Ordinanza di sgombero di un terreno: inammissibilità del ricorso per carenza di giurisdizione (TAR Campania, Salerno, n. 1392/2013)

Redazione 21/06/13
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FATTO

Con ricorso notificato in data 21.07.1994 e ritualmente depositato, la società ricorrente, previa richiesta di sospensione della efficacia, impugna gli atti in epigrafe meglio specificati, articolando plurime censure.
Premette che, da svariati decenni, coltiva ad agrumi alcuni terreni siti nei comuni di Casalvelino e Salento, incluso un fondo originariamente facente parte dell’alveo del fiume Alento ma da tempo reso asciutto e coltivabile da modifiche naturali sopravvenute nello stato dei luoghi.
Il terreno de quo confina con altri fondi di proprietà del ricorrente il quale sostiene che, per effetto del fenomeno della “alluvione impropria”, si sarebbe verificata una forma di “sdemanializzazione tacita” che gli avrebbe garantito la acquisizione a titolo originario dell’appezzamento.
Invoca, a sostegno della propria tesi, l’art. 942 c.c. che nella sua originaria formulazione prevede l’acquisto, da parte dei proprietari di terreni posti sulla riva del fiume, della proprietà del terreno spontaneamente e lentamente abbandonato dall’acqua corrente.
Nonostante la asserita titolarità di diritto di proprietà sul terreno, il ricorrente ha inoltrato in data 26.05.1991, alla direzione compartimentale del territorio per le Regioni Campania e Calabria – sezione staccata di Salerno, domanda di concessione demaniale.
A seguito di istruttoria, comprensiva di sopralluogo affidato al Genio civile di Salerno (riscontrato con nota prot. n. 5130/93) nonché acquisizione del parere sfavorevole del Consorzio Velia per la bonifica del bacino dell’Alento, l’amministrazione ha 1) accertato la effettiva occupazione del fondo da parte del ricorrente; 2) respinto la richiesta di concessione, intimando l’immeditato rilascio del terreno occupato.
Contro i provvedimenti impugnati, espone i seguenti motivi di ricorso:
Violazione di legge (segnatamente, dell’art. 942 c.c. (“terreni abbandonati dalla acque correnti”), dell’art. 1158 c.c. (usucapione), dell’art. 1159 bis (usucapione della piccola proprietà rurale). Rileva, inoltre, eccesso di potere sotto forma di varie figure sintomatiche: afferma il ricorrente che l’impugnato diniego si fonda sul presupposto errato della persistente natura demaniale del bene, mentre egli lo avrebbe acquistato a titolo originario ex art. 942 c.c.
Eccesso di potere sotto forma di sviamento, carenza di istruttoria;
Eccesso di potere sotto forma di disparità di trattamento, illogicità, perplessità, per avere l’amministrazione accolto positivamente analoga istanza di concessione presentata da terzi per una porzione di fondo limitrofa a quella occupata dal ricorrente;
Incompetenza, vizio prospettato anche con il motivo di cui al punto VI;
Violazione di legge (art. 6, III c., r.d.l.n.1338/1936) per non essere stato acquisito il parere della commissione provinciale di cui all’art. 1 del provvedimento richiamato;
Si veda motivo di cui al punto IV;
Eccesso di potere per vizi attinenti alla motivazione;
Violazione di legge, segnatamente art. 5, c. 12, L. n.1338/1936 ed art. 18 r.d. n. 827/1924;
Violazione di legge art. 5, r.d. n. 827/1924, eccesso di potere per carenza assoluta dei presupposti, violazione del giusto procedimento, sviamento etc… per avere l’amministrazione intimata arbitrariamente agito mediante diniego della concessione richiesta e ordine di sgombero (attività provvedimentale) quando, in considerazione della intervenuta modifica della regime giuridico dell’area contesa (da bene demaniale indisponibile a bene appartenente al patrimonio dello Stato), avrebbe, secondo il ricorrente, dovuto agire con le azioni civilistiche a tutela della proprietà. Il motivo è subordinato alla reiezione del primo motivo di ricorso, nel quale il ricorrente sostiene di avere acquisito un diritto di proprietà a titolo originario sul fondo, per effetto dell’art. 942 c.c.
Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione;
Dello stesso tenore del precedente è il vizio prospettato nell’XI motivo di ricorso;
Violazione di legge, art. 7 l.241/1990 ed eccesso di potere per violazione del giusto procedimento per avere l’amministrazione adottato il provvedimento impugnato senza instaurare il contraddittorio con il destinatario;
Difetto di motivazione per mancanza di valutazioni autonome dell’amministrazione procedente che avrebbe solo recepito le risultanze istruttorie di altri organi interpellati.

