Notifica fuori termine dovuta al cambio di indirizzo del legale: nessuna giustificazione (Cass. n. 21437/2013)

Redazione 19/09/13
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Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 3 marzo 1997, la sig.ra F. M. chiedeva all’allora Pretore di Brescia di pronunciare sentenza che individuasse, in conformità a quanto risultante dall’atto divisionale del 20 luglio 1970, i confini tra la sua proprietà sui fondi siti in (omissis), censiti con i mappali nn. 7006, 7010, 7017 e 7018, e quella dei terreni contigui appartenenti a Fe.Ma. nonchè agli eredi di ****, nelle persone di B.A., F.A., F.B. e F.P., che, perciò, evocava in giudizio. Nella costituzione dei convenuti, il Tribunale di Brescia (nel quale era confluita la soppressa Pretura di Brescia), all’esito dell’espletata istruzione probatoria, con sentenza n. 462 del 2006, rigettava la domanda attrice.

La F.M. proponeva appello avverso la suddetta sentenza al quale resistevano tutti gli appellati.

Con sentenza n. 577 del 2010 (depositata il 18 giugno 2010), la Corte di appello di Brescia respingeva il gravame e regolava le spese del grado.

Con ricorso per cassazione, risultante come notificato alle parti intimate ai sensi della L. n. 53 del 1994, il 22 settembre 2011 e depositato il 1 ottobre 2011, la signora F.M. impugnava la predetta sentenza (non notificata) della Corte di appello di Brescia, deducendo, quali motivi a suo fondamento, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (in virtù dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), con riferimento alla determinazione della linea di confine tra i lotti delle parti individuati in sede divisionale.

Si costituivano in questa fase con un unico controricorso tutte le parti intimate, le quali eccependo, in linea pregiudiziale, l’inammissibilità del ricorso per intempestività, ovvero la sua inammissibilità per violazione dell’art. 366 c.p.c., e per la sua genericità, insistendo, in subordine, per il suo rigetto e per la condanna della ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c., commi 1 e 3.

A seguito della predisposizione di apposita relazione ex art. 380 bis c.p.c., il ricorso veniva fissato per l’adunanza camerale del 12 marzo 2013, all’esito della quale il collegio, con ordinanza interlocutoria n. 7612 del 2013, deliberava di rimettere la trattazione del ricorso alla pubblica udienza, che veniva fissata per il 19 giugno 2013, in prossimità della quale il difensore della ricorrente depositava anche memoria difensiva ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Ritiene il collegio che – in conformità all’eccezione formulata nell’intereresse dei contro ricorrenti – sussistono le condizioni, nella fattispecie, per pervenire alla declaratoria di inammissibilità del formulato ricorso per cassazione (oltretutto riferito a due motivi privi di ogni riferimento alle norme di diritto ritenute violate, in dispregio dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4) per intempestività della sua proposizione con riferimento all’osservanza del termine c.d. lungo stabilito dall’art. 327 del codice di rito civile (“ratione temporis” applicabile nella specie, ovvero con riferimento al disposto antecedente alla modifica sopravvenuta per effetto della L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 17).

Invero, per come evincibile dalle risultanze documentali dello stesso ricorso, ogni copia di esso indirizzato a ciascuna delle parti intimate risulta notificata, presso lo studio del loro procuratore costituito, a mezzo del servizio postale L. n. 53 del 1994, ex art. 1, ed ai sensi della L. n. 890 del 1982, il 22 settembre 2011, a fronte dell’intervenuta pubblicazione della sentenza impugnata in data 18 giugno 2010 (e, quindi, dopo un anno e 50 giorni). Pertanto, pur tenendo conto della doppia sospensione feriale del termine di cui alla L. n. 742 del 1969, art. 1, (v., ad es., Cass. n. 4059 del 2005 e Cass. n. 20817 del 2009), si ricava che il ricorso è stato comunque spedito per la notificazione ed effettivamente notificato oltre il termine di cui all’art. 327 c.p.c., per come – appunto – eccepito dai controricorrenti.

Nè, al fine di rilevare la possibile tempestività della notificazione del ricorso, assume rilievo determinante la circostanza che il ricorso stesso era stato oggetto (come pure desumibile documentalmente) di un precedente tentativo di notificazione in data 17 settembre 2011 nel domicilio eletto (in appello) dalle controparti presso l’Avv. ***************, in Brescia, via Trieste, n. 48, nel quale, però, la notifica non aveva avuto alcun esito per “irreperibilità del destinatario” (alla stregua di quanto attestato dall’ufficiale postale nelle inerenti cartoline di ricevimento).

Infatti, per come desumibile dagli atti processuali del giudizio di appello (esaminabili anche in questa sede in virtù della natura processuale dell’avanzata eccezione), il predetto difensore degli odierni controricorrenti (già appellati) aveva trasferito il proprio studio in altra via dello stesso Comune di Brescia (ovvero in v. Solferino n. 20/c) e tale circostanza era stata idoneamente comunicata al competente Consiglio dell’Ordine di Brescia, dal cui relativo Albo, già dal 2010, risultava che l’Avv. ******* aveva il proprio studio presso il nuovo richiamato indirizzo, senza mantenere alcun collegamento con la precedente sede ubicata in v. Trieste, n. 48, di Brescia.

