Procedimento di elezione del Sindaco e del consiglio comunale di Napoli relativo alla votazione del 15 e 16 maggio 2011 e del successivo turno di ballottaggio del 29 e 30 maggio 2011 (TAR N. 05424/2011)

Redazione 18/11/11
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Tribunale Amministrativo Regionale della Campania , II, sent. n. 5424/2011: 

 

N. 05424/2011 REG.PROV. ****.

N. 03960/2011 REG.RIC

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3960 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da****, rappresentato e difeso da***

contro***

nei confronti di***

 

e con l’intervento di

ad adiuvandum:

***************************, *************, **************, **********, *********************, rappresentati e difesi dall’avv. ***************, con domicilio eletto in Napoli, alla via ********** n.15;

ad opponendum:

*******************, *****************, *************************, rappresentati e difesi dall’avv. *******************, con domicilio eletto in Napoli, alla via Duomo n.348;

per l’annullamento

DEL PROCEDIMENTO DI ELEZIONE DEL SINDACO E DEL CONSIGLIO COMUNALE DI NAPOLI RELATIVO ALLA VOTAZIONE DEL 15 E 16 MAGGIO 2011 E DEL SUCCESSIVO TURNO DI BALLOTTAGGIO DEL 29 E 30 MAGGIO 2011.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti ed i relativi allegati;

Visto l’art. 130, co. 7, cod. proc. amm.;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ufficio Elettorale Centrale del Comune di Napoli, del Ministero dell’Interno, del Comune di Napoli e dei controinteressati individuati in epigrafe;

Visti gli atti di intervento ad adiuvandum e ad opponendum dei soggetti indicati in epigrafe,

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 novembre 2011 il dott. *************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Il signor *********************, in qualità di cittadino elettore e di candidato con la lista “Il Popolo della ******à”, ha impugnato gli atti del procedimento relativo alle elezioni per il rinnovo della carica di Sindaco e del Consiglio Comunale di Napoli, tenutesi in data 15 e 16 maggio 2011, con successivo turno di ballottaggio il 29 e 30 maggio 2011; in particolare, oltre al verbale di proclamazione degli eletti, il ricorrente ha contestato gli atti della Commissione elettorale nella parte in cui ha ammesso alla competizione le liste “Di ****** – Italia dei Valori” e “Rifondazione Comunista – Comunisti Italiani”, entrambe collegate alla candidatura a Sindaco del dott. ******************, deducendo i seguenti motivi di diritto:

1) violazione e falsa applicazione dell’art.14, comma 1, della L. n.53/1990, dell’art.32, comma 9, n.2, del D.P.R. n.570/1960 e dell’art.73, comma 1, del D.Lgs. n.267/2000 – carenza di adeguata istruttoria – perplessità – ove assume che la lista “Di ****** – Italia dei Valori” doveva essere esclusa, in quanto la consigliera provinciale ******************* ha autenticato l’accettazione alla candidatura di 47 componenti (su 48) in data anteriore (nel periodo dal 23 al 25.3.2011) a quella in cui ha comunicato la propria disponibilità ad eseguire la suddetta attività (con atto protocollato il 29.3.2011, pervenuto al Presidente della Provincia il successivo 31.3.2011), per cui al momento in cui ha effettuato l’autenticazione sarebbe stata priva del potere certificativo; nel caso della lista “Rifondazione Comunista – Comunisti Italiani” l’autentica delle sottoscrizioni di accettazione delle candidature (in 36 casi su 48) è stata redatta dal consigliere comunale *******************, il quale non avrebbe nemmeno effettuato la comunicazione di cui al citato art.14 della L. n.53/1990;

2) violazione e falsa applicazione degli artt.72, comma 2, e 73, comma 2, del D.Lgs. n.267/2000, dell’art.21 del D.P.R. n.445/2000 e dell’art.14, commi 2 e 3, della L. n.53/1990 – carenza di adeguata istruttoria – perplessità – con cui sostiene che la lista “Di ****** – Italia dei Valori” doveva essere esclusa anche perché la consigliera provinciale Pace avrebbe autenticato anche la propria firma, apposta in calce alla dichiarazione di collegamento alla candidatura a Sindaco del dott. ****************** nella qualità di delegata alla presentazione della lista (insieme a tale *****************************), peraltro il 16.4.2011, ossia in data successiva a quella di presentazione (15.4.2011); le suindicate anomalie sarebbero causa di nullità dell’autenticazione, sia perché priva del requisito di terzietà sia perché difetterebbe la certezza della data.

