Previsione di indennizzo: illegittimi i provvedimenti che reiterando la previsione espropriativa e del vincolo non includono la necessaria previsione giuridica dell’indennizzo (Cons. Stato n. 1021/2013)

Redazione 19/02/13
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FATTO

Con ricorso al TAR della Lombardia i signori ******* ed *************, proprietari in Comune di Busto Arsizio di area interessata da lavori per la realizzazione di sedime stradale e soggetta per tale motivo a vincolo espropriativo, impugnavano chiedendone l’annullamento i seguenti provvedimenti emessi dal Comune :

– delibera consiliare di riadozione (conseguente a precedente adozione e sua revoca) di variante generale al PRG;

– successive delibere consiliari e giuntali ad oggetto la delibera di adozione;

– determinazione giuntale (n.29298/1997) di approvazione della variante al PRG:

– all’occorrenza, le NTA del piano regolatore vigente.

I ricorrenti precisavano inoltre che , in attuazione dei vincoli derivanti dal previgente PRG, il Comune aveva avviato una procedura ablativa di altre aree, impugnata dai medesimi ricorrenti e poi non portata a compimento dall’amministrazione, dolendosi del fatto, pur procedendo alla la reiterazione del vincolo a fini espropriativi, non recassero la correlata previsione dell’indennizzo.

1.1.- Con la sentenza epigrafata, il TAR adito rigettava tutte le censure contro la reiterazione del vincolo, tranne quelle proposte col quinto motivo (che lamentava la mancata previsione dell’indennizzo) che accoglieva, conseguentemente annullando i provvedimenti di reiterazione del vincolo espropriativo nella parte in cui non prevedevano l’indennizzo ed inoltre dichiarando contestualmente l’obbligo del Comune di corrispondere l’indennizzo per i vincoli reiterati.

2.- La decisione di primo grado è stata appellata dal Comune di Busto Arsizio nonché, con atto proposto nel medesimo giudizio, dai ricorrenti in primo grado, i quali hanno censurato il mancato accoglimento dei motivi rubricati ai nn. 1, 2, 3, 5, 7 e l’omesso esame del motivo sub 4.

2.1.- Il Comune ha contrastato (v. memorie 6 e 19.11.2012) l’appello proposto dai controinteressati, i quali hanno a loro volta replicato (memorie 5.11e13.11.2012) alle deduzioni e controdeduzioni avversarie.

2.2- Alla pubblica udienza dell’11 dicembre 2012 i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

 

DIRITTO

1.- La controversia sottoposta alla Sezione, mediante le impugnative in fatto specificate, riguarda atti di variante al PRG comunale , emanati dal Comune di Busto Arsizio per la realizzazione di un sedime stradale mediante utilizzo di un’area in proprietà degli odierni appellati, a tal fine soggetta a reiterazione di precedente vincolo preordinato all’espropriazione.

– Il quadro contenzioso in esame, in particolare, è composto dalla proposizione :

a)- del ricorso con i quale il Comune di Busto Arsizio ha impugnato il capo della decisione gravata che, accogliendo le censure proposte col quinto motivo proposto dagli odierni appellati, ha annullato le delibere di riadozione ed approvazione della citata variante al PRG, limitatamente alla parte recante reiterazione di vincolo espropriativo senza indennizzo ed ha dichiarato dell’obbligo comunale di corrispondere quest’ultimo ai proprietari dell’area;

b).- del ricorso, incidentale autonomo, con il quale gli odierni appellati, proprietari dell’area interessata, hanno impugnato la reiezione dei motivi di primo grado che domandavano l’annullamento delle delibere impugnate.

2.- Il ricorso del Comune, premesso come la sentenza gravata investa il tema della indennizzabilità dei vincoli preordinati all’esproprio (sul solco della sentenza n. 179/1999 della Corte costituzionale), avversa la tesi accolta dal primo giudice mediante cinque ordini di censure. In sintesi l’appellante amministrazione argomenta che :

– il ricorso di primo grado doveva essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, poiché le pretese indennitarie, riconosciute dalla sentenza, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario;

– l’indennità è stata riconosciuta nonostante la carenza di istanza delle controparti, o nonostante la sua proposizione tardiva in sede processuale e comunque nonostante che la previsione dell’indennizzo sia stata introdotta in data posteriore al radicamento del ricorso;

– la decisione è comunque affetta da indeterminatezza, avendo omesso di indicare criteri e modalità per calcolare l’indennizzo del vincolo reiterato;

– gli impugnati provvedimenti di variante al PRG rinnovano una destinazione urbanistica di inedificabilità in quanto finalizzata ad un esproprio e ciò avrebbe dovuto condurre ad un rigetto integrale del ricorso, vale a dire non limitato alla domanda di annullamento degli atti di variante ma esteso alla pretesa indennitaria.

