Procedimento disciplinare: sospensione dal servizio con privazione dello stipendio (Cons. Stato n. 1827/2013)

Redazione 27/03/13
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FATTO

1. Il TAR Liguria con sentenza n. 1262 del 25 novembre 2000 annullava il provvedimento disciplinare emesso con delibera della Giunta municipale del Comune di Genova n. 1089 del 31 agosto 1995, notificata il 19 settembre 1995, con il quale veniva irrogata all’odierno appellato la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione dello stipendio per la durata di mesi tre. Il primo Giudice rilevava che il procedimento disciplinare aveva avuto inizio con la contestazione degli addebiti in data 12/07/93, alla quale il ricorrente aveva controdedotto con atto depositato il 21/07/93; con provvedimento del 20/10/93 il ricorrente veniva deferito alla commissione di disciplina, che nella seduta del 2/06/95 aveva proposto la sanzione sopra ricordata, irrogata dalla giunta con il provvedimento impugnato.

1.1. A motivo dell’annullamento il TAR Liguria poneva la violazione dell’art. 18 del regolamento del procedimento disciplinare per il personale del Comune di Genova. Secondo la norma citata nell’interpretazione offertane dal Tribunale il parere della commissione di disciplina deve “…intervenire entro sessanta giorni dal ricevimento degli atti: ma l’invio degli atti è un incombente che l’amministrazione deve fare immediatamente, in connessione con l’immediatezza che, ai sensi del precedente art. 12 lett. C) deve contraddistinguere il deferimento alla commissione stessa.” Ma in concreto il deferimento è avvenuto in data 20 ottobre 1993 mentre la comunicazione circa la composizione della commissione è avvenuta in data 21 marzo 1995 e la trasmissione degli atti ben due mesi dopo. Vi è stata così una dilatazione dei tempi del procedimento che a giudizio del primo Giudice non può trovare giustificazione nel disposto del comma 4 dell’art. 18, secondo il quale il termine di sessanta giorni tra il recepimento degli atti da parte della Commissione e la formulazione del parere della stessa resta sospeso in caso di impossibilità della Commissione di riunirsi. Ciò in quanto un’esegesi lata della norma consentirebbe all’amministrazione di mantenere la disponibilità dei tempi del procedimento. Eventualità che non può essere consentita soprattutto in una materia nella quale si registra un’incisione così profonda nella vita dell’amministrato.

2. Propone appello l’amministrazione comunale, che invoca l’annullamento della sentenza gravata atteso che non si ravviserebbe alcuna violazione del citato art. 18, posto che il termine di sessanta giorni tra la data di trasmissione degli atti alla Commissione, che sarebbe del 16 maggio 1995 e l’espressione del parere da parte della stessa del 2 giugno 1995 è stato pienamente rispettato, essendo decorsi solo diciassette giorni. Precisa, inoltre, l’amministrazione comunale che non vi sarebbe stato alcun ritardo alla stessa imputabile nella designazione dei membri della Commissione alla stessa rimessi, ma che ciò sarebbe dipeso dall’inerzia imputabile alla tardiva designazione da parte degli altri soggetti a tanto deputati. Pertanto, non vi sarebbe stata alcuna violazione dei termini procedimentali come erroneamente ritenuto dal Tar ligure.

3. Si costituiva in giudizio per resistere all’appello il ************* che invocava la reiezione dell’appello e la conferma della sentenza gravata.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e merita di essere respinto. Prima di affrontare l’unica censura proposta con il ricorso in appello è opportuno rammentare quali principi generali vigano in materia di procedimento disciplinare specie in relazione alla necessità del rispetto dei termini procedimentali che lo scandiscono.

