Non vi è illecita concorrenza del notaio che applica tariffe ridotte rispetto a quelle indicate dal Consiglio (Cass. n. 3715/2013)

Redazione 14/02/13
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Svolgimento del processo

1. – Con decisione in data 29 settembre 2010, la Commissione amministrativa regionale di disciplina della Puglia, su richiesta del Consiglio notarile di Bari, ha dichiarato il notaio P. S. responsabile di illecita concorrenza, per mancata osservanza della tariffa notarile, con i criteri applicativi deliberati dal Consiglio notarile, relativamente all’art. 30 della detta tariffa, avendo percepito costantemente e sistematicamente compensi inferiori ai minimi (Legge Notarile 16 febbraio 1913, n. 89, art. 147, comma 1, lett. c, nel testo risultante dalla sostituzione operata dal D.Lgs. 1 agosto 2006, n. 249, art. 30), nonchè di violazione delle norme sulla assistenza obbligatoria alla sede (artt. 26 e 147 della legge notarile e art. 6 del codice deontologico), e, concesse le attenuanti generiche, gli ha inflitto, previa unificazione delle due infrazioni, la sanzione pecuniaria di Euro 13.000.

2. – La Corte d’appello di Bari, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 31 agosto 2011, ha accolto per quanto di ragione il reclamo del P., escludendo la maggiorazione della sanzione pecuniaria ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 8, e, per l’effetto, in parziale riforma della decisione impugnata, ha rideterminato in Euro 10.000 ed in Euro 200 le sanzioni disciplinari irrogate al notaio.

La Corte territoriale – escluse le violazioni procedimentali lamentate dal reclamante – ha rilevato che l’inderogabilità della tariffa notarile è tuttora operante, giacchè l’abrogazione delle disposizioni legislative e regolamentari stabilenti per le attività libero professionali l’obbligatorietà di tariffe minime (D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 2, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248) non può essere riferita all’attività tipica del notaio, per la forte connotazione pubblica della funzione notarile e quindi per l’esigenza di assicurare la terzietà del pubblico ufficiale e il decoro della istituzione notarile, come confermato dal D.Lgs. 1 agosto 2006, n. 249, art. 30, (Norme in materia di procedimento disciplinare a carico dei notai, in attuazione della L. 28 novembre 2005, n. 246, art. 7, comma 1, lett. e), il quale – entrato in vigore dopo l’emanazione del citato D.L. n. 223 del 2006 – ha riformulato l’art. 147 della legge notarile, continuando a sanzionare come illecito disciplinare la sistematica riduzione, da parte del notaio, di onorari, diritti e compensi.

In ordine al secondo addebito, la Corte di Bari ha preso le mosse dal grande numero di atti stipulati fuori sede (in generale e) nei giorni e nelle ore di assistenza obbligatoria, nel breve arco di tempo in osservazione, avendo il P., nel mese di ottobre 2009, su 131 atti a raccolta, stipulato 65 atti fuori della sua sede di (omissis), dei quali 28 nei giorni di assistenza obbligatoria alla sede, e nel mese di novembre 2009, su 115 atti a raccolta, 55 atti fuori sede, di cui 21 nei giorni di assistenza obbligatoria. Ed è giunta alla conclusione che la cadenza continuativa delle stipule, la tipologia degli stessi atti (per lo più vendite e mutui, tali da richiedere preparazione programmata) e la circostanza che gran parte di questi non aveva alcun collegamento oggettivo (luogo dell’immobile) nè soggettivo (residenza o domicilio delle parti) con la sede di (omissis), evidenziano che l’attività esercitata fuori sede nei giorni e negli orari fissati per la assistenza obbligatoria alla sede, lungi dal risultare occasionale, corrispondeva ad una pratica costante e sistematica.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il notaio P. ha proposto ricorso, con atto notificato il 13 marzo 2012, sulla base di nove motivi.

Ha resistito, con controricorso, il Consiglio notarile di Bari.

In prossimità della camera di consiglio il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.

 

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione della L. 16 febbraio 1913, n. 89, artt. 74 e 147, e successive modifiche, art. 34 della tariffa notarile, approvata con D.M. 27 novembre 2001, L. 5 marzo 1973, n. 41, art. 1, D.L. n. 223 del 2006, artt. 1 e 2, convertito in L. n. 248 del 2006) il ricorrente sostiene che il D.L. n. 223 del 2006, art. 2, avrebbe sancito l’abrogazione della obbligatorietà dei minimi tariffari per la generalità delle professioni, senza distinzioni di sorta, e che, essendo la norma applicabile anche ai notai, sarebbe venuta meno ogni possibilità di sanzionare, sotto il profilo disciplinare, la pretesa violazione dei minimi tariffari.

Con il secondo mezzo ci si duole che la Corte d’appello, nel risolvere l’apparente antinomia fra la L. n. 248 del 2006, di conversione del D.L. n. 223 del 2006, ed il D.Lgs. n. 249 del 2006, che ha novellato, tra l’altro, l’art. 147 della legge notarile, non abbia dato la prevalenza alla prima, in quanto posteriore e speciale.