I vizi dedotti si ripercuoterebbero sull’intero procedimento, atteso che il corpo elettorale, in presenza di altri collegamenti e di un numero inferiore di liste ammesse, avrebbe potuto orientarsi diversamente.

Con successivi motivi aggiunti, il ricorrente ha esteso l’impugnazione anche ai verbali con cui la commissione elettorale ha ammesso alla competizione elettorale le liste “Napoli è Tua” e “Partito del Sud – Meridionalisti Unitari”, anch’esse collegate al candidato ********************; con riguardo alla lista “Rifondazione Comunista – Comunisti Italiani” ha rilevato che, ancorché la dichiarazione di disponibilità di cui all’art. 14, primo comma della legge 21 marzo 1990 n. 53, sia stata effettuata dal consigliere comunale ******************* (con nota protocollata in data 12.4.2011), essa sarebbe comunque successiva all’autentica delle firme di accettazione delle candidature di 36 componenti (su 48) della predetta lista.

Il ricorrente ha poi rilevato che l’illegittima ammissione delle liste de quibus alla competizione elettorale avrebbe influenzato anche gli orientamenti del corpo elettorale, tanto da determinare l’esclusione dal turno di ballottaggio da parte del candidato dott. ******************.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno – Commissione Elettorale Circondariale di Napoli ed il Comune di Napoli.

Si sono altresì costituiti i controinteressati ****************** – risultato eletto alla carica di Sindaco – ed i signori ***************, ******************, ******************, *************, ****************, ******************, ***************, **************, ****************, ****************, **************, **************, *****************, ************** ed ******************** nonché il Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea, il Partito dei Comunisti Italiani e l’Italia dei Valori.

Le parti resistenti hanno preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti, sotto diversi profili, concludendo comunque con richiesta di rigetto anche nel merito per l’infondatezza delle censure dedotte.

Hanno spiegato intervento ad opponendum i signori *******************, ***************** e ****************. Sono invece intervenuti ad adiuvandum i signori ***************************, *************, **************, ********** e *********************.

In vista dell’udienza di discussione sono state depositate memorie e documenti.

Alla pubblica udienza del 3 novembre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Ritiene il Collegio di prescindere dall’esame delle eccezioni di inammissibilità proposte dalle parti resistenti, essendo privi di fondamento sia il ricorso introduttivo che i motivi aggiunti.

2. La prima questione – riferita all’ammissione delle liste “Di ****** – Italia dei Valori” e “Rifondazione Comunista – Comunisti Italiani”, entrambe collegate al candidato Sindaco dr. ****************** – concerne l’esercizio del potere di autenticazione dei consiglieri provinciali e comunali di cui all’art. 14 della legge 21 marzo 1990 n. 53.

Il ricorrente assume che la lista “Di ****** – Italia dei Valori” doveva essere esclusa, in quanto la consigliera provinciale ******************* ha autenticato l’accettazione alla candidatura di 47 componenti (su 48) in data anteriore (nel periodo dal 23 al 25.3.2011) a quella in cui ha comunicato la propria disponibilità ad eseguire la suddetta attività (con atto protocollato il 29.3.2011, pervenuto al Presidente della Provincia il successivo 31.3.2011), per cui al momento in cui ha effettuato l’autenticazione sarebbe stata priva del potere certificativo. Anche la lista “Rifondazione Comunista – Comunisti Italiani” avrebbe illegittimamente partecipato alla competizione elettorale, in quanto l’autentica delle sottoscrizioni di accettazione delle candidature (in 36 casi su 48) è stata redatta dal consigliere comunale *******************, il quale non avrebbe nemmeno effettuato la comunicazione di cui al citato art.14 della L. n.53/1990.