2.1.- Infondato è il primo mezzo, che sostiene l’inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione, rilevando che le pretese patrimoniali connaturate ad interventi espropriativi, ai sensi degli artt. 39 e 53, comma 3, del dpr n.327/2001, vanno fatte valere innanzi al giudice ordinario. Ed invero oggetto del giudizio proposto non era direttamente una pretesa patrimoniale, ma un’azione di annullamento che dubitava della legittimità di un provvedimento amministrativo di reiterazione di vincolo espropriativo che non recava la previsione di corrispondere un indennizzo a fronte della previsione urbanistica. Pertanto è destituita di interesse la prima obiezione svolta dagli appellati (p.5 dell’appello “incidentale”), muovendosi questa nel medesimo senso affermativo della giurisdizione amministrativa e quindi del rigetto del primo motivo di appello.- Del resto la questione si distingue da quella, affrontata dalla doglianza successiva (ed oggetto della controversia) , su cui il primo giudice ha dato esito positivo al “petitum” di annullamento (per mancata previsione dell’indennizzo) inserendovi anche la declaratoria del dovere dell’amministrazione di effettivamente corrisponderlo ai proprietari.

2.2.- Le deduzioni in proposito formulate, dal secondo ed in parte dal terzo ordine di motivi, criticano la sentenza impugnata per essersi spinta sino ad ordinare la corresponsione dell’indennità, nonostante la relativa istanza processuale non fosse stata formulata dai ricorrenti o comunque nonostante che la previsione dell’indennizzo fosse stata introdotta in data posteriore al radicamento del ricorso.

Si tratta di due censure che debbono essere esaminate distintamente ed in ordine logico, poichè la prima dubita della necessità di inserire negli atti pianificatori impugnati la previsione di indennizzo correlata al rinnovo del vincolo stesso, mentre la seconda pone in discussione la sentenza per aver dato ingresso ed esito positivo alla domanda di indennizzo nonostante non fosse stata formulata dal ricorso.

a)- Alla prima doglianza deve darsi soluzione negativa, avendo il TAR del tutto correttamente ripercorso l’evoluzione giurisprudenziale e normativa, sino ai principi dettati dalla Corte costituzionale (sent. n.179/1999), sulla ribadita necessità di una previsione di indennizzo da parte dei provvedimenti che rinnovino motivatamente un vincolo preordinato all’espropriazione o anche “sostanzialmente espropriativo”. Per tale ragione il TAR ha validamente ritenuto illegittime le deliberazioni impugnate che, pur reiterando la previsione espropriativa e del vincolo, cionondimeno non hanno incluso la necessaria previsione giuridica dell’indennizzo (in questo senso v. fra le molte, Cass. civ., Sez. I, sent. n. 1754 del 26-01-2007). Né a contrasto del consolidato orientamento seguito dal TAR, può argomentarsi che la citata sentenza della Corte è intervenuta successivamente al momento di adozione degli atti gravati e della proposizione del ricorso. Ed invero è principio consolidato che la sentenza della Corte che sopravvenga in corso di giudizio deve essere recepita dal giudice di merito, il quale è tenuto a farne applicazione regolando il caso secondo le indicazioni emergenti dalla pronunzia (per il principio v. tra le altre , Cons. di Stato, sez.IV, n. 1495/2000).

-Neppure potrebbe in contrario obiettarsi che il procedimento espropriativo , in vista del quale il vincolo viene inserito , non ha poi avuto alcun corso, poiché tale circostanza non elimina il fatto oggettivo che, sino all’esito (anche negativo) del procedimento per il quale viene imposto, il vincolo esplica ugualmente i suoi effetti limitativi dell’attitudine e quindi del valore dell’area privata che lo subisce.