Il terzo mezzo è rivolto a censurare l’affermazione, fatta in via subordinata dalla Corte d’appello, della compatibilità della disciplina dell’illecito con quella dell’abrogazione della obbligatorietà della tariffa.

2. – I primi tre motivi – i quali, stante la loro stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono fondati.

2.1. – In relazione al compenso dovuto al notaio, la L. n. 89 del 1913, art. 74, dopo avere previsto, al primo comma, che “Il notaro ha diritto per ogni atto, copia, estratto o certificato, e per ogni altra operazione eseguita nell’esercizio della sua professione, ad essere retribuito dalle parti mediante onorario, oltre al rimborso delle spese ed ai diritti accessori”, stabilisce, al comma 2, che “Gli onorari, i diritti accessori e le spese dovute in rimborso al notaro sono determinati dalla tariffa annessa alla presente legge”.

L’art. 80 della legge notarile prevede poi che “Salvo il caso di errore scusabile, il notaro che abbia esatto per gli onorari, per i diritti accessori e per le spese una somma maggiore di quella dovutagli, incorre in un’ammenda uguale alla somma esatta in più, salvo sempre il diritto della parte di chiedere la restituzione dell’indebito pagato” (ed il nuovo testo del medesimo articolo, come sostituito dal D.Lgs. n. 249 del 2006, art. 9, ha elevato l’entità della punizione, essendo ora la sanzione pecuniaria pari da uno a tre volte la maggiore somma percepita). Per altro verso, l’art. 147 della legge notarile punisce con una sanzione che può arrivare sino alla sospensione fino ad un anno e, nei casi più gravi, alla destituzione il notaio che “con riduzioni degli onorari e diritti accessori faccia ai colleghi illecita concorrenza” (ed il nuovo art. 147, sostituito dal D.Lgs. n. 249 del 1996, art. 30, in continuità con l’originaria previsione, assoggetta alla detta sanzione, con il comma 1, lett. c, il notaio che “fa illecita concorrenza ad altro notaio, con riduzioni di onorari, diritti o compensi”).

Da questo sistema normativo – considerato unitariamente alle caratteristiche di rigidità della tariffa notarile in rapporto alla natura pubblica della funzione notarile (“I notari – recita la L. n. 89 del 1913, art. 1, – sono pubblici ufficiali istituiti per ricevere gli atti tra vivi e di ultima volontà, attribuire loro pubblica fede, conservarne il deposito, rilasciarne le copie, i certificati e gli estratti”) – la giurisprudenza di questa Corte ha ricavato la conclusione della inderogabilità della tariffa notarile (Cass., Sez. 2^, 19 febbraio 1981, n. 1039), sottolineandone la funzionalizzazione alla duplice esigenza di garantire il corretto esercizio dell’attività professionale del notaio, impedendo la sleale concorrenza tra professionisti, e di tutelare la dignità della categoria professionale (Cass., Sez. 3^, 28 luglio 2004, n. 14227).

L’approdo giurisprudenziale è confermato dal decreto del Ministero della giustizia 27 novembre 2001 (Determinazione della tariffa degli onorari, dei diritti, delle indennità e dei compensi spettanti ai notai), emanato in attuazione dell’articolo unico della L. 5 marzo 1973, n. 41, il quale, all’art. 34, comma 1, ultimo periodo, prevede espressamente la nullità di “ogni convenzione contraria”. In sostanza, salvo che il compenso non riguardi prestazioni professionali non connesse alla pubblica funzione, le disposizioni della legge notarile, quali norme speciali, prevalgono, ai sensi dell’art. 2230 c.c., comma 2, sulla norma generale contenuta nell’art. 2233 c.c., comma 1, che individua nell’accordo delle parti il principale criterio di determinazione del compenso. Come ha avuto occasione di precisare la Corte costituzionale in una lontana pronuncia (sentenza n. 75 del 1964), “la determinazione degli onorari, di competenza del legislatore, è diretta non soltanto a stabilire la rimunerazione del professionista, ma a fissare il prezzo del pubblico servizio svolto dal notaio”.

2.2. – Muovendo in questo quadro normativo di riferimento, ed avendo riguardo alla espressa previsione dell’art. 147 della legge notarile, la giurisprudenza di questa Corte ha assegnato alla figura dell’illecita concorrenza mediante riduzione dei compensi il ruolo di completamento sul piano disciplinare del sistema di obbligatorietà della tariffa: la tariffa è l’unica fonte determinativa dei compensi dovuti al notaio ed il discostamento da questa con compensi più contenuti ha rilevanza deontologica.

