Obbligo di presentazione del DURC per le imprese concorrenti all’aggiudicazione di contratti pubblici (Cons. Stato n. 341/2013)

Redazione 19/01/13
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FATTO

Con la decisione in epigrafe indicata il Tribunale amministrativo regionale della Sardegna ha (parzialmente e nei termini di cui alla motivazione) accolto il ricorso proposto dalle odierne appellate S.E.A. – ******à Europont Appalti Srl- e C.G.D. – Costruzioni Generali *********** – volto ad ottenere l’annullamento degli atti e delle operazioni concernenti la gara indetta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per l’affidamento dei lavori di realizzazione di una caserma per la locale Compagnia Guardia di Finanza nel Comune di Olbia, dei provvedimenti di aggiudicazione provvisoria e definitiva alla controinteressata ed odierna appellante principale Opere Stradali SpA, della nota prot. 10962 del 28.10.2011 e di tutti gli atti e verbali relativi alla attività della Commissione di gara, nella parte in cui non aveva disposto l’esclusione della controinteressata nonché, in subordine, dei verbali di gara nella parte in cui la Commissione aveva erroneamente valutato l’offerta delle originarie ricorrenti, ed in via ulteriormente subordinata, degli atti di gara, ivi compreso il bando di gara, per avere la Commissione proceduto alla apertura in seduta riservata delle buste contenenti le offerte tecniche.

Le originarie ricorrenti avevano altresì proposto domanda risarcitoria.

In punto di fatto, le dette originarie ricorrenti ed odierne appellanti incidentali avevano rappresentato che la procedura di gara aperta indetta dal Provveditorato interregionale alle oo.pp. della Sardegna, per la realizzazione di una caserma per la Compagnia della Guardia di Finanza, nel Comune di Olbia stabiliva che aggiudicazione sarebbe avvenuta secondo il criterio della offerta economicamente più vantaggiosa e che il bando di gara prevedeva la elaborazione di proposte progettuali migliorative del progetto esecutivo posto a base di gara (ed il bando ed il disciplinare richiedevano, altresì, il possesso della abilitazione di sicurezza -N.O.S.- per realizzare le opere).

L’offerta proposta dalle appellate si era classificata al secondo posto, con uno scarto assai ridotto rispetto alla offerta dichiarata vincitrice.

Tutte le articolate doglianze proposte dalle originarie ricorrenti sono state analiticamente vagliate dal Tribunale amministrativo regionale secondo l’ordine logico e di priorità prospettato nel mezzo di primo grado (previa reiezione della eccezione di inammissibilità prospettata dall’appellante principale, la quale aveva sostenuto che, stante il metodo di aggiudicazione esperibile – c.d. “confronto a coppie”- in ogni caso, anche in ipotesi di accoglimento del ricorso, sarebbe stato necessario il rinnovo delle valutazioni e dei punteggi delle offerte rimanenti in gara ed il conseguente integrale rifacimento della graduatoria, il che escludeva la tutelabilità dell’interesse della originaria ricorrente alla aggiudicazione del contratto).

In particolare, il primo giudice ha escluso;

.- sia la fondatezza della tesi postulante la illegittima ammissione alla procedura di gara dell’offerta della aggiudicataria Opere Stradali s.p.a., per la violazione della lex specialis (punto 13, lett. c, del bando, punto 1, n° 3, lett. y, del disciplinare, nella parte in cui tali disposizioni prescrivevano quale requisito soggettivo, il «possesso dell’abilitazione di sicurezza -N.O.S.- per realizzare lavori eseguibili con particolari misure di sicurezza» );

.- sia quella volta a sostenere che la lex specialis (asseritamente recante la prescrizione per cui il progettista incaricato delle varianti migliorative doveva firmare gli elaborati unitamente al legale rappresentante dell’impresa) era stata ulteriormente violata dall’aggiudicataria in quanto l’offerta tecnica era stata firmata solo dai legali rappresentanti della Opere Stradali s.p.a., e non dai progettisti privi di N.O.S.

La reiezione delle dette connesse censure si giustificava, ad avviso del primo giudice, alla stregua del disposto dell’art. 17 del d.Lgs. n. 163/2006 (nel testo ratione temporis vigente, antecedente alle modifiche di cui all’art. 33, comma 3, del d.lgs. 15 novembre 2011, n. 208) e tenuto conto della circostanza che la lex specialis si limitava a richiedere la dichiarazione di “essere in possesso dell’abilitazione di sicurezza” solo per la realizzazione dei lavori e non per la progettazione.

Per altro verso, la soluzione per cui il possesso del N.O.S. non era richiesto per i soggetti incaricati della predisposizione delle proposte tecniche migliorative, appariva conforme al contenuto del contratto di appalto, il cui oggetto era costituito dalla sola esecuzione dei lavori sulla base del progetto esecutivo approvato dall’amministrazione.

Tali convergenti elementi (lettera della disposizione della lex specialis; natura del contratto oggetto dell’affidamento; art. 17 del c.d. “codice appalti”) conducevano ad affermare che il bando non prescrivesse il possesso dell’abilitazione di sicurezza per coloro i quali avessero predisposto le varianti tecniche migliorative: queste ultime, poi (disposizione del disciplinare secondo la quale – con riguardo anche alla documentazione di cui alla busta “B – Offerta tecnica migliorativa”- «tutta la documentazione presentata dovrà essere sottoscritta dal legale rappresentante dell’impresa concorrente ») esattamente erano state sottoscritte dal (solo)legale rappresentante, e non anche dai progettisti medesimi .

