Opposizione di terzo nel processo amministrativo, la ratio della modifica illustrata da Palazzo Spada (Cons. Stato n. 4829/2012)

Redazione 11/09/12
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 9542 del 2011, Manifatturiere s.r.l., Devi Industria Tessile s.r.l., Solificio e Tacchificio Euro s.r.l., Erre Due s.r.l., Fratelli del Piano s.r.l., F.lli Pellegrino Solettificio s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, propongono ricorso per opposizione di terzo avverso la decisione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, n. 1884 del 28 aprile 2008 con la quale sono stati riuniti e respinti due diversi appelli, sollevati avverso la stessa sentenza n. 6882 del 1 agosto 2002 del T.A.R. della Campania, sezione quinta, e proposti rispettivamente, per quanto riguarda il ricorso n. n. 10787 del 2002, dalla Impreco Società consortile s.r.l., e per quanto riguarda il ricorso n. 10788 del 2002, dal Consorzio A.S.I di Caserta.

Con la sentenza originariamente oggetto di appello, il TAR della Campania aveva annullato il decreto di occupazione delle aree ricomprese nel piano regolatore dell’area di sviluppo industriale di Caserta.

Il TAR aveva rilevato che esso non fosse supportato da una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità, in quanto il piano regolatore dell’area di sviluppo industriale (piano A.S.I) di Caserta, su cui asseritamente si fondava, approvato una prima volta con D.P.C.M. del 16 gennaio 1968 e successivamente, a seguito di un’estensione dell’area interessata, con decreto del 28 luglio 1970, era irrimediabilmente scaduto fin dal 28 luglio 1980 e ad esso, alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata, non potevano applicarsi le successive proroghe disposte con leggi statali, né quella prevista dall’articolo 10, comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998 (autenticamente interpretato dall’articolo 77, comma 2, della successiva L.R. n. 10 deI 2001), per il quale la proroga triennale di validità ed efficacia dei Piani regolatori delle Aree e dei Nuclei di cui all’articolo 10, comma 9, della L.R. n. 16 del 1998, è intesa nel senso che la stessa si applica ai piani esistenti, anche se medio tempore scaduti.

In particolare, ad avviso del TAR:

a) l’art. 10 della legge della Regione Campania n. 16 del 1998 non era applicabile nel giudizio, dal momento che l’espressione “medio tempore scaduti” non si è riferita indiscriminatamente a tutti i piani a.s.i. comunque scaduti (ed indipendentemente dal momento della scadenza), ma – in base ad una interpretazione conforme a Costituzione – solo ai piani venuti in scadenza tra il 1 gennaio 1991 (data di scadenza dell’ultima proroga degli stessi stabilita con norma statale e cioè con la L. 31 maggio 1990, n. 128) ed il 25 agosto 1998 (data di entrata in vigore della L.R. 13 agosto 1998, n. 16),

b) l’intenzione del legislatore regionale era stata quella di eliminare ogni incertezza in materia, raccordando in questo modo, ai fini della efficacia dei piani esistenti, la legislazione statale a quella regionale;

c) poiché il piano a.s.i. di Caserta, scaduto il 28 luglio 1980, non rientrava in tale lasso di tempo, ad esso non poteva applicarsi la citata normativa di proroga.

Con la sentenza parziale n. 3130 del 2004, questa Sezione;

a) ha riunito gli appelli n. 10787 e 10788 del 2002, proposti avverso la sentenza del TAR;

b) ha affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo;

c) ha respinto i motivi di appello relativi alla dedotta omessa declaratoria di inammissibilità, per tardività, dei ricorsi di primo grado.

Quanto al terzo motivo di appello (e diversamente da quanto ritenuto dal T.a.r. della Campania in relazione al motivo accolto in primo grado), la Sezione ha espresso l’avviso che esso sia astrattamente fondato, non potendo ragionevolmente dubitarsi dell’applicazione al piano regolatore dell’area di sviluppo industriale di Caserta delle disposizioni contenute nei comma 9, dell’articolo 10, della L.R. della Campania 13 agosto 1998, n. 16, autenticamente interpretato dall’articolo 77 della successiva L.R. 11 agosto 2001, n. 10.

