Patteggiamento (Cass. n. 2279/2013)

Redazione 31/01/13
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’Appello di L’Aquila, con la sentenza n. 376/06, rigettava l’impugnazione proposto da SOAS srl (già ************* srl) nei confronti di B.P., in ordine alla sentenza n. 314 del 4 luglio 2003, del Tribunale di L’Aquila.
2. Il giudice di primo grado aveva solo parzialmente accolto l’opposizione proposta dalla suddetta società al decreto ingiuntivo richiesto nei propri confronti da B.P. per l’attività coordinata e continuativa, dalla stessa asseritamente prestata come responsabile del servizio anestesia.
3. Avverso tale statuizione proponeva impugnazione la SOAS srl, deducendo che dopo la sentenza di primo grado era intervenuta una pronuncia penale da parte del Tribunale di L’Aquila che aveva accertato che la B. non aveva svolto alcuna prestazione lavorativa nei propri confronti.
Sosteneva l’erroneità della sentenza del Tribunale nella parte in cui aveva addebitato ad essa i compensi dovuti alla dott.ssa C. sul presupposto che questa facesse parte della equipe della B., avendo, al contrario, l’interessata affermato in sede penale di aver concordato i termini del rapporto con il dott. V. marito della B. ed effettivo incaricato del servizio anestesia.
Censurava, altresì, le argomentazioni con le quali il Tribunale aveva respinto la tesi che una parte dei compensi fossero stati pagati corrispondendo il relativo importo alla società Equals, di cui la B. era titolare, per l’acquisto di un appartamento.
4. La Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado asserendo che l’appellante aveva dedotto, in secondo grado, fatti che non erano stati posti in luce dal processo penale, ma che erano a sua conoscenza fin dal loro verificarsi, essendo essa una delle parti del contratto di lavoro. Peraltro nell’ambito del processo penale la posizione della B. era stata stralciata avendo chiesto ed ottenuto di concordare la pena ex art. 444 c.p.c.. Tale sentenza, affermava la Corte d’Appello, non poteva rilevare ai fini della definizione di un processo civile e dunque l’appellante non poteva avvalersi delle prove raccolte nel processo penale. Infine, rilevava come, in ragione della non coincidenza tra dare ed avere, era incensurabile la decisione del giudice di primo grado in ordine alla circostanza che una parte dei compensi sarebbero stati versati alla società Equals di cui la B. era titolare, per l’acquisto di un immobile.
5. Per la cassazione della suddetta sentenza d’appello ricorre la società SOAS srl, prospettando quattro motivi di ricorso, assistiti dal prescritto quesito di diritto.
La società ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta contraddittorietà della motivazione della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.
Espone la ricorrente di avere eccepito fin dal primo grado di giudizio che l’esecuzione sostanziale delle prestazioni professionali non poteva riferirsi alla B. e che, dunque, incorreva nel suddetto vizio la sentenza nella parte in cui aveva affermato che la stessa aveva posto a base dell’appello fatti che erano a propria conoscenza fin dal loro verificarsi.
2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 444, 445, 654 c.p.p.; illogicità della motivazione, omissione della motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio. La ricorrente censura le statuizioni della sentenza delle Corte d’Appello sul rapporto tra processo penale e processo civile in quanto, anche se la sentenza ex art. 444 c.p.p. non costituisce sentenza di condanna, si sarebbe dovuto considerare che l’imputato non nega la propria responsabilità ma esonera l’accusa dall’onere della relativa prova in cambio di una riduzione della pena. Il giudice di appello avrebbe dovuto apprezzare tutti gli elementi emersi nei procedimenti penali nei quali la posizione della B. era stata stralciata per patteggiamento, tenuto conto che nella sentenza di condanna a carico di altri coimputati, si affermava che le dichiarazioni dei numerosi testimoni escussi in dibattimento avevano consentito di accertare che, di fatto, la B. non aveva mai esercitato le funzioni che le erano state contrattualmente conferite.
3. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta violazione di legge e/o illogicità della motivazione per non avere la sentenza impugnata utilizzato le circostanze emerse dalla sentenza di patteggiamento.
Violazione di legge ed illogicità della motivazione per mancato apprezzamento, ai fini del giudizio civile, ai sensi degli artt. 115 e 116 c.p.c., delle risultanze probatorie e documentali concernenti circostanze emerse nel procedimento penale.
La stessa richiesta di patteggiamento, quale contegno della parte, costituiva elemento che la Corte d’Appello avrebbe dovuto valutare, tenuto conto che il patteggiamento riguardava addebiti che, relativamente alla responsabilità civile, sono gli stessi dedotti nel processo civile.
4. I suddetti motivi che attengono ai rapporti tra processo civile e processo penale devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione.
5. Gli stessi sono fondati e devono essere accolti in quanto la sentenza d’appello, erroneamente e con motivazione non adeguata, non prendeva in esame le circostanze oggetto della sentenza di patteggiamento nonchè i fatti emersi nel processo penale, dal quale era stata stralciata la posizione della B. in ragione dell’intervenuto patteggiamento, conclusosi con sentenza resa rispetto ad altre parti.