Si è cosi sottolineato che l’ipotesi contravvenzionale dell’illecita concorrenza fra notai, consistente nella riduzione degli onorari e dei diritti accessori, costituisce di per sè un mezzo di pubblicità e di richiamo sufficiente a porre in essere un comportamento caratterizzato da attività disdicevole, quando sia effettuata dal notaio con volontà persistente e per costume, e che, per integrare tale contravvenzione, non è necessario, come condizione di punibilità in via disciplinare, un comportamento doloso (coscienza di un atto contrario al diritto), ma è sufficiente la volontarietà del fatto in sè (cioè una volontà considerata in rapporto alla condotta in contrasto con la legge), mentre è irrilevante che da tale comportamento non si verifichi un danno per il prestigio della classe notarile e dei colleghi o la circostanza che i clienti del notaio colpevole non si siano resi conto del trattamento di favore usato nei loro confronti (Cass., Sez. 1^, 5 marzo 1979, n. 1370; Cass., Sez. 3^, 27 giugno 2001, n. 8803; Cass., Sez. 3^, 20 dicembre 2007, n. 26961).

In questa prospettiva, si è ulteriormente precisato (Cass., Sez. 3^, 18 marzo 2008, n. 7274) – in fattispecie nella quale la condotta del notaio era stata posta in essere anteriormente allo xus superveniens rappresentato dal D.L. n. 223 del 2006, art. 2, convertito in L. n. 248 del 2006 – che l’illecito disciplinare consistente nella reiterata e sistematica riduzione degli onorari al di sotto del minimo tariffario non è escluso nè dall’intento di fidelizzare una clientela già acquisita, nè dal fatto che una delle parti dell’atto sia cliente abituale ed aduso alla stipula di atti analoghi: la prima circostanza, infatti, non priva la suddetta condotta della natura di atto di concorrenza sleale, la quale non necessariamente deve essere volta ad acquisire nuovi clienti, ma ben può consistere anche nel mero intento di conservare, con mezzi illeciti, la clientela attuale;

la seconda circostanza è, invece, irrilevante sul piano disciplinare, in quanto il notaio ha l’obbligo di ascoltare ed informare sempre e comunque tutte le parti, ivi compresa quella che per la prima volta gli abbia richiesto una stipula, con la conseguenza che l’atto di natura seriale, per quest’ultima categoria di clienti, non può considerarsi meno impegnativo sì da giustificare una riduzione dell’onorario.

Ribadendosi la piena efficacia delle disposizioni legislative o regolamentari prevedenti la fissazione di tariffe obbligatorie fisse in relazione ai fatti compiuti anteriormente all’entrata in vigore del citato D.L. n. 223 del 2006, art. 2, si è più di recente escluso (Cass., Sez. 3^, 15 aprile 2008, n. 9878) che l’inderogabilità delle tariffe notarili sia incompatibile con i principi dell’ordinamento comunitario, tanto più che per l’attività notarile – concretantesi nello svolgimento di una pubblica funzione, per l’esercizio della quale l’ordinamento prevede l’istituzione di pubblici ufficiali, in possesso di particolari requisiti soggettivi, nominati a seguito di un esame d’idoneità, sottoposti a vigilanza e periodici controlli ispettivi, oltre che a rigorose regole disciplinari – non è neppure ipotizzabile la possibilità di una libera prestazione di servizi, in regime di concorrenza, da parte di altri liberi professionisti dello stesso paese o di altri paesi della Comunità Europea.

2.3. – Questo orientamento merita di essere rivisitato alla luce della sopravvenuta evoluzione normativa costituita dal D.L. n. 223 del 2006, art. 2, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, nella cui vigenza è stata posta in essere la condotta addebitata all’odierno ricorrente.

Detta norma, nel testo risultante dalle modifiche apportata dalla legge di conversione, prevede:

– l’abrogazione, a partire dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, delle “disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali… l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime” (comma 1, lett. a);

– l’adeguamento, entro il 1 gennaio 2007, delle “disposizioni deontologiche” e dei “codici di disciplina che contengono le prescrizioni di cui al comma 1”, “anche con l’adozione di misure a garanzia della qualità delle prestazioni professionali”, e, “in caso di mancato adeguamento”, la nullità, a decorrere dalla medesima data, delle “norme in contrasto con quanto previsto dal comma 1” (comma 3).

Il legislatore del 2006 disvela anche la finalità del superamento del previgente assetto regolamentare della materia tariffaria.

L’abrogazione dell’obbligatorietà delle tariffe fisse, con la conseguente conformazione delle norme deontologiche e dei codici di autodisciplina, mira a “rafforzare la libertà di scelta del cittadino consumatore e la promozione di assetti di mercato maggiormente concorrenziali, anche al fine di favorire il rilancio dell’economia e dell’occupazione” (art. 1), rendendo possibile la “libera concorrenza” nel settore dei servizi professionali e garantendo agli utenti “un’effettiva facoltà di scelta nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato” (art. 2, comma 1).

2.4. – Ad avviso del Collegio, l’abrogazione della obbligatorietà di tariffe fisse o minime riguarda la generalità delle professioni, senza eccezione alcuna; nè la portata riformatrice del precedente assetto – orientata alla tutela della concorrenza e ad offrire all’utente “una più ampia possibilità di scelta tra le diverse offerte, maggiormente differenziate tra loro, sia per i costi che per le modalità di determinazione dei compensi” (Corte cost., sentenza n. 443 del 2007) – può essere ridimensionata dall’interprete in ragione delle specificità dell’attività notarile.