In sede di motivi aggiunti, il ricorrente ha esteso l’impugnazione anche ai verbali con cui la commissione elettorale ha ammesso alla competizione elettorale le liste “Napoli è Tua” e “Partito del Sud – Meridionalisti Unitari”, anch’esse collegate al candidato ********************, ed ha rilevato che, con riguardo alla lista “Rifondazione Comunista – Comunisti Italiani”, ancorché sia stata esibita in giudizio la dichiarazione di disponibilità del consigliere comunale *******************, essa sarebbe comunque successiva all’autentica delle firme di accettazione delle candidature (di 36 componenti su 48).

A giudizio di parte ricorrente la comunicazione di disponibilità costituirebbe presupposto indefettibile per il conferimento del potere di autenticazione, in tal senso richiamandosi la disciplina degli atti recettizi, in difetto della quale tutte le autentiche sarebbero nulle perché eseguite in carenza di potere.

2.1. Osserva il Collegio che l’originaria censura formulata con riferimento all’ammissione della lista “Rifondazione Comunista – Comunisti Italiani”, sulla base della documentazione depositata in giudizio, come peraltro riconosciuto dallo stesso ricorrente, si è rivelata destituita di fondamento in punto di fatto, in quanto la dichiarazione di disponibilità ex art.14 L. n.53 del 1990 è stata effettuata (con nota protocollata in data 12.4.2011), sicché per essa si pone solo la questione della rilevanza della sua tardività, analogamente agli altri casi.

Sempre in punto di fatto, va precisato che dalla documentazione depositata in giudizio dalle parti resistenti resta confermato l’assunto di parte ricorrente relativamente alla data di autentica delle sottoscrizioni dei candidati della lista “Di ******- Italia dei Valori”, eseguite dalla consigliera provinciale ******************* tra il 23 e il 25 marzo 2011; le autentiche eseguite sempre dalla stessa per le sottoscrizioni dei candidati della lista “Napoli è Tua” sono invece comprese tra il 22 marzo 2011 e il 13 aprile 2011, mentre quelle relative alla lista “ Partito del Sud – Meridionalisti Unitari” risalgono al periodo compreso tra il 5 e il 10 aprile 2011.

Di contro, la comunicazione ex art. 14 della legge 21 marzo 1990 n. 53 risulta effettivamente presentata dalla consigliera provinciale ******************* al Presidente della Provincia di Napoli il giorno 31 marzo 2011 e reca la data del 29 marzo 2011.

2.2. Tanto premesso, tutte le citate censure sottendono la risoluzione della medesima questio iuris, afferente alle modalità applicative del potere di autenticazione di cui al citato art.14, comma 1 – come modificato dall’art. 1, l. 28 aprile 1998 n.130 e dall’art. 4, l. 30 aprile 1999 n.120 – laddove dispone, all’ultimo periodo, che “Sono altresì competenti ad eseguire le autenticazioni di cui al presente comma i consiglieri provinciali e i consiglieri comunali che comunichino la propria disponibilità, rispettivamente, al presidente della provincia e al sindaco”.

Preliminarmente, il Collegio non condivide il richiamo operato dal ricorrente al principio generale di cui all’art. 1334 del codice civile, secondo cui ”gli atti unilaterali producono effetti dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati”. Trattasi, infatti, di norma di principio volta a disciplinare rapporti giuridici tra privati, tra l’altro limitata alla categoria specifica degli atti unilaterali di disposizione che, come tali, configurano l’esistenza di un destinatario degli effetti, a tutela del quale gli stessi non si producono se non al momento in cui quest’ultimo ne abbia avuto conoscenza. Non vi è al riguardo nessun percorso interpretativo che consenta di applicare tale principio all’istituto pubblicistico di cui all’art. 14 della legge 21 marzo 1990 n.53.

