Notai: la tipizzazione degli illeciti disciplinari impedisce l’applicazione in via residuale delle sanzioni dell’avvertimento e della censura a qualsiasi violazione di legge (Cass. n. 12995/2012)

Redazione 24/07/12
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza pubblicata il 26 aprile 2011 e notificata il 19 luglio successivo, in accoglimento parziale del reclamo proposto dal notaio, T.R., avverso la decisione del CO.RE.DI della Calabria, assolveva l’incolpato dall’addebito di cui al fatto 2 (della richiesta del capo dell’Archivio Notarile) perchè non costituiva illecito disciplinare e confermava l’affermazione di responsabilità disciplinare del reclamante per le seguenti infrazioni disciplinari: a) fatto 1 (per richiesta del capo dell’A.N.) e 8 (per richiesta del presidente del Consiglio Notarile) per avere riportato nel repertorio degli atti tra vivi, vidimato in data 16.1.2008, le annotazioni di 53 atti ricevuti e/o autenticati in data antecedente alla numerazione e vidimazione del repertorio stesso (violazione della L.N., art. 64 in combinato disposto con l’antecedente art. 62); b) fatto 3 (per richiesta del capo dell’A.N.) per avere redatto il verbale di pubblicazione di testamento olografo costituente l’atto n. 17499 del 30.1.2008, omettendo di descrivere fedelmente e puntualmente il contenuto e lo stato della scheda testamentaria (violazione dell’art. 620 c.c., comma 3); c) fatto 9 (per richiesta del capo dell’A.N.) e 3 (per richiesta del presidente de C.N.) per avere redatto un verbale di assemblea straordinaria di delibera dello scioglimento di una società cooperativa e di nomina del liquidatore, costituente l’atto racc. 16683 del 19.3.2007, senza apporre la propria sottoscrizione finale; per avere altresì richiesto l’iscrizione del detto atto nullo nel registro delle imprese (violazione della L.N., art. 58, n. 4 e del combinato disposto degli artt. 2436 e 2545 novies c.c.); d) fatto 10 (per richiesta del capo dell’A.N.) e 4 (per richiesta del presidente del C.N.) per avere ricevuto ed iscritto nel registro delle imprese il verbale di assemblea straordinaria di una società cooperativa, costituente l’atto racc. 17641 del 17.3.2008, consentendo che, nel deliberare l’adeguamento dello statuto ai dettami del D.Lgs. n. 6 del 2003, fosse inserita la previsione della facoltà, in capo all’organo amministrativo, di istituire e sopprimere sedi secondarie (violazione della L.N., art. 28, comma 1, n. 1, con riferimento al combinato disposto dell’art. 2519 c.c., comma 2, dell’art. 2479 c.c., comma 2, n. 4 e comma 4 e art. 2463 c.c., comma 2, n. 2); d) fatto 11 (per richiesta del capo dell’A.N.) e 5 (per richiesta del presidente del C.N.) per avere ricevuto l’atto racc. 17321 del 28.11.2007, recante l’accordo di modifica dei patti sociali di una società in accomandita semplice senza indicare la qualità di socio accomandante o accomandatario del nuovo socio (nella specie una s.r.l.) sottoscrittore dell’aumento di capitale convenuto (violazione dell’art. 2316 c.c. e art. 2631 c.c., comma 2);

e) fatto 12 (per richiesta del capo dell’A.N.) per avere ricevuto l’atto racc. 16781 del 20.4.2007, avente ad oggetto il trasferimento di un fabbricato edificato in assenza di un provvedimento abilitativo, e l’atto racc. 16865 del 23.5.2007, recante donazione di fabbricato parimenti edificato in assenza di provvedimento abilitativo, senza che negli atti predetti fosse chiaramente indicata la data di presentazione, nel termine di legge, delle rispettive domande di condono edilizio (violazione di dovere generico sanzionato dalla L.N., art. 136. Tuttavia, concesse le circostanze attenuanti, applicava la sanzione pecuniaria di Euro 10.230,00 per la violazione di cui alla lett. b), la sanzione pecuniaria di Euro 10.328,00 per la violazione di cui alla lett. d) e la sanzione dell’avvertimento, in luogo della censura, per la violazione di cui alla lett. b).

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il notaio T.R., riproponendo avanti la S.C. tutti i motivi di censura già dedotti avanti la Corte territoriale e rigettati dalla stessa.

