Nessuna rimessione in termini per l’imputato che non è stato avvisato dal difensore della notifica (Cass. pen., n. 43447/2013)

Redazione 24/10/13
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RITENUTO IN FATTO

M.C.

1.1)-Premesso di essere stato condannato con la sentenza in data 13.06.211 della Corte di appello di Lecce, sez. di Taranto;
1.2)-Propone istanza di rimessione in termini per impugnare la predetta decisione esponendo:
-di non avere ricevuto avviso del procedimento di appello e di non avere potuto esercitare il diritto di difesa;
-di non essere stato avvertito dall’Avv. **************** del giudizio di appello e di riservarsi di farne comunicazione all’Ordine degli avvocati di Taranto;

CONSIDERATO IN DIRITTO

Va premesso che il ricorso, presentato dal condannato alla Corte di appello di Lecce, sez. di Taranto, è stato da questa correttamente trasmesso a questa Corte Suprema di Cassazione a sensi dell’art. 175/co. 4 CPP, essendo questo il Giudice competente sull’impugnazione;
Nel merito, il ricorso è totalmente infondato.
Il rigetto della richiesta di restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale presuppone necessariamente che l’interessato abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento. Cassazione penale, sez. I, 18/05/2011, n. 26321
Nella specie, il M. aveva eletto domicilio presso il Difensore, Avv. **************** di Taranto, e la notifica per il giudizio di appello è stata ritualmente effettuata presso il domicilio eletto.
Il ricorrente M. è stato posto a conoscenza del giudizio di appello dal suo difensore di fiducia, domiciliatario.
L’affermazione di non avere avuto conoscenza del giudizio di appello è perciò meramente enunciativa ed in contrasto con l’obiettività della avvenuta notifica al Difensore di fiducia, che aveva l’obbligo di notiziare il suo difeso e che, sino a prova
contraria, si deve ritenere che abbia assolto al suo onere.
L’affermazione di avere l’intenzione di dare comunicazione dell’accaduto all’Ordine degli Avvocati è generica e priva di forza probante in ordine alla mancata conoscenza del processo di appello da parte del ricorrente; né può incombere al Giudice l’onere della prova della violazione del Difensore di fiducia, domiciliatario, di dare avviso al suo difeso.
Ai fini della restituzione nel termine per proporre impugnazione si è, infatti, esclusa la non conoscenza del procedimento da parte dell’imputato nel caso in cui il medesimo abbia nominato il proprio difensore di fiducia nell’ambito del procedimento, che abbia già individuato il fatto oggetto di imputazione anche solo provvisoria e che, poi, si sia concluso con la sentenza di condanna passata in giudicato, e non vi sia stata un’esplicita comunicazione al giudice procedente dell’avvenuta interruzione di ogni rapporto tra il difensore e il suo assistito. In tale evenienza, infatti, non può ravvisarsi quella sorta di presunzione “iuris tantum” di non conoscenza della pendenza del procedimento da parte dell’imputato, che caratterizza la disciplina della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale dopo la legge n. 60 del 2005, e ciò, non perché operi una presunzione legale in senso contrario, ma perché si è in presenza di un “fatto concreto e specifico” (la pendenza del rapporto di difesa fiduciaria senza comunicazione di interruzione alcuna) per sé idoneo a provare la conoscenza dell’imputato, secondo regola di comune consolidata esperienza, anche alla luce dei principi desumibili dal codice deontologico forense (delibera C.n.f 12 giugno 2008), che obbligano, tra l’altro, il difensore di fiducia a informare il suo assistito, e del disposto dell’art. 157, comma 8 bis, c.p.p., che, nell’imporre al difensore fiduciario la segnalazione immediata dell’indisponibilità a ricevere le notificazioni destinate all’imputato non detenuto, concorre a ulteriormente dimostrare che la difesa fiduciaria si caratterizza per la costanza del “contatto informato” tra difensore e assistito. Cassazione penale, sez. VI, 02/ 12/2009, n. 66.
La richiesta di restituzione nel termine per l’impugnazione presentata ex art. 175/co. 2° CPP è del tutto infondata e va dichiarata inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità- al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di €. 1.000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorre e al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deliberato in camera di consiglio, il 3 luglio 2013

Redazione