Il primo giudice ha parimenti disatteso il secondo motivo di censura prospettante la erronea attribuzione dei punteggi, da parte della commissione di gara, in sede di valutazione e quotazione del sub-elemento T.1.1.3. (“caratteristiche estetico, qualitative, funzionali e prestazionali degli infissi esterni”, per il quale erano previsti 10 punti ed in ordine al quale all’offerta delle originarie ricorrenti erano stati attribuiti 4,56 pt., mentre all’offerta di Opere Stradali erano stati assegnati 8,30 pt. ); ed ha del pari escluso la fondatezza della doglianza incentrata sulla supposta violazione del combinato disposto del comma 1, lettera i), e del comma 2, dell’art. 38 del codice dei contratti pubblici, nonché dell’art. 48 del medesimo codice, (censura secondo cui, dai controlli effettuati sul possesso dei requisiti dichiarati in gara dalla aggiudicataria Opere Stradali s.p.a., in ordine alla regolarità contributiva, sarebbe emersa la situazione di inadempimento attestata dal D.U.R.C. rilasciato in data 30 novembre 2011 dallo sportello unico INPS-INAIL-Cassa Edile).

Ciò perché emergevano elementi fattuali dai quali risultava che il D.U.R.C. del 30 novembre 2011 era stato erroneamente emesso dalla Cassa Edile, la quale successivamente aveva provveduto a rettificarlo (nota della C.E. del 7 febbraio 2012, prot. n. 357/R, laddove, pur non affermandosi esplicitamente la erroneità o non veridicità delle attestazioni contenute nel D.U.R.C. rilasciato il 30 novembre 2011, si precisava che – a seguito di una nuova richiesta del 29 novembre 2011 – in data 2 dicembre 2011 era stato emesso un D.U.R.C. regolare «a seguito di valutazioni aggiornate provenienti dagli enti preposti …».).

Il Tribunale amministrativo, quindi, ha preso in esame la doglianza avanzata dalle odierne appellate in via ulteriormente subordinata e volta ad ottenere la declaratoria della illegittimità della aggiudicazione definitiva in conseguenza della violazione del principio di pubblicità delle sedute di gara con riferimento alla fase di apertura delle buste contenenti le offerte tecniche( operazione compiuta dalla commissione giudicatrice in seduta riservata) e delle disposizioni del disciplinare di gara (punto 2.3.) in cui si era previsto che «la Commissione giudicatrice, in una o più sedute riservate, procederà all’apertura e all’esame della documentazione contenuta nella busta “B Offerta Tecnica Migliorativa” …».

Disattese le eccezioni di inammissibilità e tardività della doglianza, avanzate dalla odierna appellante principale (il TAR ha considerato, al riguardo che non trattavasi di clausola immediatamente lesiva, né rivestente portata escludente), il primo giudice ha accolto il gravame rifacendosi ai principi di recente espressi dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 28 luglio 2011, n. 13, secondo cui, a tutela dei principi di trasparenza, la seduta pubblica doveva essere adottata dalle stazioni appaltanti sia in sede di verifica preliminare ed esterna della regolarità delle buste contenenti le offerte tecniche, sia al momento dell’apertura delle stesse e della verifica del contenuto relativo alla documentazione costituente l’offerta tecnica.

Dalla incontestata circostanza che tali condizioni non si erano verificate (dai verbali di gara versati in atti emergeva che l’apertura delle buste contenenti le offerte tecniche si era svolta in seduta non pubblica) il Tribunale amministrativo ha fatto discendere la conseguenza della illegittimità della clausola del disciplinare di gara (punto 2.3.) e, in via derivata, dell’aggiudicazione, nonché degli atti della procedura di gara posti in essere a partire dalla fase di apertura delle buste contenenti le offerte tecniche, con la conseguente necessità per l’amministrazione di rinnovare il procedimento di gara a partire dalla fase di presentazione delle offerte (trattandosi di aggiudicazione basata sugli apprezzamenti tecnico-discrezionali connessi all’impiego del metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa), mentre ha disatteso le domande di tutela in forma specifica (costituita dall’accertamento del diritto all’aggiudicazione del contratto a suo favore), e la domanda di risarcimento per equivalente (quest’ultima per difetto di prova) prospettate dalla appellata.

La originaria controinteressata resistente rimasta soccombente ha proposto un articolato appello – corredato da motivi aggiunti- avverso la sentenza in epigrafe, chiedendone la riforma.

Le originarie ricorrenti hanno proposto una memoria con appello incidentale, chiedendo la reiezione del mezzo principale e, subordinatamente, hanno ribadito la validità ed esattezza delle censure già articolate nel corso del giudizio di primo grado e disattese dal primo giudice, chiedendone l’eventuale accoglimento.

Alla camera di consiglio del 18 settembre 2012 la trattazione della causa è stata rinviata al merito.

Tutte le parti processuali hanno depositato memorie e scritti difensivi volti a puntualizzare le rispettive censure.

Alla pubblica udienza del 18 dicembre 2012 il ricorso è stato posto in decisione dal Collegio.

 

DIRITTO

1. L’appello incidentale è parzialmente fondato e deve essere accolto nei termini di cui alla motivazione, con conseguente annullamento della gravata decisione e, in parziale accoglimento del mezzo di primo grado, annullamento degli atti gravati.

