Navigazione marittima – Procedure concorsuali – Giudice competente (Cons. Stato n. 5248/2012)

Redazione 09/10/12
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Fatto

La dottoressa F. riferisce di aver partecipato al concorso per la copertura di un posto da dirigente con formazione giuridico-economica indetto dall’Autorità portuale di Cagliari e di aver sostenuto le relative prove, collocandosi al primo posto della graduatoria finale (graduatoria composta dal solo nominativo dell’appellante e della dottoressa O., odierna appellata).
Gli atti della procedura concorsuale venivano impugnati dinanzi al T.A.R. per la Sardegna dalla dottoressa O. (ricorso n. 662/2009), la quale contestavain primisla scelta di ammettere al concorso l’odierna appellante, ritenuta priva dei relativi titoli.
Con la sentenza oggetto del presente appello, il Tribunale adito così provvedeva:
– accoglieva il ricorso proposto dalla dottoressa Orrù avverso gli atti con cui l’odierna appellante era stata dapprima ammessa al concorso e successivamente valutata in modo favorevole;
– dichiarava inammissibile per difetto di interesse il medesimo ricorso per la parte in cui era finalizzato ad ottenere l’esclusione dalla procedura della dottoressa C.;
– dichiarava inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo la domanda di giustizia volta a statuire sulla validità e sull’efficacia del contratto di lavoro medio tempore stipulato con l’odierna appellante.
La sentenza in questione è stata gravata in sede di appello dalla dottoressa F., la quale ne ha chiesto la riforma articolando plurimi motivi:
In primo luogo, la dottoressa F. ha ribadito che la controversia in questione esuli dalla giurisdizione del Giudice amministrativo, venendo in rilievo un procedimento concorsuale indetto da un ente pubblico economico (in quanto tale, sottratto dall’ambito di applicazione del d.lgs, 165 del 2001).
In secondo luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di rilevare la tardività del ricorso straordinario inizialmente proposto dalla dottoressa O. (e in seguito trasposto in sede giurisdizionale), per essere stato proposto dopo il decorso del termine di centoventi giorni decorrenti dal momento in cui la dottoressa O. aveva acquisito piena conoscenza degli atti per lei lesivi.
Inoltre, il ricorso straordinario avrebbe dovuto essere dichiarato tardivo per essere stato tardivamente depositato
In terzo luogo, l’appellante lamenta che il Tribunale abbia omesso di rilevare la mancanza in atti della prova della notifica del ricorso straordinario e dell’atto di trasposizione dello stesso dinanzi al T.A.R.
In quarto luogo, l’appellante lamenta che erroneamente il T.A.R. abbia ritenuto la carenza in capo a lei del requisito di partecipazione richiesto dall’articolo 2, lettera f) del bando. In tal modo, i primi Giudici avrebbero omesso di tenere in considerazione la previsione di cui al comma 2 dell’articolo 28 del d.lgs 165 del 2001, il quale ammette l’accesso ai concorsi per la dirigenza nelle amministrazioni pubbliche (inter alia) a coloro i quali abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio svolti in posizioni funzionali per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del dottorato di ricerca o del diploma di laurea.
Al contrario, il T.A.R. avrebbe omesso di considerare che l’appellante avrebbe certamente potuto allegare ai fini concorsuali il periodo ultraquinquennale di servizio prestato dapprima quale coordinatore preposti alla sezione affari generali del T.A.R. della Sardegna, successivamente in qualità di segretario generale dello stesso Tribunale e in seguito quale direttore della prima sezione del medesimo Tribunale.
Si costituiva in giudizio la dottoressa Orrù, la quale concludeva nel senso della reiezione del gravame e proponeva, altresì, appello incidentale avverso la sentenza in epigrafe.
Si costituiva, altresì, l’Autorità Portuale di Cagliari, la quale concludeva nel senso dell’accoglimento dell’appello.
