Non sussiste concorso apparente fra il reato di dichiarazione fraudolenta mediante artifici e l’occultamento di documenti contabili (Cass. pen. n. 12455/2012)

Redazione 03/04/12
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Svolgimento del processo

 

1. Con sentenza del 12 gennaio 2010, la Corte di Appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Bergamo, dichiarato estinto il reato di cui all’art. 110 c.p., e D.Lgs. 74 del 2000, art. 5, ha ritenuto S.L. responsabile della violazione degli artt. 110 e 81 cpv. c.p., e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10, nonchè degli artt. 110 e 81 c.p., e D.Lgs. 74 del 2000, art. 3, condannandolo, previa rideterminazione della pena, ad anni due e mesi quattro di reclusione. L’imputato, in concorso con il L., rispettivamente in qualità di amministratore di fatto e di amministratore di diritto della Brigola s.r.l., al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto e di consentire l’evasione a clienti e fornitori, aveva distrutto o quanto meno occultato, in modo da impedire la ricostruzione dei redditi e del volume d’affari, parte delle scritture contabili e dei documenti da conservare obbligatoriamente relativi agli anni 1999, 2000, 2001, 2002, quali registri IVA, fatture emesse e ricevute, libro giornale e, al fine di evasione fiscale, nella dichiarazione annuale relativa alle imposte sul redditi prodotti nell’anno 1999, aveva indicato elementi passivi fittizi per un importo di lire 10.976.420.000 con sottrazione di imposta per lire 3.978.844.000 e nella dichiarazione annuale relativa all’imposta sul valore aggiunto per ***** 1999 indicavano elementi passivi fittizi per un importo di 10.998.692.000 con sottrazione di IVA per lire 2.044.541.046, avvalendosi di mezzo fraudolenti idonei ad ostacolarne l’accertamento, quali l’occultamento e la distruzione di tutte le scritture contabili e dei documenti da conservare obbligatoriamente relative agli anni 1999, 2000, 2001, 2002.

Con la recidiva reiterata pluriaggravata per il S..

2. Avverso la sentenza, S.L. ha proposto, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione per i seguenti motivi: 1) Violazione di legge e difetto di motivazione relativamente all’applicazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10. La contestazione alternativa di attività di occultamento o di distruzione delle scritture contabili non consentirebbe di individuare l’effettiva condotta contestata. Le due fattispecie incriminatrlci avrebbero natura di reati, rispettivamente permanente e ad effetti permanenti, con conseguenze diverse in ordine alla individuazione del momento di consumazione ai fini della decorrenza del termine di prescrizione del reato. Se si trattasse di distruzione di documenti la norma non sarebbe applicabile, atteso che il D.Lgs. n. 74 del 2000, non era ancora entrato in vigore al momento della contestazione del delitto.

2) Violazione di legge e difetto di motivazione. La sentenza impugnata deve essere censurata, poichè sussisterebbe un concorso apparente di norme tra la fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante artifici e raggiri, prevista dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 3, e la fattispecie di occultamento e distruzione di documenti contabili, contemplata invece nell’art. 10 del suddetto decreto, in particolare, nelle ipotesi in cui gli artifici cui abbia fatto ricorso il soggetto agente si concretino nella condotta di occultamento, o di distruzione dei documenti e delle scritture da conservare obbligatoriamente. Secondo tale interpretazione, il delitto di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10, dovrebbe ritenersi assorbito nella fattispecie di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 3.

A parere del ricorrente, il riconoscimento della sussistenza del concorso apparente di norme consentirebbe di ritenere estinto il reato per Intervenuta prescrizione.

 

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato. Quanto al primo motivo, lo stesso risulta addirittura inammissibile per genericità. Infatti l’atto di ricorso deve contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica (Sez. 3, n. 16851 del 2 marzo 2010, *****, Rv. 246980), di contro gli argomenti esposti non consentono di individuare le ragioni in fatto o in diritto per i quali la sentenza impugnata sarebbe censurabile, così impedendo l’esercizio del controllo di legittimità sulla stessa.

2. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso con il quale il ricorrente erroneamente assume che la condotta di occultamento o distruzione di documenti contabili possa rientrare tra i mezzi fraudolenti di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 3, con la conseguenza di ritenere che il delitto di occultamento di cui all’art. 10 d.lgs. 74 del 2000 risulti assorbimento della dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 3.

Come è noto, il concorso apparente di norme sussiste quando una stesso fatto appare disciplinato da più norme, ma in realtà solo una di esse è destinata a trovare applicazione, sicchè solo una delle ipotesi di reato previste può ritenersi configurabile, con esclusione dell’applicazione delle norme che disciplinano il concorso di reati. Per risolvere il conflitto tra le due o più norme astrattamente applicabili, l’art. 15 c.p., prevede il principio di specialità, stabilendo che “Quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione speciale deroga alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito”. Si tratta di un criterio di natura logico-strutturale, che consente di escludere l’applicazione della fattispecie avente portata generale, quando la fattispecie speciale punisce una condotta perfettamente coincidente con quella prevista dalla norma a carattere generale, con l’aggiunta di un elemento specializzante (ad esempio come avviene con le fattispecie di sequestro di persona e di sequestro di persona a scopo di estorsione). Detto in altri termini, il rapporto di genere a specie tra le due norme è tale che, in mancanza della norma speciale, il fatto sarebbe comunque ricompreso nella fattispecie di portata generale.

Inoltre, il concorso apparente di norme presuppone che, le diverse leggi apparentemente applicabili allo stesso regolino la “stessa materia”. Per quanto riguarda la definizione di tale concetto, la giurisprudenza di questa Corte esclude il riferimento al fatto concreto per attribuire rilevanza, invece, alla stessa fattispecie astratta, ai fatto tipico corrispondente alla previsione legale (Sez. U, n. 16568, del 19 aprile 2007, Carenivi, Rv. 235962).

