una procedura concorsuale, in quanto assunti successivamente, beneficino della stabilizzazione, che è invece negata ai vincitori del medesimo concorso assunti in data anteriore, si pone in contrasto con l’art. 3 Cost., perché applica a situazioni maggiormente meritevoli il trattamento deteriore e perché irragionevolmente contraddice la sua stessa ratio di «dare stabilità a rapporti di lavoro precario, a vantaggio dei lavoratori e dell’amministrazione alla quale essi sono applicati», nonché con l’art. 97 Cost., secondo cui la scelta degli impiegati pubblici deve procedere a partire dai più meritevoli;

che il giudice a quo si limita a sollecitare una soluzione in grado di scongiurare l’effetto ritenuto incostituzionale, cioè che soggetti collocati in posizione migliore nella graduatoria per l’assunzione a tempo determinato ricevano un trattamento deteriore ai fini della stabilizzazione, senza tuttavia precisare quale possibile intervento di questa Corte potrebbe assicurare la compatibilità della disposizione censurata con gli invocati parametri costituzionali;

che la disposizione censurata attribuisce rilievo, con criteri non manifestamente irragionevoli, alle condizioni di tempo in cui il rapporto si è svolto, mentre il superamento di una qualsiasi prova selettiva è stato previsto come requisito minimo ai fini dell’accertamento della professionalità;

che il riferimento ad una pluralità di prove esclude che possano essere significative le posizioni occupate nelle eventuali graduatorie di merito o ad esse relative;

che, di conseguenza, la sentenza additiva richiesta, oltre a non essere soluzione costituzionalmente obbligata, sarebbe comunque mezzo incongruo per eliminare l’asserita violazione dei parametri invocati;

che, pertanto, la questione sollevata deve ritenersi manifestamente inammissibile, perché il rimettente, omettendo di formulare un petitum specifico, lascia indeterminato il contenuto del richiesto intervento additivo e, comunque, non indica una soluzione costituzionalmente obbligata.”.

5. L’adito T.a.r., esaurito l’incidente di costituzionalità, con la sentenza in epigrafe respingeva il ricorso a spese compensate tra le parti.

6. Avverso tale sentenza interponeva appello la ricorrente soccombente, sostanzialmente riproponendo i motivi di primo grado, seppure adattati all’impianto motivazionale dell’appellata sentenza.

7. L’Amministrazione appellata si costituiva in giudizio, resistendo e chiedendo la conferma dell’impugnata sentenza.

8. All’udienza pubblica del 3 luglio 2012 la causa veniva trattenuta in decisione.

9. L’appello è infondato e deve essere disatteso.

9.1. Destituito di fondamento è il primo motivo, con il quale l’appellante deduce l’erronea interpretazione dell’art. 1, comma 519, l. n. 296 del 2006, sotto il profilo che la previsione del quinquennio di riferimento (1° gennaio 2002 – 31 dicembre 2006) non imporrebbe che il triennio di effettiva prestazione del servizio si sia esaurito interamente nel quinquennio, dovendosi ritenere sufficiente che anche solo una parte del triennio si sia consumato nell’arco del quinquennio.

La stabilizzazione dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, prevista dal comma 519 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 – che, per quanto qui interessa, recita testualmente: “Per l’anno 2007 una quota pari al 20 per cento del fondo di cui al comma 513 è destinata alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, che ne faccia istanza, purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge (…)” – è norma eccezionale rispetto al normale sistema vigente nel pubblico impiego, nel quale è il titolo dell’incardinazione nell’organizzazione amministrativa a determinare il tipo e la regolamentazione del rapporto.

In quanto norma eccezionale, la stessa è anche di stretta interpretazione, e non può, quindi, estendere la propria efficacia oltre i casi stabiliti dal legislatore. Ne deriva che non può essere seguita l’interpretazione che la ricorrente propone, estendendone la portata oltre i casi previsti dalla lettera.

Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto nel primo motivo, l’esplicita collocazione legislativa del triennio rilevante per la stabilizzazione all’interno del quinquennio anteriore all’entrata in vigore della legge n. 296 del 2006, e cioè a partire dal 1° gennaio 2002, vale ad escludere che possano essere presi in esame casi (quale quello della ricorrente, che ha avuto inizio il 21 dicembre 2001) in cui la durata del triennio non sia compresa interamente nell’arco temporale suddetto.

9.2. Del pari, con riferimento a quanto forma il contenuto del secondo motivo d’appello, la mancanza di dieci giorni necessari al completamento del triennio nell’arco del quinquennio decorrente dal primo gennaio 2002 (il rapporto di lavoro della ricorrente con il ministero si è, infatti, concluso il 21 dicembre 2004) vale ad escludere l’attrazione del caso nell’alveo dell’astratta fattispecie normativa, senza che, in contrario, possano valere principi o calcoli considerati ai fini di diversi istituti, in particolare ai fini del trattamento di fine rapporto disciplinato dall’art. 2120 cod. civ. In difetto di un esplicito richiamo, il criterio dell’arrotondamento al mese della frazione temporale superiore ai quindici giorni, stabilito dall’art. 20120 cod. civ., non assume valenza di principio generale e, in particolare, non è idoneo ad incidere sul rispetto dei requisiti di applicabilità di una fattispecie normativa a carattere eccezionale, con conseguente infondatezza anche del motivo in esame.

9.3. Privo di pregio è, altresì, il terzo motivo d’appello, con il quale la ricorrente, assunta a tempo determinato presso il consorzio ***** ed assegnata al MIUR in forza di una convenzione esistente tra questi due enti, prospetta la riconducibilità del proprio caso nell’ambito di quelli considerati dalla norma in quanto relativi al personale in servizio.