La ricorrente ha presentato memoria.

Non hanno svolto attività difensiva gli intimati.

Motivi della decisione

1. Il ricorrente con il primo motivo, relativamente all’addebito di cui alla lett. a), ha dedotto che la Corte di merito ha violato la L.N., art. 64 qualificando il fatto in termini di omessa tenuta del repertorio ovvero di suo uso senza le formalità previste, nonchè, sempre con riferimento a tale fatto, erroneamente ha ritenuto l’illecito disciplinare imputabile all’incolpato.

2.1. La censura non merita accoglimento per entrambe le questioni sollevate.

Quanto alla qualificazione giuridica dell’illecito, il Giudice d’appello si è correttamente richiamato al consolidato orientamento della S.C., secondo cui, ai sensi della L.N., art. 64 può essere qualificato come repertorio soltanto il registro che, prima di essere posto in uso, sia numerato e vidimato in ciascun foglio dal capo dell’archivio notarile (Cass. 09/12/2010, n. 24867, Cass. 20.2.2006, n. 3660; cass. n. 13666/2000; Cass. n. 1372 del 6 febbraio 1995; Cass. n. 1608 del 18 febbraio Cass. 1999/795; 1999/14238).

Tale orientamento va condiviso.

2.2. Questa Corte, ha già ravvisato la violazione prevista dalla citata L.N., art. 138, n. 4 nella condotta del notaio che abbia annotato nel repertorio atti compiuti prima della vidimazione del repertorio medesimo. A fondamento del richiamato orientamento si è osservato che può essere qualificato come repertorio, ai sensi della Legge Notarile, solo il registro che, prima di essere posto in uso, sia numerato e firmato in ciascun foglio dal capo dell’archivio notarile distrettuale, il quale ne attesti altresì il numero dei fogli di cui è composto (Legge Notarile, art. 64). Tale rigorosa affermazione si riconduce proprio alla formulazione dell’art. 138, n. 4, che parifica pienamente l’assenza del repertorio all’uso di un repertorio non vidimato.

2.3.Trattasi poi di contravvenzione ben distinta da quella dell’omessa annotazione di un atto a repertorio, sanzionata dall’art. 137 della citata legge, perchè quest’ultima condotta presuppone la disponibilità di un repertorio regolarmente tenuto, mentre la precedente infrazione è costituita dall’omessa tenuta del repertorio, di cui la mancata tempestiva annotazione è una conseguenza, che, se successivamente eliminata dalla sua esecuzione, non elude l’illecito, ormai perfezionato, potendo influire soltanto sulla concessione delle attenuanti generiche e sull’entità della sanzione. Va, poi, osservato che non rileva il richiamo al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 45, art. 13 in quanto l’introduzione della possibilità per i notai di tenere i repertori anche con sistemi meccanografici, cioè con l’uso dei computers, non ha eliminato l’esigenza della vidimazione dei registri cartacei, sui quali deve essere trasfuso l’elaborato memorizzato nel computer.

3.1. Nè può assumere rilievo la considerazione secondo cui, poichè il repertorio è un unicum, deve ritenersi come esistente già a partire dal primo fascicolo in relazione anche ai fascicoli posti poi in numerazione e vidimazione successivamente, anche se non ancora nel possesso del notaio.

Tale prospettata fictio iuris, sulla base della quale si dovrebbero ritenere sussistenti anche fascicoli repertoriali non vidimati e numerati e quindi non ancora esistenti, solo perchè la numerazione è progressiva ed il repertorio, in cui vengono inseriti in progressione, è unico, non trova alcuna base normativa ai fini del precetto, che la norma disciplinare pone.

3.2. La L.N., art. 62 infatti dispone che “Il notaro deve tenere, oltre i registri prescritti da altre leggi, due repertori a colonna, uno per gli atti tra vivi, il quale servirà anche agli effetti della legge sulle tasse di registro, e l’altro per gli atti di ultima volontà. In essi deve prender nota entro il giorno successivo, senza spazi in bianco ed interlinee, e per ordine di numero di tutti gli atti ricevuti rispettivamente tra vivi e di ultima volontà, compresi tra i primi quelli rilasciati in originale, le autenticazioni apposte agli atti privati, e i protesti cambiari”.

