Ok agli straordinari pagati al dipendente che ha compilato da sè il foglio presenze se i colleghi confermano i turni (Cass. n. 18643/2012)

Redazione 30/10/12
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Svolgimento del processo

A. C. conveniva in giudizio innanzi al tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, la s.r.l. A. e la s.r.l. C. deducendo di aver lavorato alla dipendenze delle due suddette società, tra loro collegate, con mansioni di segretario di ricevimento e di portineria dal 19.1.98 al 14.3.2000, presso l’Hotel T. – di proprietà della s.r.l. A. – dal 19.1.98 al 16.3.98 e dal 1.7.98 al 31.8.1998 e, nei restanti periodi, presso l’Hotel G. di Roma, osservando turni di lavoro di 12 ore al giorno. Tanto premesso, chiedeva di accertare il dedotto collegamento fra le due società convenute, di dichiarare inefficace o nullo il suo licenziamento e, per l’effetto, dichiarare la prosecuzione del rapporto e/o dispone il ripristino con effetto ex tunc, condannando entrambe le convenute alla corresponsione del trattamento economico e previdenziale, dalla data del licenziamento a quello della effettiva reintegra nonché al pagamento delle differenze retributive dovute per lavoro straordinario e festivo, ferie e 13° mensilità.
L’adito giudice, con sentenza del 26.6.2003, non accertava il collegamento societario dedotto, rigettava la domanda di declaratoria di illegittimità dei licenziamento e, in parziale accoglimento della domanda relativa alle differenze retributive, condannava la s.r.l. A. al pagamento in favore dei ricorrente della complessiva somma di euro 12.000,00 per lavoro straordinario, cosi determinata equitativamente, nonchè di altre modeste somme per differenze retributive afferenti per ferie e 13° mensilità, oltre alle spese di lite.
Avverso tale decisione proponevano, l’A. appello principale chiedendo il riconoscimento integrale di quanto richiesto per lo straordinario nonchè per ulteriori differenze retributive a vario titolo dovute, e l’A. s.r.l., appello incidentale instando per la inammissibilità e/o infondatezza del gravame principale e chiedendo il rigetto integrale della domanda già parzialmente accolta dal primo giudice.
La Corte di appello di Roma, con sentenza pubblicata il 2 marzo 2009, rigettato l’appello incidentale, accoglieva l’appello principale condannando al A. al pagamento in favore dell’A. delle ulteriori somme di euro 4.781,24 – così precisata a seguito di correzione di errore materiale – per lavoro straordinario, di euro 1.431,65 per differenze per 14° mensilità e di euro 380,48 per festività, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria nonché alla rifusione delle spese di lite.
La corte territoriale, per quello che ancora interessa in questa sede,riteneva provato il lavoro straordinario nella misura di 20 ore settimanali e,quindi, non giustificata la liquidazione delle relative spettanze in via equitativa così come operato dal primo giudice, differenze retributive queste che, viceversa, dovevano essere riconosciute nella misura prevista dalla contrattazione collettiva.
Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso la s.r.l. A. affidato ad un unico motivo.
L’A. resiste con controricorso.
L’A. da depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso si deduce la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio.
In particolare, premesso che il “foglio presenze” cui aveva fatto riferimento la Corte non poteva avere alcuna valenza probatoria in quanto compilato dallo stesso A., la ricorrente rileva: che, quanto lavoro svolto presso l’hotel T., nessuno dei testi indicati nella impugnata decisione (A. C. V. G. e B. G.) aveva riferito circa l’orario di lavoro svolto dall’A. presso il detto hotel e, quindi, la motivazione che apoditticamente aveva affermato essere esistente la prova di un fatto, posto a fondamento della domanda, che invece era stato escluso dalle prove richiamate, era da considerarsi omessa o apparente; che, con riferimento ai periodi di lavoro svolti presso l’Hotel G., nella sentenza della corte di merito non erano state illustrate le ragioni per le quali erano state preferite alcune deposizioni testimoniali rispetto ad altre, stanti le evidenti contraddizioni evidenziate nel gravame in cui era stato chiesto anche un confronto tra i testi escussi.
Il motivo non può trovare accoglimento.
Osserva la Corte che il vizio di omessa od insufficiente motivazione, denunciabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, sussiste solo quando nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile una obiettiva deficienza dei criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, mentre il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione detta “ratio decidendi”, e cioè l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione adottata. Ne consegue che detti vizi non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e dette prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. 29 settembre 2009 n. 20844; 6 marzo 2008 n. 6064; S.U. 11 giugno 1998 n. 18885).
Nel caso in esame il vizio denunciato consiste proprio nella prospettazione di un diverso apprezzamento dei fatti e delle prove rispetto a quello dato dalla Corte di Appello.
Peraltro, la sentenza impugnata ha adeguatamente motivato, sia pure sinteticamente, in ordine alla prova fornita dall’A. relativamente allo straordinario svolto facendo riferimento al “foglio presenze” degli orari effettuati e richiamando le deposizioni dei testi, evidentemente ritenuti maggiormente attendibili di altri, A. V. e B.
La ricorrente, per il principio della soccombenza va condannato alle spese del presente giudizio di legittimità liquidate come da dispositivo con attribuzione all’avv. **************** per dichiarato anticipo fattone.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio, liquidate in euro 2.000,00 per compenso, oltre accessori come per legge, ed euro 50,00 per esborsi, con distrazione in favore dell’avv. **************** antistatario.
Così deciso in Roma, 26 settembre 2012

Redazione