Ciò implica la improcedibilità dell’appello principale e dei motivi aggiunti a quest’ultimo accessivi.

2. Rileva il Collegio, in via preliminare che, sotto un profilo teorico, la prima questione da affrontare e risolvere riposerebbe nella esattezza della statuizione demolitoria dell’intera gara resa dal primo giudice in accoglimento della censura avanzata in via subordinata dalla parte originaria ricorrente (ed appellante incidentale).

2.1. Come è stato accennato nella parte in fatto, il Tribunale amministrativo regionale ha, sul punto, preso atto della clausola del bando di gara che prescriveva l’apertura delle buste contenenti le offerte tecniche in seduta riservata; disatteso l’eccezione di tardività ed inammissibilità del gravame in parte qua (discendente dalla omessa preventiva impugnazione della clausola del bando) ed ha esaminato la censura nel merito, pervenendo all’accoglimento della stessa alla luce dei principi di recente rassegnati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 28 luglio 2011, n. 13.

2.2.Senonchè, il Tar è pervenuto all’esame di detta questione – prospettata in via subordinata dalla originaria ricorrente ed odierna appellante incidentale- soltanto a seguito della reiezione, nella medesima pronuncia, dei motivi del ricorso di primo grado con i quali la detta originaria ricorrente, in via “principale”, aveva prospettato doglianze tendenti a postulare la doverosa esclusione dalla gara dell’aggiudicataria ed odierna appellante principale.

2.3. I suindicati motivi del ricorso di primo grado avanzati in via principale dall’originaria parte ricorrente nel corso del giudizio di primo grado e disattesi dal Tar, sono stati riproposti in via incidentale nell’odierno giudizio, laddove la stessa parte appellante (pag 12 della memoria contenente il ricorso in appello incidentale) ha fatto presente che essi costituiscono “interesse prioritario dedotto in giudizio”.

2.4. Non può dubitarsi dell’ammissibilità dell’appello incidentale (contrariamente a quanto sostenuto, peraltro con formula perplessa, dall’appellante principale nella propria memoria di replica): l’originaria ricorrente aveva in primo grado dedotto alcuni motivi di censura asseritamente dimostrativi della necessità di escludere l’impresa resasi aggiudicataria dalla gara e, in via subordinata, l’ulteriore motivo teso a dimostrare la irregolarità dell’intera procedura.

Il Tar ha disatteso i primi, ed accolto il secondo: è perfettamente aderente alla impostazione del codice del processo amministrativo che, in via incidentale, vengano riproposti i motivi volti ad affermare il preteso diritto della originaria ricorrente di aggiudicarsi la gara.

2.5. E’ peraltro parimenti ovvio che gli stessi assumano una portata pregiudiziale, e paralizzante rispetto alla disamina dell’appello principale. L’accoglimento di uno di essi, infatti, implicherebbe il travolgimento dell’intera sentenza del Tar, l’affermazione per cui l’aggiudicataria originaria avrebbe dovuto essere esclusa e, conseguentemente l’improcedibilità dell’appello principale (del resto, se uno di essi fosse stato accolto in primo grado, il Tar della Sardegna non avrebbe potuto, né dovuto esaminare il motivo prospettato in via subordinata dalla originaria ricorrente).

2.6.Il Collegio non ritiene sul punto di discostarsi dall’insegnamento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 2011 in tema di preventivo esame della impugnazione incidentale “paralizzante”, né dai recenti approdi, che costituiscono corollario di tale principio, secondo cui “nel giudizio amministrativo l’ordine di esame delle questioni dipende dal loro oggettivo contenuto, per cui, qualora il ricorso incidentale, anche in appello, abbia la finalità di contestare la legittimazione al ricorso principale, il suo esame assume carattere necessariamente pregiudiziale” (Cons. Stato Sez. V, 17-09-2012, n. 4916).

Né dicasi che un simile approdo finirebbe con l’obliare l’affermazione del primo giudice secondo la quale l’intera gara era affetta da irregolarità e in ultima analisi, consentirebbe alla impresa che aveva sollevato (seppur in via subordinata) la questione di irregolarità della intera gara di aggiudicarsi la medesima.

Rammenta in proposito il Collegio che, per condivisa quanto pacifica giurisprudenza, “il principio dispositivo, cui è ispirato anche il processo amministrativo, postula che il ricorrente abbia il potere di scegliere le domande da proporre ed anche la possibilità di indicare l’ordine con il quale ritiene che i motivi, all’interno della domanda, debbano essere esaminati (potendo dichiarare l’interesse all’accoglimento di alcuni di essi solo in via subordinata, per l’ipotesi in cui altri non vengano accolti), pur rientrando nel potere del giudice amministrativo, in ragione del particolare oggetto del giudizio impugnatorio legato all’esercizio della funzione pubblica, decidere l’ordine di trattazione delle censure sulla base della loro consistenza oggettiva e del rapporto fra le stesse esistente sul piano logico-giuridico, non alterabile dalla semplice richiesta dell’interessato.” (Cons. Stato Sez. V, 11-01-2012, n. 82).

Nel caso di specie è indubbio:

.- che l’interesse prioritario dell’appellante incidentale (ed originario ricorrente) fosse quello di conseguire la esclusione dell’aggiudicataria e, comunque, di aggiudicarsi la gara;

– che l’odierno appellante incidentale articolò i motivi seguendo detta priorità, e che detto “ordine” sia stato seguito anche dal Tar Sardegna.

