Non occorre indicare il nominativo del lavoratore sostituito nei contratti a termine stipulati per i periodi di ferie (Cass. n. 112/2013)

Redazione 04/01/13
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza n. 15599/2004 il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma rigettava la domanda proposta da M.A.R. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, diretta ad ottenere la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato per “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre”, per il periodo 13-6-1998/30-9-1998, con le pronunce consequenziali.

La M. proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con l’accoglimento della domanda.

La s.p.a. Poste Italiane si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 10-4-2007, rigettava l’appello.

Avverso la detta sentenza la M. ha proposto ricorso con due motivi.

La società ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale con un unico motivo.

La M. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Infine il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.

Ciò posto, riuniti preliminarmente i ricorsi avverso la stessa sentenza ex art. 335 c.p.c., va rilevato che con il primo motivo la ricorrente principale si duole che la Corte di merito “ha totalmente omesso di motivare il proprio convincimento in ordine al primo motivo d’appello”, con il quale si era lamentata la scadenza del c.c.n.l. del 26-11-1994 alla data del 31-12-1997, con conseguente inapplicabilità postuma dell’art. 8 attesa la sua giuridica inesistenza dalla data del 1-1-1998 in poi”.

Il motivo non merita accoglimento.

A ben vedere la Corte territoriale sul punto ha implicitamente respinto la censura della appellante, rilevando in particolare che comunque “la conferma della comune intenzione delle parti di ritenere vigente tale ipotesi a prescindere da autorizzazioni ulteriori contenenti limitazioni di carattere temporale si ha con l’accordo 27- 4-1998 che, nel limitarsi ad estendere al mese di maggio la possibilità di utilizzare lo strumento del contratto a termine, presuppone l’implicito riconoscimento della operatività di tale ipotesi per gli altri mesi estivi a prescindere da ulteriori autorizzazioni”.

Al di là, quindi, dalla scadenza del contratto collettivo originariamente fissata a 31-12-1997, la Corte ha accertato il successivo riconoscimento delle parti collettive del perdurare della operatività dell’ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine per necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie anche per il periodo successivo alla detta scadenza (ed in specie nei mesi estivi del 1998).

Tale decisione è conforme a diritto ed è idonea a sostenere la impugnata decisione sul punto.

Come è stato affermato da questa Corte e va qui ribadito, “i contratti collettivi di diritto comune, costituendo manifestazione dell’autonomia negoziale degli stipulanti, operano esclusivamente entro l’ambito temporale concordato dalle parti, atteso che l’opposto principio di ultrattività sino ad un nuovo regolamento collettivo – secondo la disposizione dell’art. 2074 cod. civ – ponendosi come limite alla libera volontà delle organizzazioni sindacali, sarebbe in contrasto con la garanzia prevista dall’art. 39 Cost.” (v. Cass. S.U. 30-5-2005 n. 11325). Pertanto, come pure è stato affermato, “a seguito della naturale scadenza del contratto collettivo, in difetto di una regola di ultrattività del contratto medesimo, la relativa disciplina non è più applicabile, ed il rapporto di lavoro da questo in precedenza regolato resta disciplinato dalle norme di legge, salvo che le parti abbiano inteso, anche solo per faci a concludentia, proseguire l’applicazione delle norme precedenti” (v. Cass. 2-2-2009 n. 2590), con la conseguenza che comunque ben possono assumere rilevanza il comportamento successivo delle parti medesime e gli accordi successivamente intercorsi, come nella specie raccordo 27- 4-1998 (sul tema specifico in tal senso v. Cass. 10-12-2009 n. 25934, Cass. 24-2-2011 n. 4513, Cass. 24-2-2011 n. 4514, Cass. 1-3-2011 n. 4990 e da ultimo v. anche Cass. 25-5-2012 n. 8288).

Con il secondo motivo la ricorrente principale censura l’impugnata sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la ipotesi legittimante de qua “essendo legata ad un dato obbiettivo (la concomitanza con il periodo feriale), non richiede per sua natura alcuna verifica” di guisa che “l’unico presupposto per l’operatività della particolare autorizzazione conferita” dalle parti collettive “è costituito dalla stipulazione del contratto a termine nei limiti temporali giugno- settembre (salvo per il 1998 in cui è estesa anche a maggio) in cui di norma i dipendenti fruiscono di ferie”.

In particolare la ricorrente principale sostiene che, avendo essa dedotto fin dall’inizio di non essere stata destinata a sostituire personale effettivamente assente per ferie ma di essere stata destinata a far fronte ad una generale carenza di organico, la società avrebbe dovuto provare il rispetto della causale contrattuale ed il concreto nesso causale tra questa e la assunzione a termine de qua.

Il motivo è infondato.

Osserva il Collegio che questa Corte Suprema, decidendo in tema di contratti a termine stipulati ex art. 8 c.c.n.l. 26.11.1994, in relazione alla “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per fèrie nel periodo giugno-settembre”, oltre a ritenere non necessaria la indicazione del nominativo del lavoratore sostituito (v. fra le altre, Cass. 2 marzo 2007 n. 4933), in base al principio della “delega in bianco” conferita dalla L. n. 56 del 1987, art. 23, ha anche più volte (cfr. ad esempio Cass. 6 dicembre 2005 n. 26678, Cass. 7-3-2008 n. 6204) confermato le sentenze di merito che avevano ritenuto l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie e interpretato l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo nel senso che l’unico presupposto per la sua operatività fosse costituita dall’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie.

Peraltro è stato anche affermato (v. fra le altre Cass. 28-3-2008 n. 8122) che “l’unica interpretazione corretta della norma collettiva in esame (art. 8 c.c.n.l. 26-11-1994) è quella secondo cui, stante l’autonomia di tale ipotesi rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti in ferie, l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo non prevede come presupposto per la sua operatività l’onere, per il datore di lavoro di provare le esigenze di servizio in concreto connesse all’assenza per ferie di altri dipendenti nonchè la relazione causale fra dette esigenze e l’assunzione del lavoratore con specifico riferimento all’unità organizzativa alla quale lo stesso è stato destinato” (in tali sensi v., fra le altre, Cass. 30-11-2009 n. 25225 e Cass. 7-4-2011 n. 7945).

Il ricorso principale va pertanto respinto, restando assorbito il ricorso incidentale della società (riguardante la questione della risoluzione del rapporto per mutuo consenso tacito, logicamente subordinata alla conversione del rapporto stesso) e la M., in ragione della soccombenza, va condannata al pagamento delle spese in favore della società.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale, condanna la M. a pagare alla società le spese liquidate in Euro 50,00 per esborsi e Euro 3.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.

Redazione