Nel rilevare che la prospettazione attorea mostra altresì l’estrema difficoltà di individuare nel Presidente della Provincia o nel Sindaco il destinatario degli effetti dell’esercizio del potere – sempre nella pretesa di un’assimilazione di questo all’atto unilaterale privatistico – dal momento che in ambito civilistico quest’ultimo coincide con il destinatario della comunicazione, ritiene il Collegio che la normativa da assumere come riferimento debba piuttosto essere quella pubblicistica generale costituita dalla legge 7 agosto 1990 n. 241 e s.m.i., segnatamente l’art. 21 bis; tale norma, che si riferisce a fattispecie provvedimentali, ma che può senz’altro ritenersi applicabile anche ai meri atti, pone la ricettizietà come condizione di efficacia in termini di eccezione rispetto alla regola generale, dal momento che la comunicazione al destinatario è richiesta nella sola ipotesi generale di provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati.

E non vi è dubbio che l’istituto di cui all’art. 14 della legge 21 marzo 1990 n. 53 non ricade affatto in tale ipotesi eccezionale, rivelandosi piuttosto come disciplina di favore volta a facilitare lo svolgimento del procedimento elettorale, in quanto recante la semplificazione dei relativi adempimenti.

Escluso che la problematica investa questioni di efficacia delle autentiche, resta da verificare se la comunicazione da rendere al Presidente della Provincia o al Sindaco costituisca un presupposto che la norma stessa esiga per un valido esercizio del potere di autenticazione.

La risposta, a giudizio del Collegio, non può che essere negativa.

Innanzitutto, sotto il profilo strutturale della norma, avrebbe scarsa ragionevolezza subordinare l’esercizio del potere di autentica, la cui attribuzione trova diretto fondamento nella legge, ad una mera comunicazione di disponibilità del suo titolare, ad immagine di una sorta di condizione meramente potestativa, dal momento che non è previsto un potere di inibizione o comunque di natura conformativa da parte del destinatario della comunicazione, cioè il Sindaco o il Presidente della Provincia. In questo senso, la costruzione della fattispecie o risulterebbe incompleta oppure eccedente sotto il profilo della rilevanza degli effetti da riconoscere alla mancata comunicazione.

Dal punto di vista funzionale va poi evidenziato che la comunicazione al Presidente della Provincia o al Sindaco è destinata non già ad interessare l’esercizio della funzione di autentica quanto lo svolgimento della carica di consigliere comunale o provinciale da parte di chi l’abbia resa; in tal senso, costui assume un impegno istituzionale straordinario che trova causa ed occasione nella carica di consigliere, impegno di cui la legge ritiene opportuno venga informato l’organo di governo rappresentativo dell’ente locale di appartenenza, per ragioni di trasparenza politica e di conoscenza dei margini di disponibilità personale.

Ne discende che alla comunicazione di disponibilità va riconosciuta una mera funzione informativa, la cui mancanza potrà avere conseguenze di natura fiduciaria sul consigliere provinciale o comunale che l’abbia omessa o ritardata, ma non già rilevare ai fini della validità delle autentiche delle sottoscrizioni che costui abbia eseguito.

La questione risulta affrontata – peraltro con riferimento ad una fattispecie in cui era contestata la mancanza (e non la tardività) della dichiarazione di disponibilità da parte dei consiglieri comunali e provinciali che avevano proceduto all’autenticazione delle sottoscrizioni – in una recente sentenza del Consiglio di Stato (Sezione V, 22 settembre 2011 n.5345), le cui considerazioni sono condivise dal Collegio e possono essere integralmente richiamate anche nella presente controversia. Ivi si è risolutivamente osservato che “Come precisato dalla giurisprudenza, la disposizione in esame, secondo cui i consiglieri provinciali e comunali che comunicano la propria disponibilità possono autenticare le firme dei presentatori delle liste elettorali, ha inteso agevolare il corretto svolgimento del procedimento elettorale, ampliando notevolmente il novero dei soggetti abilitati all’autenticazione delle firme dei sottoscrittori di liste (C.d.S., sez. V, 11 aprile 1996, n. 402; 18 settembre 2005, n. 4451). Il potere di autenticazione, peraltro, non discende dall’atto di disponibilità o dal ricevimento dello stesso da parte del presidente della provincia o del sindaco, bensì direttamente dalla legge, radicandosi a decorrere dal centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature (art. 14, comma 3), così che la dichiarazione di disponibilità indica soltanto che tale potere, pur discendendo ex lege per effetto della qualità di consigliere comunale e provinciale, non implica automaticamente l’obbligo di esercitare la funzione di autenticazione delle sottoscrizioni, ma subordina tale obbligo alla dichiarazione di disponibilità, ciò per evitare che una simile attività possa menomare e limitare la peculiare attività del consigliere provinciale o comunale”.

