Preposizione contemporanea a compiti di bidello e di custode del caseggiato scolastico: non ha diritto allo straordinario salvo dimostrazione di aver svolto specifiche attività al di fuori dell’orario di servizio (Cons. Stato n. 6604/2012)

Redazione 21/12/12
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FATTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, rubricato al n. 4218/09, il sig. R. D’A., dipendente della Provincia di Benevento, chiedeva il riconoscimento del suo diritto:

a)- alla differenze e maggiorazioni retributive a causa del contemporaneo svolgimento delle mansioni di bidello e di custode di edificio scolastico svolte nel periodo 5 novembre 1987-30 giugno 1998;

b)- al compenso per lavoro straordinario ed all’indennità sostitutiva di ferie non godute;

c)- al risarcimento del danno da usura;

d) in via subordinata, all’indennizzo ex art. 2041 cod. civ.,

con la conseguente condanna della Provincia di Benevento al pagamento di quanto a tali titoli risulterà dovuto, con interessi e rivalutazione monetaria.

Il ricorrente sosteneva di essere stato dipendente dell’Amministrazione provinciale di Benevento e di aver svolto le mansioni di bidello – custode di un edificio scolastico.

Affermava di avere solo parzialmente fruito della licenza ordinaria e del riposo settimanale e lamentava il mancato pagamento di ore di lavoro straordinario prestato a partire dall’anno 1987 e fino al 1998.

Chiedeva, pertanto, la condanna dell’Amministrazione intimata al pagamento di indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti, nonchè del lavoro straordinario prestato e non retribuito, il tutto da maggiorare di accessori.

Chiedeva altresì la condanna della medesima Amministrazione al risarcimento del danni da usura nonché, in via subordinata, all’indennizzo per indebito arricchimento dell’Ente.

Con la sentenza in epigrafe, n. 4218/98, il Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, *********, respingeva il ricorso.

2. Avverso la predetta sentenza il sig. R. D. propone il ricorso in appello in epigrafe, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si è costituita in giudizio la Provincia di Benevento chiedendo il rigetto dell’appello.

La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 20 novembre 2012.

DIRITTO

1. La controversia riguarda il diritto dell’appellante, dipendente della Provincia di Benevento, ad alcune voci retributive, non corrisposte dall’Amministrazione di appartenenza.

2. L’appellante chiede in primo luogo il riconoscimento del suo diritto al compenso per il lavoro straordinario che assume di avere prestato a causa della preposizione contemporanea a compiti di bidello e di custode del caseggiato scolastico.

Afferma che il tale situazione egli era impegnato sostanzialmente per tutti i giorni della settimana e per l’intera giornata, con evidente incremento dell’orario di servizio.

La tesi non può essere condivisa.

Invero, dalla stessa prospettazione dell’appellante si ricava che essendo egli stato preposto alle mansioni di custode gli è stato assegnato l’alloggio di servizio, nel quale egli evidentemente risiedeva stabilmente.

In tale situazione di fatto, la svolgimento di lavoro straordinario consiste, in sostanza, nell’occupazione della casa d’abitazione.

E’ evidente che un impegno di questo genere non dà titolo ad incremento retributivo.

Tale conclusione potrebbe essere superata sulla base della positiva dimostrazione di specifiche attività che abbiano impegnato l’appellante al di fuori dell’orario di servizio.

Il relativo onere deve essergli riferito in quanto egli, come attore, è tenuto alla dimostrazione dei fatti costitutivi della pretesa.

Non avendo l’appellante assolto l’onere probatorio la domanda deve essere respinta.

3. La sentenza di primo grado ha trattato il problema del diritto dell’appellante a percepire l’indennità per ferie non godute

Nell’atto di appello l’appellante precisa di non avere chiesto la suddetta indennità, ed anzi il primo giudice avrebbe deciso “ultra petita”; la sua doglianza si riferirebbe esclusivamente al fatto di avere goduto di tale diritto con grande difficoltà in quanto il riposo gli è stato più volte consentito con grave ritardo ovvero gli sono state revocate le ferie già concesse.

Osserva il Collegio che la domanda, così precisata, costituisce un corollario di quella relativa all’indennità per usura psicofisica, per cui sarà risolta in quel contesto.

4. L’appellante chiede poi, come anticipato al paragrafo che precede, il riconoscimento del suo diritto al risarcimento per danno da usura.

Anche questa pretesa deve essere respinta, in quanto contrastante con pacifico orientamento giurisprudenziale, condiviso dal Collegio.

C. di S., VI, 8 marzo 2012, n. 1317, ha affermato che “nel caso di istanza di risarcimento del danno non patrimoniale per usura psicofisica derivante da attività lavorativa prestata anche nel giorno destinato al riposo settimanale senza aver goduto di riposo compensativo, il lavoratore è tenuto ad allegare e provare in termini reali, sia nell’an che nel quantum, il pregiudizio del suo diritto fondamentale alla salute psico-fisica, nei suoi caratteri naturalistici e nella sua dipendenza causale dalla violazione dei diritti patrimoniali di cui all’art. 36 della costituzione”.

Allo stesso modo, C. di S., VI, 15 luglio 2010, n. 4553, ha affermato che “il lavoratore che assume di essere stato adibito ad attività lavorativa anche nel giorno destinato al riposo settimanale senza aver goduto di riposo compensativo, ove chieda il risarcimento del danno non patrimoniale per usura psicofisica ovvero per la lesione del diritto alla salute o alla libera esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana, è tenuto a provare in termini reali il pregiudizio subito, sia nell’an sia nel quantum”.

E’ quindi pacifico in giurisprudenza il principio secondo il quale il lavoratore che vanti il suo diritto al risarcimento del danno da usura psicofisica derivante dal mancato godimento del giorno di riposo ha l’onere di provare l’effettivo verificarsi del danno e di quantificarlo.

Atteso che l’appellante non ha assolto tale onere la pretesa deve essere respinta.

5. In subordine, l’appellante chiede l’applicazione dell’art. 2041 c.c.

La pretesa non può essere condivisa nemmeno sotto questo profilo.

Anche l’azione di cui all’art. 2041 c.c. presuppone infatti la dimostrazione dell’arricchimento del datore di lavoro (C. di S., V, 6 settembre 2000, n. 4699), dimostrazione totalmente mancata nella presente controversia.

6. In conclusione, l’appello deve essere respinto.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 4218/09, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore della controparte costituita, di spese ed onorari del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi € 2.500,00 (duemilacinquecento/00) oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2012

Redazione