La pretesa non ha fondamento, dal momento che, come rileva la stessa interessata – la quale, peraltro, nella domanda inoltrata al fine della stabilizzazione, ha fatto valere il titolo previsto per chi, al momento, non era in servizio –, l’attività prestata presso il MIUR non è svolta in esecuzione di un contratto specifico con la pubblica amministrazione, condizione imprescindibile prevista dalla norma al fine dell’applicazione del beneficio, per la parte che ne occupa, né i presupposti di applicabilità della norma, di natura eccezionale, sono suscettibili di ampliamento in sede interpretativa ad ipotesi diverse, quale un’eventuale posizione di comando, a prescindere dalla riconducibilità, o meno, del caso di specie a tale istituto giuslavoristico.

9.4. Infondato è l’ulteriore motivo d’appello, con il quale la ricorrente ripropone la questione di costituzionalità dell’art. 1, comma 519, l. n. 296 del 2006, per violazione degli artt. 3 e 97 Cost., segnatamente mettendo in risalto la disparità di trattamento rispetto ad altri concorrenti, i quali, sebbene all’esito della selezione del 14 dicembre 2001 siano risultati idonei non vincitori e dunque esclusi dalla graduatoria approvata col citato decreto per non aver conseguito un punteggio sufficiente, erano stati assunti successivamente al 1° gennaio 2002, con riferimento alla stessa procedura di selezione, in tempo utile a maturare il triennio di servizio nell’arco del quinquennio di riferimento, ed erano dunque stati inclusi nelle graduatorie di stabilizzazione.

La Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 70/2009 del 13 marzo 2009, pronunciata nell’ambito del presente giudizio, ha già rilevato che la disposizione censurata attribuisce rilievo, con criteri non manifestamente irragionevoli, alle condizioni di tempo in cui il rapporto si è svolto, mentre il superamento di una qualsiasi prova selettiva è stato previsto come requisito minimo ai fini dell’accertamento della professionalità, aggiungendo che il riferimento ad una pluralità di prove esclude che possano essere significative le posizioni occupate nelle eventuali graduatorie di merito o ad esse relative, con conseguente inidoneità della richiesta sentenza additiva ad eliminare l’asserita violazione dei parametri invocati.

Inoltre, la Corte Costituzionale con la sentenza successiva n. 303 del 3 novembre 2010, ha respinto la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 519, l. n. 269 del 2006, per preteso contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. (in una fattispecie che si poneva in termini analoghi a quella sub iudice, relativa alla stabilizzazione del personale precario nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco).

La Corte costituzionale, nell’individuare la ratio della disciplina legislativa in oggetto, evidenziava che:

– l’art. 1, comma 519, l. n. 296 del 2006 ha lo scopo di inserire in pianta stabile i lavoratori assunti a tempo determinato presso le pubbliche amministrazioni che, ai sensi dell’art. 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), negli anni 2005, 2006 e 2007, erano state assoggettate al divieto di assunzione di personale a tempo indeterminato;

– per il raggiungimento della predetta finalità, le pubbliche amministrazioni avrebbero potuto attingere al fondo di cui al combinato disposto degli artt. 1, comma 513, l. n. 296 del 2006, e 1, comma 96, l. n. 311 del 2004;

– nel perseguire tale obiettivo, il legislatore ha richiesto il conseguimento da parte dei prestatori di lavoro del necessario requisito di anzianità lavorativa, vale a dire l’espletamento del servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, per il personale contemplato nel primo periodo del succitato art. 1, comma 519 (e, per almeno centoventi giorni, per i volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco contemplati nel quarto periodo della disposizione di legge), ma al tempo stesso ha circoscritto l’ambito di operatività del beneficio esclusivamente al quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della legge n. 296 del 2006, ossia al periodo compreso tra il 1° gennaio 2002 e il 1° gennaio 2007.

Ciò premesso, la Corte rilevava, previo espresso richiamo all’esclusione dell’irragionevolezza della censurata disciplina legislativa contenuta nell’ordinanza n. 70/2009, che nell’ambito della discrezionalità che va riconosciuta al legislatore nella modulazione delle discipline di natura derogatoria, il limite quinquennale è non solo coerente con la finalità di premiare le professionalità più aggiornate, ma altresì sorretto da insuperabili esigenze economiche sottese alle dimensioni contenute del fondo da cui attingere i mezzi necessari alla stabilizzazione. La Corte precisava che il vincolo delle risorse disponibili preclude, non irragionevolmente, l’adozione di requisiti talmente ampi da determinare un’eccessiva crescita degli aspiranti, con oneri insostenibili per la finanza pubblica, aggiungendo che non poteva essere considerata di per sé sola arbitraria, come più volte affermato in propri precedenti (richiamando all’uopo la sentenza n. 430 del 2004 e l’ordinanza n. 439 del 2001), la scelta legislativa di valorizzare la collocazione temporale del servizio prestato ai fini del riconoscimento di un dato beneficio in favore di pubblici dipendenti.

A fronte dei richiamati dicta della Corte Costituzionale, affermativi della legittimità costituzionale della disciplina in esame, la richiesta dell’appellante di riformulare la questione di legittimità costituzionale, in funzione di un nuovo intervento della Corte, non può essere accolta (con conseguente declaratoria di manifesta infondatezza delle deduzioni), sicché anche il motivo in esame deve essere disatteso.

10. Considerata ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese di causa relative al presente grado interamente compensate tra le parti.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 6454 del 2010), lo respinge e, per l’effetto, conferma l’appellata sentenza; dichiara le spese del secondo grado di causa interamente compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2012

Redazione