Prestazioni ospedaliere e ottemperanza dei relativi contratti di esecuzione (Cons. Stato n. 3590/2013)

Redazione 08/07/13
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FATTO

1. – La società appellata con ricorso al TAR per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, impugnava la deliberazione n. 17/03 con la quale il Commissario Straordinario dell’ASL n. 11 di Reggio Calabria aveva adottato il piano annuale preventivo delle attività, nonché la delibera n. 69/03 con cui escludeva la struttura ricorrente dall’attività di assistenza ospedaliera a carico del S.S.N., con effetto dal 1 gennaio 2003, deducendone l’illegittimità sotto vari profili e denunciando l’incostituzionalità dell’art. 2, comma 2, l.r. n. 51/02, posta a base degli atti impugnati, per violazione degli artt. 32 e 41 della Costituzione.
2. – Il TAR accoglieva il ricorso e annullava gli atti impugnati.
3. – Propone appello l’Azienda sanitaria sollevando due censure:
1) inammissibilità del ricorso per difetto di contraddittorio, non essendo stata evocata in giudizio la Regione Calabria che ha adottato atti incidenti sugli interessi in gioco;
2) erroneo accoglimento del ricorso sul presupposto non veritiero che il piano preventivo annuale fosse stato adottato senza sentire le organizzazioni di categoria più rappresentative e senza valutare il bisogno di salute della popolazione, così che la proposta contrattuale della ASL 11 conteneva un immotivato abbattimento di oltre il 20% di alcune prestazioni di qualità ed un ingiustificato abbassamento del valore medio di produzione delle strutture private.
Assume l’Azienda, viceversa, che l’adozione del piano preventivo è avvenuta in modo tempestivo e legittimo, in relazione alle indicazioni e ai termini fissati dalla Regione e nel rispetto del contraddittorio con le organizzazioni di categoria.
4. – Resiste in giudizio la casa di Cura ******** s.r.l. intimata.
5. – All’udienza del 24 maggio 2013, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. – L’appello è fondato nel merito, per cui può prescindersi dal profilo processuale sollevato con il primo motivo.
1.1 – Va premesso che nel vigente quadro normativo spetta alle Regioni provvedere, con atti autoritativi e vincolanti di programmazione, alla fissazione del tetto massimo annuale di spesa sostenibile con il fondo sanitario regionale e di distribuire le risorse disponibili per singola istituzione o per gruppi di istituzioni, nonché di provvedere alla determinazione dei preventivi annuali delle prestazioni, assicurando l’equilibrio complessivo del sistema sanitario dal punto di vista organizzativo e finanziario (Consiglio di Stato, Sez. III, 9 aprile 2013, n. 1913 e 30 gennaio 2013, n. 598).
Nell’esercizio della indicata funzione programmatoria le Regioni hanno un ampio potere discrezionale nello stabilire come le risorse disponibili per il sistema sanitario debbano essere utilizzate ed esercitano tale potere tenendo conto di molteplici esigenze, quali il diritto degli assistiti alla fruizione di prestazioni sanitarie adeguate, l’efficienza delle strutture pubbliche, le legittime aspettative degli operatori privati che operano secondo logiche imprenditoriali, l’interesse pubblico al contenimento della spesa (Consiglio di Stato, Sez. III, 14 gennaio 2013, n. 134).
Sulla base degli atti regionali che fissano i limiti di spesa annuali e delle direttive fornite sulla loro applicazione, intervengono poi gli atti meramente applicativi delle aziende sanitarie, ovvero il piano preventivo annuale (di cui all’art. 2, comma 8 della l. 549/1995, con cui vengono contrattate con gli erogatori pubblici e privati le quantità presunte e tipologie di prestazioni di assistenza ospedaliera da acquistare), e gli specifici accordi contrattuali con le strutture interessate, di cui all’art. 8 quinquies del Dlgs 502/1992, (con cui vengono fissati tra l’altro il “volume massimo di prestazioni che le strutture si impegnano ad assicurare, distinto per tipologie e per modalità di assistenza, i requisiti del servizio da rendere, il corrispettivo preventivato, le procedure di controllo sul rispetto degli accordi, etc.).