In definitiva, quanto segnalato non è in alcun modo idoneo ad inficiare le operazioni di autenticazione, per cui la censura deve essere respinta siccome infondata.

3. Passando alla successiva doglianza deve anzitutto sgomberarsi il campo da ogni dubbio circa la data di effettiva presentazione della lista “Di ****** – Italia dei Valori”.

Giova rammentare che l’art. 28, commi penultimo ed ultimo, del d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570 stabilisce che “la presentazione delle candidature deve essere fatta alla segreteria del Comune dalle ore 8 del trentesimo giorno alle ore 12 del ventinovesimo giorno antecedenti la data della votazione. Il segretario comunale, o chi lo sostituisce legalmente, rilascia ricevuta dettagliata degli atti presentati, indicando il giorno e l’ora della presentazione, e provvede a rimetterli, entro lo stesso giorno, alla Commissione elettorale circondariale”.

Relativamente alle elezioni per il rinnovo del Sindaco e del Consiglio Comunale di Napoli del 15 e 16 maggio 2011, oltre che degli organi delle Municipalità, in data 25 marzo 2011, con atto del Vice Segretario Generale n. PG/2011/192113 sono state dettate disposizioni organizzative in merito al procedimento di presentazione ed accettazione delle liste e delle candidature; in particolare, nel rilevare che si tratta della medesima procedura applicata per le precedenti elezioni del 2006 e ricordando che il termine di scadenza per la presentazione delle liste era quello delle ore 12.00 di sabato 16 aprile 2011, si è stabilito che all’accettazione si sarebbe proceduto (in un edificio di Parco Quadrifoglio sito in via dell’******) attraverso tre fasi consecutive: innanzitutto, gli incaricati presenti al portone principale dell’edificio, entro le ore 12.00 del 16 aprile 2011, avrebbero avuto accesso al primo piano, consegnando la documentazione ad un addetto comunale al primo protocollo, il quale a sua volta avrebbe provveduto a sigillarla ed ad assegnare un numero di protocollo corrispondente al numero d’ordine di arrivo, numero annotato su un apposto registro (prima fase); indi, l’incaricato avrebbe dovuto portare il plico così sigillato in un’altra stanza e consegnarlo agli addetti alla ricezione del secondo protocollo, i quali dopo aver sistemato ciascun fascicolo relativo ad ogni lista presentata per il Comune o ciascuna Municipalità in singole buste, avrebbe dovuto attribuire un secondo numero di protocollo, costituito da due numeri separati da una barra, il primo corrispondente a quello del primo protocollo, il secondo recante l’ordine di priorità specificato dall’incaricato alla consegna; anche tali numeri di protocollo sarebbero stati iscritti in un apposito registro e i plichi sigillati e numerati (seconda fase). Infine, sempre l’incaricato, presi nuovamente i plichi, avrebbe dovuto recarsi al quarto piano dell’edificio e consegnarli presso una delle tre postazioni predisposte per l’elezione del Consiglio comunale o una delle dieci relative alle Municipalità; gli addetti a tali postazioni avrebbero dovuto aprire i plichi, riscontrare la documentazione presente ed apporre su ciascun documento il doppio numero di protocollo già riportato sul plico, rilasciando all’incaricato ricevuta di consegna.

