Niente imposta di registro agevolata per la prima casa se il comune ritarda la certificazione della residenza (Cass. n.17597/2012)

Redazione 12/10/12
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Svolgimento del processo

Il contribuente propose ricorso avverso l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate, a seguito della revoca dei benefici “prima casa” ottenuti, ai sensi della L. n. 162 del 1982 e successive modificazioni ed integrazioni, in occasione dell’acquisto, in data 22.1.2002, di un appartamento ubicato nel Comune di Fiesole;

la revoca era fondata sull’intervenuta decadenza del contribuente dall’agevolazione, in conseguenza del mancato trasferimento della residenza, nel comune dell’immobile acquistato, nel prescritto termine di diciotto mesi.

A fondamento del ricorso, il contribuente, evocò lungaggini burocratiche, connesse al cambio della residenza anche in funzione del suo status di cittadino extracomunitario, e fece, comunque, presente che, nell’immobile in questione, abitava e svolgeva la propria attività professionale di consulente teatrale.

L’adita commissione tributaria respinse il ricorso, con decisione confermata, in esito all’appello del contribuente, dalla commissione regionale.

In particolare, i giudici di appello affermarono la legittimità del provvedimento impugnato, il base al rilievo che, al momento dell’acquisto, il contribuente non svolgeva la propria attività professionale nel comune dell’immobile acquistato ed alla considerazione che il trasferimento di fatto nell’immobile nel termine di diciotto mesi, in assenza del trasferimento della residenza anagrafica, non integra condizione idonea ad impedire la decadenza dal beneficio e la sua revoca.

Avverso la decisione di appello, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione in due motivi.

L’Agenzia intimata ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso, il contribuente – deducendo “violazione o falsa applicazione dell’art. 1, Nota 11 Bis della Tariffa, Parte 1, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 e dell’art. 43 c.c.” – censura la decisione impugnata per non aver considerato che, ai fini del beneficio, è sufficiente anche lo stabilimento della mera residenza di fatto nell’immobile acquistato.

Con il secondo motivo di ricorso, il contribuente – deducendo “violazione o falsa applicazione dell’art. 1, Nota 2 Bis della Tariffa, Parte 1, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986″ – censura la decisione impugnata per non aver considerato che, … ai fini dell’art. 1, nota 2 Bis, ************* 1, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, l’agevolazione prima casa spetta anche a coloro che stabiliscono, entro diciotto mesi dall’acquisto, la sede della propria attività nel Comune in cui è ubicata l’abitazione”.

Il ricorso è infondato.

Ai sensi dell’art. 1, Nota 2 Bis della Tariffa, Parte 1, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, l’agevolazione fiscale prevista per l’acquisto della “prima casa” compete se l’immobile è ubicato nel comune in cui l’acquirente “ha” la propria residenza o ve la “stabilisca” entro diciotto mesi dalla data dell’acquisto ovvero se l’immobile è ubicato nel comune in cui l’acquirente “svolge” la propria attività. Il trasferimento dell’attività lavorativa dell’acquirente nel comune in cui è ubicato l’immobile acquistato in un momento successivo all’acquisto, non costituisce, dunque, requisito per il godimento dell’agevolazione, in forza dello stesso tenore del dato normativo (che è di stretta interpretazione: v. Cass. 6905/11, 5570/11).

Ciò posto, deve, peraltro, considerarsi che, nella giurisprudenza di questa Corte, è consolidato il principio secondo cui – in tema di imposta di registro e ai sensi del comma 2 bis della nota all’art. 1 della tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 – ai fini della fruizione dell’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima casa assume rilievo la residenza anagrafica dell’acquirente (già stabilita o da trasferire, nel termine prescritto, nel comune dell’immobile acquistato), mentre nessuna rilevanza giuridica può essere riconosciuta alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico (cfr Cass. 1530/12, 14399/10, 4628/08, 1173/08, 22528/07, 18077/02, 8377/01); ciò anche in rapporto alle ineludibili esigenze di celerità e certezza nell’applicazione dell’agevolazione.

Alla stregua delle considerazioni che precedono ed atteso che dall’accertamento in fatto operato dal giudice del merito emerge che, all’atto dell’acquisto, il contribuente non svolgeva la propria attività lavorativa nel Comune dell’immobile, s’impone il rigetto del ricorso.

Per la soccombenza, il contribuente va condannato al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

la Corte: rigetta il ricorso; condanna il contribuente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.500,00, oltre spese generali ed accessori di legge.

Redazione