2. Per giurisprudenza costante il rispetto delle regole relative al procedimento disciplinare non rappresenta un mero formalismo, essendo le stesse preordinate ad offrire, sul piano sostanziale, all’incolpato le più ampie garanzie in ordine alla possibilità di difesa, dovendo quest’ultimo in ogni momento essere posto in condizione di conoscere gli addebiti posti a suo carico. A cominciare dalla disciplina contenuta negli artt. 107, 110, 111, 112 e 120 d.P.R. n. 3/1957, l’ordinamento ha sempre inteso apprestare un sistema in grado di garantire il dipendente dall’eventualità di essere inquisito per addebiti manifestamente infondati, circondando la fase di apertura e di conclusione del procedimento disciplinare che si intende instaurare a suo carico da una serie di cautele e precauzioni, preventivamente, attraverso una verifica della sussistenza dei presupposti per l’instaurazione del predetto procedimento e, successivamente, imponendo la chiusura del procedimento entro un termine.

Nella fattispecie, inoltre, proprio l’art. 18 del regolamento sopra citato, da un lato, rinvia al regime contenuto nel d.P.R. n. 3/1957, per quanto non espressamente ivi previsto. Dall’altro, all’ultimo comma dispone che il procedimento si estingue in caso di inosservanza dei termini previsti dal citato art. 18. Previsione quest’ultima che consente di richiamare la giurisprudenza di questo Consiglio secondo la quale: “In materia di procedimenti disciplinari i termini previsti dalle disposizioni infraprocedimentali non hanno carattere perentorio, bensì ordinatorio, ove non sia prevista alcuna decadenza per la loro inosservanza, ne’ sia stabilita l’inefficacia degli atti compiuti dopo la loro scadenza , essendo garanzia sufficiente per l’incolpato quella del termine perentorio fissato per l’intero provvedimento disciplinare” (Cons. St., sez. VI, 3 maggio 2010, n. 2506). Ipotesi, invece, che si verifica nella fattispecie de qua.

3. Secondo quanto emerge dallo stesso provvedimento sanzionatorio il deferimento dinanzi alla Commissione è avvenuto in data 20 ottobre 1993, tanto che l’amministrazione comunale in data 29 dicembre 1994 designava i membri la cui nomina alla stessa spettava. Mentre il parere della stessa Commissione viene reso solo in data 2 giugno 1995. Appare evidente come il termine di sessanta giorni, che non può essere superato, tra il momento in cui si apre la fase procedimentale dinanzi alla Commissione e quello in cui la stessa rende il parere risulta comunque essere stato disatteso senza che possa invocarsi l’impossibilità della Commissione di riunirsi. Del resto, ove pure si ritenesse che la mancata costituzione della Commissione rientri tra le ipotesi nelle quali la Commissione non può riunirsi, non risulta superato solo il termine di cui al comma 1 dell’art. 18, ma anche il termine di cui al comma 2 che prevede un termine massimo di centoventi giorni in caso di istruttoria che non appare ulteriormente superabile e che nella fattispecie comunque non è stato rispettato. Ancora se si ritenesse che la mancata costituzione della Commissione interrompa sine die il termine per la pronuncia del parere da parte della stessa sarebbero traditi non solo i principi generali che regolano la materia ma lo stesso art. 120, comma 1, d.P.R. n. 3/1957, secondo il quale: “Il procedimento disciplinare si estingue quando siano decorsi novanta giorni dall’ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto”. La norma in questione consente di rendere ragionevole la previsione contenuta nel comma 4 dell’art. 18, ponendo un limite ulteriore ad una situazione nella quale l’amministrazione potrebbe mantenere indefinitamente aperto il procedimento disciplinare. Nella fattispecie, a fronte di un deferimento del 2 ottobre 1993 si registra un successivo atto dell’amministrazione che è del 29 dicembre 1994, ben oltre il suddetto termine di novanta giorni.

4. Per tutte queste ragioni l’interpretazione offerta dal TAR Liguria, che ha posto l’accento sulla violazione dell’art. 18 del regolamento sopra richiamato appare non solo corretta, ma anche in armonia con i principi e la disciplina di settore, sicché la sentenza gravata merita conferma.

5. Quanto alle spese sussistono validi motivi considerata la complessità delle questioni per compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2013

Redazione