La Sezione, ritenendo non manifestamente infondata la questione di costituzionalità del art. 10, della L.R. della Campania 13 agosto 1998, n. 16 comma 9, con gli articoli 3, 42, terzo comma, e 97, con l’ordinanza n. 3278 del 2004 ha disposto la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale, rilevando che la generalizzata proroga dei piani a.s.i. medio tempore scaduti induce a qualificare la legge esaminata come legge provvedimento, in assenza di un procedimento di valutazione degli interessi pubblici e privati in conflitto e di un indennizzo per l’ulteriore compressione delle facoltà di godimento del diritto di proprietà, in conseguenza della reiterazione dei vincoli preordinati all’esproprio, già decaduti.

Con la sentenza n. 314 del 20 luglio 2007, la Corte Costituzionale:

– ha sottolineato che la proroga di un provvedimento non più efficace viola il principio di ragionevolezza, cui deve attenersi intrinsecamente la discrezionalità del legislatore, nonché i principi di legalità e di buon andamento, cui deve ispirarsi l’azione amministrativa;

– ha evidenziato che la riadozione o la rinnovata efficacia attribuita al piano a.s.i. di Caserta (avvenuta ad oltre venti anni dalla sua originaria scadenza, senza che sia stata svolta alcuna valutazione sulla necessità dell’intervento pubblico da realizzare in relazione al sacrificio imposto al privato) è in stridente contrasto con il principio di uguaglianza sostanziale;

c) ha quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 10, comma 9, della legge della Regione Campania 13 agosto 1998 n. 16, e dell’art. 77, comma 2, della legge della Regione Campania 11 agosto 2001 n.10, nella parte in cui aveva prorogato per un triennio i piani regolatori dei nuclei e delle aree industriali già scaduti.

A seguito della sentenza della Corte Costituzionale, è stata fissata l’udienza per la trattazione degli appelli e la questione è stata decisa con la sentenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, n. 1884 del 28 aprile 2008, oggi oggetto di opposizione di terzo.

Proponendo il detto ricorso per opposizione, le parti ricorrenti evidenziano come nel giudizio de qua sia mancata la loro partecipazione e quindi la decisione stessa, che oltre a condannare il Consorzio A.S.I. di Caserta al risarcimento dei danni ha anche imposto la restituzione delle aree espropriate, nonostante che le stesse fossero nella loro esclusiva disponibilità, debba essere riformata, con declaratoria di nullità.

Nel giudizio di opposizione si sono costituiti la Regione Campania, il Comune di Gricignano di Aversa ed il Consorzio ASI di Caserta. Si sono inoltre costituiti, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso, anche alcuni degli originari ricorrenti in primo grado, e precisamente A.S., in proprio e quale rappresentante della soc.coop. agricola a r.l. “Il frutteto”, V.D.D., S.C., M.S., M.R.S., G.S., A.B..

A seguito dell’udienza del 13 marzo 2012, la Sezione pronunciava ordinanza collegiale istruttoria n. 1648/2012, disponendo sia l’acquisizione del fascicolo del procedimento r.g. n. 10787/2002 dal quale è scaturita la sentenza di questa Sezione n. 1884 del 28 aprile 2008, comprensivo altresì del fascicolo del procedimento di primo grado, iscritto al r.g. n. 6187/2001 del T.A.R. di Napoli, all’esito del quale è stata emessa la sentenza n. 6882 del 5 novembre 2002, originariamente appellata, sia gli atti costitutivi della Impreco società consortile s.r.l., al fine di valutare i rapporti esistenti tra la detta parte processuale nell’originario giudizio e le attuali ricorrente, in qualità di imprese conzorziate, ai fini dell’ammissibilità stessa del ricorso.

