Muro pericolante ed esecuzione dei lavori di consolidamento da parte del Comune (Cass. n. 9031/2013)

Redazione 12/04/13
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Fatto e diritto

ritenuto che:
– si è proceduto nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c.;
– la relazione depositata in cancelleria è del seguente tenore:
«Con sentenza del 11 ottobre 2000 il Tribunale di Enna condannò A.B., R.M.S.B. ed M.E., in solido, a pagare al Comune di Calascibetta la somma di L. 33.629.395, oltre agli interessi, a rimborso di un pari importo che l’ente aveva speso per il consolidamento di un muro pericolante, essendo rimasta ineseguita il provvedimento con cui era stata ordinata ai proprietari del manufatto l’esecuzione di tali lavori.
Adita dai soccombenti, la Corte d’appello di Caltanissetta, con sentenza del 25 giugno 2010 ha parzialmente riformato la decisione, rigettando la domanda del Comune nei confronti di B.A. e R.M.S..B., nonché riducendo al 55% della somma suddetta la condanna di E.M., e per lei dei suoi eredi S.B., L.B., Bu.Lu., Sa.Bu. e R.B..
Questi ultimi hanno proposto ricorso per cassazione, in base a un motivo. Le altre parti non hanno svolto attività difensive nel giudizio di legittimità.
Con il motivo addotto a sostegno dell’impugnazione i ricorrenti lamentano che la Corte d’appello ha erroneamente e ingiustificatamente ritenuto che la loro dante causa fosse comproprietaria del muro in questione e fosse tenuta quindi alla sua riparazione. Si sostiene che la motivazione della decisione è omessa, insufficiente e contraddittoria, in quanto il giudice di secondo grado: – ha trascurato di considerare che la condominialità del manufatto doveva essere esclusa, stante la sua funzione di sorreggere un sovrastante giardino di proprietà altrui; è incorso in una incoerenza logica, riconoscendo che non vi era prova della qualità di comproprietari degli altri destinatari dell’ordinanza di ripristino emessa dal Comune, non potendosi tale prova ricavare da una scrittura di impegno all’esecuzione dei lavori, firmata (anche) da *****
La doglianza appare priva del requisito della pertinenza alla ratio decidendi posta a base della sentenza impugnata, con la quale il primo motivo dell’appello di E.M. (con il quale si prospettava la tesi ora riproposta in sede di legittimità) è stato dichiarato inammissibile perché concretante una eccezione “nuova”, come tale preclusa nel giudizio di secondo grado. A questo proposito, nessuna concreta e specifica censura è stata formulata dai ricorrenti.
Nel contesto del ricorso S.B., B.L., Lu.Bu., Sa.Bu. e B.R. si dolgono anche della mancata rideterminazione, da parte della Corte d’appello, del quantum sia del credito vantato dal Comune sia dei relativi interessi.
La deduzione risulta affetta da genericità, non essendo state rivolte critiche di sorta a quanto è stato esposto nella sentenza impugnata circa la dimostrazione dell’importo dovuto, data dal Comune mediante la produzione della nota spese dei lavori, della deliberazione di approvazione della contabilità finale, della fattura dell’impresa esecutrice; né i ricorrenti hanno chiarito alcunché in ordine al loro accenno agli interessi.
Si ritiene quindi possibile definire il giudizio ai sensi dell’art. 375, n. 5, seconda ipotesi, c.p.c.».
– le parti non si sono avvalse delle facoltà di cui al secondo comma dell’art. 380 bis c.p.c.;
– il collegio concorda con le argomentazioni svolte nella relazione e le fa proprie;
– il ricorso viene pertanto rigettato;
– non vi è da provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, nel quale l’intimato non ha svolto attività difensive.

 

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

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