In particolare, non può convenirsi con il giudice a quo quando afferma che, per l’attività notarile, la riduzione tariffaria costituirebbe un vulnus dell’ordine pubblico economico in quanto riguarderebbe prestazioni effettuate nell’esercizio di una funzione pubblica, in relazione alla quale non sarebbe ipotizzabile il regime di libera concorrenza.

Invero, l’attività del notaio si inquadra a pieno titolo nel genus del lavoro autonomo e, precisamente, nell’esercizio delle professioni intellettuali (Cass., Sez. 2^, 10 novembre 1998, n. 11284; Cass., Sez. 2^, 11 maggio 2012, n. 7404; Cass., Sez. 3^, 28 settembre 2012, n. 16549).

Come ha chiarito la giurisprudenza della Corte di giustizia (con sentenze della Grande Sezione in data 24 maggio 2011, emesse nella causa C-50/08 ed in altre cause, le quali hanno dichiarato che il requisito di cittadinanza previsto dalla normativa francese e da altre normative nazionali per l’accesso alla professione di notaio costituisce una discriminazione fondata sulla cittadinanza vietata dall’art. 43 CE), i notai, “nei limiti delle loro rispettive competenze territoriali”, esercitano la loro professione “in condizioni di concorrenza” ; e la circostanza che le attività notarili perseguano obiettivi di interesse generale, miranti in particolare a garantire la legalità e la certezza del diritto degli atti conclusi tra privati, non è sufficiente a far considerare quelle attività come una forma di “partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri”.

Del resto, l’inserimento dell’attività notarile nel quadro dei servizi professionali ai quali si applica la disciplina della concorrenza è confermato dalla successiva evoluzione normativa, in particolare dal D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, recante Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27. Esso, nel completare il quadro avviato con il D.L. n. 223 del 2006, non solo non eccettua, ancora una volta, i notai dalla prevista abrogazione delle tariffe “delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico” e delle “disposizioni vigenti che, per la determinazione del compenso del professionista, rinviano” a dette tariffe (art. 9); ma anche introduce, accanto all’incremento del numero dei notai, ulteriori forme di concorrenza nei distretti, modificando la norma sull’assistenza personale allo studio e stabilendo, a modifica delle originarie disposizioni contenute nella legge notarile del 1913, che “Il notaro può recarsi, per ragione delle sue funzioni, in tutto il territorio del distretto della Corte d’appello in cui trovasi la sua sede notarile, ed aprire un ufficio secondario nel territorio del distretto notarile in cui trovasi la sede stessa” (art. 12).

D’altra parte, la sopravvivenza della inderogabilità della tariffa notarile neppure potrebbe desumersi dal fatto che gli onorari dovuti al notaio secondo la tariffa per gli atti originali (e non genericamente i “compensi” spettanti al notaio) costituiscono, in virtù di specifiche disposizioni di legge, il parametro sulla cui base sono calcolati, oltre a tributi, contribuzioni relative anche al funzionamento dei consigli notarili distrettuali e del consiglio nazionale del notariato (v., ad esempio, la L. 22 novembre 1954, n. 1158, art. 39, concernente la tassa d’archivio, che le parti devono corrispondere all’amministrazione degli archivi notarili tramite il notaio sulla base dell’onorario della tariffa notarile per l’originale di ogni atto tra vivi soggetto a registrazione e di ogni atto di ultima volontà). Un conto, infatti, è il compenso spettante al notaio, in relazione al quale, essendo venuta meno l’obbligatorietà della tariffa fissa, le parti possono legittimamente, secondo la disciplina liberalizzatrice a tutela della concorrenza, stabilirne di comune accordo una misura inferiore a quella derivante dalla tariffa ministeriale; altro è che, ad altri fini, la tariffa costituisca ancora una base di riferimento per l’esatto versamento della tassa d’archivio e dei contributi agli organi istituzionali di categoria.

Infine, non è condivisibile l’assunto secondo cui l’inderogabilità della tariffa dei notai sarebbe stata ripristinata ad opera del D.Lgs. n. 249 del 2006, art. 30, il quale, nel riformulare l’art. 147 della legge notarile con l’espressa previsione della punibilità del notaio che “fa illecita concorrenza ad altro notaio, con riduzioni di onorari, diritti o compensi”, è contenuto in un atto avente forza di legge entrato in vigore successivamente tanto al D.L. n. 223 del 2006, quanto alla legge di conversione n. 248 del 2006.

Deve infatti escludersi che il D.Lgs. 1 agosto 2006, n. 249, art. 30, (pubblicato nel supplemento ordinario n. 184 della Gazzetta Ufficiale dell’11 agosto 2006 e destinato ad entrare in vigore il quindicesimo giorno successivo alla predetta data di pubblicazione) sia posteriore alla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248 (le cui modificazioni al D.L. n. 223 sono entrate in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta nel supplemento ordinario n. 183 dell’11 agosto 2006).