Pertanto, secondo la condivisibile giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte (recepita anche dalle Sezioni unite con le sentenze n. 3818 del 2009 e n. 14494 del 2010), costituisce onere del notificante, quale adempimento preliminare agli incombenti relativi al procedimento notificatorio, accertarsi dell’assenza di mutamenti riguardanti il domicilio del procuratore costituito nel giudizio al fine di identificare correttamente il luogo della notificazione, con la conseguenza che ricade sullo stesso il rischio dell’eventuale esito negativo della notificazione (ed, eventualmente, della successiva intempestività della notificazione medesima), fatti salvi il caso fortuito o la forza maggiore ed escluse le ipotesi in cui il richiedente non sia incorso in negligenza e il mancato perfezionamento sia dipeso esclusivamente da causa allo stesso non imputabile. Del resto le stesse Sezioni unite (cfr. sentenza n. 7607 del 2010) hanno precisato che, a seguito della sentenza n. 477 del 2002 della Corte costituzionale – secondo cui la notifica di un atto processuale si intende perfezionata, per il notificante, al momento della consegna del medesimo all’ufficiale giudiziario – la tempestività della proposizione del ricorso per cassazione esige che la consegna della copia del ricorso per la spedizione a mezzo posta venga effettuata nel termine perentorio di legge e che l’eventuale tardività della notifica possa essere addebitata esclusivamente a errori o all’inerzia dell’ufficiale giudiziario o dei suoi ausiliari, e non a responsabilità del notificante; pertanto, la data di consegna all’ufficiale giudiziario non può assumere rilievo ove l’atto in questione sia “ab origine” viziato da errore nell’indicazione dell’esatto indirizzo del destinatario, poichè tale indicazione costituisce una formalità che non sfugge alla disponibilità del notificante. Ed è proprio alla stregua di tali principi che, in tempi ancor più recenti, è stato ulteriormente puntualizzato che (v. ordinanza n. 2320 del 2011) la data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario non può assumere alcun rilievo (quindi anche in funzione della valutazione della tempestività dell’adempimento), non potendosi ritenere neppure giustificata la ripresa del procedimento notificatorio, qualora sia imputabile al richiedente la mancata notifica del ricorso presso un procuratore cancellato dall’albo degli avvocati, stante l’agevole consultazione di tale albo, attuabile anche per via informatica e telematica, con la conseguenza va dichiarato inammissibile il ricorso notificato oltre il termine di cui all’art. 325, o all’art. 327 c.p.c., nel caso in cui il ricorrente non abbia documentato che l’esito negativo della prima notifica, anteriormente richiesta, era ascrivibile alla impossibilità di accertare la detta cancellazione presso l’albo. Lo stesso principio è applicabile con riferimento al caso di specie, avuto riguardo all’intervenuto trasferimento del difensore domiciliatario degli intimati, agevolmente e tempestivamente conoscibile, per i predetti motivi (in base alla pubblicità della comunicazione relativa all’intervenuta modificazione della sede dello studio dell’Avv. *******) in base all’ordinaria diligenza da parte del notificante.

2. In definitiva, nel caso in esame, sulla scorta di tale assorbente ragione (preclusiva dell’esame delle ulteriori eccezioni di inammissibilità e circa la fondatezza o meno dei motivi di ricorso), bisogna pervenire alla dichiarazione di inammissibilità del formulato ricorso per sua intempestività, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento – in favore dei controricorrenti in via fra loro solidale – delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo sulla scorta dei nuovi parametri previsti per il giudizio di legittimità dal D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140 (applicabile nel caso di specie in virtù dell’art. 41 dello stesso D.M.: cfr. Cass., S.U., n. 17405 del 2012). Non sussistono, invece, le condizioni per l’accoglimento della domanda risarcitoria ex art. 96 c.p.c., comma 1, (che può essere eventualmente accolta anche in sede di giudizio di cassazione, a condizione che il relativo ricorso, oltre che patentemente infondato, sia tale da dimostrare la consapevolezza della sua infondatezza da parte dei ricorrenti ovvero un’ignoranza, gravemente colpevole, della sua inammissibilità) circostanza che, però, non ricorre nella fattispecie: cfr. Cass., S.U., n. 448 del 1995 e Cass. n. 19976 del 1995), formulata nell’interesse dei controricorrenti.

Si deve, invece, ritenere propriamente inammissibile l’ulteriore istanza di condanna da questi ultimi riferita allo stesso art. 96 c.p.c., comma 3, siccome “ratione temporis” inapplicabile al giudizio in questione, instaurato anteriormente all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69 (con il cui art. 45, comma 12, è stato, per l’appunto, introdotto il citato art. 96, nuovo u.c.).

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti in via fra loro solidale, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 19 giugno 2013.

Redazione