Vi sono dei casi in cui il rapporto tra le norme non è configurato in termini di specialità bensì di interferenza, e ciò si verifica nel caso in cui uno stesso fatto sembrerebbe riconducibile a due fattispecie incriminatrici, tra le quali, però, in astratto, non sussiste alcun rapporto di specialità (si pensi, ad esempio, alla truffa commessa millantando credito). In tali casi, si è ritenuto di ravvisare un concorso apparente di norme, in quanto, la consumazione di un delitto presuppone, secondo l’id quod plerumque accidit, la realizzazione di una condotta riconducibile ad altra fattispecie incriminatrice, con la conseguenza che, per evitare duplicazioni di pena, la fattispecie più grave dovrebbe assorbire quella di minore gravità, facendosi in tal modo applicazione dei alteri, non logici, ma di valore, della consunzione o dell’assorbimento.

3. Secondo il costante indirizzo di questa Corte, tuttavia, il solo criterio idoneo a risolvere il conflitto apparente di norme è dato dal criterio logico strutturale di specialità individuato dall’art. 15 c.p., poichè il ricorso a criteri di valore quali quelli di consunzione ed assorbimento rischia di attribuire al giudice un’eccessiva discrezionalità in contrasto con il principio di legalità, e più in particolare, del principio di tassatività della fattispecie penale (da ultimo, Sez. U, n. 1963 del 28 ottobre 2010 Di *******, Rv. 248721).

4. Orbene, nella vicenda in esame, non può essere ravvisato un concorso apparente di norme tra le fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e la fattispecie di occultamento o distruzione di documenti contabili. Perchè sia integrato il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, previsto dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 3, è necessario che il contribuente indichi nelle dichiarazioni annuali un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi per un valore corrispondente alle soglie di punibilità Individuate dal legislatore, sulla base di una falsa rappresentazione delle scritture contabili e che per fare ciò il soggetto si sia anche avvalso di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento della falsa rappresentazione (cfr. Sez. 3, n. 8962 dell’1/12/2010, dep. 8/3/2011, *****, Rv. 249689); sotto il profilo soggettivo, è richiesto il dolo specifico del fine di evadere le imposte sui redditi o sull’IVA. Invece il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10, è configurabile ove il soggetto occulti o distrugga in tutto o in parte i documenti contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, e ricorra l’impossibilità di ricostruire, sia pure parzialmente, il volume di affari o dei redditi. Sotto il profilo soggettivo, è ugualmente richiesto il dolo specifico del fine di evadere le imposte sui redditi o sull’IVA, ma è anche possibile alternativamente la finalità di consentire l’evasione a terzi.

5. Non sussiste, dunque, alcuna relazione di genere a specie tra le fattispecie poste a confronto, non potendosi ritenere che la condotta di occultamento o distruzione integri il mezzo fraudolento cui fa riferimento il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 3, nel descrivere le modalità della condotta della dichiarazione fraudolenta. Ricorre piuttosto un fenomeno di interferenza tra le due fattispecie determinato dalla peculiarità del fatto concreto, senza che però sussista alcun rapporto di specialità tra le fattispecie incriminatrici astrattamente considerate. Nel delitto di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 3, il ricorso all’artificio è strumentale alla falsa dichiarazione, essendo finalizzato ad impedire l’accertamento della stessa. La fattispecie ripropone uno schema analogo a quello del delitto di truffa, in quanto il ricorso al mezzo fraudolento è volto alla induzione in errore di un soggetto passivo, ovvero lo Stato, in ordine al volume dei redditi prodotti.

L’occultamento e la distruzione dei documenti contabili, potendosi realizzare con qualsiasi modalità, non integra necessariamente un artificio, ben potendo il soggetto agente limitarsi a distruggere o occultare i documenti contabili, senza che detta condotta possa dirsi strumentale alla falsa dichiarazione, che in caso potrebbe anche mancare. Sotto un diverso angolo prospettico, il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici è incentrato sul momento dichiarativo, quale momento in cui si realizza il presupposto dell’evasione. Viceversa, il delitto di occultamento o distruzione delle scritture contabili tende a reprimere tutte quelle condotte antecedenti al momento dichiarativo e potenzialmente preclusive dell’accertamento dei redditi prodotti. Va infatti osservato che il reato di cui al D.Lgs. n. 74, art. 10, ha carattere permanente “in quanto la condotta penale dura sino al momento dell’accertamento fiscale, “dies a quo” da cui decorre il termine di prescrizione” (cfr. Sez. 3, n. 3055 del 14/11/2007, dep. 21/1/2008, *******, Rv. 238612), mentre il delitto di cui all’art. 3 del citato dlgs è un reato istantaneo che si perfeziona nel momento in cui la dichiarazione fraudolenta viene effettuata. Infine, dal punto di vista soggettivo, anche il dolo specifico è strutturato in ragione delle peculiarità di ciascuna fattispecie incriminatrice: nella dichiarazione fraudolenta deve sussistere il fine dell’evasione delle imposte sul reddito e sul valore aggiunto; nella fattispecie di occultamento; oltre ai fine dell’evasione, vi è anche quello di consentire l’evasione a terzi.

Pertanto questo Collegio ritiene che debba essere affermato il principio di diritto che il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici ben può concorrere con il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, in quanto va escluso il concorso apparente di norme tra la fattispecie di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 3, e quella di cui all’art. 10 previsto nei medesimo decreto, non sussistendo tra le stesse quel rapporto di genere a specie che solo può legittimare l’applicazione dell’art. 15 c.p..

Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere rigettato ed al rigetto consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione