Obbligo della parte a costituirsi di persona in cancelleria (Cass. n. 12391/2013)

Redazione 21/05/13
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Svolgimento del processo

M.B. convenne in giudizio dinanzi al Giudice di pace di Bologna la spa Autostrade Concessioni e Costruzioni Autostrade chiedendo che la stessa fosse dichiarata responsabile per un incidente occorsogli nell’autostrada (omissis) a causa dell’improvviso attraversamento della sede stradale da parte di un capriolo.
Tale incidente aveva causato la morte dell’animale e la distruzione dell’auto del B. .
Quest’ultimo chiese al Giudice solo un accertamento sull’an debeatur, riservandosi di chiedere in altro giudizio la condanna della convenuta al pagamento del quantum.
La società Autostrade, costituendosi in giudizio, eccepì preliminarmente la genericità ed indeterminatezza della domanda; l’incompetenza per valore del Giudice adito; l’inammissibilità della limitazione della pronunzia all’an debeatur; il difetto di legittimazione attiva dell’attore; la prescrizione del diritto azionato e nel merito contestò la ricostruzione del fatto.
Il Giudice di pace di Bologna rigettò la domanda attrice perché il relativo quantum non era stato determinato e perché la stessa domanda, ove determinata, sarebbe stata di competenza per valore di altro giudice, ossia del Tribunale di Bologna.
Propose appello il B. .
Il Tribunale di Bologna dichiarò l’appello improcedibile per la mancanza di una valida costituzione in giudizio dello stesso B. .
Quest’ultimo propone ricorso per cassazione con un unico motivo.
Parte intimata non svolge attività difensiva.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo del ricorso il ricorrente denuncia “Violazione degli artt. 112 cpc, 165 cpc, 24 e 111 Cost. it., II Cost. Europea e dell’art. 6, par. 1, Convenzione Europea dei diritti dell’uomo in relazione all’art. 360, nn. 3, 4 e 5, cpc”.
Il motivo si conclude con il seguente quesito: “Se debba considerarsi invalida, alla luce della vigente legislazione ordinaria e costituzionale, la costituzione dell’attore quando il deposito dei documenti di cui all’art. 165 cpc avvenga mediante inoltro postale e non con consegna effettuata durante una visita fisica dell’attore in cancelleria”.
1 – Il ricorrente, in via pregiudiziale, chiede una decisione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi e per gli effetti di cui all’art. III – 369, 1 e 3 comma, Costituzione Europea perché stabilisca se sia compatibile con la disciplina costituzionale nazionale e con quella comunitaria la dichiarazione di improcedibilità di un’azione giudiziaria perché i documenti richiesti dalla legge siano pervenuti al funzionario competente per mezzo del servizio postale e non mediante la consegna fisica effettuata dall’agente.
2. – Il motivo sotto il profilo del conflitto tra normativa interna e normativa comunitaria è infondato.
Al riguardo, va premesso che la censura si presenta generica nella sua formulazione e che il Trattato che adotta una costituzione per l’Europa, pur firmato a Roma il 29 ottobre 2004 e che prevedeva la sua efficacia solo alla data di entrata in vigore conformemente all’art. IV – 447 par. 2, in effetti non è entrato in vigore il 1 novembre 2006, come previsto e, quindi, il richiamo all’art. III – 369, primo e terzo comma è assolutamente irrilevante perché risulta definitivamente abbandonato.
Peraltro, per quanto concerne la “pregiudizialità” Europea si deve rilevare che la questione, oggetto del presente giudizio, è assolutamente scollegata alle tematiche tipiche del diritto comunitario, per cui eventualmente essa avrebbe dovuta essere posta sotto l’aspetto della violazione dell’esercizio effettivo del diritto di cui all’art. 6 della Convenzione sui diritti dell’uomo e sulle libertà fondamentali.
Del resto, pur volendo applicare il Trattato UE nella sua versione vigente (ratificato con legge 2 agosto 2008 n. 130) e che va letto avendo presente l’art.6 comma 1, che consacra il valore giuridico dei diritti, delle libertà e dei principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali, che ha lo stesso valore giuridico del Trattato, va precisato che ex art. 234 dello stesso, in virtù della separazione delle competenze, spetta pur sempre al giudice nazionale di valutare in che misura la questione di interpretazione del diritto comunitario risulti necessaria per emanare la sua decisione.
Pertanto, si deve affermare che anche in base al diritto comunitario vigente e positivo, quale emergente dalle sentenze della Corte di Lussemburgo soprattutto in tema di libera circolazione delle persone, cittadine degli Stati membri (sent. 14/10/08 in C-345/05; sent. 2/10/03 in C-144/02), l’osservanza della normativa processuale interna, di cui si discute, non restringe alcuno spazio di giustizia che va realizzato pur sempre nel rispetto dei diritti fondamentali e dei diversi ordinamenti e tradizioni giuridiche degli Stati membri.
La normativa suddetta, invero, non impedisce un accesso effettivo alla giustizia, ma è protesa, come si avrà occasione di porre in rilievo, ad attuare il corretto svolgimento dei procedimenti civili, quale auspicato anche dall’attuale Trattato dell’Unione.
In altri termini, sia perché priva del fondamento normativo cui si richiama (II Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, firmato a Roma il 29 ottobre 2004) sia perché, comunque, infondata, attesa la funzione che detta normativa esplica in perfetta aderenza alle finalità perseguite anche dal TUE, la istanza di cui al profilo del motivo di ricorso va disattesa.
3.-Passando, quindi, all’esame della censura sotto il profilo costituzionale, il Collegio osserva quanto segue. La Corte costituzionale con sentenza n. 98/2004 ha dichiarato illegittimo, per contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione, l’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui non consente l’utilizzo del servizio postale per la proposizione dell’opposizione ad ordinanza-ingiunzione.