DIRITTO

Il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
Come emerge nettamente dal primo motivo di ricorso, il ricorrente assume di essere divenuto proprietario dell’area per effetto della applicazione al caso di specie dell’art. 942 c.c. nella sua originaria formulazione.
La norma in effetti stabiliva che, in caso di abbandono spontaneo e lento dell’alveo da parte di un corso d’acqua, quest’ultimo appartenesse al proprietario della riva scoperta.
Con l. n. 37/1994, l’art. 942 c.c. è stato modificato e il nuovo testo stabilisce che il terreno abbandonato dalle acque correnti che insensibilmente si ritirano da una delle rive portandosi sull’altra, appartiene al demanio pubblico.
Sebbene il ricorso sia stato notificato e depositato successivamente alla entrata in vigore della modifica legislativa, i fatti rilevanti risalgono ad epoca senz’altro anteriore.
Il ricorrente, per vero, non fornisce adeguata prova della apprensione materiale del fondo in epoca utile a giovarsi della superata formulazione testuale dell’art. 942 c.c., limitandosi a delle apodittiche affermazioni.
Non la sola apprensione del fondo ma anche le specifiche modalità di tale apprensione sono determinanti per stabilire se ricorra l’ipotesi di cui all’art. 942 c.c. ovvero quella di cui all’art. 946 c.c. (alveo abbandonato) legata al “subitaneo abbandono da parte della corrente fluviale” (Cass. sent. 10.11.1994, n. 9376).
Tuttavia proprio la nota n. 5130/93 del Genio civile di Salerno e del sopralluogo all’esito del quale essa è stata redatta, provano che, in epoca certamente anteriore al 5 gennaio 1994 (data della approvazione della novella legislativa), il ricorrente occupava il terreno conteso.
Trattandosi di bene già acquisito alla sfera giuridica del privato (ex art. 942 c.c.), sostiene il ricorrente che l’amministrazione adita non avesse alcun potere di dare (o negare) una concessione demaniale sul bene e pertanto che il provvedimento di diniego sia inficiato essenzialmente da carenza di potere/incompetenza assoluta.
La tesi è sostenuta nel I motivo di ricorso ma ritorna anche nel II e reputa il collegio che la prospettazione fatta dal ricorrente della posizione giuridica azionata sia, in questo caso, dirimente in punto di giurisdizione, secondo un recente orientamento affermato dal TAR Campania – Napoli, sentenza 15 ottobre 2012, n. 4124, che si ritiene di condividere.
Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia che “per quanto formalmente presentata come contestazione di una ordinanza di sgombero, presuppone la corretta qualificazione giuridica di una porzione di suolo e postula, prima di tutto, la corretta delimitazione del demanio (omissis) e verte perciò su diritti soggettivi” (così CdS sent. 8.07.2011, n. 4110).
Il caso portato all’attenzione del collegio è analogo alle fattispecie esaminate nei precedenti richiamati.
Il “petitum sostanziale” è la richiesta di riconoscimento-accertamento della consistenza di diritto soggettivo della posizione sostanziale vantata dal ricorrente.
Sulla base di tale assunto, il ricorrente contesta in radice il potere in capo alla PA di ordinare lo sgombero a seguito del diniego di concessione demaniale.
L’impugnazione del provvedimento censurato, in altri termini, è solo l’occasione per ottenere una statuizione che, però, per ius receptum è di spettanza del giudice ordinario, come riaffermato anche in una recente pronuncia di questo TAR (TAR Salerno, sentenza 18 marzo 2013, n. 351) in cui, in maniera molto chiara, si sostiene che “la controversia tra privato e p.a. concernente la proprietà di un immobile, sia quando se ne debba accertare la natura demaniale, sia quando si contesti il potere dell’amministrazione di modificarla, è devoluta alla giurisdizione del g.o., a nulla rilevando che le doglianze del privato siano dirette ad impugnare i relativi provvedimenti, oppure a denunciarne i vizi procedurali per carenza o incompletezza dell’attività istruttoria o errori di valutazione”.
Quanto al III motivo di ricorso, esso va respinto poiché fondato su una asserita disparità di trattamento rispetto ai proprietari di un terreno confinante che avrebbero ottenuto la concessione richiesta.
Nella suddetta concessione, allegata agli atti dal ricorrente, si legge che il concedente, all’art. 1, esclude che il terreno possa essere adibito all’impianto di alberi da frutto di qualsivoglia tipologia e natura mentre ammette colture erbacee, orticole e cerealicole evidentemente funzionali al mantenimento in buono stato della sponda del fiume.
Sotto questo profilo, la condotta della Amministrazione appare esente da vizi di sorta, poiché l’utilizzo prospettato dal ricorrente è del tutto diverso da quello praticato dal vicino confinante.
Del pari infondati sono tutti i motivi variamente attinenti al difetto di istruttoria e di motivazione, poiché, acclarata con sopralluogo la occupazione abusiva del fondo, l’amministrazione era tenuta ad intimarne lo sgombero.
Infatti, attesa la natura pacificamente doverosa e vincolata della ordinanza di sgombero, il richiamo al suddetto verbale di sopralluogo, ulteriormente supportato dal parere espresso dal Consorzio di bonifica, è del tutto sufficiente a garantire la legittimità della ordinanza impugnata.
Da ultimo, va parimenti dichiarato inammissibile il motivo di cui al punto IX poiché basato sull’accertamento del regime giuridico della proprietà del terreno, estranea alla sfera di giurisdizione del giudice amministrativo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione, spettando quindi all’AGO dinanzi al quale può essere riproposto ex art. 11 c.p.a.
Rigetta i restanti motivi di ricorso.
Alla luce dei mutamenti giurisprudenziali intervenuti, si ritiene congrua la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2013

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