Principio di precauzione (TAR Campania, Napoli, n. 5469/2013)

Redazione 02/12/13
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SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5340 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
***********, rappresentato e difeso dall’avv. *****************, con domicilio eletto presso ***************** in Napoli, via Chiatamone,11 c/o Avv.Biffardi;

contro

Asl 105 – Caserta 2, Comune Di Castel Volturno in Persona del Sindaco P.T.; Asl Caserta (Gia’ Asl Caserta 1), rappresentato e difeso dall’avv. ******************, con domicilio eletto presso ****************** in Napoli, via S.Lucia,81 C/0 Avvocatura Reg.;

per l’annullamento

a) dell’ordinanza del sindaco del Comune di Castel Volturno del 6 ottobre 2009, n. 401 avente ad oggetto il divieto di conferimento di tutto il latte prodotto dagli animali presenti in azienda agli stabilimenti di trasformazione;
b) dell’ordinanza n. 1 del 23.10.2009 emessa dall’ASL CE, già ASL CE/2 di Aversa, notificata il 24.10.2009 avente ad oggetto l’ordine di abbattimento coattivo dei capi contrassegnati con i marchi auricolari riportati nell’allegato A che forma parte integrante e sostanziale del provvedimento impugnato e di ogni atto connesso e consequenziale.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Asl Caserta (Gia’ Asl Caserta 1);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2013 il dott. ************ e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso notificato il 15 ottobre 2009 e depositato il 19 ottobre successivo *********** titolare dell’Azienda Agricola Zootecnica in Castel Volturno (Ce), Via Pagliuca cod. Az 027 CE 085, adiva il Tribunale chiedendo l’annullamento dei provvedimenti meglio in epigrafe indicati con i quali sono stati vietati il conferimento di tutto il latte prodotto dagli animali presenti in azienda.
A tal proposito deduceva i seguenti vizi avverso i suddetti atti: a) violazione degli artt. 7 e ss. L. 241/90; b) violazione del Piano Triennale per il controllo della brucellosi bufalina in provincia di Caserta approvato dalla Giunta Regionale con Delibera n.2039 del 23.11.2007; b) violazione della O.M.S. del 14.11.2006 e eccesso di potere per illogicità.
Si costituiva l’amministrazione intimata con memoria di mero stile.
Con successivi motivi aggiunti, notificati il 29 aprile 2010 e depositati il 6 maggio successivo la parte impugnava le ulteriori ordinanze meglio ivi indicate, con cui l’amministrazione aveva rigettato la richiesta di corresponsione di indennizzi per l’abbattimento di 46 capi bovini.
A tal proposito deduceva i seguenti vizi di legittimità: violazione artt.3 e 21 septies L.241/90; violazione del D.M. 2 maggio 1996 n.358 comma 2.
All’ udienza del 20 ottobre del 2011 la causa veniva spedita in decisione.
Dispostane la rimessione sul ruolo, con provvedimento adottato il 13 giugno del 2013 la causa veniva fissata per la discussione all’udienza odierna, dove, dopo le conclusioni dei idfensori, come da verbale, veniva spedita in decisione.

