Paziente cade dall’apparecchio solleva malati e muore: responsabili progettista e manutentore del dispositivo (Cass. pen. n. 27775/2013)

Redazione 25/06/13
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Ritenuto in fatto

Il Tribunale di Torino, con sentenza in data 20.12.2010, dichiarava S.A. e V.A.R., rispettivamente nelle qualità di direttore tecnico dell’azienda produttrice Sanix s.r.l. progettista dell’apparecchiatura solleva malati **** e di legale rappresentante dell’Officina Ortopedica Ferrero s.r.l., responsabili per il reato di omicidio colposo in danno di B.O., nel contempo esonerando da responsabilità ****, legale rappresentante della Sanix s.r.l. Il S. e la V. venivano condannati alla pena di mesi otto di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile. In fatto era accaduto che, sofferente da tempo di una grave forma patologica di osteoporosi associata ad altre patologie, B.O., su richiesta del suo medico fisiatra, era stata dotata il (omissis) dalla ASL X di Chieri-Moncalieri, presso cui era in cura, di un dispositivo solleva malati atto a consentirle con l’intervento di un terzo lo spostamento dal letto alla carrozzella; dispositivo prodotto da Sanix s.r.l. e fornito in regime di convenzione alla ASL X di Chieri per il tramite dell’Officina Ortopedica Ferrero s.r.l., quest’ultima tenuta per capitolato alla manutenzione dell’apparecchio; che il (omissis) la donna, a causa di un improvviso cedimento del suddetto dispositivo, era caduta per terra, procurandosi lesioni che, nonostante le immediate cure e l’intervento chirurgico subito il successivo (omissis), ne avevano cagionato il decesso in data (omissis) .
I predetti imputati, nelle rispettive qualità, erano tratti a giudizio a titolo di cooperazione colposa.
Con la citata sentenza la responsabilità del S. era ravvisata nella omessa previsione, in sede di progettazione del macchinario, di un dispositivo di maggiore affidabilità, tale da costituire un blocco insuperabile atto a evitare lo svitamento che era stato accertato essere la causa della omessa tenuta del meccanismo e, quindi, della caduta della B. . La responsabilità della V. era, invece, ravvisata nella omessa messa a punto del dado al momento della consegna alla paziente del macchinario. Quest’ultimo, infatti, già in precedenza usato da altro assistito, era stato rimesso all’Officina Tecnica Ferrero, secondo il capitolato del contratto intervenuto con la Asl, affinché si provvedesse al suo ricondizionamento, sì da rendere l’apparecchiatura efficiente e in perfette condizioni, tanto più che dall’istruttoria dibattimentale era emerso che non era stata rilevata e integrata l’assenza del previsto collante e il libretto per la manutenzione non solo non era stato consegnato all’utilizzatore, ma non era neppure nella disponibilità del manutentore.
A seguito di appello interposto dalla V. , la Corte d’Appello di Torino perveniva a un giudizio di assoluzione della predetta sulla scorta del rilievo che difettava il nesso causale tra la ravvisata colpa del manutentore e l’evento, poiché non era dimostrato che un’adeguata attività di manutenzione dell’apparecchiatura avrebbe potuto impedirlo, posto che il macchinario era stato utilizzato almeno 120 volte per più di un mese, il consulente del PM non aveva stabilito i tempi nei quali si era compiuto lo svitamento e che il controllo mensile sul serraggio della bulloneria costituiva condotta difficilmente esigibile.
Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione sia il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Torino, sia la patte civile. Il primo deduce vizio motivazionale, evidenziando che la sentenza impugnata si articola in passaggi incongrui sul piano logico e talora disancorati dalla necessaria considerazione della particolarità del caso, con riferimento alla specificità dei compiti richiesti alla Ferrero e alle omissioni da parte di essa.
Osserva che il Tribunale si era posto il problema del nesso causale e lo aveva affrontato in maniera valida, affermando che un manutentore che avesse operato con puntualità e diligenza in conformità alle indicazioni del libretto di istruzioni avrebbe scongiurato i rovinosi effetti del pur accertato vizio di origine dell’apparecchio. Evidenzia alcuni passaggi della sentenza di secondo grado dei quali rileva l’illogicità, osservando la mancata considerazione della questione attinente al collante antisvitamento, pure segnalata dalla ditta costruttrice. Conclude affermando che la Corte aveva riformato la sentenza di primo grado senza alcuna logica confutazione delle argomentazioni del primo giudice, attribuendo all’accertato difetto progettuale il valore di unica causa dell’evento.
A sua volta, la parte civile deduce vizio di violazione di legge per inosservanza del disposto di cui all’art. 40 c.p. in relazione all’art. 589 c.p., oltre a vizio motivazionale. Rileva che erroneamente il giudici di appello avevano ritenuto che, una volta accertato che la morte della B. era stata determinata dal cedimento derivante da errata progettazione del macchinario, non poteva dubitarsi che un’adeguata manutenzione avrebbe potuto impedire l’evento.
Poneva in evidenza gli obblighi nascenti dal capitolato riguardo al ricondizionamento dell’apparecchio prima della consegna a nuovo utilizzatore e riguardo all’informazione nei confronti dell’utilizzatore. Evidenzia che la V. si era resa responsabile di condotta colposa omissiva in chiaro rapporto di causalità con l’evento morte, ponendo in rilievo le incongruenze di alcuni passaggi motivazionali.