Appare, dunque, doveroso esaminare in via prioritaria le doglianze incidentalmente proposte in appello riproduttive delle censure avanzate principaliter in primo grado e disattese dal Tar.

3.Ritiene il Collegio, a tal proposito, di prendere in esame, in primo luogo, la doglianza riproposta per ultima nell’appello incidentale, mercé la quale si è sostenuta l’erronea attribuzione dei punteggi, in sede di valutazione e quotazione del sub-elemento T.1.1.3. (“caratteristiche estetico, qualitative, funzionali e prestazionali degli infissi esterni”) da parte della commissione di gara, e la sottovalutazione od omessa valutazione di ulteriori migliorie proposte dalle ricorrenti, (con riferimento alla avvenuta indicazione della dotazione di indicazione di avvolgibili in alluminio rinforzato coibentato e all’utilizzo di tende a rullo idonee ottenere un migliore effetto filtrante, di oscuramento e abbattimento luminoso ed energetico).

Per tale elemento erano previsti 10 punti, ma all’offerta dell’appellante incidentale erano stati attribuiti soltanto 4,56 pt. (mentre all’offerta di Opere Stradali erano stati assegnati 8,30 pt): posto che lo scarto finale tra le due offerte era pari ad appena punti 1,41, si era sostenuto, quindi, che, laddove la offerta dell’appellante incidentale fosse stata adeguatamente valutata essa avrebbe sopravanzato quella dell’appellante principale.

Il Collegio non concorda con tale tesi

3.1. Va innanzitutto ribadito che, laddove – come nel caso di specie- il metodo di valutazione delle offerte sia quello del c.d. “confronto a coppie”, la motivazione aritmetica è ben sufficiente e non richiede alcun supplemento motivazionale in quanto emerge con chiarezza la preferenza accordata all’uno piuttosto che all’altro elemento (ex multis: “nelle gare d’appalto, una volta accertata la correttezza dell’applicazione del metodo del confronto a coppie ovvero quando non ne sia stato accertato l’uso distorto o irrazionale, non c’è spazio alcuno per un sindacato del Giudice Amministrativo nel merito dei singoli apprezzamenti effettuati ed in particolare sui punteggi attribuiti nel confronto a coppie, che indicano il grado di preferenza riconosciuto ad ogni singola offerta in gara, con l’ulteriore conseguenza che la motivazione delle valutazioni sugli elementi qualitativi risiede nelle stesse preferenze attribuite ai singoli elementi di valutazione considerati nei raffronti con gli stessi elementi delle altre offerte” -Cons. Stato Sez. V, 28-02-2012, n. 1150 -; “nel caso in cui un bando abbia indicato criteri valutativi dettagliati e adeguati rispetto allo specifico oggetto del contratto messo a gara, e qualora la commissione giudicatrice abbia previamente individuato correlativi criteri motivazionali, con successiva comparazione delle offerte segnalandone i pregi e i difetti, allora non vi è alcun bisogno di integrare, sul piano motivazionale i punteggi attribuiti dai commissari con il metodo del confronto a coppie, dal momento che detti punteggi si limitano a esprimere le varie preferenze accordate, le quali, costituendo il precipitato dei criteri prestabiliti e delle analisi preliminari compiute, si sottraggono all’obbligo di una specifica, ulteriore motivazione.” – Cons. Stato Sez. V, 05-03-2010, n. 01281 -; “e’ legittima la valutazione resa in termini numerici da una commissione giudicatrice qualora il relativo bando di gara, prevedendo lo svolgimento di siffatta attività mediante il metodo del cd. “confronto a coppie”, attribuisca valenza di motivazione al grado di preferenza che ogni commissario attribuisce a ciascuna offerta nel raffronto con le altre.”-T.A.R. Marche Ancona Sez. I, 10-05-2012, n. 320 -)

Nessun vizio di motivazione e disparità di trattamento appare in realtà potere emergere, salvo casi-limite non ricorrenti nel caso di specie.

Secondariamente, nella incontestata constatazione che l’offerta dell’appellante non prevedesse alcunché con riguardo ai vetricamera (questa è stata la motivazione dell’omessa attribuzione di un ulteriore punteggio alla seconda graduata, così come oggi preteso in sede di appello incidentale) la difesa dell’appellante principale ha gioco facile nel dimostrare (pag 5 della memoria di replica all’appello incidentale) che le critiche della originaria ricorrente, secondo cui la natura e tipologia dei vetricamera collocabili potesse desumersi di necessità dalla indicazione della tipologia degli infissi, non colgono nel segno.

Ciò in quanto, se l’infisso può far desumere con certezza lo spessore massimo del vetrocamera collocabile al suo interno, a contrarie conclusioni deve pervenirsi allorché si tratti di desumerne lo spessore effettivo, che può variare, adeguando la guarnizione, ed essendo le tipologie di vetro variabili per tipo e per costo.

Ne discende la non compiuta dimostrazione del postulato per cui con quel dato tipo di infissi prospettato sarebbe di necessità disceso un risparmio energetico tale da dover necessariamente far innalzare il punteggio premiale, mentre, per altro verso, appare indimostrabile (se non spingendo l’esame della censura verso un inammissibile sindacato di merito) l’affermazione per cui le tende a rullo offerte potessero, isolatamente considerate, concorrere a realizzare l’effetto di abbattimento luminoso ed energetico tale da comportare l’effetto di far innalzare il punteggio dell’appellante incidentale sino a sopravanzare l’ aggiudicataria.