Adempiuta l’istruttoria, all’udienza in camera di consiglio del 19 giugno 2012, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

Motivi della decisione

1. – Il ricorso per opposizione di terzo è inammissibile, non ricadendo le parti ricorrenti nelle categorie legittimate a norma dell’art. 108 comma 1 del codice del processo amministrativo, come modificato dall’art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2011, n.195 “Disposizioni correttive ed integrative al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo a norma dell’articolo 44, comma 4, della L. 18 giugno 2009, n. 69”.

2. – L’art. 108 del codice del processo amministrativo (D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 “Attuazione dell’articolo 44 della L. 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo”), nella sua formulazione originaria, recitava:

“1. Un terzo, titolare di una posizione autonoma e incompatibile, può fare opposizione contro una sentenza del tribunale amministrativo regionale o del Consiglio di Stato pronunciata tra altri soggetti, ancorché passata in giudicato, quando pregiudica i suoi diritti o interessi legittimi.

2. Gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando questa sia effetto di dolo o collusione a loro danno”.

Con la modifica intervenuta a seguito dell’articolo 1, comma 1, lettera aa), del D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195, l’inciso “, titolare di una posizione autonoma e incompatibile” è stato soppresso, ampliando la platea dei soggetti legittimati all’opposizione di terzo ordinaria, mantenendo i limiti previgenti in relazione alla sola opposizione di terzo revocatoria, di cui al comma 2.

Sulla scorta dell’intervenuta modifica le parti ricorrenti hanno ritenuto sussistere la loro legittimazione, proponendo pertanto la detta azione, volta a sentire dichiarare la nullità della decisione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, n. 1884 del 28 aprile 2008.

3. – Osserva la Sezione che gli interventi legislativi in tema di opposizione di terzo hanno consentito un superamento, ancora più marcato dopo il correttivo del 2011, delle originarie posizioni giurisprudenziali e dottrinali tendenti a limitare la legittimazione per tale tipo di impugnativa solo a categorie ristrette di soggetti, categorie normalmente individuate in quella dei controinteressati pretermessi, ossia coloro ai quali non presenti in giudizio a causa della mancata notifica nei loro confronti del ricorso, e in quella dei controinteressati sopravvenuti, ossia i soggetti titolari di una situazione giuridica soggettiva discendende dal provvedimento impugnato ed in conseguenza del suo annullamento.

Nella formulazione originaria dell’art. 108 del codice del processo amministrativo, il primo comma, legittimando in via ordinaria unicamente i terzi titolari di una posizione autonoma ed incompatibile con le statuizioni della sentenza emessa in un giudizio a cui non erano stati messi in condizione di partecipare, si poneva in linea con la lettura data dalla giurisprudenza amministrativa e da quella civile in merito.

La Corte di cassazione aveva infatti precisato che il pregiudizio che legittima il terzo alla proposizione dell’opposizione di terzo ordinaria presuppone, in capo all’opponente, la titolarità di un diritto autonomo la cui tutela sia incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza pronunciata tra altre parti (da ultimo ed ex multis, in quanto espressivo di un orientamento pacifico, Cassazione civile, sez. lav., 14 aprile 2010 n. 8888; id., sez. III, 13 marzo 2009 n. 6179). Del pari, anche questo Consiglio aveva aderito ad una formulazione analoga, statuendo come la legittimazione a proporre l’opposizione di terzo nei confronti di una sentenza del giudice amministrativo spetti al soggetto titolare di una posizione pregiudicata dalla decisione interessata dal ricorso in opposizione, ossia di una situazione incompatibile con la statuizione giurisdizionale, precisando che tale incompatibilità non deve essere intesa come riferita solo a colui il quale aspiri al medesimo bene conseguito dal ricorrente vittorioso ma, in senso più lato, colui che intenda difendere un bene della vita inciso negativamente, nella sua integrità o nel suo valore, dalla sentenza opposta (Consiglio di Stato, sez. V, 28 settembre 2011 n. 5391).

Su questo assetto consolidato, si è inserita la riforma dell’art. 108 del codice del processo amministrativo, come derivante dal citato D.Lgs. n. 195 del 2001, che ora, ferma rimanendo l’originaria struttura del secondo comma, vede eliminato nel primo comma, ed in relazione all’opposizione di terzo ordinaria, ogni accenno alla titolarità di una posizione autonoma e incompatibile.