3.1. Tanto premesso, dalla documentazione depositata in giudizio non v’è dubbio che la presentazione della lista “Di ******- Italia dei Valori” è avvenuta in data 16 aprile 2011, come si evince dall’annotazione sul registro del primo e del secondo protocollo (allegati 15 e 16 della documentazione depositata dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato in data 10 ottobre 2011) in cui è annotata la data e il numero progressivo di protocollo, che è stato il n.38.

Il documento da cui il ricorrente ha dedotto che la presentazione della lista sarebbe stata effettuata il giorno 15 aprile 2011 – circostanza da cui fa discendere l’incertezza della data delle autenticazioni apposte dalla consigliera ******************* – è il modello 9/C, attestante le operazioni compiute nella terza ed ultima fase del procedimento di presentazione delle liste e delle candidature, quello cioè relativo alla verifica della presenza della documentazione prescritta; tale atto reca, infatti, la data del 15 maggio 2011, successivamente corretta attraverso la dicitura “dico 4” (da parte del funzionario *************, segretario verbalizzante della Commissione Elettorale Circondariale).

Ritiene il Collegio che l’indicazione su tale modello 9/C sia della data originaria (15 maggio 2011), sia di quella successivamente corretta (15 aprile 2011, ove la cifra “4”, apposta con la postilla s’intenda ragionevolmente riferita al mese), integri un’evidente ipotesi di mero errore materiale, innanzitutto emendato dalle successive note del 14 e del 20 luglio 2011 a firma di *************, funzionaria addetta alla ricezione e alla verifica della documentazione presentata nella terza delle descritte fasi di presentazione delle liste e candidature (penultimo ed ultimo allegato alla documentazione depositata dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato in data 11 agosto 2011); ma ciò che maggiormente rileva ai fini della confutazione delle ragioni prospettate da parte ricorrente è che non è dubitabile che la documentazione di cui alla lista “Di ******-Italia dei Valori” sia stata presentata il 16 aprile 2011 e non anche il giorno precedente, dal momento che tale circostanza risulta incontrovertibilmente confermata dalle corrispondenti ed univoche annotazioni apposte sui due precedenti registri di protocollo, in alcun modo contestate.

Ne discende l’infondatezza in fatto dell’assunto di parte ricorrente, essendo la data delle autenticazioni eseguite dalla consigliera provinciale ******************* per la lista “Di ******- Italia dei Valori” antecedente e comunque pienamente compatibile con i tempi di presentazione della documentazione di cui alla predetta lista.

4. Can la residua doglianza formulata nell’ambito del secondo motivo si lamenta che la consigliera provinciale Pace avrebbe autenticato anche la propria firma, apposta in calce alla dichiarazione di collegamento della lista “Di ****** – Italia dei Valori” alla candidatura a Sindaco del dott. ****************** (nella qualità di delegata alla presentazione della lista insieme a tale *****************************), per cui nella specie mancherebbe il necessario rapporto di terzietà, con conseguente nullità dell’autenticazione ed illegittimità dell’ammissione della lista alla competizione elettorale.

4.1. Rileva al riguardo il Collegio che l’art. 72, secondo comma, del D.lgs. 18 agosto 2000 n.267, per l’elezione del Sindaco nei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti stabilisce che “ciascun candidato alla carica di sindaco deve dichiarare all’atto della presentazione della candidatura il collegamento con una o più liste presentate per l’elezione del consiglio comunale. La dichiarazione ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati delle liste interessate”. Inoltre, l’art. 73 del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, per l’elezione dei consigli nei medesimi Comuni, prevede che “con la lista di candidati al consiglio comunale deve essere anche presentato il nome e cognome del candidato alla carica di sindaco e il programma amministrativo da affiggere all’albo pretorio. Più liste possono presentare lo stesso candidato alla carica di sindaco. In tal caso le liste debbono presentare il medesimo programma amministrativo e si considerano fra di loro collegate”.