3.1.2. Tale censura deve pertanto essere disattesa.

4. Merita di essere accolto, invece, il riproposto primo motivo del mezzo di primo grado, afferente alla supposta violazione del regime del Nos da parte dell’aggiudicataria.

La censura dell’appellante incidentale, sostanzialmente, non pone in dubbio la correttezza della ricostruzione “normativa” cui fa riferimento la decisione di primo grado: neppure l’appellante principale prospetta la sussistenza di alcuna disposizione non presa in esame dal Tar: ciò esonera il Collegio dall’obbligo di rivisitare le singole disposizioni che regolamentano la fattispecie e consente di affrontare direttamente il merito della questione.

4.1. A tal uopo si rimarca che il Tar ha preso atto della circostanza che si trattava di un appalto di sola esecuzione; che la lettera dell’art. 13 del bando riferiva il Nos alla esecuzione (e non anche alla progettazione) dei lavori, nella parte in cui prescriveva, quale requisito soggettivo, il «possesso dell’abilitazione di sicurezza (N.O.S.) per realizzare lavori eseguibili con particolari misure di sicurezza»; e, fatto riferimento all’art. 17 del d.lgs. n. 163/2006, nel testo ratione temporis applicabile (ed antecedente quindi alla integrale sostituzione avvenuta ex art. 33, comma 3, del d.lgs. 15 novembre 2011, n. 208), ha escluso sia che le proposte migliorative del progetto esecutivo dei lavori posto a base di gara (cui il bando ricollegava l’assegnazione dei punti secondo quanto previsto al paragrafo 2) dovessero essere redatte da progettisti forniti di Nos, sia che questi ultimi dovessero sottoscrivere l’offerta tecnica ( che era stata infatti firmata solo dai legali rappresentanti della Opere Stradali s.p.a.).

Ha conseguentemente negato che la aggiudicataria potesse/dovesse essere esclusa a cagione di tale supposta “omissione” .

L’appellante incidentale non critica tale ricostruzione normativa sotto il profilo intrinseco, ma vi oppone un duplice argomento: la ratio estensiva delle norme che impongono (per particolari appalti, a dimostrazione del godimento dei requisiti di sicurezza) il possesso del Nos in capo a tutti i soggetti che accedano al progetto di una gara secretata, e la circostanza che la stazione appaltante in sede di chiarimenti aveva incluso – tra i soggetti che dovevano essere in possesso del Nos – anche il “progettista che ha redatto le varianti migliorative”, evidenziando che, quanto a tale ultimo profilo, la sentenza era viziata ex art. 112 cpc da omessa petizione non essendosi specificamente pronunciata sulla doglianza.

4.1.1. Il Collegio concorda con la tesi esposta dall’appellante incidentale circa la incontestata ed incontestabile circostanza che una delle due imprese di cui si avvalse l’aggiudicataria per formulare la variante migliorativa non era in possesso del Nos.

4.1.2. Quanto al denunciato vizio di omessa petizione asseritamente attingente la impugnata decisione, ritiene la Sezione di condividere la tradizionale impostazione (ribadita ex art. 105 del cpa) secondo cui “l’omessa pronuncia, da parte del giudice di primo grado, su censure e motivi di impugnazione costituisce tipico errore di diritto per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, deducibile in sede di appello sotto il profilo della violazione del disposto di cui all’art. 112, c.p.c., che è applicabile al processo amministrativo.”(Consiglio Stato , sez. IV, 16 gennaio 2006, n. 98).

Tuttavia, si è sempre costantemente affermato, in giurisprudenza, che “il vizio di omessa pronuncia su un vizio del provvedimento impugnato deve essere accertato con riferimento alla motivazione della sentenza nel suo complesso, senza privilegiare gli aspetti formali, cosicché esso può ritenersi sussistente soltanto nell’ipotesi in cui risulti non essere stato esaminato il punto controverso e non quando, al contrario, la decisione sul motivo d’impugnazione risulti implicitamente da un’affermazione decisoria di segno contrario ed incompatibile.” (Consiglio Stato, sez. VI, 06 maggio 2008, n. 2009).

I primi giudici, hanno condiviso l’impianto sostanziale del provvedimento impugnato sulla scorta delle disposizioni di legge e della lex specialis; appare evidente, pertanto, che, sia pure non fornendo analitica e partita risposta sulle questioni dedotte nei sopracitati motivi del ricorso di primo grado, essi si sono implicitamente pronunciati sulle medesime, respingendole, avendo riscontrato la legittimità degli atti impugnati in primo grado sotto profili assorbenti rispetto alla portata delle censure medesime.

Ritiene la Sezione di potere condividere detto modus procedendi, e che nel caso di specie non sia ravvisabile alcuna lesione del principio di cui all’art. 112 cpc, potendosi sul punto richiamare l’orientamento, dal quale non si ravvisa ragione per discostarsi di cui alla richiamata decisione del Consiglio Stato , sez. VI, 06 maggio 2008, n. 2009 (ma si veda anche, per una identica affermazione,Consiglio Stato , sez. VI, 20 febbraio 1998, n. 189).

In ogni caso, si deve rilevare che, anche alla stregua delle prescrizioni di cui al cpa, “l’omessa pronuncia su una o più censure proposte col ricorso giurisdizionale non configura un error in procedendo tale da comportare l’annullamento della decisione, con contestuale rinvio della controversia al giudice di primo grado, ma solo un vizio dell’impugnata sentenza che il giudice di appello è legittimato ad eliminare integrando la motivazione carente o, comunque, decidendo del merito della causa.”(Consiglio Stato , sez. IV, 19 giugno 2007, n. 3289).