Rileva la Sezione come la detta modifica normativa porti a compimento il riferito processo di ampliamento della legittimazione, rendendo di fatto azionabile il rimedio oppositivo da parte di tutti i soggetti comunque non intervenuti nel processo, quando tale assenza non sia dipesa da una loro decisione, ma sia conseguenza di un’omissione comunque rilevante, sia essa dovuta alla controparte, come pure alla mancata attivazione dei poteri di integrazione del contraddittorio del giudice o, addirittura, derivante da vizi del procedimento amministrativo a monte, per mancata corretta individuazione dei soggetti di cui al capo III della L. n. 241 del 1990.

La citata modifica del comma 1 dell’art. 108 del codice del processo amministrativo rende quindi ragione delle peculiarità dell’azione della pubblica amministrazione e della sua ontologica incidenza su interessi sopraindividuali e quindi su soggetti terzi, non necessariamente conosciuti o conoscibili, permettendo così un più facile accesso alla tutela giurisdizionale delle situazioni di interesse legittimo che più frequentemente, rispetto a quelle di diritto soggettivo, coinvolgono figure soggettive non espressamente evocate nella formalità degli atti.

4. – Evidenziata così la funzione della norma e quindi la condivisibile estensione della legittimazione, nell’opposizione ordinaria, a tutti i soggetti terzi rispetto al decisum giurisprudenziale, non deve però sottacersi il profilo del necessario coordinamento tra il primo comma del citato art. 108 ed il secondo comma, che regola l’opposizione di terzo revocatoria continuando a prevedere che a questa siano legittimati “gli aventi causa e i creditori di una delle parti” nei soli casi in cui la sentenza “sia effetto di dolo o collusione a loro danno”.

A parere della Sezione, esigenze di carattere sistematico ed ordinamentale portano ad escludere che la riforma dell’art. 108, e quindi l’estensione generalizzata della legittimazione a tutti i terzi, possa essere intesa come comprensiva anche delle situazioni soggettive disciplinate dal comma 2 dello stesso articolo. Ed in effetti, mentre in precedenza, nell’ambito del generale concetto di terzo rispetto alla sentenza, ossia di soggetto non contemplato nell’ambito della pronuncia del giudice, i due commi dell’art. 108 individuavano due diverse sfere di terzi, tra loro autonome e non intersecanti (ossia quella dei terzi titolari di una posizione autonoma e incompatibile, da un lato, e quella degli aventi causa e i creditori di una delle parti, dall’altro), dopo la riforma l’ambito della prima categoria appare tanto vasto da ricomprendere anche il secondo insieme, e quindi da fare ipotizzare che l’opposizione di terzo ordinaria possa essere proposta anche da creditori ed aventi causa, così superando i limiti probatori del dolo o della collusione che caratterizzano l’opposizione revocatoria.

Tale lettura non appare però compatibile con l’assetto normativo, in relazione sia ad esigenze sistematiche che alle tecniche di tutela delle situazioni giuridiche. In relazione al primo profilo, deve osservarsi come la disposizione del comma secondo dell’art. 108 si ponga in rapporto di specialità rispetto a quella del primo, giustificando in tal modo la permanenza di una trattazione differenziata delle due situazioni; in relazione al secondo profilo, va evidenziato come la supposta lettura estensiva ed omnicomprensiva dell’ambito applicativo del primo comma porterebbe ad una facile elusione dei termini decadenziali o addirittura prescrizionali di tutela, essendo sufficiente la trasmissione a titolo derivativo del rapporto controverso per legittimare una nuova azione da parte del nuovo titolare.

Conclusivamente, deve affermarsi come, anche a seguito della riforma del comma 1 dell’art. 108 del codice del processo amministrativo, gli aventi causa e i creditori di una delle parti solo legittimati a proporre opposizione alla sentenza unicamente nelle forme del comma 2 del detto articolo, fornendo quindi prova che la sentenza sia stata effetto di dolo o collusione a loro danno, senza potersi valere della diversa disciplina dell’opposizione ordinaria.