All’udienza pubblica del 24 gennaio 2012 il ricorso veniva trattenuto in decisione.
Alla Camera di consiglio del giorno 11 settembre 2012 il Collegio, appositamente convocato, ha nuovamente deliberato sulla questione

Diritto

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dalla dott.ssa F. (la quale era risultata prima classificata nel concorso per un posto da dirigente indetto dall’Autorità portuale di Cagliari) avverso la sentenza del T.A.R. della Sardegna con cui è stato accolto il ricorso proposto dalla seconda classificata nell’ambito del medesimo ricorso e, per l’effetto, sono stati annullati gli atti con cui l’appellante era stata ammessa al concorso in questione.
2. In primo luogo deve essere esaminato il motivo di appello con cui la dottoressa F. ha affermato la carenza di giurisdizione del Giudice amministrativo in considerazione della natura di enti pubblici economici delle Autorità portuali.
2.1. Il motivo non può trovare accoglimento, dovendosi – al contrario – affermare la natura di enti pubblicinoneconomici delle autorità portuali, con la conseguenza che le procedure concorsuali da esse indette rientrino nell’ambito della giurisdizione del Giudice amministrativo ai sensi del comma 4 dell’articolo 63 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165.
Al riguardo, militano nel senso di escludere la natura di enti pubblici economici un elemento di carattere formale e uno di carattere sostanziale.
Quanto al profilo formale, mette conto richiamare la previsione di cui al comma 993 dell’articolo 1 della l. 27 dicembre 2006, n. 296, la quale affermaexpressis verbisla natura giuridica di enti pubblici non economici delle Autorità portuali.
Ora, è noto che, dal momento che l’individuazione di un soggetto quale Ente pubblico economico postula un’operazione qualificatoria talvolta estremamente complessa e nel cui ambito occorre operare una sintesi fra elementi spesso eterogenei e di carattere non univoco, la qualificazione formale contenuta in atti aventi forza di legge assume un valore determinante al fine di ammettere o di escludere l’effettiva natura del soggetto di cui si discute.
Quanto, poi, ai profili sostanziali della questione, si osserva che, pur nella varietà ed eterogeneità degli indici rivelatori che nel corso degli anni sono stati enucleati al fine di individuare la natura di ente pubblico economico, appare condivisibile – e meritevole di applicazione nel caso in esame – il decisivo criterio in base al quale tale natura può essere affermata solo laddove l’attività del soggetto di cui si discute venga svolta per fini di lucro e in regime di concorrenza con soggetti privati, e non anche in tutti i casi in cui il soggetto in questione operi sulla base di un (sostanzialmente indeterminato) criterio di imprenditorialità, ovvero sulla base di criteri di oggettiva economicità.
Ebbene, impostati in tal modo i termini concettuali della questione, si ritiene di escludere il carattere di enti pubblici economici in capo alle Autorità portuali sul decisivo rilievo per cui esse operano – sì – in base a criteri di oggettiva economicità, ma non perseguono istituzionalmente alcun fine di lucro, né operano – a ben vedere – su mercati contendibili.
Al contrario, ai sensi della l. 28 gennaio 1984, n. 94 tali autorità svolgono attività di affidamento e controllo delle attività finalizzate alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale.
Inoltre, i compiti istituzionalmente demandati alle autorità portuali ai sensi della richiamata norma primaria (es.: indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali) risultano più agevolmente ascrivibili a funzioni di regolazione e controllo sull’attività di erogazione di servizi contendibili sul mercato, che non ascrivibili essi stessi all’ambito delle attività volte alla produzione e allo scambio di beni e servizi.
Deve, conseguentemente, essere riconfermata la natura di enti pubblici non economici delle Autorità portuali e, conseguentemente, riaffermata la giurisdizione del Giudice amministrativo sulla vicenda di causa.
3. Deve, a questo punto, essere esaminato il motivo di appello con cui si lamenta che il T.A.R. non abbia valutato, ai fini del decidere, la tardività del ricorso straordinario, in quanto proposto dalla dottoressa Orrù oltre i termini di legge.
