Notificazione a mezzo servizio postale: l’avviso di ricevimento costituisce il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna del plico con la relativa data, sia l’identità della persona alla quale la consegna è stata eseguita (Cons. Stato n. 531/2013)

Redazione 29/01/13
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FATTO

Il Consorzio Consepo riferisce di essere risultato aggiudicatario provvisorio del ‘lotto 1’ all’esito della procedura di gara bandita da Poste italiane s.p.a., con chiamata dall’albo di cui all’articolo 232 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, per l’aggiudicazione di accordi-quadro ai sensi dell’articolo 222 del medesimo decreto legislativo e aventi ad oggetto il servizio dei trasporti postali e servizi accessori nell’ambito territoriale delle province di Reggio Calabria e Crotone.

Risulta agli atti che, nel corso delle verifiche di rito effettuate dalla stazione appaltante prima dell’aggiudicazione definitiva, era emersa l’esistenza a carico di una delle consorziate (la soc. ‘Il Corriere Group’ s.r.l.) di rilevanti pendenze fiscali per gli anni di imposta dal 2002 al 2006.

Conseguentemente, Poste italiane s.p.a. procedeva all’esclusione del Consorzio dalla procedura, in applicazione della lettera g) del comma 1 dell’articolo 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (per il quale costituisce causa di esclusione dalle procedure di gara “[l’aver] commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse (…)”).

Il provvedimento di esclusione veniva impugnato dal Consorzio Consepo dinanzi al T.A.R. per la Calabria – Sezione staccata di Reggio Calabria, il quale, con la sentenza oggetto del presente gravame, respingeva il ricorso, ritenendolo infondato.

La sentenza in questione è stata gravata in sede di appello dal Consorzio Consepo, il quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:

1) Erroneità della sentenza appellata – Violazione ed errata applicazione dell’art. 38, lett. g) del d.lgs. 163/2006 – Vizio del procedimento – Illogicità e travisamento.

I primi giudici non avrebbero considerato che, ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lettera g) del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, l’esclusione dell’appellante dalla gara all’origine dei fatti di causa avrebbe potuto essere disposta solo in caso di “violazioni, definitivamente accertate rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”.

Al riguardo, il Tribunale non avrebbe valutato in modo adeguato:

– che la domanda di partecipazione alla gara di cui sopra risaliva al 17 febbraio 2009 e che, a quella data, non era stata ritualmente notificata alla società appellante alcun atto impositivo dal quale essa potesse desumere la propria posizione di non regolarità ai fini fiscali;

– che, pur esistendo in atti cinque cartelle esattoriali (per importi cospicui) a carico dell’odierna appellante notificate in epoca anteriore alla presentazione della domanda di partecipazione alla gara, ciò non poteva essere valutato ai fini del decidere in quanto i relativi avvisi erano stati sottoscritti da soggetti del tutto sconosciuti all’appellante;

– che, quindi, non poteva neppure essere chiesto alla stessa appellante di proporre querela di falso in relazione agli avvisi di ricevimento. Ciò, in quanto essa non aveva in alcun modo dedotto la falsità della firma apposta su tali avvisi, essendosi – al contrario – limitata ad osservare che tali firme appartenevano a soggetti ad essa non noti.

Ad ogni modo, questo Giudice di appello dovrebbe valutare – ai fini del decidere – la circostanza per cui il Consorzio Consepo si sia comunque risolto a proporre querela di falso in data 1° febbraio 2011.

Si è costituita in giudizio la soc. Poste italiane, la quale ha concluso nel senso della reiezione del gravame.

Alla pubblica udienza del 27 novembre 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da un consorzio attivo nel settore dei servizi postali avverso la sentenza del T.A.R. della Calabria (Sezione staccata di Reggio Calabria) con la quale è stato respinto il suo ricorso avverso gli atti con cui Poste Italiane l’ha esclusa (dopo averla individuata come aggiudicataria provvisoria) della gara per l’aggiudicazione di alcuni accordi quadro ai sensi dell’art. 222 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

2. L’appello è infondato.

2.1. Occorre premettere che l’esclusione dalla gara dell’odierna appellante non è stata disposta per ragioni inerenti la veridicità della dichiarazione (resa ai fini partecipativi ai sensi dell’articolo 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 1643) circa l’insussistenza di pendenze di carattere fiscale, quanto – piuttosto – per il fatto in se di aver commesso “violazioni, definitivamente accertate rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”.

Pertanto, non sembrano assumere – ai fini della decisione – il rilievo fondante preteso dall’appellante gli argomenti con cui essa contesta di avere avuto conoscenza di cinque cartelle esattoriali di rilevante ammontare solo dopo la presentazione della domanda, quanto – piuttosto – il fatto storico della irregolarità ai fini fiscali in quanto tale.

Al riguardo si osserva che le pendenze in questione ammontavano ad oltre centomila euro (sommando gli importi recati dalle cinque cartelle di cui sopra) e che non appare verosimile, anche in considerazione della consistenza imprenditoriale dell’appellante, che la stessa non avesse avuto contezza alcuna dei debiti fiscali in parola prima che la circostanza le fosse resa nota in occasione della partecipazione alla gara per cui è causa per il tramite dell’Amministrazione aggiudicatrice, la quale aveva svolto apposite indagini presso l’Agenzia delle Entrate.

2.2. L’appellante si difende osservando che, dopo aver avuto conoscenza legale dell’esistenza delle richiamate cartelle esattoriali (che non le sarebbero state in precedenza note in quanto le relate di notifica risultavano sottoscritte da soggetti dalla stessa non conosciuti), essa si era attivata al fine di ottenere – riuscendovi – la dilazione del pagamento.

Al riguardo si osserva tuttavia che, una volta accertato il fatto storico dell’esistenza in capo a un concorrente di irregolarità fiscali definitivamente accertate alla data della presentazione della domanda di partecipazione, la tardiva ammissione da parte sua al beneficio della rateizzazione non consente comunque di ammetterlo alla partecipazione alla gara.

Al riguardo si richiama la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee 9 febbraio 2006 (in causa C-226/04) la quale ha chiarito che l’articolo 29, primo comma, lettere e) e f), della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE (in seguito: direttiva 2004/18/CE), non si oppone ad una normativa o ad una prassi amministrativa nazionali in base alle quali un prestatore di servizi che, alla data di scadenza per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara, non ha adempiuto, effettuando integralmente il pagamento corrispondente, i suoi obblighi in materia di contributi previdenziali e di imposte e tasse, può regolarizzare la sua situazione successivamente (inter alia) in forza di misure di condono fiscale o di sanatoria adottate dallo Stato, a condizione che provi, entro il termine stabilito dalla normativa o dalla prassi amministrativa nazionali (nel caso di specie: entro la data per la presentazione della domanda di partecipazione), di aver beneficiato di tali misure o di un tale concordato.

Il principio in questione è stato ribadito dalla giurisprudenza di questo Consiglio, la quale ha chiarito che l’impresa la quale abbia ottenuto la rateizzazione del debito tributario deve essere considerata in regola ai fini della presentazione della domanda di partecipazione a gara pubblica (stante il valore novativo che tale atto assume), ma a condizione che l’istanza di rateizzazione sia stata accolta prima della scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione alla gara e preceda l’autodichiarazione circa il possesso della regolarità, essendo inammissibile una dichiarazione che attesti il possesso di un requisito in data futura (in tal senso: Cons. Stato, V, 18 novembre 2011, n. 6084).

Concludendo sul punto, la circostanza per cui l’appellante abbia richiesto ed ottenuto la rateizzazione del rilevante carico fiscale che la gravava solo in un momento successivo rispetto alla data ultima per la presentazione della domanda di partecipazione, non le consente di avvantaggiarsi delle statuizioni giurisprudenziali le quali consentono di riconoscere la regolarità fiscale agli operatori economici che abbiano ottenuto il beneficio della rateizzazione del dovuto.

2.3. Il Collegio osserva, inoltre, che la sentenza in epigrafe è meritevole di conferma per la parte in cui ha osservato che la contestazione svolta dall’odierna appellante in ordine alla genuinità delle firme apposte sulle relate di notifica delle richiamate cartelle esattoriali (rectius: circa l’effettiva riferibilità di tali firme alla propria sfera giuridica) avrebbe dovuto essere svolta attraverso il rimedio della proposizione della querela di falso.

Come si è detto in premessa, l’appellante obietta sul punto che non avrebbe avuto ragione di fare ricorso al rimedio della querela di falso in quanto essa non contestava la questione della genuinità in se delle sottoscrizioni, ma – più semplicemente – negava che quelle firme fossero ad essa in qualunque modo riferibili.

2.3.1. L’argomento non può essere condiviso.

Al riguardo il Collegio ritiene di prestare puntuale adesione all’orientamento secondo cui, in tema di notificazione a mezzo del servizio postale, l’avviso di ricevimento, il quale è parte integrante della relata di notifica, costituisce, ai sensi dell’art. 4, comma 3, l. 20 novembre 1982, n. 890, il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna del plico con la relativa data, sia l’identità della persona alla quale la consegna stessa è stata eseguita, e che ha sottoscritto l’avviso; esso riveste natura di atto pubblico, e, riguardando un’attività legittimamente delegata dall’ufficiale giudiziario all’agente postale ai sensi dell’art. 1 della legge n. 890 cit., gode della medesima forza certificatoria di cui è dotata la relazione di una notificazione eseguita direttamente dall’ufficiale giudiziario, ovverosia della fede privilegiata attribuita dall’art. 2700 c.c. in ordine alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che l’agente postale, mediante la sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento, attesta avvenuti in sua presenza.

Pertanto, il destinatario che intenda contestare l’avvenuta esecuzione della notificazione, affermando di non aver mai ricevuto l’atto ed in particolare di non aver mai apposto la propria firma sull’avviso, ha l’onere di impugnarlo a mezzo della querela di falso, anche se l’immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo, ma soltanto ad imperizia, leggerezza, o negligenza dell’agente postale (in tal senso: Cass., I, 22 novembre 2006, n. 24852; ma anche: Cass., Sez. Un., 27 aprile 2010, n. 9962).

Ebbene, il principio in questione è certamente applicabile al caso in esame, nell’ambito del quale: a) l’agente postale ha dichiarato – in sede di stesura della relata – di aver consegnato i plichi a persone le quali avevano dichiarato di riceverli in nome e per conto dell’odierna appellante, mentre b) il destinatario – odierno appellante – nega che quanto riportato sulla chartula della relata corrisponda al vero.

2.4. Da ultimo si osserva che, ad avviso del Collegio, neppure la (tardiva, rispetto alla celebrazione del giudizio di primo grado) proposizione della querela di falso può indurre a conclusioni diverse rispetto a quelle sin qui rassegnate (e neppure alla sospensione del giudizio sino alla definizione della querela in questione).

Ciò in quanto, secondo un condiviso orientamento, la presentazione dinanzi al giudice ordinario di una querela di falso nell’ambito di un giudizio amministrativo comporta la sospensione necessaria del giudizio solo se la questione di falso abbia carattere di pregiudizialità e se non appaia – come nel caso in esame – manifestamente infondata o dilatoria (Cons. Stato, V, 4 gennaio 2011, n. 8).

3. Per le ragioni sin qui esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.

Le spese del secondo grado seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 3208 del 2011, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società appellante alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 3.000 (tremila), oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 novembre 2012

Redazione