E’ infatti in base alla promulgazione che va stabilita l’anteriorità o posteriorità di una legge rispetto alle altre ai fini dell’abrogazione attiva o passiva, mentre la pubblicazione ed il decorso del termine di vacatio valgono a segnare l’entrata in vigore, e quindi l’applicabilità della legge.

In questo senso è la giurisprudenza della Corte costituzionale, secondo cui “per stabilire l’anteriorità o la posteriorità di una legge rispetto ad un’altra deve farsi riferimento alla data della promulgazione e non a quella della pubblicazione, sicchè la legge promulgata successivamente abroga quella promulgata prima anche se pubblicata dopo” (sentenza n. 321 del 1983).

Ne consegue che il D.Lgs. n. 249 del 2006, art. 30, essendo stato emanato il 1 agosto 2006, è anteriore alla L. n. 248 del 2006, promulgata il 4 agosto 2006; e quest’ultima, avendo una valenza di sistema e di riforma economico-sociale, con l’esplicito obiettivo di assoggettare tutte le professioni ai principi di tutela della concorrenza, prevale sulle anteriori discipline professionali di settore.

Il venir meno, dopo l’abrogazione della obbligatorietà delle tariffe fisse o minime, della rilevanza disciplinare della percezione, da parte del notaio, di compensi più contenuti rispetto a quelli stabiliti dalla tariffa, è del resto confermata dall’adeguamento alla nuova disciplina legislativa, da parte del Consiglio nazionale del notariato, dei principi di deontologia professionale dei notai.

Mentre, infatti, il testo di quei principi approvato del 26 gennaio 2007 faceva ancora rientrare tra le fattispecie di illecita concorrenza “l’annotazione a repertorio di onorari minori o ridotti rispetto a quelli che devono essere indicati in base alla natura dell’atto” (art. 17, lett. a, terzo alinea); il nuovo testo, approvato con deliberazione n. 2/56 del 5 aprile 2008, per un verso ha eliminato detta previsione e, per l’altro verso, ha omesso il richiamo deontologico alla disposizione dell’art. 147 della legge notarile nel nuovo art. 24, comma 2, lett. c), relativo ai rapporti del notaio con il Consiglio nazionale del notariato e con la Cassa nazionale del notariato.

2.5. – Conclusivamente, per effetto della disciplina introdotta dalla legge di conversione n. 248 del 2006, di conversione del D.L. n. 223 del 2006, il notaio che, quand’anche sistematicamente, offra la propria prestazione ad onorari e compensi più contenuti rispetto a quelli derivanti dall’applicazione della tariffa notarile, non pone in essere, per ciò solo, un comportamento di illecita concorrenza, essendone venuta meno la rilevanza sul piano disciplinare della relativa condotta.

2.6. – Detta rilevanza neppure potrebbe fondarsi assegnando alla tariffa o ai criteri di massima determinati dai consigli notarili distrettuali il ruolo di parametro di valutazione della congruità del compenso stesso sul versante del rapporto tra il notaio e la categoria di appartenenza ai fini della tutela del decoro e del prestigio della professione notarile.

Tale ragionamento sostituisce all’apprezzamento del singolo notaio circa l’importanza dell’opera ed il suo coefficiente di difficoltà una valutazione ex ante di natura generalizzata affidata alla tariffa, con la sostanziale reviviscenza dell’obbligatorietà della stessa; e, con un non consentito rovesciamento di prospettiva, finisce con il collidere con la ratio dell’intervento legislativo del 2006, la quale, al fine di rendere effettiva la libertà del cliente di orientarsi consapevolmente, di preferire e di decidere, ha inteso perseguire la tutela dell’interesse generale proprio mediante l’introduzione della concorrenza su uno degli elementi più qualificanti, il prezzo, dell’attività economica del professionista.

Si consideri, d’altra parte, che l’art. 2233 c.c., comma 2, nel prevedere che “In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione”, è norma destinata ad assumere rilievo solo in mancanza di un’intesa fra gli interessati circa la misura del corrispettivo dovuto per la prestazione professionale (Cass., Sez. 2^, 22 gennaio 2000, n. 694; Cass., Sez. Lav., 20 luglio 2007, n. 16134), sicchè qualora il compenso del professionista sia stato liberamente pattuito con il cliente, il giudice non ha il potere di modificarlo al fine di adeguarlo all’importanza dell’opera prestata e al decoro della professione (Cass., Sez. 2^, 22 novembre 1995, n. 12095). La citata disposizione, inoltre, esplicando la propria rilevanza esclusivamente nell’ambito dei rapporti tra il professionista ed il cliente, non si rivolge (agli ordini professionali nè) ai consigli notarili, i quali non hanno il potere di pretendere, sul piano deontologico, che il compenso della prestazione professionale, liberamente pattuito, sia in ogni caso adeguato a parametri che, di fatto, reintrodurrebbero l’obbligatorietà della tariffa notarile.