4.2. Pronunciando quindi sul merito della censura, il Collegio concorda pienamente, alla luce delle prescrizioni del bando e dei successivi chiarimenti resi dalla stazione appaltante con la tesi dell’appellante volta a postulare una interpretazione “omnicomprensiva” delle disposizioni in materia di Nos, che obbligherebbero le imprese – anche in sede di affidamento di meri compiti di consulenza ad esterni- ad avvalersi di soggetti in possesso del Nos.

Ciò anche e soprattutto alla stregua della refluenza che i chiarimenti dettati dalla stazione appaltante hanno spiegato sulle disposizioni che disciplinavano la procedura.

Le disposizioni del bando, la necessità che la offerta fosse sottoscritta dal legale rappresentante dell’impresa e la natura di mera esecuzione dell’appalto su cui si controverte (laddove è pacifico che non si trattasse di appalto integrato) avrebbero in realtà potuto far propendere verso la tesi esposta dal primo giudice per cui i progettisti della “variante migliorativa” non dovessero essere necessariamente muniti del Nos.

Senonché, da un canto, sotto il profilo logico, appare insuperabile l’obiezione dell’appellante incidentale secondo la quale, in ultima analisi, laddove la necessità del Nos non fosse stata estendibile alle imprese che avevano collaborato con l’offerente alla redazione della variante migliorativa, sarebbe rimasta frustrata la esigenza di segretezza sottesa alla richiamata disposizione del d.Lgs. n. 163/2006 che disciplina subiecta materia.

Secondariamente, va rilevato che – se è vero che il bando ed il disciplinare di gara fanno riferimento ad una “proposta migliorativa” concretantesi in una “relazione tecnica” non sottoscritta dal progettista- non può fondatamente affermarsi che quest’ultimo restasse del tutto estraneo all’appalto e che la collaborazione da questi prestata alla redazione di un segmento dell’offerta (segmento adeguatamente “retribuito”, peraltro, sotto il profilo dell’attribuzione di una voce di punteggio) non rendesse indispensabile il possesso del Nos anche in capo a quest’ultimo.

Soprattutto, deve rilevare in proposito il Collegio che i chiarimenti forniti dalla stazione appaltante coincidono in pieno con la opposta opzione ermeneutica fatta propria dall’appellante incidentale (e si rileva per incidens che nessuna delle parti processuali contesta la portata oggettiva del “chiarimento” fornito dalla stazione appellante, né la originaria aggiudicataria ebbe ad impugnarlo o, comunque, a contestarlo).

Si rammenta, quanto a tale ultimo aspetto, che il bando di gara (all’ultima pagina) espressamente prevedeva che “la risposta via mail e la pubblicazione sul sito dei quesiti, chiarimenti e relative risposte, in forma anonima, varranno a tutti gli effetti come avvenuta notifica ai richiedenti ed a tutti i soggetti interessati”.

E’ ben logico pertanto affermare che la risposta al quesito, pubblicata nei termini previsti dal bando fosse operativa e dovesse vincolare anche la originaria aggiudicataria (oltre, ovviamente, a costituire auto-vincolo per la stazione appaltante).

Detto chiarimento, infatti, va “parificato” sotto il profilo della portata applicativa ai precetti contenuti nella lex specialis, dovendosi porre il primo su un piano di parità ed equiordinazione rispetto alle prescrizioni del bando e del disciplinare.

Si rammenta in proposito che, per consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, “in materia di gare di appalto (D.Lgs. n. 163/2006 – Codice degli appalti) in una situazione di obiettiva incertezza (quando cioè le clausole della lex specialis risultino imprecisamente formulate o si prestino comunque ad incertezze interpretative) la risposta dell’amministrazione appaltante ad una richiesta di chiarimenti avanzata da un concorrente non costituisce un’indebita, e perciò illegittima, modifica delle regole di gara, ma una sorta di interpretazione autentica, con cui l’amministrazione chiarisce la propria volontà provvedimentale in un primo momento poco intelligibile, precisando e meglio delucidando le previsioni della lex specialis (Cons. Stato Sez. V, 17-10-2012, n. 5296).

Né, lo si ripete, l’originaria aggiudicataria ebbe a gravare il detto “chiarimento”, ovvero, a fronte della chiarezza di quest’ultimo, potrebbe fondatamente affermarsi che ne sarebbe disceso un quadro di non perspicuità della intera lex specialis, che non avrebbe autorizzato la stazione appaltante ad emettere una statuizione espulsiva.

Esso, in quanto vincolante per la stazione appaltante, avrebbe dovuto condurre alla esclusione dell’aggiudicataria.

In conclusione, con le precisazioni sinora fornite, pare al Collegio che detta censura articolata in primo grado dovesse essere accolta.

5. Ad analogo divisamento perviene il Collegio con riguardo al riproposto motivo di censura relativo alla supposta doverosa esclusione dell’appellante principale dalla gara in quanto non in regola con gli obblighi contributivi.

5.1. Rileva a tale proposito il Collegio, innanzitutto, che non coglie nel segno l’eccezione dell’appellante principale secondo la quale i motivi aggiunti di primo grado, tramite i quali venne sollevata detta censura, fossero tardivi.

In disparte la intempestività dell’eccezione, non sollevata in primo grado e neppure indicata nell’appello principale, va rilevato che i motivi aggiunti furono proposti, invece, dalla odierna appellante incidentale, nel termine dimidiato di legge, posto che l’accesso agli atti è del 3 febbraio 2012, mentre l’atto ricorso per motivi aggiunti risale al 17 febbraio 2012, data in cui venne spedito per notifica.

5.2. Nel merito, ad avviso del Collegio, anche detto motivo di censura appare accoglibile.

Deve innanzitutto rimarcarsi che il Collegio non intende discostarsi dal condivisibile principio a più riprese affermato da questo Consiglio di Stato ed aderente alla ratio ed alla logica della prescrizione positiva di cui all’art. 38 del d. Lvo n. 163/2006, secondo cui le imprese concorrenti all’aggiudicazione di contratti pubblici debbono possedere il requisito della regolarità contributiva lungo l’intero arco della procedura di gara, nel momento della stipula del contratto e nel corso del successivo svolgimento del rapporto contrattuale con l’amministrazione (si veda, tra le tante, Cons. St., sez. V, 16 settembre 2011, n. 5194, ma anche “in materia di appalti pubblici, stante quanto disposto dall’art. 38, comma 1, lett. i) del D.Lgs. n. 163 del 2006 -Codice dei contratti pubblici-e dall’art. 5 del D.M. n. 28578 del 2007, la stazione appaltante deve verificare la sussistenza in capo ai vari concorrenti della regolarità contributiva e fiscale che è un requisito indispensabile per la partecipazione alla gara, in quanto indice di affidabilità, diligenza e serietà delle imprese e della loro correttezza nei rapporti con le maestranze. Tale requisito può essere desunto dal DURC – Documento Unico Regolarità Contributiva – atteso che da esso la stazione appaltante può valutare se sussistono procedimenti diretti a contestare gli accertamenti degli enti previdenziali riportati nel documento predetto, o condoni, nonché verificare se la violazione riportata nello stesso, in relazione all’appalto o fornitura in esame o alla consistenza economica del partecipante o ad altre circostanze, è o meno grave. Ciò premesso, nel caso di specie, si è ritenuta corretta la sentenza di prime cure che aveva considerato legittima l’esclusione della società ricorrente dalla gara pubblica indetta dall’Amministrazione resistente per l’affidamento del servizio di pulizia, in quanto, in capo alla predetta società, si erano rinvenute, sebbene in epoca successiva alla presentazione della domanda di partecipazione alla gara in parola, delle irregolarità contributive costituenti elemento impeditivo per l’affidamento dell’appalto e non sanabili con una regolarizzazione postuma, tenuto conto che la regolarità contributiva deve essere presente fin dalla presentazione della domanda e permanere per tutto l’iter della procedura di gara nonché durante la pendenza del relativo rapporto contrattuale. Tra l’altro, la consapevolezza da parte della società ricorrente di non essere in regola in ordine agli obblighi contributivi è stato considerato quale elemento che ha connotato di gravità la violazione, in quanto la succitata società era tenuta, al momento della domanda di partecipazione, a rappresentare l’eventuale insoluto, la sua entità e le ragioni che l’avessero determinato, non solo per evitare false dichiarazioni, ma anche per instaurare un contraddittorio sul punto e, quindi, dar modo alla stazione appaltante di escludere la gravità e definitività della violazione.”- Cons. Stato Sez. IV, 15-09-2010, n. 6907-).

5.3. La statuizione reiettiva contenuta nella sentenza di primo grado si è fondata su una duplice circostanza (la prima delle quali, in punto di fatto, è rimasta incontestata).

Si è ivi fatto riferimento, infatti, alla circostanza che il Durc emesso il 30 novembre 2011 e facente riferimento alla data del 21 novembre 2011 recava la indicazione della sussistenza – a detta data- di debiti Inps insoluti (con la sede Inps di Cagliari).

Tuttavia la doglianza è stata respinta alla stregua del convincimento per cui a seguito di chiarimenti richiesti dalla stazione appaltante alla Cassa Edile di Cagliari, quest’ultima aveva precisato (con la nota citata del 7 febbraio 2012) che il successivo D.U.R.C. emesso il 2 dicembre 2011 attestava la regolarità contributiva della società aggiudicataria (circostanza, quest’ultima, contestata dall’appellante incidentale).

5.4. Il Collegio non concorda con la conclusione cui è approdato il Tar.

Va premesso che, alla stregua del principio affermato in premessa per cui gli aspiranti all’aggiudicazione di pubblici incanti devono versare in stato di regolarità per tutta la durata della procedura appare irrilevante la circostanza che il Durc emesso il 30 novembre 2011 e facente riferimento alla data del 21 novembre 2011, non era riconducibile alla fase del controllo della veridicità delle dichiarazioni sostitutive presentate in gara, ma alla successiva fase della stipula del contratto.

Tanto – sotto il profilo cronologico e logico- detto dato appare al Collegio inoppugnabile (in quanto il controllo sul requisito di regolarità contributiva dichiarato in gara dalla Opere Stradali s.p.a. era stato effettuato prima della aggiudicazione definitiva avvenuta con provvedimento dell’11 novembre 2011, attraverso l’acquisizione di un D.U.R.C. regolare emesso dalla Cassa Edile in data 13 settembre 2011), tanto esso non appare dirimente proprio alla luce del principio in premessa richiamato.

Se così è, restando ininfluente che la produzione del Durc “negativo” non incidesse sulla fase del controllo di veridicità delle dichiarazioni e di regolarità contributiva dichiarato, deve il Collegio affermare la non persuasività della affermazione contenuta nella sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto sufficientemente dimostrato che la impresa aggiudicataria versasse in stato di regolarità contributiva durante tutto l’arco della procedura selettiva evidenziale.

La gravata decisione è pervenuta a tale convincimento, “saldando” il dato rappresentato dalla avvenuta emissione di un D.U.R.C. regolare, emesso dalla Cassa Edile in data 13 settembre 2011, con quello riposante nella emissione di un successivo D.U.R.C. in data 2 dicembre 2011 che attestava la regolarità contributiva della società aggiudicataria.

Detti elementi sono stati valutati in correlazione con il contenuto della prima citata nota Inps del 7 febbraio 2012, prot. n. 357/R, laddove quest’ultima, pur non affermando esplicitamente la erroneità o non veridicità delle attestazioni contenute nel D.U.R.C. rilasciato il 30 novembre 2011, aveva precisato che – a seguito di una nuova richiesta del 29 novembre 2011 (la prima richiesta era stata presentata dal Provveditorato il 15 novembre 2011) – in data 2 dicembre 2011 era stato emesso un D.U.R.C. regolare «a seguito di valutazioni aggiornate provenienti dagli enti preposti …».

Nessuna parte della citata nota, tuttavia, conteneva la affermazione esplicita della erroneità o non veridicità delle attestazioni contenute nel D.U.R.C. “irregolare” rilasciato il 30 novembre 2011.

Né il Durc successivamente rilasciato aveva natura “retroattiva”.

Posto che il detto Durc del 30 novembre 2011 era negativo, e che il concetto di “valutazioni aggiornate” contenuto nella nota del 7 febbraio 2012 potrebbe indifferentemente dare atto di successivi pagamenti di pregresse obbligazioni adempiute medio tempore dall’aggiudicataria, appare censurabile il ragionamento del primo giudice secondo il quale tali “valutazioni aggiornate” si riferiscano ad errori verificatisi in sede di emissione del D.U.R.C. “negativo” di pochi giorni antecedente.

5.5. Non può dirsi per il vero che la affermazione resa in sentenza si ponga in contrasto con il principio della non sindacabilità delle resultanze del Durc da parte delle stazioni appaltanti, di recente ribadito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 8/2012: l’appellante incidentale cita infatti il detto autorevole precedente giurisprudenziale non del tutto pertinentemente, avuto riguardo alla circostanza che nel caso di specie non si verte nell’ipotesi in cui una stazione appaltante si sia discostata dalle risultanze del Durc.

Nel caso di specie l’Amministrazione (e poi il Tar) si è unicamente limitata a trarre le conseguenze dalla circostanza che, a pochi giorni dalla avvenuta emissione del Durc irregolare, sia intervenuto un Durc che rettificava le risultanze del precedente “a seguito delle valutazioni aggiornate degli enti preposti”.

5.6. Ciò che non persuade il Collegio, però, è proprio il processo valutativo che ha condotto il primo giudice ad avallare in sentenza la condotta seguita dall’Amministrazione: invero, in assenza di ulteriori elementi di prova dimostranti il contrario, si rinveniva agli atti del procedimento un Durc irregolare ed uno, temporalmente di poco successivo, regolare.

La cassa edile di Cagliari ha reso i chiarimenti di cui alla più volte invocata nota, proprio su richiesta della stazione appaltante, ma ivi non è stato affermato che il precedente Durc fosse errato.

L’aggiudicataria non ha aliunde dimostrato (come sarebbe stato suo onere in base al principio di “vicinanza della prova”) che versava in stato di regolarità per tutta la durata della procedura e che il Durc del 30 novembre era errato: a fronte di tale situazione, il primo giudice, salvo voler disporre incombenti istruttori sul punto, non avrebbe potuto che prendere atto della esistenza di un Durc irregolare in atti e che la detta nota non aveva chiarito la erroneità del medesimo. Ed anche per tale profilo avrebbe dovuto accogliere il ricorso di primo grado ed annullare gli atti gravati.

5.7. Anche detto motivo del mezzo di primo grado riproposto in appello va, pertanto, accolto.

5.8.All’accoglimento dell’appello incidentale – per quanto si è prima chiarito – consegue la improcedibilità dell’appello principale, e, annullata la gravata sentenza, in accoglimento del mezzo di primo grado, deve disporsi l’annullamento degli atti gravati innanzi al Tar.

5.8.1. La domanda risarcitoria proposta dall’appellante incidentale va invece respinta (e non soltanto per difetto di prova): la odierna pronuncia accoglitiva elide i danni prospettati dalla seconda graduata in via specifica (la originaria aggiudicataria non ha posto in essere alcuna attività esecutiva dell’appalto), il che esclude il permanere di qualsivoglia profilo risarcitorio restaurabile per equivalente.

6.Le spese del doppio grado di giudizio devono essere integralmente compensate tra le parti a cagione della particolare complessità delle questioni esaminate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, numero di registro generale 5788 del 2012, come in epigrafe proposto, accoglie nei termini di cui alla motivazione l’appello incidentale e dichiara improcedibile l’appello principale. Per l’effetto, annulla la gravata sentenza e, in accoglimento parziale del ricorso di primo grado, annulla gli atti gravati in primo grado,

Respinge la domanda risarcitoria.

Spese processuali compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2012

Redazione