Invero, delle richiamate norme di settore nessuna prescrive a pena di nullità l’autentica della sottoscrizione della dichiarazione dei delegati di una lista di collegamento ad una candidatura alla carica di Sindaco; non l‘art. 72, secondo comma, del D.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, che richiede solo la presentazione di due dichiarazioni di collegamento in rapporto di reciprocità, quella del candidato a Sindaco e quella dei delegati di ciascuna lista collegata – tra l’altro a pena di inefficacia del solo collegamento – né l’art. 73, secondo comma, del medesimo decreto legislativo. Del resto, nemmeno l’art. 32, al quarto e ottavo comma n. 2), del d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570 e s.m.i. – che disciplina la presentazione delle candidature nelle elezioni amministrative dei Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti – contiene una simile disciplina, la prima norma richiedendo l’autentica unicamente delle firme dei sottoscrittori della lista, la seconda quella delle sole dichiarazioni di accettazione delle candidature; relativamente ai delegati di lista, l’autentica di firma è, tra l’altro, prevista dall’art. 32 soltanto per le designazioni che costoro effettuano dei rappresentanti di lista nei seggi e all’Ufficio Centrale.

A parte l’assenza sia di un simile precetto, sia, ovviamente, della prospettata sanzione di nullità, a non convincere è la stessa prospettazione del ricorrente, secondo cui nell’attività di autenticazione delle sottoscrizioni dovrebbe sussistere necessariamente una condizione di terzietà – da intendersi, più propriamente, come alterità fisica – tra chi appone la sottoscrizione e colui che procede all’autentica.

Quanto alle modalità e forme di autenticazione del procedimento elettorale, il già citato art. 14 della legge 21 marzo 1990 n. 53 stabilisce che “sono competenti ad eseguire le autenticazioni che non siano attribuite esclusivamente ai notai e che siano previste dalla legge 6 febbraio 1948, n. 29, dalla legge 8 marzo 1951, n. 122, dal testo unico delle leggi recanti norme per la elezione alla Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, dal testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, e successive modificazioni, dalla legge 17 febbraio 1968, n. 108, dal decreto-legge 3 maggio 1976, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 1976, n. 240, dalla legge 24 gennaio 1979, n. 18, e successive modificazioni, e dalla legge 25 maggio 1970, n. 352, e successive modificazioni, i notai, i giudici di pace, i cancellieri e i collaboratori delle cancellerie delle corti di appello, dei tribunali, i segretari delle procure della Repubblica, i presidenti delle province, i sindaci, gli assessori comunali e provinciali, i presidenti e i vice presidenti dei consigli circoscrizionali, i segretari comunali e provinciali e i funzionari incaricati dal sindaco e dal presidente della provincia. Sono altresì competenti ad eseguire le autenticazioni di cui al presente comma i consiglieri provinciali e i consiglieri comunali che comunichino la propria disponibilità, rispettivamente, al presidente della provincia e al sindaco”. Il secondo comma del medesimo articolo prescrive poi che “l’autenticazione deve essere compiuta con le modalità di cui al secondo e al terzo comma dell’articolo 20 della legge 4 gennaio 1968, n. 15” mentre il terzo che “le sottoscrizioni e le relative autenticazioni sono nulle se anteriori al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature”.

Orbene, a seguito dell’abrogazione espressa della legge 4 gennaio 1968 n. 15 ad opera dell’art. 77 del d.p.r. 28 dicembre 2000 n. 445, la disciplina applicabile risulta quella di cui al medesimo testo unico in materia di documentazione amministrativa, che definisce l’autenticazione di sottoscrizione come “l’attestazione, da parte di un pubblico ufficiale, che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell’identità della persona che sottoscrive (art. 1, primo comma, lettera i)”. Lanozione è sostanzialmente confermata dall’art.21, secondo comma, ultima parte, a proposito dell’autenticazione delle sottoscrizioni in generale, a mente del quale – in ciò richiamando quanto a suo tempo previsto dall’art. 20 della legge 4 gennaio 1968 n.15 –“l’autenticazione è redatta di seguito alla sottoscrizione e il pubblico ufficiale, che autentica, attesta che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell’identità del dichiarante, indicando le modalità di identificazione, la data ed il luogo di autenticazione, il proprio nome, cognome e la qualifica rivestita, nonché apponendo la propria firma e il timbro dell’ufficio”.