Si tratta di atti per i quali le ASL non godono di poteri discrezionali se non in misura ridotta, considerato che i limiti massimi annuali di spesa sostenibili a carico del SSN sono individuati già a livello di programmazione nazionale e regionale, e così pure i livelli assistenziali (LEA, fissati con DPCM) e l’indice di ospedalizzazione (160 ricoveri ogni 1000 abitanti).
1.2 – Tanto premesso, per quanto riguarda la vicenda in esame, concernente la legittimità del procedimento seguito dalla ASL 11 di Reggio Calabria nella determinazione del volume delle prestazioni acquistabili dalla struttura accreditata ricorrente, posta a base della successiva contrattazione, il cui esito negativo ha determinato l’adozione della delibera n. 69 del 24 marzo 2003, impugnata, con cui il Commissario Straordinario ha decretato il “non riconoscimento delle attività sanitarie svolte ai fini della remunerazione delle prestazioni erogate”, deve rilevarsi la fondatezza del secondo motivo di appello.
1.3 – Il TAR ha ritenuto che fosse stato erroneamente determinato il volume delle prestazioni acquistabili oggetto della proposta contrattuale formulata alla Casa di cura Caminiti s.r.l., perché ridotto rispetto al dato risultante dalla tabella allegata alla DGR 615/02, cui rinvia la l.r. 51/2002.
La sentenza appellata dà atto che l’esclusione di 839 prestazioni dal volume complessivo delle prestazioni contabilizzate dalla citata delibera 615/2002, sia conseguente a controlli e verifiche;
tuttavia, ritiene sussistente il contrasto con la l.r. 51/02 poiché è mancato il contraddittorio sul punto tra le parti in sede di trattative, ed anche perché la proposta non è stata formulata sulla base di scelte adottate in sede di piano annuale preventivo, ma applicando automaticamente il tetto massimo dell’80% delle prestazioni acquistate nell’anno 2001.
1.4 – Va, innanzitutto, chiarito che, contrariamente a quanto assume il TAR, risulta che il Piano annuale preventivo per l’anno 2003 era stato adottato dalla USL n. 11 tempestivamente, il 27.1.2003 (con la impugnata delibera n. 17) entro il termine del 31 gennaio 2003, fissato con la delibera di Giunta regionale n. 1274 del 27 dicembre 2002, ed entro lo stesso termine del 31 gennaio, previsto dalla stessa delibera G.R. n. 1274, erano state avviate le trattative per la conclusione dei contratti di acquisto delle prestazioni (cfr. verbale del 24 gennaio 2003).
Le considerazioni del primo giudice, circa l’acritica applicazione da parte dell’Azienda, in sede di proposta contrattuale, del limite massimo dell’80% delle prestazioni acquistate nell’anno 2001, senza alcuna valutazione programmatoria alla base, non tengono conto dell’effettivo svolgimento dell’iter procedimentale e dei vincoli cui le Aziende sono soggette per effetto dei poteri programmatori spettanti alla regione.
Si consideri che nella determinazione della spesa sanitaria le aziende hanno un ridotto margine di discrezionalità (essendo la stessa definita dalla regione); attraverso il Piano annuale preventivo, in ottemperanza alle disposizioni della l. 549/1995 art. 2, comma 8, stabiliscono quantità presunte e tipologie di prestazioni da acquistare, tenendo conto dell’analisi storica epidemiologica.
Nel procedimento in esame, che ha condotto alla proposta contrattuale formulata alla ******à appellata, la ASL n. 11, preliminarmente all’avvio delle trattative con le strutture accreditate, ha previsto uno stanziamento di 41.000.000 euro per l’acquisto di prestazioni di assistenza ospedaliera da soggetti erogatori accreditati e, quindi, ha formulato la propria proposta sulla base dei dati relativi ai casi trattati nel 2001 e 2002 e ai costi e previsioni per il 2003, risultanti dalla nota prot. 560 del 21.11.2002 del responsabile del procedimento.
L’art. 2, comma 2 della l.r. 51/02 dispone che “per l’anno 2003 i volumi massimi delle prestazioni non potranno superare quelli dell’anno 2001, riconosciuti e validati, ridotti del 20 per cento, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 2 della legge regionale 7 agosto, 2002, n. 29.”