Nell’occasione, è stato posto in rilievo che la struttura processuale assai semplificata – evidentemente intesa a rendere il più possibile agevole l’accesso alla tutela giurisdizionale nella specifica materia – che caratterizza il procedimento di opposizione all’ordinanza-ingiunzione di pagamento, quale disciplinato dagli artt. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981 -, andava collegata all’esigenza, di carattere costituzionale, che le norme che determinano cause di inammissibilità degli atti introduttivi dei giudizi fossero in armonia con lo specifico sistema processuale cui si riferiscono, per cui non si devono frapporre ostacoli all’esercizio del diritto di difesa non giustificati dal preminente interesse pubblico ad uno svolgimento del processo adeguato alla funzione ad esso assegnata.
Di qui la palese incongruenza, nonché, in taluni casi, la eccessivamente onerosa previsione del necessario accesso dell’opponente (o del suo procuratore) alla cancelleria del giudice competente al fine di depositare personalmente il ricorso, con esclusione della possibilità di utilizzo, a tale scopo, del servizio postale; mentre le esigenze di certezza che il deposito personale mira a realizzare riguardo all’instaurazione del rapporto processuale, possono essere allo stesso modo garantite attraverso l’utilizzo del plico raccomandato, espressamente previsto ad analoghi fini dallo stesso codice di rito.
Circa l’esigenza, di carattere costituzionale, consistente nel fatto che le norme che determinano cause di inammissibilità degli atti introduttivi dei giudizi non frappongano ostacoli all’esercizio del diritto di difesa non giustificati dal preminente interesse pubblico ad uno svolgimento del processo adeguato alla funzione ad esso assegnata, il giudice delle leggi si era già espresso con la sentenza n. 520/2002, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, nella parte in cui non consente, per il deposito degli atti ai fini della costituzione in giudizio, l’utilizzo del servizio postale nel giudizio tributario.
Per quanto precede deve ritenersi, quindi, che secondo la Corte costituzionale solo in casi particolari il deposito degli atti in cancelleria può essere effettuato mediante l’invio degli stessi a mezzo posta, mentre per quanto riguarda il giudizio ordinario, la costituzione va effettuata recandosi personalmente in cancelleria e presentando gli atti al cancelliere.
Dal che deriva la non fondatezza della questione, certamente rilevante nel presente giudizio, perché manca nella disciplina che si deve osservare per il giudizio ordinario ogni manifesta irragionevolezza.
Di vero, le disposizioni di cui all’art. 165 c.p.c., collegate strettamente agli artt. 72, 73, 74 disp. att. c.p.c., configurano una procedura che necessariamente non può escludere la consegna “brevi manu” dei documenti, in quanto finalizzata:
a) al controllo da parte della cancelleria dell’esistenza dei documenti prodotti;
b) a consentire alla parte convenuta di riscontrare la esistenza di essi documenti ed eventualmente, con la comparsa di costituzione e di risposta, contestarne la genuinità e la attinenza alla questione da trattare e, quindi, a soddisfare esigenze di certezza e di correttezza riguardo alla instaurazione del rapporto processuale.
Non solo, ma la normativa non esclude, come di prassi avviene, che il procuratore della parte, nell’impossibilità di presentarsi di persona alla cancelleria del giudice competente onde depositare i relativi atti, possa delegare un terzo per il deposito degli stessi.
In tal senso l’art. 165 c.p.c. prevede, al primo comma, che l’attore deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore o personalmente nei casi consentiti dalla legge “depositando” in cancelleria la nota di iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo contenente l’originale della citazione, la procura e i documenti offerti in comunicazione.
L’art. 72 delle disp. att. c.p.c. prevede che la parte deve “consegnare” al cancelliere il proprio fascicolo; il successivo art. 73 prevede che le parti devono consegnare al cancelliere, insieme al proprio fascicolo, le copie degli atti di parte; infine, l’art. 74 prevede l’attività di controllo da parte del cancelliere per la regolarità anche fiscale degli atti e dei documenti.
Tutta questa complessa attività non può essere effettuata ove l’invio avvenga a mezzo del servizio postale. E non si tratta di ostacoli di fatto né di ostacoli di diritto che impediscano la naturale e razionale attuazione dell’esercizio del diritto di difesa nonché la instaurazione di un processo adeguato che concretano di per sé soli il preminente interesse pubblico, degno di tutela costituzionale (v. Corte cost. n. 113/63).
Semmai, attraverso la obbligatorietà della consegna “brevi manu” dei documenti si pone in essere una attività finalizzata e voluta dal legislatore al perseguimento di quel preminente interesse pubblico, qual è quello di far partire un giudizio legalmente corretto nei suoi passi iniziali e, quindi, di prevenire eventuali effetti dilatori dei tempi del processo, che per essere giusto, impone che le parti si pongano in grado e siano messe in grado di portare al giudice tutti gli elementi in loro possesso.
In altri termini, gli oneri previsti e le modalità da compiere in base alle norme citate, così interpretate, non rendono estremamente dispendioso e difficile l’esercizio del diritto di difesa e la conseguente attuazione in concreto del suo svolgimento (v. Corte cost. n. 63/1977; Corte cost. n. 471/1964; Corte cost. n. 214/1974).
Pertanto, va affermato che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost., dell’art. 165 c.p.c. in comb. disp. artt. 72 – 74 disp. att. c.p.c. nella parte in cui si obbliga la parte a costituirsi di persona in cancelleria con il deposito degli atti.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato e in assenza di attività difensiva di parte intimata nulla deve disporsi per le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e nulla dispone per le spese del giudizio di cassazione.

Redazione