Dalla evocata disciplina emerge che la funzione generale di autenticazione, non resa diversa ai fini della censura in esame dalla specialità del procedimento elettorale, consta di due compiti specifici: il pubblico ufficiale attesta che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza in luogo e data specificati da parte di un soggetto di cui egli ha proceduto all’identificazione. Si tratta, quindi, dell’attestazione del compimento di un’attività materiale, segnatamente l’apposizione della sottoscrizione, con immediata trasposizione del risultato di tale percezione in un documento rappresentativo dell’accaduto munito di fede privilegiata, come avviene per gli atti pubblici.

Ebbene, a parte la considerazione che nemmeno in questo caso è dato rinvenire nella disciplina di settore alcuna norma che ponga formalmente come limite all’attività di autenticazione la necessaria alterità soggettiva tra chi autentica e chi sottoscrive, è proprio all’essenza della funzione di autenticazione che non osta la mancanza di un’indefettibile dualità fisica; invero, l’autenticazione non rientra né si risolve in una funzione di controllo, attività, quest’ultima, a cui in linea generale può ricondursi l’esigenza di una differenziazione soggettiva tra controllore e controllato, che, assecondando logiche di trasparenza e di imparzialità amministrativa, consente di giustificare il fatto che il titolare del potere di controllo sia, in questi termini, “terzo”, ossia indipendente o comunque svincolato da un punto di vista organizzativo e funzionale da chi ha svolto l’attività di primo grado.

Nell’attività di autenticazione, invece, non sussiste una finalità di controllo, essendovi unicamente la certificazione da parte del pubblico ufficiale dell’avvenuta apposizione in sua presenza di una sottoscrizione da parte di un soggetto identificato, quindi di un’attività materiale, magari in calce ad un’istanza o dichiarazione della cui veridicità sotto il profilo ideologico egli non si pone nemmeno come garante; a ben vedere, anche nell’affine attività di autenticazione di copie di atti e documenti (art. 18 del D.P.R. 28 dicembre 2000 n.445) chi procede all’attestazione di conformità non risponde del contenuto ideologico di questi, ma solo della loro accertata identità fisica.

Non ricorrendo i presupposti di applicazione del principio generale per cui nessuno sarebbe idoneo a controllare se stesso – principio, tra l’altro, di discutibile rigidità in diritto pubblico, in cui il dominio dei canoni costituzionali di imparzialità e buon andamento sottendono piuttosto un generale potere di revirement che si risolve nella funzione di autotutela a cui non sono estranee finalità di controllo successivo – nel caso di specie non vi è ragione di ritenere che il soggetto titolare del relativo potere non possa autenticare anche la propria sottoscrizione, purché, ovviamente, l’attestazione contenga i requisiti minimi prescritti dalla legge ossia l’identificazione di chi appone la sottoscrizione e l’indicazione della data e del luogo in cui la stessa è stata apposta. Opinare diversamente significherebbe introdurre una presunzione assoluta di incompatibilità di cui manca ogni traccia in diritto positivo e che non trova giustificazione nemmeno in esigenze sostanziali di certezza giuridica ulteriori rispetto a quelli esigibili dall’attività di autentica della sottoscrizione di soggetti diversi dal pubblico ufficiale che vi procede.

5. In conclusione, alla stregua delle considerazioni fin qui svolte, il ricorso va respinto siccome infondato.

Attesa la particolarità e la novità di alcune questioni esaminate sussistono peraltro giusti motivi per compensare tra le parti le spese processuali.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

******************, Presidente

***************, Consigliere

***************, ***********, Estensore

L’ESTENSORE     IL PRESIDENTE     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/11/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Redazione