Diversamente ragionando, e lasciandosi ai consigli notarili il compito di attivare i propri poteri di monitoraggio, di vigilanza e di indagine sul notaio che richieda compensi più bassi rispetto a quelli medi della categoria, si giungerebbe ad un condizionamento del comportamento economico del professionista sul mercato, incentivandolo, al fine di sottrarsi ad un procedimento disciplinare dall’esito incerto, a continuare ad applicare tariffe imposte, in aperto contrasto, ancora un volta, con la ratio legis.

2.7. – Ferma l’irrilevanza disciplinare della mera adozione, da parte del notaio, di comportamenti di prezzo indipendenti sul mercato, l’estensione dell’autonomia privata, con la conseguente possibilità di pattuire compensi inferiori rispetto a quelli discendenti dalla applicazione della tariffa, non deve in ogni caso tradursi in un pregiudizio per il cliente in termini di qualità della prestazione (come è reso palese dalla norma che affida alle disposizioni deontologiche delle diverse categorie professionali ed ai codici di autodisciplina il compito di prevedere “misure a garanzia delle qualità delle prestazioni professionali”: D.L. n. 223 del 2006, art. 1, comma 3), nè può realizzarsi attraverso pratiche professionali scorrette e con strumenti di acquisizione della clientela non conformi all’etica della comunità professionale alla quale il notaio appartiene e del più vasto gruppo sociale entro il quale svolge la sua professione e anche la sua vita di relazione (cfr., con riferimento agli avvocati, Cass., Sez. Un., 18 novembre 2010, n. 23287; Cass., Sez. Un., 10 agosto 2012, n. 14368).

Di qui l’importanza, per un verso, della previsione di regole deontologiche che quella qualità consentano sempre di assicurare, in conformità delle speciali e peculiari caratteristiche tecniche della professione notarile. Il notaio, infatti, giurista di alta qualificazione che accede alla professione a seguito di una rigorosa selezione e sottoposto a vigilanza e controlli ispettivi anche a fini disciplinari, è un pubblico ufficiale con il compito di attribuire agli atti di cui è autore il carattere di autenticità, assicurandone al contempo la conservazione, l’efficacia probatoria e la forza esecutiva; ed il suo intervento, tanto per la consulenza che fornisce in modo imparziale ma attivo alle parti, come per la redazione del documento autentico che ne è il risultato, conferisce all’utente del diritto la sicurezza giuridica e, prevenendo possibili liti, costituisce un elemento indispensabile per la stessa amministrazione della giustizia. Ma come la tariffa non è di per sè garanzia della qualità della prestazione, cosi la deroga alla tariffa con la pattuizione di un compenso più basso rispetto alla stessa non equivale in alcun modo a prestazione scadente.

Di qui, ancora, la sanzionatalità, sotto il profilo disciplinare, dell’illecita concorrenza realizzata attraverso comportamenti del notaio contrari ai doveri di correttezza professionale o servendosi di altri mezzi non confacenti al decoro ed al prestigio della classe notarile, come il citato art. 147, comma 1, lettera e, continua a prevedere, una volta venuto meno, per abroga-zione, il riferimento alla condotta di riduzioni di ono-rari, diritti o compensi. Il che avviene, a titolo esemplificativo, quando il notaio esegua la propria prestazione in modo sistematicamente frettoloso o compiacente o violi il principio di personalità della prestazione, ovvero provveda a documentare irregolarmente, anche dal punto di vista fiscale, la prestazione resa, o ponga in essere comportamenti di impronta prettamente commerciale non confacenti all’etica professionale (si pensi all’acquisizione di rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi alla correttezza o al decoro, o, ancora, all’offerta di servizi, come finanziamenti e anticipazioni di somme, che non rientrano nell’esercizio dell’attività notarile) o non adeguati alla diligenza del professionista avveduto e scrupoloso, o che possano comunque nuocere alla sua indipendenza, alla sua imparzialità e alla sua qualità di pubblico ufficiale.

3. – Per effetto dell’accoglimento dei primi tre motivi di ricorso resta assorbito l’esame: (a) del quarto motivo (rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 147 della legge notarile, L. n. 41 del 1973, art. 1, del D.M. 27 novembre 2001, art. unico, e degli artt. 10 e 81 del Trattato CE, ora art. 4 TUE e art. 101 TFUE”), con cui si sostiene che i criteri di massima, stabiliti in ambito distrettuale ai sensi del D.M. giustizia 27 novembre 2001, art. 30, non sarebbero inderogabili; (b) del quinto mezzo (con il quale si lamenta che la Corte d’appello non abbia motivato in ordine alla rilevanza della condotta serbata dal Consiglio notarile, il quale avrebbe reso molteplici pareri favorevoli su parcelle redatte dal notaio P. che non tenevano conto delle tariffe del Consiglio notarile di Bari del 2006, e ci si duole che non sia stata adeguata rilevanza alla mancanza di un quadro indiziario idoneo a far presumere la conoscenza, da parte del notaio P., della deliberazione del Consiglio notarile di Bari n. 15/2006 del 27 giugno 2006); (c) e del sesto motivo (con cui si fa rilevare che i compensi in concreto richiesti dal notaio in relazione agli atti in contestazione si discosterebbero dai minimi in percentuale insignificante e comunque di gran lunga inferiore a quella ritenuta dal Consiglio stesso; e che la Corte territoriale avrebbe immotivatamente recepito il dato fornito dal Consiglio notarile, il quale tuttavia non avrebbe prodotto uno sviluppo degli importi minimi tariffari rispetto alle prestazioni rese, ma avrebbe esclusivamente indicato un importo totale del minimo tariffario determinato in base a criteri ignoti e senza nessun riferimento alle prestazioni realmente rese dal P.).

