Principio di alternatività tra il ricorso straordinario e il ricorso al tribunale amministrativo regionale (Cons. Stato, n. 4650/2013)

Redazione 18/09/13
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FATTO e DIRITTO

1. I decreti ministeriali 27 marzo 2000, n. 123, e 18 maggio 2000, n. 146, hanno adottato il Regolamento recante norme sulle modalità di aggiornamento ed integrazione delle graduatorie permanenti degli insegnanti nelle scuole medie e superiori, nonché la disciplina di definizione dei termini e delle modalità per la presentazione delle domande di inclusione nelle graduatorie permanenti.

Entrambi i decreti ministeriali suddetti, nel disciplinare le modalità di attribuzione del punteggio da assegnare per il servizio svolto, hanno stabilito che si dovesse considerare solamente l’insegnamento relativo al posto o alla classe per il quale si chiedeva l’insegnamento, senza poter valutare, quindi, il servizio svolto nelle scuole medie per gli aspiranti all’insegnamento nelle scuole superiori e viceversa; e prevedendo altresì una separazione dell’insegnamento reso, ai fini della valutazione e dell’attribuzione del punteggio, tra le materie Inglese e Francese.

2. La ricorrente – avendo fatto domanda di inserimento nelle graduatorie permanenti delle classi di concorso A345 “Lingua straniera (Inglese), Media, della Provincia di Modena, e A346 “Lingua e civiltà straniera (Inglese), Superiori, sempre della Provincia di Modena, classificandosi rispettivamente al 27° ed al 26° posto – non ha ottenuto la valutazione del servizio svolto nelle scuole medie per la graduatoria nelle scuole superiori, nonché quello nella diversa lingua straniera insegnata, ed ha chiesto l’attribuzione di punteggio per il servizio effettivamente svolto.

3. Con un primo ricorso (proposto in sede straordinaria al Capo dello Stato, in data 13 settembre 2000), l’interessata ha impugnato i due decreti ministeriali suddetti, deducendone l’illegittimità nella parte in cui essi hanno stabilito che si debba considerare solamente l’insegnamento relativo al posto o alla classe per il quale si sia chiesto l’insegnamento, senza poter valutare, quindi, il servizio svolto nelle scuole medie per gli aspiranti all’insegnamento nelle scuole superiori e viceversa; prevedendosi altresì una separazione dell’insegnamento reso, ai fini dell’attribuzione del punteggio, tra le materie Inglese e Francese.

4. Con un secondo ricorso (n. 152 del 20001, proposto al Tribunale Amministrativo Regionale e notificato il 3 gennaio 2001), la professoressa ********** ha impugnato anche le graduatorie permanenti A345 “Lingua straniera (Inglese), Media, della Provincia di Modena, e A346 “Lingua e civiltà straniera (Inglese), Superiori, della Provincia di Modena, deducendone l’illegittimità, derivata dalla illegittimità dei decreti ministeriali 27 marzo 2000, n. 123 e 18 maggio 2000, n. 146, in precedenza impugnati con il ricorso straordinario al Capo dello Stato.

Ella ha contestato poi la mancata attribuzione del punteggio per il servizio svolto nelle scuole medie, ai fini della graduatoria per le scuole superiori e viceversa, nonché quello nella diversa lingua straniera insegnata.

5. Nel corso del giudizio n. 152 del 2001, il Tar ha sollevato una questione di costituzionalità circa i rapporti tra l’impugnazione con ricorso straordinario di un atto presupposto e l’impugnazione innanzi al Tar dell’atto consequenziale, sollecitando una pronuncia della Corte Costituzionale che disponesse la vis actractiva – presso il Tar – dei poteri decisori della controversia nel suo complesso.

La Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 432 del 2005, ha dichiarato inammissibile la questione, rilevando la discrezionalità del legislatore nel disciplinare i casi in cui possa o debba esservi la trasposizione del ricorso straordinario nella sede decisoria del Tar.

Con la sentenza appellata, il giudice di primo grado ha dichiarato inammissibile il ricorso n. 152 del 2001, sottolineando come pendesse davanti al TAR soltanto il giudizio avverso le graduatorie permanenti, la cui illegittimità sarebbe tuttavia conseguente alla illegittimità derivata dai già citati decreti ministeriali, impugnati con ricorso straordinario al Capo dello Stato.

Il TAR riteneva pertanto che il ricorso andasse dichiarato inammissibile, per violazione del principio di alternatività tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale.

6. Avverso tale sentenza ha proposto appello al Consiglio di Stato la professoressa **********, lamentando in primo luogo l’erroneità della sentenza per la violazione e l’erronea applicazione del principio di alternatività, nonché l’assenza di una tutela effettiva della sua posizione giuridica soggettiva..

Ella, inoltre, ha sottolineato come le graduatorie impugnate innanzi al Tar fossero atti distinti dai decreti ministeriali avverso i quali era stato presentato il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, aventi una loro specifica capacità lesiva.

L’appellante ha altresì dedotto che – in pendenza del giudizio pendente nella sede straordinaria – il giudice di primo grado avrebbe dovuto sospendere il giudizio in attesa della definizione del ricorso straordinario.

Dopo aver dedotto i vizi di natura processuale avverso la sentenza del Tar, l’appellante ha riproposto le censure non esaminate in primo grado, deducendo la sussistenza di vizi di violazione di legge e di eccesso di potere, avverso l’esclusione dalle graduatorie permanenti per l’insegnamento, a seguito della mancata valutazione del servizio svolto nelle scuole medie per gli aspiranti all’insegnamento nelle scuole superiori e viceversa; nonché della separazione dell’insegnamento reso, ai fini dell’attribuzione del punteggio, tra le materie Inglese e Francese.

La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 9 luglio 2013.

7. Ritiene la Sezione che l’appello risulta fondato, per quanto riguarda le deduzioni avverso l’erronea statuizione con cui il Tar ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado.

7.1. Il principio della alternatività – tra il ricorso al tribunale amministrativo regionale ed il ricorso al Presidente della Repubblica – comporta che la parte può impugnare il provvedimento lesivo in una delle sue sedi offerte dall’ordinamento per la definizione della lite (Corte Cost., 2 luglio 1966, n. 78): in assenza di regole limitative o preclusive previste dalla legge, la proposizione di uno dei due rimedi (rimessa all’insindacabile scelta del ricorrente) comporta che, se è emesso un ulteriore provvedimento .lesivo, chi si è avvalso di uno dei due rimedi può scegliere se impugnare l’ulteriore provvedimento con il rimedio in precedenza utilizzato, ovvero con l’altro.

In altri termini, il principio di alternatività tra il ricorso straordinario e il ricorso al tribunale amministrativo regionale comporta l’inammissibilità del ricorso proposto per secondo solo se si tratta della medesima domanda e cioè dell’impugnazione dello stesso atto (Sez. IV, 15 giugno 2012 n. 3534): l’art. 8 del decreto legislativo n. 1199 del 1971 non è suscettibile di applicazione analogica (Ad. Plen., 15 marzo 1989 n. 5; Sez. IV, 31 dicembre 2003, n. 9292; Sez. I, 24 settembre 2003, n. 3460) e non può essere interpretato nel senso che sia pronunciata in altri casi l’inammissibilità di un ‘secondo’ ricorso (e cioè dalla lex scripta non può derivare un corollario non scriptum che faccia giungere ad una soluzione iniqua ed in contrasto col principio di effettività della tutela).

In particolare, quando in una delle due sedi offerte dall’ordinamento è impugnato l’atto presupposto, l’atto consequenziale (sia o meno esso riconducibile al medesimo procedimento o ad un procedimento diverso) può essere impugnato con uno dei due rimedi in questione.

7.2. Indubbiamente, come è avvenuto nella specie, se l’interessato impugna i due atti con i distinti rimedi giudiziari (v. l’art. 37 della legge n. 111 del 2011) posti a tutela della sua sfera giuridica, si possono porre questioni processuali, che vanno affrontate tenendo conto dell’esigenza che vi sia il coordinamento delle due pronunce e che non vi siano conflitti di giudicati.

Certo è che il Consiglio di Stato ed il Presidente della Repubblica, nel decidere il ricorso straordinario (avverso l’atto presupposto o consequenziale), non possono esprimersi sulla legittimità o meno (rispettivamente, dell’atto consequenziale o presupposto) rimesso alla valutazione del tribunale amministrativo; e – viceversa – il tribunale amministrativo regionale non può esprimersi sulla legittimità dell’altro atto (presupposto o consequenziale), la cui legittimità va esaminata in sede di decisione del ricorso straordinario.

Poiché la proposizione di due ricorsi nelle due diverse sedi costituisce una scelta consentita dalla legislazione vigente, la pendenza delle due controversie nelle due distinte sedi giudiziarie non può indurre l’organo giudicante a vanificare la tutela chiesta dall’interessato: in linea di principio, il ricorso straordinario proposto avverso l’atto presupposto non può essere dichiarato improcedibile in considerazione del fatto che l’atto consequenziale è impugnato innanzi al Tar, e viceversa il Tar non può dichiarare inammissibile il ricorso ad esso proposto, in considerazione del fatto che l’atto presupposto è stato impugnato nella sede straordinaria.

7.3. Affinché vi sia la definizione dei due ricorsi (proposti nelle due distinte sedi giudiziarie) con l’indispensabile coordinamento e con la necessaria coerenza delle due pronunce, un primo rimedio previsto dall’ordinamento è quello della trasposizione del ricorso straordinario nella sede giurisdizionale del Tar, così come previsto dal decreto legislativo n. 1199 del 1971 e dal codice del processo amministrativo (il cui articolo 48 consente ad ogni parte, anche all’amministrazione statale, di chiedere la trasposizione): in tal modo, a seguito della trasposizione il Tribunale amministrativo può disporre la riunione dei due ricorsi (originariamente proposti nelle diverse sedi) e deciderli, secondo le regole generali riguardanti la pendenza presso il Tar di due ricorsi connessi.

Sotto tale aspetto, va rilevato che per le Sezioni Unite della Corte di Cassazione e l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio alcune modifiche legislative (l’art. 15 del decreto legislativo n. 1199 del 1971, l’art. 69 della legge n. 69 del 2009 e gli artt. 48 e 112 del codice del processo amministrativo) hanno comportato la ‘revisione’ del ricorso straordinario, e cioè l’interpretazione del precedente quadro normativo riguardante la natura giudiziaria del rimedio di tutela (Sez. Un., 19 dicembre 2012, n. 23464, §§ 10, 19 e 20; Sez. Un., 28 gennaio 2011, n. 2065, § 2.14; Ad. Plen., 6 maggio 2013, n. 9 e 10).

Non risulta dunque certo conforme all’articolo 24 della Costituzione e agli articoli 6 e 13 della CEDU la statuizione di primo grado, che è giunta a ravvisare l’inammissibilità del ricorso proposto per secondo, che non si sarebbe potuta di certo statuire se vi fosse stata la trasposizione innanzi al Tar della lite già pendente nella sede straordinaria.

Come ha osservato la Corte Costituzionale nella sopra citata ordinanza n. 432 del 2005, nell’ordinamento non vi è una regola che consenta al Tar di decidere nel suo complesso la controversia riguardante le impugnazioni (proposte nelle due sedi e in assenza di trasposizione) dell’atto presupposto e di quello consequenziale.

Una regola che preveda l’attrazione ipso iure della complessiva controversia innanzi allo stesso giudice (come ha evidenziato la citata ordinanza della Corte Costituzionale) rientra tra le varie possibilità rimesse alle scelte del legislatore (che potrebbe anche decidere di concentrare la sede decidente innanzi al giudice adito per primo, attribuendo in tal senso un potere di rimessione al giudice adìto per secondo) e non è stata introdotta nemmeno dal codice del processo amministrativo.

7.4. Ecco dunque che i giudici amministrativi, sia nel giudizio straordinario in unico grado che nel giudizio articolato nei due gradi del plesso Tar-Consiglio di Stato (nel sistema della duplicità delle sedi giurisdizionali, chiarito dalle Sezioni Unite e dalla Adunanza Plenaria), in assenza della trasposizione del ricorso straordinario devono comunque ispirarsi al principio di effettività della tutela e non giungere a conclusioni processuali penalizzanti per chi – per ragioni di per sé insindacabili, attinenti o meno alla esigenza di non far scadere i termini di impugnazione – ha inteso avvalersi di entrambi i rimedi di tutela, per impugnare atti tra loro connessi dal legame caratterizzante l’atto presupposto e l’atto consequenziale.

Escluso che in una delle due sedi possa esservi una pronuncia di carattere processuale che comporti in sostanza una ‘sanzione’ per la scelta liberamente e legittimamente effettuata (di proporre i due ricorsi nelle distinte sedi predisposte dall’ordinamento), in assenza di esplicite regole legislative bisogna fare riferimento ai principi generali della giustizia amministrativa, da adattare in base al buon senso alla particolare situazione da risolvere.

7.5. Ritiene al riguardo il Collegio che si possa determinare una delle seguenti alternative:

a) il giudice che decide sull’atto presupposto può decidere per primo e sulla legittimità di questo, non potendo contestare la sussistenza di uno specifico e perdurante interesse del ricorrente (derivante dalla pendenza del giudizio proposto avverso l’atto consequenziale);

b) il giudice che decide sull’atto consequenziale può decidere per primo e sulla legittimità di questo, e disporne quindi l’annullamento quando risultino suoi vizi propri (ferma restando la necessità della valutazione del giudice che si occupa dell’atto presupposto, sulla sussistenza di un interesse all’accoglimento di ulteriori doglianze dell’interessato, volte ad ottenere la più piena tutela).

Tali regole comunque vanno integrate con il principio della alternatività, per il quale le censure ritualmente proposte avverso l’atto presupposto innanzi al primo giudice vanno comunque solo da questi decise, anche se sono riproposte in sede di impugnazione dell’atto consequenziale.

Spesso (come è anche avvenuto nel caso in esame), l’atto consequenziale è impugnato unicamente per far rilevare la perduranza dell’interesse ad ottenere l’annullamento dell’atto presupposto.

In tal caso, proprio per il principio della alternatività non vi è e non può esservi uno ‘spostamento’ dei poteri decisori, sicché solo il giudice ritualmente già adito per primo avverso l’atto presupposto può decidere sulla sussistenza o meno dei suoi vizi (pur se riproposti con il secondo ricorso).

Può anche accadere che il giudice adito avverso l’atto presupposto dichiari inammissibile il ricorso (ad es., per carenza di interesse attuale): in tal caso, il giudice adito avverso l’atto consequenziale (ove interessato abbia una seconda volta, ma ritualmente, impugnato anche l’atto presupposto) può pronunciarsi su tutte le censure rivolte avverso i due atti impugnati: una impugnazione del solo atto presupposto, risultata inammissibile (per carenza di interesse attuale), non può comportare alcuna ulteriore conseguenza processuale pregiudizievole in sede di decisione dell’ulteriore ricorso proposto ritualmente avverso i due atti.

Per il coordinamento delle statuizioni da pronunciare sui due ricorsi, il primo o il secondo giudice (rispettivamente adìti in sede di impugnazione dell’atto presupposto e di quello consequenziale) può avvalersi del potere previsto dall’art. 79, comma 1, del codice del processo amministrativo e dall’art. 295 del codice di procedura civile, e dunque può disporre la sospensione del giudizio, in attesa della definizione dell’altro.

8. Nella specie, poiché col secondo ricorso (quello di primo grado n. 251 del 2001, proposto al Tar) sono state proposte censure di illegittimità derivata dagli atti impugnati col primo ricorso (proposto nella sede straordinaria), ritiene il Consiglio di Stato che:

a) in accoglimento del primo articolato motivo dl’appello e in riforma della appellata sentenza, il ricorso di primo grado n. 251 del 2001 (proposto avverso le graduatorie) sia ammissibile ed anche procedibile;

b) va sospeso il presente giudizio, affinché sia previamente deciso il ricorso straordinario in precedenza proposto, e pendente avverso i decreti ministeriali 27 marzo 2000, n. 123, e 18 maggio 2000, n. 146 (posti a base degli atti impugnati in questa sede), sia perché nel caso di accoglimento del medesimo ricorso la Sezione non potrà che annullare per illegittimità derivata, e nei limiti dell’interesse della appellante, anche gli atti consequenziali impugnati con il ricorso di primo grado n. 2551 del 2001 (le graduatorie permanenti A345 e A346 per l’insegnamento, rispettivamente, di lingua straniera per le scuole medie della provincia di Modena e di lingua e civiltà straniera delle scuole superiori della stessa provincia), sia perché, nel caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso straordinario, per carenza di interesse attuale, andrebbero esaminate in questa sede tutte le censure proposte col medesimo ricorso di primo grado.

Ogni ulteriore statuizione resta riservata, all’esito del secondo grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta):

– accoglie il primo motivo dell’appello n. 3943 del 2009 e, in riforma della sentenza del Tar, dichiara ammissibile e procedibile il ricorso di primo grado n. 251 del 2001, proposto al Tar per l’Emilia Romagna, Sede di Bologna;

– riservata ogni ulteriore statuizione sul merito e sulle spese, sospende il giudizio ex articolo 79, comma 1, del codice del processo amministrativo ed ex articolo 295 del codice di procedura civile, in attesa della decisione del Consiglio di Stato e del Presidente della Repubblica sul ricorso straordinario al Capo dello Stato, proposto dall’appellante avverso i decreti ministeriali 27 marzo 2000, n. 123, e 18 maggio 2000, n. 146.

Redazione