DIRITTO

1. Con il ricorso in esame parte ricorrente lamenta la violazione degli artt.3 e 21-septies della Legge n.241/1990, dell’art.24 Cost., nonché l’eccesso di potere e il difetto di motivazione.
Il Collegio ritiene le corrispondenti eccezioni prive di pregio, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale della Sezione, espresso, tra le altre, con la sentenza n.3825/11.
2.A tal proposito conviene ricordare che nel corso dell’anno 2010 sono state intraprese dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali alcune iniziative per coordinare l’attività di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi alla DOP Mozzarella di Bufala Campana; muovendo dal concetto di sicurezza alimentare quale esclusione della possibilità che prodotti alimentari possano causare danni al consumatore se preparati e/o consumati in conformità all’utilizzo, i citati obiettivi presuppongono la prevenzione e repressione di frodi commerciali quale l’immissione di latte congelato nella mozzarella di bufala campana, anche attraverso controlli in ordine alla tracciabilità della filiera ed alla identità delle partite, oltre al completamento del Piano già in essere di eradicazione della brucellosi bufalina.
3 Ora questa Sezione già in passato (18.5.2010, n.6586; 3.3.2010, n. 1284) ha in analoghe circostanze evidenziato come tutti i vizi di natura procedimentale fossero recessivi rispetto alla situazione descritta nel provvedimento impugnato, restando a carico di parte ricorrente dimostrare l’erroneità del presupposto su cui essa si fonda; del resto, nel caso di specie la contestazione deriva dalla constatazione, obiettiva e non contestata, che sui capi di bestiame in oggetto non siano stati effettuati i controlli periodici, dunque la scelta dell’amministrazione appare corretta in un’ottica precauzionale, considerando che il gestore si è reso inottemperante agli obblighi su di lui incombenti.
Non va dimenticato che, con Deliberazione di Giunta del 23 novembre 2007, n. 2038, la Regione Campania ha approvato un Piano triennale per il controllo della brucellosi bufalina in Provincia di Caserta nel quale, per quel che qui interessa, si prevede al § 2, comma 2, lettera e), l’abbattimento dei capi infetti entro 15 giorni dalla notifica di sieropositività (dei capi) e al § 6, comma 4, che: “Gli animali infetti sono abbattuti entro il termine massimo di 15 giorni dalla notifica dell’ordine di abbattimento. Qualora non venga rispettato il termine di abbattimento prescritto, il Servizio Veterinario competente propone al Direttore Generale della ASL o suo delegato l’emissione di apposita ordinanza di abbattimento coatto nel termine di 15 giorni, da attuarsi eventualmente con l’ausilio della forza pubblica”.
4. Quanto, poi, alle ulteriori dedotte violazioni di legge che si prestano ad una trattazione unitaria, si osserva che proprio questo Tribunale (III, 5.12.2007, n.15770) ha affermato in passato che la violazione delle norme poste a tutela dell’igiene e della sanità pubblica, quando è constatata dalla ASL, è requisito sufficiente per disporre la sospensione dell’attività di somministrazione fino al ripristino delle condizioni igienico sanitarie, senza che occorra anche la prova della effettiva lesione del bene protetto; trattasi, infatti, di norme che sono finalizzate ad evitare il verificarsi di un pericolo di danno per la salute pubblica e l’igiene e, pertanto, non occorre anche la prova della effettiva lesione di questi beni, né può essere ammessa a discarico la prova della mancanza della loro effettiva compromissione, essendo sufficiente la sussistenza del concreto ed effettivo pericolo che i beni protetti siano compromessi.
4.1 Del resto i metodi adottati nell’occorso dall’amministrazione sono corretti con riferimento alla relazione redatta dal Ministero della Salute, acquisita nel procedimento n.5083 del 2010, con riferimento alla validità dei metodi SAR e FDC.
Tali conclusioni, dalle quali il Collegio non ritiene di avere motivi per discostarsi, evidenziano dunque la bontà del Piano di eradicazione della brucellosi che costituisce il fine di pubblico interesse posto alla base dei provvedimenti adottati; in altri termini i metodi diretti (esame batteriologico) hanno una sensibilità inferiore a quella dei metodi indiretti (esami seriologici) e la vaccinazione non guarisce dalla malattia il capo che ha contratto il virus, anzi restano immutate la infettività e la pericolosità del morbo rispetto agli altri capi ed all’uomo.
4.2 Sotto distinto profilo, a parere della Sezione, l’operato di parte resistente risulta pienamente conforme al principio di precauzione, costituente uno dei canoni fondamentali del diritto dell’ambiente e alla salute (Cons. Stato, n. 30 del 2009). Com’è noto, il principio di precauzione può essere definito come un principio generale del diritto comunitario che fa obbligo alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente e, se si pone come complementare al principio di prevenzione, si caratterizza anche per una tutela anticipata rispetto alla fase dell’applicazione delle migliori tecniche previste, una tutela dunque che non impone un monitoraggio dell’attività a farsi al fine di prevenire i danni, ma esige di verificare preventivamente che l’attività non danneggia l’uomo o l’ambiente. Tale principio trova attuazione facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali valori sugli interessi economici (T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 304 del 2005 nonché, da ultimo, TRGA Trentino-Alto Adige, TN, 8 luglio 2010 n.171) e riceve applicazione in tutti quei settori ad elevato livello di protezione, ciò indipendentemente dall’accertamento di un effettivo nesso causale tra il fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti pregiudizievoli che ne derivano come peraltro più volte statuito anche dalla Corte di Giustizia comunitaria, la quale ha in particolare rimarcato come l’esigenza di tutela della salute umana diventi imperativa già in presenza di rischi solo possibili, ma non ancora scientificamente accertati, atteso che, essendo le istituzioni comunitarie e nazionali responsabili – in tutti i loro ambiti d’azione – della tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente, la regola della precauzione può essere considerata come un principio autonomo che discende dalle disposizioni del Trattato (Corte di Giustizia CE, 26.11.2002 T132; sentenza 14 luglio 1998, causa C-248/95; sentenza 3 dicembre 1998, causa C-67/97, Bluhme; Cons. Stato, VI, 5.12.2002, n.6657; T.A.R. Lombardia, Brescia, 11.4.2005, n.304). In definitiva l’obbligo giuridico di assicurare un “elevato livello di tutela della salute umana”, con l’adozione delle migliori tecnologie disponibili, tende a spostare il sistema giuridico europeo dalla considerazione del danno da prevenire e riparare alla prevenzione, alla correzione del danno alla fonte, alla precauzione (principio distinto e più esigente della prevenzione), alla integrazione degli strumenti giuridici tecnici, economici e politici per uno sviluppo economico davvero sostenibile ed uno sviluppo sociale che veda garantita la qualità della vita e della salute quale valore umano fondamentale di ogni persona e della società (informazione, partecipazione ed accesso). La stessa politica della Comunità in materia mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni, ed è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati alla salute; come significato dalla più autorevole giurisprudenza formatasi sul punto, “l’applicazione del principio di precauzione comporta, in concreto, che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione precoce, anticipatoria rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche. E’ evidente, peraltro, che la portata del principio in esame può riguardare la produzione normativa in materia ambientale o l’adozione di atti generali ovvero, ancora, l’adozione di misure cautelari, ossia tutti i casi in cui l’ordinamento non preveda già parametri atti a proteggere l’ambiente dai danni poco conosciuti, anche solo potenziali” (cfr. sul punto, ex ultimis, T.A.R Piemonte, I, 3.5.2010 n.2294).
5. Quanto al mancato rispetto dei termini per la presentazione della domanda di indennizzo – circostanza che è contestata in ricorso – si deve in aggiunta osservare che il ricorrente non ha allegato alcun elemento di prova dal quale inferire l’avvenuto rispetto del termine di trenta giorni, dall’abbattimento, per la fruizione dell’indennizzo. Quindi anche sotto questo aspetto il motivo si rivela infondato.
6. Per questi motivi il ricorso in oggetto, come proposto anche attraverso motivi aggiunti, va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in € 2.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2013

Redazione