4. – Con il settimo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 26 e 147 della legge notarile, 6 e 9 del codice deontologico notarile, artt. 10 e 81 del Trattato CE, ora art. 4 TUE e art. 101 TFUE, nonchè vizio di motivazione) ci si duole che la Corte d’appello abbia rigettato il reclamo con riferimento al secondo addebito. Poichè su 246 atti a raccolta nei mesi di ottobre e novembre 2009, solo 26 risulterebbero stipulati fuori sede nei giorni e negli orari di assistenza obbligatoria, ad avviso del ricorrente l’illecito non sussisterebbe, anche considerando che i pochi casi di atti stipulati fuori sede in giorni ed orario in cui vi era obbligo di assistenza alla sede sarebbero irrilevanti sia sotto il profilo numerico che economico. Poichè la ratio della norma sanzionatoria è quella di garantire che il notaio assicuri il funzionamento regolare e continuo dell’ufficio, quando questo risulti garantito eventuali brevi ed occasionali allontanamenti non potrebbero rilevare sul piano disciplinare.

4.1. – Il motivo è infondato.

In base alla disciplina ratione temporis applicabile, il notaio deve esercitare la sua attività professionale, con carattere di regolarità e continuità, nella sede assegnatagli.

L’art. 26 della legge notarile, nel testo anteriore alle modifiche apportate con il D.L. n. 1 del 2012, mentre consente al notaio di operare, se richiesto, in tutto il territorio del distretto in cui trovasi la sua sede notarile, fa obbligo allo stesso di assistere personalmente presso lo studio della sede nei giorni e negli orari fissati dal presidente della corte d’ appello.

A sua volta, il codice deontologico accompagna la disciplina legislativa con previsioni di dettaglio: nei giorni fissati per la assistenza alla sede al notaio è vietato assistere ad uffici secondari (art. 9) ; nei giorni e nelle ore prescritti per la personale assistenza allo studio il notaio “è tenuto a limitare le proprie prestazioni fuori della sede a singoli e particolari casi” (art. 6, comma 3).

La Corte d’appello ha precisato che il rilevante numero, pur in un periodo temporale contenuto (il bimestre preso in considerazione), di atti stipulati fuori sede nei giorni di assistenza obbligatoria e la tipologia degli stessi (per lo più vendite e mutui, tali da richiedere preparazione programmata) costituisce la dimostrazione che l’attività esercitata dal notaio P. fuori dal suo studio di (omissis) nei giorni e nelle ore fissati per l’assistenza obbligatoria non costituisce eccezione, ma una pratica “costante e sistematica”, non giustificata sulla base di effettive e specifiche esigenze della clientela, tanto più che gran parte degli atti stipulati fuori sede erano privi di qualsiasi collegamento oggettivo o soggettivo con la sede di (omissis).

Si tratta di una motivazione adeguata nella ricostruzione in fatto e corretta nella interpretazione e nella applicazione delle norme di legge e di quelle deontologiche richiamate dall’art. 147, comma 1, lett. b), della legge notarile.

Il ricorrente, in effetti, deduce che la prestazione fuori sede sarebbe stata occasionale e che comunque, per i casi accertati di stipula fuori sede, sarebbero state fornite in concreto idonee giustificazioni; ma, anche là dove prospetta la violazione o la falsa applicazione di norme di legge, finisce in realtà con il richiedere a questa Corte, inammissibilmente, una revisione del giudizio di fatto ed una nuova lettura delle risultanze probatorie, analiticamente esaminate e ponderatamente valutate dalla Corte d’appello.

5. – Con l’ottavo mezzo (violazione e falsa applicazione degli artt. 153, 254, 155 e 160 della legge notarile, e L. 7 agosto 1990, n. 241, artt. 2, 7, 8 e 10) il ricorrente sostiene che la violazione delle disposizioni di cui alla L. n. 241 del 1990, applicabile anche al procedimento attivato dal Consiglio notarile e conclusosi con la richiesta del provvedimento finale di promozione dell’azione disciplinare innanzi alla Commissione amministrazione regionale di disciplina, inficerebbe tutto il procedimento sino all’adozione dell’atto conclusivo. Nella specie, il Consiglio notarile di Bari avrebbe stabilito di sospendere il procedimento in questione per novanta giorni, in violazione della L. n. 241 del 1990, art. 2, comma 7; e il mancato esercizio del diritto di accesso, sempre nella fase istruttoria di competenza del Consiglio, prodromica rispetto all’apertura del procedimento disciplinare, avrebbe di fatto impedito al P. di partecipare al procedimento e di rappresentare le circostanze che impedivano di poter configurare responsabilità di sorta a carico dell’interessato. Sostiene il ricorrente che, non essendo il provvedimento conclusivo del procedimento disciplinare di natura vincolata, la norma della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, comma 2, non sarebbe applicabile.