E’ evidente che la stessa norma regionale pone quale limite massimo di prestazioni acquistabili una percentuale pari all’80% delle prestazioni effettuate nel 2001, “riconosciute e validate”.
Sicché è legittimo che tenendo conto delle prestazioni escluse in fase di verifica e controllo, di cui alla nota prot. 434/02, sia stato ridotto (rispetto al volume calcolato con la D.G.R. n. 615/02) il numero delle prestazioni che l’Azienda si è impegnata ad acquistare dalla struttura appellata per il 2003.
Pertanto, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, non era necessario alcun confronto tra le parti sul punto in sede di contrattazione, essendo insito nel sistema che le prestazioni siano accertate e validate solo successivamente alla loro erogazione, ai fini del pagamento e dell’eventuale applicazione dell’abbattimento tariffario, come previsto dallo stesso schema contrattuale, ben noto all’appellata.
In definitiva, non ha fondamento la pretesa della Casa di cura Caminiti S.r.l. al riconoscimento di ulteriori 191 prestazioni, rispetto a quelle che hanno formato oggetto del contratto sottoscritto il 15.7.2003, come richiesto nella memoria del 15 aprile 2013.
1.5 – Occorre, inoltre, tener conto, ai fini dell’esame della eccezione di parte appellata riguardante l’illegittimità della fissazione di “tetti di spesa retroagenti” e la necessità “di un percorso istruttorio ispirato al principio della partecipazione”, che la giurisprudenza più recente anche dell’A.P., ha riconosciuto la legittimità dei tetti di spesa anche tardivamente intervenuti in corso d’anno.
La particolare situazione deficitaria in cui versa il comparto sanità, ha fatto sì, invero, che venisse rimeditata la questione di principio riguardante la necessaria preventiva fissazione dei budget assegnati alle strutture private accreditate per l’erogazione di prestazioni agli utenti del S.S.N..
Si è pronunciata in particolare sul punto, di recente, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che, con sentenze n. 3 e n. 4 del 12 aprile 2012, ha affermato che l’attività di pianificazione delle risorse da parte delle Regioni, in quanto necessaria, può essere esercitata anche nel corso dell’anno di riferimento e che “la fissazione, in corso d’anno, di tetti che dispieghino i propri effetti anche sulle prestazioni già erogate non può considerarsi, in quanto tale, illegittima atteso che la retroattività dell’atto di determinazione della spesa non vale ad impedire agli interessati di disporre di un qualunque punto di riferimento regolatore per lo svolgimento della loro attività; è, infatti, evidente che in un sistema nel quale è fisiologica la sopravvenienza dell’atto determinativo della spesa solo in epoca successiva all’inizio di erogazione del servizio, gli interessati, fino a quando non risulti adottato un provvedimento formale, potranno aver riguardo all’entità delle somme contemplate per le prestazioni dei professionisti o delle strutture sanitarie dell’anno precedente, diminuite della riduzione della spesa sanitaria contemplata dalle norme finanziarie dell’anno in corso”.
1.6 – Infine, la problematica sollevata col terzo motivo di appello riguarda l’affermazione contenuta nella sentenza del TAR circa il carattere ultrattivo delle condizioni contrattuali dell’accordo 2002, sancito dall’art. 12 del contratto, per cui sarebbe illegittimo il mancato riconoscimento delle attività sanitarie svolte fino al 3 aprile 2004, data di notifica della delibera n. 69/03, che in tal senso dispone.
Osserva il Collegio che l’art. 11 del contratto stipulato tra le parti nel 2002 contiene una clausola di salvezza per il periodo di incertezza contrattuale, ma previa adozione di una delibera di rinnovo contrattuale, con validità fino alla stipula del nuovo contratto. Non essendo stato adottato il detto atto deliberativo di rinnovo, non può ritenersi applicata l’ultrattività delle condizioni contrattuali del 2002.
2. – L’appello va dunque accolto, precisando che l’annullamento degli atti impugnati non incide in ogni caso sulla validità del contratto concluso nel luglio 2013.
3. – Le spese di giudizio si possono compensare tra le parti, attesa la complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando, accoglie l’appello e, per l’effetto, riforma la sentenza appellata..
Spese compensate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2013

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