Considerato in diritto

Le doglianze avanzate da entrambe le parti sono fondate in punto di vizio di motivazione, vizio al quale è riconducibile anche la censura relativa alla violazione dell’art. 40 c.p., contenendo la stessa censura osservazioni riguardo alle argomentazioni poste a fondamento della decisione, più che opzioni interpretative della norma differenti rispetto a quelle cui accedono i giudici del merito.
La sentenza di primo grado, infatti, accertato che l’incidente era dovuto allo svitamento del dado, ha individuato il fondamento dell’addebito di colpa nei confronti dell’imputata nel fatto che tra le obbligazioni a carico dell’Officina Ortopedica Ferrero s.r.l., vi era quella di provvedere al ricondizionamento del macchinario, sì da renderlo “funzionalmente efficiente e in perfette condizioni” e nella circostanza che il meccanismo risultava essere stato utilizzato dalla vittima a partire da circa un mese prima che si verificasse l’incidente. Tanto, infatti, consentiva di dedurre che “il mancato controllo del serraggio del dado non può che essere ascritto ad un’operazione di messa a punto non effettuata a dovere” e di rilevare che “non è… concepibile che lo svitamento del dado possa sfuggire al manutentore professionale, il quale peraltro doveva essere allertato da quanto riportato nel libretto di manutenzione”, nel quale si poneva l’accento sulla necessità di periodico controllo del serraggio di tutte le bullonerie.
L’impianto logico testé enunciato non risulta sovvertito in modo convincente dalla Corte d’Appello, la quale giunge ad affermare che, in ragione del carattere subdolo del difetto di progettazione, non vi era la prova che la V. abbia effettuato una regolare manutenzione del macchinario prima del (omissis), e “non vi era la prova che se la V. avesse effettuato correttamente la manutenzione, l’incidente non si sarebbe verificato”, servendosi di un ragionamento controfattuale superficiale e non fondato su elementi concreti desumibili dall’istruttoria.
A completare il giudizio d’incongruità della motivazione, va posto l’accento sud’ l’illogicità manifesta dell’affermazione della Corte d’Appello secondo cui, ribaltando il rilievo contenuto nella sentenza di primo grado riguardo alla riprova della superficialità nell’adempimento dei propri obblighi da parte della V. evincibile dal fatto che costei non fosse in grado di risalire a colui che avesse effettuato la manutenzione del dispositivo dato in uso alla vittima, dalla stessa circostanza, senza valida spiegazione e in contrasto con ogni evidenza logica, trae la conclusione che “si desume che tale manutenzione sia stata posta in essere”.
Per tutte le ragioni indicate la sentenza va annullata per illogicità manifesta, con rimessione al giudice del rinvio della nuova valutazione delle emergenze di causa e della regolamentazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Torino per nuovo esame e per la decisione sulla liquidazione delle spese tra le parti del presente giudizio.

Redazione