Nessuna indennità da avviamento se il conduttore non prova il contatto con il pubblico (Cass. n. 4773/2013)

Redazione 26/02/13
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Svolgimento del processo

Ce.Al. con citazione del 27 settembre 1988 intimava a C.D. sfratto per finita locazione e lo conveniva per la convalida. A fondamento della domanda deduceva che con scrittura del primo settembre 1987 gli aveva locato per sei anni un immobile sito in (omissis) da destinare ad abitazione e ristorante per un canone annuo di L. 18.000.000, ma con scrittura del 16 giugno 1988 il conduttore aveva disdetto il contratto, impegnandosi a rilasciare l’immobile entro 75 giorni dal rifiuto della nulla osta per destinazione del piano interrato a pubblico esercizio, la cui domanda doveva esser inoltrata dal locatore, il quale si obbligava a corrispondere al conduttore L. 1.500.000 qualora le prescritte autorizzazioni non fossero state concesse. Qualora il nulla osta invece fosse stato rilasciato con la licenza, la disdetta sarebbe stata inefficace e il conduttore avrebbe dovuto pagare i canoni arretrati e non pagati a decorrere dal novembre 1987. Il termine era scaduto, il nulla osta non era stato rilasciato e tuttavia il conduttore non se ne era andato, malgrado la necessità del locatore di andare ad abitare nell’immobile.

Il convenuto contestava la domanda deducendo che malgrado le assicurazioni del locatore sulla regolarità urbanistica dell’immobile l’autorizzazione era stata negata in quanto l’edificio non era a norma e per questo aveva sospeso il pagamento dei canoni;

inoltre il locatore non aveva avanzato l’istanza corredata di documentazione e versamenti a tal fine necessaria e che con scrittura del febbraio 1988 si era obbligato ad inoltrare al Comune, sì che non avendo rispettato l’impegno, la sua dichiarazione successiva del giugno 1988 non era operante e la locazione aveva la durata ordinaria. Concludeva per il rigetto della domanda dell’attore e per la sua condanna al risarcimento dei danni, da liquidarsi in corso di causa.

Con sentenza del 17 gennaio 2003 il Tribunale ha respinto la domanda attrice per inammissibilità ed intervenuta cessazione della materia del contendere e la riconvenzionale del convenuto per inesistenza e difetto di prova dei danni.

Con sentenza del 15 novembre 2005 la Corte di appello di L’Aquila ha accolto l’appello del C. e ha dichiarato risolto il contratto di locazione per inadempimento del Ce., escludendo la cessazione della materia del contendere poichè nelle more del giudizio l’immobile era stato rilasciato per inadempimento del locatore all’obbligo di attivarsi per il rilascio del nulla osta all’esercizio del ristorante. La domanda del C. di risarcimento danni era accoglibile nella misura dei canoni inutilmente pagati nei mesi di settembre e ottobre 1987, pari a L. tre milioni, mentre gli altri danni non erano imputabili al Ce., si che era irrilevante la richiesta prova testimoniale.

Ricorre C.D..

L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1.- Il primo motivo con cui il ricorrente deduce: “Violazione dell’art. 276 c.p.c.” per non avere la Corte di appello pronunciato nel dispositivo la condanna del Ce. al pagamento della somma riconosciuta a titolo di danni nella motivazione della sentenza, è assorbito dall’accoglimento dei motivi successivi.

2.- Con il secondo motivo deduce: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2056 cod. civ. in relazione agli artt. 1223, 1226 e 2043 c.c., nonchè difetto di congrua motivazione con conseguente violazione dell’art. 132 c.p.c.” per non aver la Corte di merito considerato conseguenza dell’inadempimento del locatore i danni subiti per perdita dell’avviamento commerciale e della licenza di esercizio dell’attività di ristoratore; la perdita di guadagno per il mancato funzionamento del ristorante; le spese per la tinteggiatura dei locali e il trasloco mobili.

Il motivo è fondato.

Va infatti riaffermato che secondo i criteri – tendenzialmente coincidenti – della regolarità causale (art. 1223 c.c.) e della prevedibilità (art. 1225 c.c.), sono risarcibili le conseguenze pregiudizievoli dell’inadempimento che di questo rappresentino non solo effetti immediati e diretti, ma anche effetti mediati ed indiretti rientranti nella serie delle conseguenze normali ed ordinarie dell’inadempimento medesimo, in base ad un giudizio di probabile verificazione rapportato all’apprezzamento del debitore di media diligenza, secondo un criterio di normalità in presenza delle circostanze di fatto conosciute (Cass. 1956 e 11189 del 2007, 16763 del 2011).

3.- Con il terzo motivo deduce: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.” per non aver il giudice di appello ritenuto il nesso causale tra i lamentati danni e l’inadempimento del Ce., ignorando i documenti prodotti. Inoltre neppure l’avviamento commerciale perso è stato considerato, nè che a causa dell’inerzia del locatore in data 20 marzo 1989 venne revocata la licenza per mancato esercizio del ristorante – pizzeria ” (omissis)”, senza considerare che soltanto tre anni prima per l’acquisto di tale attività aveva speso 20 milioni, di cui lire cinque milioni per l’avviamento commerciale, come da scrittura privata del 1986, registrata, e poichè la revoca della licenza fa venir meno l’avviamento e l’ammontare del risarcimento è determinato, il danno va riconosciuto.

Peraltro la revoca della licenza costituisce un danno in sè, il cui ammontare deve esser liquidato a norma dell’art. 1226 c.c., e la misura comunque può esser ragguagliata alla somma sborsata per l’avviamento commerciale. Risarcibile è anche il danno da mancato guadagno per il mancato funzionamento dell’esercizio commerciale protrattosi per due anni, il cui ammontare va liquidato in via equitativa, ed è stato indicato in L. 250 mila al mese, e cioè lire sei milioni per due anni.

Altre voci di danno sono le spese per trasloco e tinteggiatura dei locali richiesti in lire un lire un milione e poichè la controversia è del novembre 1992 la relativa richiesta poteva esser formulata fino all’udienza di precisazione delle conclusioni, mentre per il trasloco aveva chiesto L. 500 mila.

I motivi sono fondati nei limiti di seguito esposti. Ed infatti a norma della L. n. 392 del 1978, art. 34, il conduttore ha diritto di essere compensato dal locatore per la perdita dell’avviamento, subita in dipendenza della cessazione del rapporto locatizio, purchè abbia provato l’esercizio effettivo della propria impresa nell’immobile locatogli, non essendo riconoscibile un’utilità economica derivante da un ipotetico contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori, dipendente dall’eventuale rilascio di autorizzazioni amministrative, il cui ottenimento peraltro costituisce condizione per la tutela dell’avviamento commerciale (Cass. 635 e 7501 del 2007).

Pertanto, escluso il diritto all’avviamento commerciale, tuttavia, alla luce del principio richiamato nel motivo che precede, sono da riesaminare le voci di danno richieste, tra cui quella dipendente dal mancato utile derivato dall’interruzione dell’attività dell’impresa denominata “(omissis)”, rapportata alla medesima attività di ristorazione precedentemente esercitata altrove, considerando altresì che al riguardo emerge dalla narrativa contenuta nella sentenza impugnata, che le parti avevano già concordato la corresponsione da parte del locatore della somma di lire 1.500.000 qualora le autorizzazioni all’esercizio commerciale non fossero state ottenute.

3.- Concludendo il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame di merito alla luce dei principi suesposti, nonchè per provvedere sulle spese anche del giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di L’Aquila, altra composizione.

Redazione