5. – Sulla scorta di tali premesse, può quindi essere valutata la situazione soggettiva delle parti opponenti al fine di vagliare l’ammissibilità dell’azione.

A seguito dell’adempimento all’ordinanza istruttoria n. 1648 del 22 marzo 2012, oltre ai fascicoli processuali, sono stati acquisiti gli atti costitutivi della Impreco società consortile s.r.l. e la documentazione necessaria al fine di valutare i rapporti esistenti tra la detta parte processuale nell’originario giudizio e le attuali ricorrente.

Dalla disamina di tali atti, è emerso come, a seguito della procedura espropriativa poi dichiarata illegittima, il Consorzio ASI, con Delib. n. 894 del 25 luglio 2000, a seguito di espressa domanda di assegnazione del suolo formulata della Impreco società consortile a r.l. in data 27 giugno 1999, aveva provveduto ad assegnare alle imprese consorziate nella stesa Impreco i lotti di terreno richiesto. In aggiunta a questo profilo di tipo rappresentativo, l’analisi delle movimentazioni economiche relativo all’acquisto dei suoli ha evidenziato come la Impreco società consortile a r.l., oltre ad aver agito in nome e per conto delle ditte assegnatarie, abbia anche proceduto alla raccolta delle somme dovute al consorzio espropriante, incassando gli assegni emessi dalle ditte interessate (tra le quali gli attuali ricorrenti in opposizione) ed emettendo fattura in favore di queste.

I rapporti di debito e di credito intercorsi tra la Impreco società consortile a r.l., soggetto correttamente evocato nel giudizio a monte, e le attuali opponenti in merito all’acquisizione delle stesse aree di cui si è discusso nella sentenza opponenda, rendono palese la non riconducibilità dell’azione qui proposta a quella disciplinata dal primo comma dell’art. 108 del codice del processo amministrativo. Infatti, le attuali opponenti si sono avvalse della Impreco società consortile a r.l. al fine di conseguire l’assegnazione dei suoli in esame, instaurando rapporti patrimoniale finalizzati all’acquisto delle aree dal soggetto espropriante.

Le opponenti, stante i suddetti rapporti, devono essere quindi considerate legittimate alla proposizione della sola opposizione di terzo revocatoria, di cui al comma 2 dell’art. 108 del codice del processo amministrativo, con contestuale obbligo di provare l’esistenza del dolo o della collusione a loro danno e, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile il presente ricorso, fondatosi su presupposti non valevoli nel caso in specie ed ancorati alla disciplina dell’opposizione di terzo ordinaria.

6. – A conclusione di quanto appena evidenziato, rileva la Sezione che, in ogni caso, anche qualora l’opposizione proposta avesse superato il vaglio rescindente, l’esame nel merito della questione non avrebbe potuto che condurre a risultati del tutto identici a quelli a cui è giunta la sentenza opposta.

Infatti, stante l’intervenuta declaratoria di incostituzionalità del combinato disposto dell’art. 10, comma 9, della legge della Regione Campania 13 agosto 1998 n. 16, e dell’art. 77, comma 2, della legge della Regione Campania 11 agosto 200, n.10, nella parte in cui aveva prorogato per un triennio i piani regolatori dei nuclei e delle aree industriali già scaduti, non è dubitabile che l’intera procedura espropriativa sia stata posta in essere illegittimamente, non consentendo il passaggio della proprietà ablata in mano pubblica e quindi rendendo inefficaci i successivi eventuali trasferimenti a titolo derivativo ed obbligata la restituzione dei fondi.

L’eventuale decisione in fase rescissoria non avrebbe potuto quindi che confermare la precedente statuizione, qui inutilmente gravata.

7. – L’opposizione di terzo va quindi dichiarata inammissibile. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla novità della questione decisa.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Dichiara inammissibile il ricorso per opposizione di terzo n. 9542 del 2011;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione