Pignorabili gli arredi dello studio professionale (Cass. n. 17900/2012)

Redazione 18/10/12
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Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 26 novembre 2003 M.G. propose opposizione al pignoramento mobiliare eseguito nei suoi confronti nell’ambito di una procedura esecutiva azionata dalla moglie, con la quale era in corso una causa di separazione. Dedusse che l’ufficiale giudiziario aveva pignorato una libreria, un tavolo, delle sedie e una poltrona, beni costituenti il mobilio del suo studio professionale e, come tali impignorabili ; che il pignoramento era stato eseguito in malafede, al solo fine di danneggiarlo; che egli aveva pertanto diritto di essere risarcito.

Costituitasi in giudizio, l’opposta Ma.Si. contestò le avverse pretese.

Con sentenza del 7 settembre 2007 il giudice adito ha rigettato l’opposizione.

In motivazione ha osservato il giudicante che l’impignorabilità assoluta degli strumenti, degli oggetti e dei libri indispensabili per l’esercizio della professione, dell’arte o del mestiere del debitore stabilita dall’art. 514 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, in quanto eccezione al principio generale sancito dall’art. 2740 c.c., costituisce postulato normativo di stretta interpretazione. Ha aggiunto, nello specifico, che il M. non aveva dimostrato, come pur sarebbe stato suo onere, che gli arredi pignorati erano indispensabili all’esercizio della sua professione e, in particolare, che in mancanza degli stessi, egli aveva avuto un decremento di lavoro.

Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione M.G., formulando un solo, articolato motivo.

L’intimata non ha svolto alcuna attività difensiva.

Motivi della decisione

1 Con l’unico motivo l’impugnante denuncia violazione dell’art. 514 c.p.c., n. 4, nel testo antecedente alla riforma introdotta dalla L. n. 52 del 2006, nonchè mancanza di motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Deduce che il giudice di merito non avrebbe chiarito in qual modo i beni pignorati potessero ritenersi non indispensabili ai fini dell’esercizio della sua attività professionale, non avendo, in particolare, esplicitato se, ai fini dell’operatività della norma processuale innanzi richiamata, spettava all’opponente dimostrare che gli arredi pignorati erano in ogni caso necessari ai fini dell’esercizio della professione o se fosse onere dello stesso provare che, nella fattispecie, non ve ne erano altri del medesimo genere.

2 Le censure, in disparte ogni rilievo in ordine alla idoneità dei quesiti formulati a chiusura della loro illustrazione, sono infondate.

Valga al riguardo considerare che, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, il giudice di merito ha esposto in maniera estremamente chiara i motivi della scelta decisoria adottata, avendo in sostanza esplicitato che la sola deduzione della inerenza degli arredi pignorati all’attività professionale svolta dall’esecutato, e la stessa allegazione della loro insopprimibile necessità, non erano sufficienti ai fini del riconoscimento della ricorrenza della particolare ipotesi di impignorabilità invocata dall’opponente.

Ora, siffatto approccio, che, ai fini dell’operatività del disposto dell’art. 514 c.p.c., n. 4, nel testo vigente ratione temporis, presuppone l’insufficienza della mera destinazione di un bene all’esercizio della professione, dell’arte o del mestiere del debitore e che onera l’esecutato della prova della concreta indispensabilità del bene ai fini indicati, è coerente e con la lettera della norma e con la trasparente ratio legis, volta a non privare il debitore della possibilità di vivere onestamente con il proprio lavoro. Non a caso, del resto, questa Corte ha a più riprese rimarcato che il criterio dell’indispensabilità, che la norma richiamata pone come discrimine tra beni pignorabili e beni impignorabili, ha carattere relativo, essendo sostanzialmente frutto di una valutazione avente ad oggetto le concrete condizioni di esercizio dell’attività professionale, artistica, di lavoratore autonomo o di imprenditore del debitore di cui, di volta in volta si tratta, con connessa, conseguente esclusione dall’area della impignorabilità delle strutture professionali o produttive in cui il fattore capitale prevalga sull’attività personale, nonchè dei beni che costituiscano una dotazione sovrabbondante rispetto alle necessità lavorative (confr. Cass. civ. 25 febbraio 2009, n. 4488; Cass. civ. 7 febbraio 2008, n. 2934).

3 In sostanza, considerato, da un lato, che l’impignorabilità costituisce pur sempre eccezione al principio generalissimo sancito dall’art. 2740 c.c. – secondo cui il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri – e, dall’altro, che essa, anche prima delle modifiche apportate in parte qua dal legislatore del 2006 (L. 24 febbraio 2006, n. 52, artt. 3 e 4, che hanno, rispettivamente abrogato il n. 4 dell’art. 514 c.p.c., e aggiunto un comma 3, all’art. 515 c.p.c.), non riguardava (come non riguarda) tout court gli strumenti destinati all’esercizio della professione, dell’arte o del mestiere del debitore, è corretto e condivisibile, anche in applicazione del criterio della vicinanza della prova, l’ulteriore e decisivo corollario dell’opzione ermeneutica adottata dal giudice di merito, secondo cui spetta al debitore opponente dimostrare la ricorrenza in concreto dei presupposti dell’impignorabilità, e non all’opposto, la legittimità del pignoramento.

Il ricorso è respinto.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Redazione