La L.N., art. 64 statuisce che “Ogni repertorio, prima di essere posto in uso, è numerato e firmato in ciascun foglio dal capo dell’archivio notarile distrettuale, il quale nella prima pagina attesta di quanti fogli è composto il repertorio apponendovi la data in tutte le lettere”.

3.3. Il precetto è quindi che il notaio non tenga un repertorio purchè sia e quindi, anche se già esaurito, ma è necessario che abbia un repertorio con fascicoli capienti per gli atti che va a redigere.

Questi fascicoli, inoltre, devono essere numerati e vidimati dal capo dell’archivio notarile al momento della stesura dell’atto e della sua annotazione sul fascicolo del repertorio. Quindi “la tenuta del repertorio” va relazionata sia sotto il profilo temporale che funzionale all’atto rogato da annotare. Un repertorio che non abbia capienza per tale annotazione non rispetta il suddetto precetto. Un fascicolo repertoriale che interviene successivamente alla redazione dell’atto egualmente non rispetta il suddetto precetto, anche se poi “tardivamente” venga su di esso annotato l’atto.

3.4. Egualmente manifestamente infondata è la censura secondo cui le finalità dell’annotazione, costituite dalla certezza, continuità e correttezza dell’annotazione, sono soddisfatte anche dalla annotazione tardiva, nella specie intervenuta. In materia disciplinare ciò, che è sanzionato, è il mancato rispetto del precetto e non anche il mancato raggiungimento dello scopo, a cui il comportamento dovuto era finalizzato. Nella specie il precetto attiene ad una condotta dovuta dal notaio (“Quando redigi atti, devi avere un repertorio capiente per la loro tempestiva annotazione, numerato e firmato in ciascun foglio dal capo dell’archivio notarile distrettuale”), con la conseguenza che se essa non viene tenuta nei termini formali previsti dalla legge, risulta integrata la violazione disciplinare.

Nella tardiva annotazione, invece, il precetto violato attiene ad una diversa condotta, prevista dalla L.N., art. 62. E consistente nel dovere di annotare l’atto nel repertorio formalmente numerato e vidimato al massimo entro il giorno successivo alla sua redazione.

3.4. Riguardo, poi, alla possibilità di ravvisare, nel caso di specie, un errore incolpevole, deve innanzi tutto osservarsi, che, non essendovi pronuncia sul punto da parte del giudice a quo, il motivo pecca di difetto di autosufficienza, non risultando ove “nell’ambito della trattazione delle difese” la questione sia stata tempestivamente sollevata, questione, peraltro che, nella presente sede andava proposta come vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c.. Ma, al di là anche di tali aspetti pregiudiziali, proprio l’equiparazione contenuta nell’art. 138, n. 4 dimostra che la condotta dell’incolpato non può ascriversi ad un errore scusabile.

4. Con il secondo motivo, riferito all’addebito di cui alla lett. b) la ricorrente si duole dell’affermazione di responsabilità per la violazione dell’obbligo di descrizione dello stato della scheda testamentaria, imposto dall’art. 620 c.c., comma 3, avendo egli omesso di riportare la presenza dei segni grafici apposti sul retro del foglio, nonostante si trattasse di segni grafici indecifrabili, definiti dal giudice a quo “di incomprensibile significato”, ed estranei al contenuto del negozio. Aggiunge che, in ogni caso, tale inadempimento non è disciplinarmente sanzionabile.

5.1. Il motivo è fondato.

L’art. 620 c.c., comma 2 dispone che “il notaio procede alla pubblicazione del testamento, in presenza di due testimoni, redigendo nella forma degli atti pubblici un verbale nel quale descrive lo stato del testamento, ne riproduce il contenuto e fa menzione della sua apertura, se è stato presentato chiuso con sigillo”. Da tale disposizione emerge che la descrizione dello stato del testamento, da intendersi come documento, è attività distinta dalla riproduzione del suo contenuto, integrante il negozio testamentario. L’osservanza dell’adempimento descrittivo è imposto dalla necessità che dal verbale risulti l’esatto stato del documento, da ritenersi comprensivo anche di ogni segno grafico su di esso apposto. Pertanto se anche i segni grafici in esame andavano riportati nel verbale, tuttavia trattasi di una omissione che, nel caso di specie, non comportando nullità dell’atto, costituisce una mera irregolarità, non integrante alcun illecito disciplinare.

