Non è colpevole di corruzione o concussione il pubblico ufficiale che raccomanda una persona presso un ente ove non ha poteri (Cass. pen. n. 38762/2012)

Redazione 04/10/12
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Svolgimento del processo

1. Il Gup del Tribunale di Pescara, con sentenza del 23 febbraio 2011, dichiarava – tra l’altro – non luogo a procedere nei confronti di D.L. in ordine al delitto di concussione contestatogli (capo PP), perchè il fatto non sussiste.

La contestazione mossa al D. è di avere, abusando della sua qualità di sindaco di Pescare, indotto D’.Ma. e D. S.P. a promettergli e regalargli un computer portatile, per li suo interessamento presso il direttore generale della ASL di Chieti al trasferimento della D.S., medico alle dipendenze della ASL di Pescara, da tale città a Chieti (marzo-dicembre 2004).

Il Gup riteneva di non ravvisare nel fatto contestato gli estremi della concussione, in quanto, sulla base di quanto riferito dagli stessi soggetti passivi, l’imputato, pur essendosi attivato nel sollecitare il trasferimento desiderato dalla D.S., non aveva condizionato tale suo intervento alla promessa di una qualche utilità; il dono successivamente ricevuto in coincidenza del suo compleanno e delle festività natalizie era riconducibile ad una iniziativa spontanea della D.S., quale segno di apprezzamento e riconoscimento della disponibilità ricevuta.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pescara, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione sotto il profilo che il fatto, per così come ricostruito, andava qualificato come corruzione impropria susseguente ex art. 318 c.p., comma 2, in quanto la segnalazione fatta dall’imputato, nella sua qualità di sindaco di Pescara, a favore della D.S. integrava un comportamento assunto comunque in occasione dell’ufficio ricoperto e, quindi, equiparabile all’”atto di ufficio”. Per tale diverso titolo di reato il Gup avrebbe dovuto disporre il rinvio a giudizio dell’imputato.

3. La difesa del D. ha depositato memoria, con la quale contesta la configurabilità della corruzione impropria nella condotta tenuta dall’imputato e sollecita il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato.

Osserva la Corte che la sentenza impugnata, con motivazione adeguata, immune da vizi logici e condivisa, sotto questo aspetto, dallo stesso P.M. ricorrente, esclude la sussistenza, nel fatto oggetto di contestazione, degli estremi strutturali del delitto di concussione:

nessun abuso della qualità o dei poteri, nessuna costrizione o induzione di terzi alla promessa o alla dazione di una qualche utilità risultano, infatti, essere stati posti in essere dal D..

Il P.M. ricorrente, tuttavia, sostiene, sulla base di quanto argomentato nel ricorso, che la condotta contestata all’imputato integra il reato di corruzione impropria susseguente.

La tesi non può essere condivisa.

L’art. 318 c.p., comma 2, prende in considerazione, attribuendole rilevanza penale, la condotta del pubblico ufficiale che “riceve la retribuzione per un atto d’ufficio da fui già compiuto”.

Nel caso in esame, non è dato apprezzare l’atto d’ufficio, sia pure inteso nell’accezione più ampia del termine, vale a dire come comportamento che costituisce comunque concreta esplicazione dei poteri inerenti all’ufficio di sindaco ricoperto dal D..

Costui, sia pure avvalendosi della qualità rivestita, si limitò a segnalare al direttore generale della ASL di Chieti l’aspirazione, caldeggiandola, della dr.ssa D.S. di essere trasferita da Pescara, dove prestava servizio, a Chieti. Tale segnalazione o, se si vuole, “raccomandazione” integra un atto compiuto in occasione dell’ufficio ed è, quindi, estranea alla previsione normativa richiamata dal ricorrente.

Il delitto di corruzione, rientrando nella categoria dei reati propri funzionali, richiede che l’atto o il comportamento oggetto del mercimonio rientri nella competenza o nella sfera d’influenza dell’ufficio al quale appartiene l’ipotetico soggetto corrotto, nel senso che occorre che sia espressione, diretta o indiretta, della pubblica funzione esercitata dal medesimo, requisito non ravvisabile nell’intervento del pubblico ufficiale che non implichi l’esercizio di poteri istituzionali propri del suo ufficio e non sia in qualche maniera a questi ricollegabile, ma sia diretto ad incidere nella sfera di attribuzione di un pubblico ufficiale terzo, rispetto al quale il soggetto agente è assolutamente carente di potere funzionale (Sez. 6, 04/05/2006, ***********).

La raccomandazione, in sostanza, è condotta che esula dalla nozione di atto d’ufficio; trattasi di condotta commessa in occasione dell’ufficio e non concreta, pertanto, l’uso dei poteri funzionali connessi alla qualifica soggettiva dell’agente.

Conclusivamente, le indagini espletate non hanno evidenziato alcun elemento sintomatico dell’asserito rapporto corruttivo intercorso i protagonisti della vicenda.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Redazione