5.1. – Il motivo è infondato.

Per un verso, in tema di fase preliminare al promovimento dell’azione disciplinare a carico di un notaio, l’indicazione di un periodo di sospensione del procedimento amministrativo superiore a quello massimo di trenta giorni previsto dalla L. n. 241 del 1990, art. 2, comma 7, (richiamata dall’art. 160 della legge notarile, nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 249 del 2006, art. 49) ai fini dell’acquisizione di informazioni o di certificazioni, non determina l’illegittimità della richiesta di procedimento disciplinare assunta dal presidente del consiglio notarile del distretto nel cui ruolo è iscritto il notaio in esito alla detta fase preliminare, e ciò trattandosi di termine acceleratorio in ordine al quale la legge non contiene alcuna prescrizione circa la sua perentorietà, nè circa la decadenza dell’iniziativa del procedimento disciplinare che si svolge dinanzi alla Commissione amministrativa regionale di disciplina.

Per l’altro verso, la Corte d’appello ha correttamente evidenziato che l’omessa risposta del consiglio notarile, sempre nella fase precedente alla richiesta di apertura del procedimento disciplinare, alla prima richiesta del notaio P. di accesso agli atti non ha in alcun modo pregiudicato il diritto di difesa del medesimo nè sacrificato l’interesse sostanziale sottostante, sia perchè il consiglio notarile ha comunque trasmesso la documentazione a fronte della reiterazione della richiesta da parte dell’interessato, sia perchè gli unici documenti acquisiti dal consiglio notarile contenevano i prospetti già inoltrati dal notaio su invito del consiglio.

Nè, d’altra parte, il ricorrente ha ragione di dolersi della violazione della L. n. 241 del 1990, art. 7, avendo questa Corte già chiarito che nella fase preliminare al promovimento dell’azione disciplinare nei confronti di un notaio a quest’ultimo non deve essere data preventiva comunicazione dell’avvio del procedimento: sia perchè il citato art. 7 esclude la propria applicabilità nei casi di particolari esigenze di celerità del procedimento, le quali sono legislativamente presupposte dall’art. 153 della legge notarile, che impone di promuovere il procedimento senza indugio, se risultano sussistenti gli elementi costitutivi di un fatto disciplinarmente rilevante (Sez. Un., 31 luglio 2012, n. 13617); sia perchè la materia è, in parte qua, integralmente regolata dalla medesima legge notarile, il cui art. 155 dispone che al notaio sia data comunicazione del procedimento solo dopo che l’azione disciplinare è stata promossa mediante la relativa richiesta (Sez. VI-3, 26 giugno 2012, n. 10595).

6. – Il nono motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 155 della legge notarile nonchè vizio di motivazione) prospetta la nullità del procedimento disciplinare in ragione del fatto che l’avviso del presidente della Commissione amministrativa regionale di disciplina in data 27 maggio 2010, con cui è stata data comunicazione dell’inizio del procedimento al notaio incolpato, recava in allegato esclusivamente la fotocopia della richiesta di apertura del procedimento disciplinare, ma non già degli atti su cui tale richiesta si fondava.

6.1. – La censura è priva di fondamento, giacchè – come accertato dalla Corte d’appello – gli atti su cui era fondata la richiesta di procedimento, ancorchè non allegati alla stessa, sono stati comunque messi a disposizione dell’interessato prima dell’esperimento delle sue difese, cosi da non aver sofferto alcun pregiudizio il contraddittorio, concretizzatosi nella produzione di memorie da parte del notaio incolpato e in un’ampia, articolata e diffusa difesa orale in più udienze.

7. – Per effetto dell’accoglimento dei primi tre motivi del ricorso la sentenza impugnata è cassata in relazione alla censura accolta.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito.

Il notaio P. deve essere assolto dall’incolpazione di violazione dell’art. 147, comma 1, lett. c), della legge notarile.

Resta ferma la condanna la sanzione alla sanzione pecuniaria di Euro 200 per l’altra violazione a lui contestata.

8. – Sussistono giustificati motivi, stante la novità delle questioni esaminate, per l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, dichiara, assorbiti il quarto, il quinto ed il sesto motivo e rigetta, il settimo, l’ottavo ed il nono; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e, decidendo nel merito, in parziale accoglimento del reclamo avverso la decisione della Commissione amministrativa regionale di disciplina della Puglia, assolve il notaio P. S. dall’incolpazione di violazione dell’art. 147, comma 1, lett. c), della legge notarile, ferma, la condanna alla pena pecuniaria di Euro 200 per l’altra violazione disciplinare a lui addebitata.

Redazione