5.2. Nè la natura di illecito disciplinare può ritenersi con riferimento alla L.N., art. 136, tenuto conto che tale norma si limita soltanto a descrivere le sanzioni dell’avvertimento e della censura, senza indicare il precetto disciplinare cui esse rispettivamente si applicano.

A tal fine va riaffermato il principio, esposto in motivazione da Cass. n. 19927/2008, secondo cui anche nel rispetto dei principi costituzionali per effetto della riforma del 2006 il legislatore ha inteso tipizzare i comportamenti sanzionabili disciplinarmente. Alla stregua della nuova formulazione della L. n. 89 del 1913, art. 147, per l’effetto, non vi è – palesemente – spazio per le esistenza di illeciti non suscettibili – per qualsiasi motivo – di essere ricondotti in una delle categorie delineate allo stesso art. 147, lett. a), b) e C).

Pertanto deve escludersi che le sanzioni dell’avvertimento e della censura possano essere applicate in via residuale a qualsiasi violazione di legge, senza che ne sia espressamente prevista la rilevanza disciplinare.

6. Con il terzo motivo, riguardante l’addebito di cui alla lett. c), la ricorrente lamenta la Corte d’appello abbia confermato la responsabilità del notaio ai sensi della L.N., art. 28, n. 1 e art. 138 bis per avere omesso di sottoscrivere il verbale di scioglimento e messa in liquidazione di società cooperativa e richiesto l’iscrizione di tale atto nullo nel registro delle imprese, nonostante che dal verbale risultasse, a margine della seconda facciata del primo foglio ed in calce all’allegato A, la sottoscrizione del notaio. Comunque la violazione era da riferirsi alla L.N., art. 51, n. 10, art. 58, n. 4 e art. 137 e senza risposta era rimasta la prospettazione, avanzata anche per tale addebito, dell’errore incolpevole.

7.1. Il ricorso in parte è inammissibile ed in parte è infondato.

La censura relativa alla circostanza che la sentenza impugnata non ha rilevato l’esistenza delle firme apposte sul verbale e sull’allegato non può costituire motivo di ricorso per cassazione, in quanto attinente ad un travisamento del fatto, impugnabile con il mezzo della revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4. Il travisamento del fatto non può costituire motivo di ricorso per cassazione, poichè, risolvendosi in un’inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo, costituisce un errore denunciabile con il mezzo della revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4, (Cass. 10/03/2006, n. 5251; Cass. 30.1.2003, n. 1512; Cass. 27.1.2003, n. 1202; Cass. n. 1143 del 2003).

7.2. Riguardo all’omessa sottoscrizione, il giudice a quo, secondo la ricorrente, avrebbe dovuto qualificare l’omissione come violazione della L.N., art. 51, comma 2, n. 10, sanzionata dal successivo L.N., art. 137, comma 2. La sentenza impugnata, ritenuta correttamente la nullità della delibera per la mancata sottoscrizione del notaio nella qualità di segretario dell’organo collegiale (Cass. 2009/6444), ha addebitato al notaio la violazione della L.N., art. 28, n. 1, in conformità con la giurisprudenza, anch’essa consolidata, della S.C. che ravvisa la configurabilità di tale ipotesi di illecito in presenza di atti viziati da nullità assoluta sia formale che sostanziale (Cass. 1997/11128; 1998/11171; 2001/1394).

V’è da rilevare che il giudice a quo ha sanzionato unitariamente due condotte distinte: l’omissione di sottoscrizione del verbale che, quale causa di nullità della delibera, è stata fatta rientrare nella violazione del cit. art. 28, n. 1 e la richiesta d’iscrizione di tale atto nullo nel registro delle imprese, inquadrata nella violazione della L.N., art. 138 bis. Orbene, anche se si volesse sussumere l’omessa sottoscrizione sotto l’art. 51, comma 2, n. 10, rimarrebbe pur sempre comminabile la sanzione più grave in virtù dell’applicazione del cit. art. 138 bis, comma 2, risultando manifestamente inesistenti le condizioni richieste dalla legge per la iscrizione nel registro delle imprese della deliberazione di scioglimento e messa in liquidazione della società.

7.3. Quanto al prospettato errore incolpevole, sul quale la sentenza impugnata tace, il relativo motivo è privo di autosufficienza, non essendo stato indicato tempo e luogo della deduzione, oltre che carente di qualsiasi valida ragione giustificatrice.

8. Con il quarto motivo il notaio ricorrente ha censurato che la Corte territoriale, con riferimento all’addebito sub d) abbia ritenuto la nullità della previsione statutaria che conferiva all’amministratore di una società cooperativa a responsabilità limitata la facoltà di istituire e sopprimere sedi secondarie, e che il notaio, che ha ricevuto l’atto contenente tale clausola, ha violato la L.N., art. 28, n. 1 e art. 138 bis.

L’art. 2521 c.c., nello stabilire le regole che disciplinano il contenuto dell’atto costitutivo della società cooperativa, dispone, al comma 2, n. 2, che l’atto costitutivo deve indicare: “la denominazione e il comune ove è posta la sede della società e le eventuali sedi secondarie”. Il precedente art. 2519 prevede che: “alle società cooperative, per quanto non previsto dal presente titolo, si applicano, in quanto compatibili le disposizioni sulle società per azioni”. Orbene, anche l’art. 2328 c.c., dettato per le società per azioni, dispone, al comma 2, n. 2, che l’atto costitutivo deve indicare: “la denominazione e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie”.

Tuttavia l’art. 2365, sempre in tema di società per azioni, al comma 2, recita che: “… lo statuto può attribuire alla competenza dell’organo amministrativo o del consiglio di sorveglianza o del consiglio di gestione le deliberazioni concernenti… l’istituzione o la soppressione di sedi secondarie… “.

Non ostando alcuna ragione di incompatibilità per l’applicazione di tale disposizione alle società cooperative, ai sensi dell’art. 2519 cit., deve ritenersi consentito e legittimo l’inserimento della relativa clausola nello statuto della società cooperativa de qua.

Pertanto il motivo è fondato.

9.1. Anche il quinto motivo è fondato.

Con esso il ricorrente notaio lamenta che, riguardo all’addebito d), erroneamente la Corte territoriale abbia ritenuto che l’atto di modifica dei patti sociali di una società in accomandita, semplice avrebbe dovuto indicare la qualità di accomandante o accomandatario del nuovo socio, facendo impropria applicazione dell’art. 2316 c.c., il quale impone che tale indicazione sia obbligatoriamente contenuta nell’atto costitutivo. Aggiunge inoltre che per la condotta addebitata non è comminata alcuna sanzione disciplinare.

9.2. Ritiene il Collegio che , escluso che nel caso di specie possa configurarsi un atto nullo e, come tale, integrante, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la violazione di cui alla L.N., art. 28, n. 1, non sembra che la condotta addebitata risponda ad una previsione disciplinare, che giustifichi l’applicazione della L.N., art. 136.

10. Con il sesto motivo, che riprende l’addebito di cui alla lett. e), il notaio ricorrente censura che la sentenza impugnata che abbia sanzionato la condotta del professionista “per scarsa attenzione e superficialità” per avere omesso negli atti di trasferimento la indicazione della data di presentazione della domanda di condono degli immobili alienati, benchè il notaio dovesse limitarsi a raccogliere la dichiarazione delle parti, le quali avevano dichiarato e documentato la sola data del protocollo della domanda e non quella di effettiva presentazione della domanda medesima.

11. Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata, pur riconoscendo che gli atti di alienazione non erano nulli, in quanto il notaio era stato diligente nel verificare, prima del ricevimento degli atti, che la domanda di condono era stata tempestivamente presentata, ha rilevato che egli avrebbe dovuto usare pari diligenza nell’indicare nel corpo degli atti la data di effettiva presentazione, perchè risultasse documentalmente negli atti il trasferimento di beni commerciabili.

Anche qui non sono configurabili atti nulli, sanzionabili ai sensi della L.N., art. 28, n. 1, nè risulta applicabile a tale violazione un’espressa previsione di illecito disciplinare.

12 Pertanto vanno rigettati i motivi primo e terzo ed accolti, nei termini di cui in motivazione, i restanti. Va cassata, in relazione ai motivi accolti, l’impugnata sentenza con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione.

P.Q.M.

Rigetta i motivi primo e terzo ed accoglie, nei termini di cui in motivazione, i restanti. Cassa, in relazione ai motivi accolti, l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione.

Redazione