Ed infatti, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, (Cass. n. 23906 del 2007, n. 26263 del 2011, n. 5756 del 2012), con orientamento al quale si intende dare continuità, in tal modo il giudice di merito confonde la finalità perseguita dal legislatore attraverso la previsione del patteggiamento, certamente intesa ad agevolare la definizione dei processi con la finalità voluta dall’imputato che patteggia, il quale, se innocente, ha interesse al proscioglimento e non alla pena ridotta. E’ perciò vero che la sentenza concordata non contiene un accertamento capace di fare stato nel giudizio civile, ma essa contiene pur sempre una condanna, di cui il giudice di merito non può escludere il rilievo senza adeguatamente motivare. E’ pertanto erronea, oltre che lacunosa, la motivazione della Corte d’Appello che esclude semplicemente ogni rilevanza civile del provvedimento reso dal giudice penale.
Occorre, altresì, ricordare Cass., (S.U., n. 1768 del 2011) che nel nuovo ordinamento processuale, ispirato al principio accusatorio, vige il principio della parità ed originarietà dei diversi ordini giurisdizionali e della sostanziale autonomia e separazione dei giudizi civile e penale. Ciò si desume anche dal fatto che nel nuovo codice di procedura non è stata riprodotta la disposizione di cui all’art. 3, comma 2, del codice abrogato (sulla sospensione necessaria della controversia civile in pendenza del processo penale) ne diverse altre disposizioni alla stessa collegate e, conseguentemente, con la sua riformulazione ad opera della L. n. 353 del 1990, è stato eliminato ogni riferimento alla c.d. pregiudiziale penale dal testo dell’art. 295 c.p.c..
Questo nuovo principio generale è peraltro attenuato dal riconoscimento al giudicato penale di valore preclusivo negli altri giudizi in specifiche limitate ipotesi, e precisamente in quelle disciplinate dall’art. 651 c.p.p., con riferimento al giudicato di condanna e dall’art. 652 c.p.p., con riferimento al giudicato di assoluzione nei giudizi civili ed amministrativi di danno, dall’art. 653 c.p.p., con riferimento al giudizio disciplinare e dall’art. 654 c.p.p., con riferimento al giudicato assolutorio o di condanna negli “altri” (diversi da quelli precedenti) giudizi civili ed amministrativi.
Ferma l’autonomia e la separazione del processo civile e processo penale, tuttavia il giudice civile può utilizzare come fonte del proprio convincimento gli elementi probatori raccolti in un giudizio penale riguardante gli stessi fatti, ma parti diverse nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.).
Dunque, a fronte di specifica deduzione circa la rilevanza nel processo civile dell’intervenuto accertamento in un processo penale tra altre parti, di circostanze comuni, le risultanze del procedimento penale, pur non essendo vincolanti, devono essere liberamente apprezzate dal giudice civile ai fini degli accertamenti di sua competenza.
Pertanto erroneamente e con motivazione non adeguata la Corte d’Appello di L’Aquila ha escluso a priori ogni rilevanza delle risultanze istruttorie dei procedimenti penali invocando l’art. 654 c.p.p..
6. Con il quarto motivo è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 1188 c.c..
Assume la ricorrente che la Corte d’Appello con motivazione insufficiente esaminava la propria deduzione circa l’intervenuto pagamento della B. tramite la società Equals. Tale pagamento veniva effettuato ai sensi dell’art. 1188 c.c. attraverso la corresponsione di una somma per l’acquisto di un immobile. La coppia B. – V. quale pretesa creditrice di L. 200.000.000 nei confronti della società *************, a fronte delle prestazioni professionali rese dall’equipe che faceva capo alla Equals piuttosto che alla B. persona fisica, chiedeva di essere pagata direttamente non con il danaro ma con l’intestazione di un immobile già di proprietà di altra società riconducibile come Villa Letizia al gruppo *********.
Il collegamento tra il pagamento del prezzo dell’immobile e la liberatoria per il pagamento delle prestazioni doveva avvenire tramite quietanza liberatoria che però la B.P. si rifiutò di quietanzare emettendo a tale titolo fattura, per sopravvenute incomprensioni.
La Corte d’Appello in termini apodittici avrebbe rigettato il motivo di gravame, in violazione dell’art. 1188 c.c. che non impone di limitarsi alle mere risultanze istruttorie formali dell’atto di compravendita senza valorizzazione della sostanza dell’operazione economica sopra descritta.
Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.
Ed infatti, la ricorrente offre una propria ricostruzione dei fatti di causa, peraltro affermando essa stessa l’assenza di una quietanza liberatoria resa dalla B. che consentisse di imputare il trasferimento di proprietà, intervenuto tra due società, alle prestazioni contrattualmente convenute, chiedendo una nuova e diversa valutazione di merito, rispetto a quella effettuata della Corte d’Appello, inammissibile in questa sede.
Con motivazione congrua e corretta la Corte d’Appello, infatti, rigettava l’impugnazione in ragione della mancanza di coincidenza di date ed importi. Va, altresì, tenuto conto che la disposizione invocata, art. 1188 c.c., stabilisce come il pagamento dell’obbligazione, per essere satisfattorio, deve essere fatto al creditore o agli altri soggetti indicati, ed in caso contrario ratificato dal creditore, circostanza nella specie esclusa dalla stessa società laddove rileva la mancanza di quietanza liberatoria da parte della B..
7. Il ricorso, quindi deve essere accolto rispetto ai primi tre motivi e rigettato con riguardo al quarto motivo.
8. La sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila deve essere cassata in ordine ai motivi accolti e rinviata alla Corte d’Appello di Roma anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso. Rigetta il quarto motivo. Cassa la sentenza impugnata in ordine ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Roma anche per le spese del presente processo.
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2012.

Redazione