3.1. Il motivo non può trovare accoglimento.
Si osserva al riguardo che prevalenti ragioni sistematiche inducono a ritenere che non sia possibile dedurre, a seguito della trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario inizialmente proposto, profili di tardività relativi alla proposizione del rimedio giustiziale, trattandosi di aspetti che avrebbero – se del caso – dovuto essere dedotti in sede di controricorso nella medesima sede giustiziale.
Al riguardo, l’odierna appellante (controinteressata nell’ambito del ricorso straordinario proposto dalla dottoressa Orrù) avrebbe potuto e dovuto dedurre la tardività del ricorso straordinario nelle forme di cui al quarto comma dell’articolo 9 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, in tal modo omettendo di chiedere la trasposizione in sede giurisdizionale ai sensi dell’articolo 10 del medesimo decreto.
Si ritiene al riguardo che il tradizionale canone di distinzione (e di alternatività) fra la proposizione del ricorso straordinario e la proposizione del rimedio in sede giurisdizionale postula che, a seguito della trasposizione, i soli motivi sostanziali dedotti nella sede giustiziale possano (rectius: debbano) essere trasfusi nella sede giurisdizionale, mentre – invece – per quanto concerne le questioni preliminari della fase giustiziale, esse risultino assorbite dalla richiesta di trasposizione e la loro riproponibilità nella sede giurisdizionale resti preclusa dal richiamato canone di distinzione strutturale fra i due rimedi.
Si osserva, inoltre, che ai sensi del terzo comma dell’articolo 10 del d.P.R. 1199 del 1971 la possibilità di dedurre dinanzi al Giudice amministrativo vizi di forma o del procedimento propri della fase giustiziale è ammessa solo in caso di mancata trasposizione nella sede giurisdizionale, mentre invece – nel silenzio della legge – non può ritenersi che tali aspetti possano essere dedotti nella sede giurisdizionale anche nel caso in cui la trasposizione sia stata in concreto richiesta.
Da ultimo, mette conto richiamare la previsione di cui al secondo comma dell’articolo 10 del più volte citato decreto, a tenore del quale “il collegio giudicante, qualora riconosca che il ricorso è inammissibile in sede giurisdizionale, ma può essere deciso in sede straordinaria, dispone la rimessione degli atti al Ministero competente per l’istruzione dell’affare”.
La disposizione in questione palesa un evidente favor del Legislatore, volto a consentire l’adozione di decisioni relative al merito dellares controversae non fondate su questioni preliminari o di rito.
Ebbene, se ciò è vero nel caso in cui l’eventuale pronuncia in rito dovrebbe concernere lasedesnaturale del giudizio (i.e.: la sede giurisdizionale), evidenti ragioni di simmetria e di coerenza sistematica impongono che alle medesime conclusioni si debba pervenire laddove l’eventuale pronuncia in rito concerna a profili relativi alla fase giustiziale (come, nel caso di specie, la tardività nella proposizione del ricorso straordinario).
4. Neppure è fondato il motivo di appello con cui la dott.ssa F. lamenta un vizio nella notifica dell’atto di trasposizione del ricorso nella sede giurisdizionale (al riguardo, l’appellante osserva che non risultano depositate in atti le cartoline di ricevimento delle raccomandate contenenti l’avviso di deposito dell’atto spedite dall’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 140, c.p.c.).
Al riguardo si osserva:
– che l’atto di trasposizione del ricorso straordinario è stato notificato ai sensi dell’art. 140, c.p.c.;
– che, secondo le risultanze in atti, l’avviso di cui all’art. 140, cit. è stato ricevuto dall’odierna appellante in data 27 giugno 2009;
– che, comunque, al momento in cui il T.A.R. ha reso la pronuncia in epigrafe, già operavano gli effetti della pronuncia manipolativa n. 3 del 2010 resa dalla Corte costituzionale in relazione al disposto del medesimo articolo 140 (con la pronuncia in questione, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale articolo nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione). Ebbene, ci si limita ad osservare al riguardo che, al momento in cui la pronuncia è stata resa, erano certamente trascorsi i dieci giorni dalla spedizione dell’avviso di cui all’art. 140, c.p.c., ragione per cui la notifica dell’atto di trasposizione all’odierna appellante poteva senz’altro dirsi perfezionato.
5. Nel merito, il ricorso è infondato.
L’articolo 2, lettera f) del bando di concorso prevedeva, quale requisito di ammissione (fra gli altri), il fatto di “aver svolto servizio funzionale continuativo per almeno cinque anni presso Enti od Organismi internazionali, Università e centri di ricerca, in posizioni apicali per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea”.
Il Tribunale ha ritenuto che l’odierna appellante fosse priva di tale requisito (pur avendo prestato per alcuni anni servizio in qualità di segretario generale presso il T.A.R. della Sardegna), dal momento che la posizione in precedenza ricoperta dalla dott.ssa Ferrara non è ascrivibile ad alcuna delle ipotesi tassativamente ammesse dal bando di concorso.
Nella presente sede l’appellante afferma che la sentenza sia in parte qua erronea in quanto l’amministrazione avrebbe ben potuto (rectius: dovuto) ammetterla alla procedura facendo diretta applicazione della norma di legge comma 2 dell’articolo 28 del d.lgs, 165 del 2001, a tenore del quale possono essere ammessi al concorso per esami a qualifiche dirigenziali “i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio (…) svolti in posizioni funzionali per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del dottorato di ricerca o del diploma di laurea”.
Il motivo di appello non può trovare accoglimento in quanto, in presenza di una clausola di concorso di carattere restrittivo e – per così dire – ‘escludente’, sarebbe stato onere dell’interessata agire tempestivamente in giudizio al fine di lamentare la non conformità di tale clausola rispetto al pertinente paradigma normativo, non potendo essa limitarsi a domandare una sostanziale disapplicazione della clausola del bando a sé sfavorevole.
Al contrario, la dott.ssa F. non ha tempestivamente agito in giudizio per lamentare l’illegittimità della clausola del bando che le impediva di partecipare alla selezione.
Né può ammettersi una sorta di interpretazione adeguatrice della richiamata clausola del bando atteso che il richiamato art. 2, lettera f) era inequivoco nell’escludere dalla partecipazione i soggetti che non avessero svolto servizio funzionale continuativo per almeno cinque anni presso Enti od Organismi internazionali, Università e centri di ricerca, in posizioni apicali per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea.
Sotto tale aspetto, la sentenza in epigrafe è meritevole di puntuale conferma laddove afferma che l’odierna appellante fosse pacificamente priva del requisito in parola, non essendo in alcun modo ascrivibile alla richiamata previsione il servizio svolto in qualità di segretario generale presso il T.A.R. della Sardegna.
6. Il Collegio osserva che non sussistono le condizioni per pronunciare sull’appello incidentale proposto dalla dott.ssa O. avverso la sentenza in epigrafe.
Ed infatti, l’appellante incidentale ha impugnato:
a) solo “ove occorra”, il capo della sentenza relativo alla non dedotta tardività del ricorso straordinario al Capo dello Stato;
b) solo per la ritenuta fondatezza delle ragioni dell’appellante, il capo della sentenza relativo al possesso, da parte dell’appellante principale, dei requisiti di partecipazione al concorso.
Si tratta, tuttavia, di profili in relazione ai quali (per le ragioni dinanzi esposte sub 3 e sub 5) il ricorso principale risulta infondato, ragione per cui non si fa luogo ad esaminare il ricorso incidentale condizionato proposto dalla dott.ssa O..
7. Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in epigrafe deve essere respinto.
Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 24 gennaio 2012 e 11 settembre 2012

Redazione