Parimenti non condivisibile è infine l’interpretazione (v.p.5 memoria 6.11.2012) che pretende di configurare il vincolo in questione come urbanistico-conformativo per dedurre da tale natura la non indennizzabilità (cfr. Cons. di Stato, sez IV, n.4606/2008 e n. 1765/2009); ed invero l’intervento per realizzare un sedime stradale non può certamente rappresentare operazione disciplinante una intera zona del territorio comunale che, in quanto conformativa in termini generali, permette di escludere la previsione di indennizzo.

b) – A diversa conclusione deve pervenirsi quanto alla seconda doglianza, che obietta alla sentenza di aver dato ingresso nel giudizio alla domanda di effettiva corresponsione dell’indennizzo. A questa determinazione specifica il primo giudice, dopo aver trattato con pregevole motivazione il tema del decidere (l’illegittimità della mancata previsione indennitaria), perviene violando tuttavia il principio processuale della domanda (art.112), che postulava una specifica istanza giudiziale di corresponsione dell’indennità in questione. -Sul tema la parte privata, difendendo l’orientamento del TAR, si limita a definire (p. 5 dell’appello incidentale) esasperata la conclusione affermativa dell’obbligo di corresponsione dell’indennità, asserzione che andrebbe invece intesa nel più limitato senso di imporre nel provvedimento di variante la previsione dell’indennizzo; tuttavia la presenza, sia nella motivazione che nel dispositivo, di una chiara statuizione dell’obbligo di corrispondere l’indennizzo, unitamente al normale significato che nel mondo giuridico hanno le locuzioni utilizzate, non lasciano dubbi sulla portata della decisione che sul punto il TAR ha inteso adottare.

Il Collegio , chiarita l’evidente differenza tra la previsione indennitaria quale requisito di legittimità dell’atto amministrativo pianificatorio e l’asserzione di un obbligo di corrisponderla, deve non solo osservare che l’istanza non è stata avanzata nel processo, circostanza del resto ammessa dalle stesse controparti (v. p.5 della memoria conclusiva) ,ma anche rilevare che, quand’anche lo fosse stata, è fortemente dubbio che avrebbe potuto trovare legittimo accoglimento da parte del TAR; ed invero la effettiva corresponsione dell’indennità (ed è profilo che l’appellante solleva nel quarto motivo) postula, oltre all’inserimento della previsione di indennizzo, la previsione di criteri per la sua determinazione, senza i quali l’asserzione dell’obbligo di corrispondere l’indennizzo rimarrebbe comunque un ordine assolutamente astratto ed indeterminato e pertanto ineseguibile.

Sotto i trattati ed assorbenti aspetti , pertanto, l’appello introduttivo merita accoglimento, con conseguente riforma sul punto della sentenza impugnata.

3.- Deve ora essere esaminato il ricorso proposto dai signori M. e N. , che per una parte ha valenza di controdeduzione rispetto ai cinque motivi d’appello formulati dal Comune e per il resto è in realtà un appello autonomamente rivolto contro il rigetto degli altri motivi di ricorso dedotti in primo grado a carico della variante di PRG rinnovante il vincolo .

3.1.- Le argomentazioni formulate a contrasto dal ricorso del Comune( formulate dalla p.4 alla p.7 dell’atto) non possono essere accolte.

3.1.1.- La prima è priva di interesse poiché ribatte il primo motivo proposto dal Comune , che sosteneva il difetto di giurisdizione del TAR adìto , motivo ritenuto però infondato e per questo respinto dal Collegio con la presente decisione (v. supra punto 2.1).

3.1.2.- La seconda argomentazione, che avversa la tesi della mancata presentazione nel processo della domanda di indennizzo, è già stata esaminata e respinta per le stesse ragioni sopra indicate, determinanti l’accoglimento dell’appello del Comune, alle quali pertanto si rinvia.(punto2.2)

3.1.3.- La terza osservazione tende a contrastare parimenti la mancata presentazione della domanda di indennizzo, ma è motivata ricordando che :

– il ricorso si è fondato sulla violazione della legge n.1187/1968;

– la sentenza della Corte ha efficacia retroattiva e si applica al giudizio di cui si tratta;

– il TAR ha riconosciuto illegittima la mancata previsione dell’indennizzo.

