Opposizione a decreto ingiuntivo: spetta all’appaltatore provare l’avvenuta esecuzione dei lavori (Cass. n. 23470/2012)

Redazione 19/12/12
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Ordinanza

Premesso in fatto

È stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.:
“1.- F.C. ha chiesto ed ottenuto dal Giudice di pace di ***** decreto ingiuntivo recante condanna di B.F. a pagare Euro 2.000,00 oltre IVA, interessi e spese processuali, quale corrispettivo dell’esecuzione di lavori di rimozione delle piastrelle di un bagno e di rasatura delle pareti.
L’ingiunto ha proposto opposizione, eccependo il difetto di legittimazione attiva del C. , per avere egli conferito l’incarico del rifacimento dell’intero bagno alla s.r.l. E. F., con la quale aveva concordato il relativo prezzo. Questa aveva male eseguito e non completato il lavoro, tanto che era pendente controversia davanti al Tribunale di Monza.
Il Giudice di pace ha respinto l’opposizione, con sentenza che il Tribunale di Monza – Sez. distaccata di ***** – ha annullato, su appello del F.
Ha rilevato il giudice di appello (g.a.) che era onere del C. fornire la prova non solo dell’avvenuta esecuzione dei lavori a lui affidati, ma anche del fatto che l’incarico era stato conferito a lui direttamente dal F. e non dalla E. prova quest’ultima che egli non ha fornito.
Il C. propone tre motivi di ricorso per cassazione, a cui resiste il F. con controricorso.
2.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli art. 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 cod. proc. civ., sul rilievo che il g.a. ha trascurato di prendere in esame il doc. 5 in atti, contenente la proposta contrattuale inviata dalla E. al F. e da questo accettata, che conterrebbe l’indicazione di tutte le forniture da eseguire – fra cui la rimozione delle piastrelle eseguita da esso ricorrente – senza specificare che i lavori dovevano essere eseguiti dalla E.
3.- Con il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 2722 cod. civ. in relazione agli art. 115 e 360 n. 3 e 5 cod. proc. civ., sul rilievo che la Corte di appello ha desunto l’esistenza del rapporto contrattuale fra il F. e la E. dalla testimonianza di certo Ca. , che ha dichiarato di essere stato presente alla firma del contratto, in violazione del principio per cui non può essere fornita per testimoni la prova di patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento.
4.- Con il terzo morivo denuncia violazione dell’art. 246 cod. proc. civ., per avere il g.a. erroneamente ritenuto incapaci di testimoniare i testi Gi.Fu. e M.C. , sul rilievo che uno era titolare e rappresentante legale della E., ed il secondo (figlio del ricorrente) ha interesse nella causa perché partecipe dell’impresa familiare facente capo al padre.
Assume il ricorrente che G.F. non è rappresentante legale, ma solo socio e consigliere di amministrazione della E. e che M.C. non è titolare dell’impresa familiare.
5.- I tre motivi, che possono essere congiuntamente esaminati perché connessi, sono manifestamente infondati, quando non inammissibili.
5.1.- Il primo motivo è inammissibile per difetto di specificità, in quanto il ricorrente menziona il documento 5 – cioè il contratto intercorso fra la E. ed il F. – senza indicare da quali parti, clausole od espressioni verbali del contratto medesimo risulterebbe che i lavori da lui eseguiti sarebbero stati commissionati a lui direttamente, anziché alla E., che avrebbe dovuto poi ingaggiare e pagare gli esecutori delle singole opere.
Il ricorrente pone, nella sostanza, una questione di interpretazione del contratto in senso diverso da quello ritenuto dal Tribunale, senza indicare i presupposti di fatto e di diritto idonei a dimostrare l’asserito errore interpretativo: cioè le norme in tema di interpretazione del contratto che il g.a. avrebbe violato, i vizi di motivazione in cui sarebbe incorso ed ogni altra circostanza rilevante allo scopo.
5.2.- Il secondo motivo è patimenti inammissibile, non essendone stato dimostrato il presupposto, cioè che la testimonianza del F. sarebbe in contrasto con quanto risulta dal documento scritto.
5.3.- Il terzo motivo è inammissibile nella parte in cui contesta che il F.G. sia il rappresentante legale della E., poiché la contestazione si risolve nella denuncia di un errore di fatto in cui sarebbe incorso il g.a., errore che avrebbe dovuto essere fatto valere con azione di revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395 n. 4 cod. proc. civ., e non con ricorso per cassazione.
È manifestamente infondato con riferimento al teste C.M. , poiché il partecipante all’impresa familiare consegue anche il diritto agli utili dell’impresa, oltre che il diritto di partecipare alle più importanti decisioni attinenti alla relativa gestione (art. 230 bis cod. civ.), donde la configurabilità di un suo interesse a partecipare al giudizio in cui si discuta dell’acquisizione del corrispettivo di lavori eseguiti. (Anche a prescindere dalle ragioni di inattendibilità della testimonianza di persone legate da vincoli così stretti alle parti in causa: ragioni che stanno implicitamente ma inequivocabilmente alla base della decisione del g.a.).
4.- Propongo che il ricorso sia respinto, con ordinanza in Camera di consiglio”.
– La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e ai difensori delle parti.
– Il P.M. non ha depositato conclusioni scritte. Considerato in diritto:
Il Collegio, all’esito dell’esame del ricorso, ha condiviso la soluzione e gli argomenti prospettati dal relatore.
Il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente m Euro 1.100,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 900,00 per compensi, oltre agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

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