Tuttavia va anche qui osservato che il vizio riscontrato da questo giudice a carico della sentenza non attiene ai menzionati profili sostanziali di legittimità della mancata previsione dell’indennizzo (questioni peraltro infondatamente sollevate dal Comune appellante e pertanto respinte al punto 2.2.a di questa decisione), bensì alla mancata presentazione della domanda in sede giurisdizionale.

3.1.4.- La quarta obiezione avversa la tesi del Comune per la quale la sentenza avrebbe dovuto indicare presupposti, criteri e modalità dell’indennizzo da corrispondere. La questione è però negativamente assorbita dall’accoglimento dell’appello comunale per il motivo della illegittima statuizione dell’obbligo di corrispondere l’indennizzo, sicchè non può in questa sede porsi alcuna questione sul sistema di determinazione di una somma che non deve essere corrisposta quanto meno contestualmente agli atti impugnati.

3.1.5.- Infine, la questione della scadenza del vincolo, negata dal Comune e ripresa dalla quinta controdeduzione, non può venire in rilievo a contrasto dell’appello del Comune, poiché come già osservato questo ha investito solo le questioni della mancata previsione dell’indennizzo da parte degli atti impugnati e l’obbligo di corrisponderlo, coma sopra regolate.

3.2.- Quanto agli altri ed autonomi motivi di primo grado svolti a sostegno dell’impugnazione della sentenza, essi tendono all’annullamento non per la mancata previsione dell’indennizzo (riconosciuta illegittima dal TAR) ma anche per altri ed autonomi vizi prospettati in primo grado e non ritenuti invece sussistenti dalla decisione impugnata . Questi debbono essere pertanto esaminati, nella prospettiva esaustiva tutti gli aspetti del contenzioso insorto e soprattutto ai fini della rinnovazione del potere pianificatorio Dette prospettazioni, tuttavia, non sono fondate, meritando conferma le ragioni della loro reiezione in primo grado addotte dal TAR.

3.2.2.- Il primo motivo di appello contrasta il rigetto delle censure di mancanza di studi preparatori e di insufficienza e mancata pubblicazione della relazione tecnica, formulate dal primo ordine di motivi di primo grado. In particolare, nel giustificare la carenza della relazione con la possibilità di integrarla successivamente, il primo giudice sarebbe incorso in contraddizione con l’argomento che ammette la possibilità di reiterazione del vincolo. La ritenuta contraddizione non sussiste. Il problema della integrazione successiva o a sanatoria della relazione illustrativa, la quale costituisce in effetti un riferimento esplicativo per accedere alle motivazioni dell’atto pianificatorio, appare sollevabile solo ove tra la integrazione della relazione successiva al provvedimento, sussista una cesura logico-giuridica che renda il secondo in effetti privo delle necesssarie ragioni giuridiche . In questo senso, pertanto, deve convenirsi con la tesi del TAR ove afferma che “l’integrazione successiva della relazione potrebbe inficiare l’iter procedimentale soltanto nel caso in cui essa contenga l’esposizione di elementi in contraddizione con le scelte già effettuate tali da compromettere la ragionevolezza del disegno pianificatorio”.

3.2.3.- Quanto ai dedotti profili di insufficienza della relazione, si dolgono gli appellanti che la relazione non menzioni il vincolo F2c, pur imposto dalla variante, aspetto questo sollevato dal secondo motivo proposto in prime cure. La censura è però generica, rientrando peraltro in quella successiva di difetto di motivazione del vincolo citato.

3.2.4.- Quest’ultima ripropone (punto 2) il problema dei motivi a supporto della predetta destinazione (che era stato posto dal quarto motivo di ricorso) , lamentandone la omessa trattazione da parte del TAR. Il Collegio deve tuttavia osservare in proposito che il vincolo F2c risulta correlato a verde quartierale urbano sicchè, considerando che esso riduce ma non sopprime il precedente vincolo F2a (edilizia scolastica), e lo mantiene pur sempre nell’ambito delle aree destinate a servizi, non si determina quel mutamento qualitativo di destinazione tale da modificare in pejus l’attitudine dell’area dei ricorrenti e che richiede, secondo i principi vigenti, una puntuale motivazione della scelta operata. Analoghi rilievi possono valere per la destinazione a sedime stradale. Pertanto, anche tenuto conto della ampia discrezionalità che caratterizza il potere pianificatorio, non merita di essere smentita la valutazione compiuta dal primo giudice nell’affermare che “la complessiva lettura della relazione convince in linea generale quanto meno della non irrazionalità” delle previsioni reiterative dei vincoli in argomento.

3.2.5.- Anche l’ulteriore doglianza (punto 3), riferita al rigetto del settimo motivo, non ha fondamento. Dal suo confronto con la sentenza si evince che essa fa riferimento al principio partecipativo di cui all’art. 9 della legge urbanistica, che il TAR ha ritenuto non violato in considerazione del fatto che la pubblicazione in sanatoria ha comunque reso comprensibili gli obiettivi pianificatori perseguiti dall’amministrazione. Il Collegio condivide la motivazione del TAR anche su questo punto, aggiungendo che la necessità della partecipazione deve essere assicurata con applicazioni non esasperatamente formalistiche delle norme di legge, le quali finirebbero per aggravare il procedimento amministrativo senza alcun corrispettivo vantaggio per il principio partecipativo.

3.2.6.- Il terzo motivo del ricorso al TAR viene riproposto (punto 4) avversando la mancata dimostrazione, evidenziata dal primo giudice, della asserita illogicità della pianificazione generale. La censura è però del tutto priva di uno specifico quanto chiaro raffronto tra le critiche mosse e le motivazioni rese dalla decisione gravata, in particolare non fornendo la dimostrazione che il primo giudice assume essere mancata. In tale situazione si è in presenza di una censura d’appello meramente reiterativa di quella avanzata in primo grado e pertanto inammissibile.

3.2.7.- L’ultima doglianza (punto 5), riguarda il rigetto del quinto motivo, che lamentava l’omessa previsione di una relazione inerente le previsioni di massima per le spese occorrenti all’acquisizione delle aree. Sul punto il primo giudice avrebbe erroneamente legittimato , sulla base della giurisprudenza amministrativa, la tesi per la quale la relazione finanziaria non costituirebbe un presupposto di legittimità dell’atto o del procedimento amministrativo.

Il Collegio deve invece confermare tale orientamento ( peraltro seguito da altre pronunzie), mentre irrilevante ai fini della censura, nonchè privo di interesse ai fini della controversia, risulta il prosieguo del motivo formulato, ove si invoca la condivisa giurisprudenza per cui la previsione di un indennizzo per la reiterazione dei vincoli di natura espropriativa è da considerarsi un diritto dell’interessato (Cons. di Stato, sez.IV, n.5715/2002); ed infatti la presente decisione, ha rigettato la censura dell’appello comunale che sosteneva la non necessità di prevedere indennizzo, ribadendo l’illegittimità acclarata dal TAR della reiterazione del vincolo espropriativo che non lo contempli.

4. – Conclusivamente:

– l’appello del Comune deve essere accolto limitatamente al motivo che avversa il capo della sentenza statuente l’obbligo del Comune di corrispondere l’ indennizzo contestualmente alle varianti di PRG reiterative di vincoli espropriativi, e respinto, con conferma della sentenza impugnata, con riguardo alle restanti censure, volte ad affermare la non necessità di prevedere l’indennizzo nelle sedi di adozione ed approvazione delle varianti stesse; pertanto, in attuazione della pronunzia di accoglimento, il Comune di Busto Arsizio provvederà a debitamente integrare gli atti impugnati inserendo la previsione di indennizzo dei vincoli reiterati e dei criteri per la sua liquidazione;

– l’appello dei signori M. e N. deve essere respinto in quanto infondato.

5.- Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio tra le parti costituite, attesa la sufficiente complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe,

– accoglie l’appello del Comune di Busto Arsizio nel limite di in motivazione, nel quale ed in parziale riforma della sentenza impugnata, respinge in tali limiti il ricorso di primo grado;

– respinge i restanti motivi dell’ appello del Comune;

– respinge l’appello proposto dai signori M. e N.;

– condanna gli appellati a corrispondere al Comune di Busto Arsizio le spese del presente giudizio che liquida confermate in Euro 3000 (tremila) oltre accessori..

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 dicembre 2012

Redazione