Minore clandestino ed allontanamento dall’Italia (Cass., n. 27330/2013)

Scarica PDF Stampa

Massima

La temporanea autorizzazione all’ingresso o alla permanenza nel territorio dello Stato italiano del familiare del minore, come prevista e disciplinata dall’art. 31 del d.lgs. 286/1998, deve essere rilasciata in virtù del preminente ed esclusivo interesse del medesimo, la cui condizione psico-fisica muta ed evolve. In tal senso, affinchè l’autorizzazione di cui innanzi non venga strumentalizzata per fini ad essa estranei, deve necessariamente essere sottoposta a periodiche rivalutazioni, a seguito delle quali potrà essere prorogata solo qualora permanga la sussistenza dei gravi motivi cui ne è subordinato il rilascio, con ciò intendendosi non solo situazioni di emergenza o circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla salute del minore, ma qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che il medesimo potrebbe subire a causa dell’allontanamento improvviso del familiare o del suo definitivo sradicamento dall’ambiente ove è cresciuto.

 

1. Questione

I cittadini albanesi, genitori di due minori, già regolarmente soggiornanti in Italia e quindi privi di titolo di regolare soggiorno dopo la condanna adottata ex art. 444 C.p.p. per il delitto di cui all’art. 73 d.P.R. 309/1990, chiesero la concessione di permesso ex art. 31 c. 3 del d.lgs. 286/1998 per le indifferibili e gravi esigenze dei minori di non essere allontanati dal territorio nazionale. Il Tribunale dei minori adito ebbe a respingere la richiesta e la Corte di Milano, innanzi alla quale gli interessati avevano presentato reclamo, ha respinto il gravame.

I due genitori hanno presentato ricorso in cassazione, che è stato rigettato, sulla base del principio: “la temporanea autorizzazione all’ingresso o alla permanenza nel territorio dello Stato italiano del familiare del minore di cui all’art. 31 del d.lgs. 286/1998, c.d. T.U. sull’immigrazione deve essere concessa non solo se ricorrono gravi motivi contingenti ed eccezionali strettamente inerenti la salute del minore stesso, ma anche quando sia possibile presumere un deterioramento grave della condizione psico-fisica del medesimo a seguito dell’allontanamento improvviso del genitore (o familiare), fermo restando il necessario contemperamento tra due valori primari, quali l’interesse del minore e la salvaguardia dell’ordine pubblico. A tal fine, pertanto, deve ritenersi sufficiente la sussistenza di qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che, in considerazione dell’età o delle condizioni di salute riconducibili al complessivo equilibrio psico-fisico del minore, potrebbe ad egli derivare a causa dell’allontanamento improvviso del familiare o del suo definitivo sradicamento dall’ambiente ove è cresciuto. Trattasi, dunque, di situazioni di indeterminabile durata, non stabili e non facilmente catalogabili, benché siano accomunate dal fatto che tutte rappresentano eventi traumatici, non prevedibili nella vita del bambino, che travalicano il normale comprensibile disagio legato al rimpatrio del medesimo o del suo familiare”.

 

2. Art. 31 del d.lgs. 286/1998: allontanamento dell’Italia e minore

La giurisprudenza assolutamente prevalente di legittimità ha ritenuto ai fini dell’autorizzazione temporanea all’ingresso od alla permanenza del familiare straniero del minore che si trovi nel territorio italiano, che le condizioni previste nell’art. 31 del d.lgs. 286/1998, consistenti nei gravi motivi connessi allo sviluppo – psico fisico del minore stesso, tenuto conto delle condizioni di salute e di età, sono configurabili solo quando sia accertata l’esistenza di una situazione d’emergenza, rappresentata come conseguenza della mancanza o dell’allontanamento improvviso del genitore, a carattere eccezionale o contingente, che ponga in grave pericolo lo sviluppo normale della personalità del minore; e che detti motivi non possono quindi essere ravvisati nelle ordinarie necessità di accompagnarne il processo d’integrazione ed il percorso educativo, formativo e scolastico, trattandosi di esigenze incompatibili con la natura temporanea ed eccezionale dell’autorizzazione, che viene concessa in deroga all’ordinario regime giuridico dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri.

Per converso le Cass. n. 22080/2009 e n. 823/2010, ignorando del tutto le pronunce suddette, hanno enunciato il diverso principio che la temporanea autorizzazione all’ingresso o alla permanenza in Italia del familiare del minore, di cui alla norma, non postula necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, potendo essere connessa anche soltanto alla tenerissima età del minore, tenuto conto della grave compromissione e del sicuro danno all’equilibrio psico – fisico che determina in tale situazione l’allontanamento o la mancanza di uno dei genitori nonchè la conseguente impossibilità di avere rapporti con lui e di poterlo anche soltanto vedere. Queste ultime decisioni riflettono le posizioni della dottrina prevalente favorevole ad una interpretazione estensiva dei “gravi motivi connessi con lo sviluppo psico – fisico del minore”, non limitati dai requisiti dell’eccezionalità e contingenza,ma corrispondenti ad un’idea promotiva dello sviluppo del fanciullo che ne prenda in considerazione il preminente interesse in relazione all’età e/o alle condizioni di salute anche psichiche nonchè al pregiudizio che gli può derivare comunque dall’allontanamento forzato dei familiari (Cass. n. 25026/05).

L’art. 31, comma 3, del d.lgs. 286/1998 prevede una duplice possibilità di autorizzazione temporanea, all’ingresso ed alla permanenza del familiare sul territorio nazionale in deroga alle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione, e nel concorso di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore, tenuto conto della sua età delle sue condizioni di salute: perciò svolgendo la funzione di norma di chiusura del sistema di tutela dei minori stranieri, fondato in via ordinaria sull’istituto del ricongiungimento familiare, ed apportando una eccezione alla disciplina sull’ingresso e sul soggiorno dello straniero dettata dalle norme precedenti quando ricorrano le condizioni per salvaguardarne il “preminente interesse” in situazioni nelle quali l’allontanamento suo o di un suo familiare potrebbe pregiudicarne gravemente l’integrità fisio – psichica. In tale logica, essa attua, completa ed esaurisce il bilanciamento necessario ed equilibrato tra il rispetto alla vita familiare del minore che i pubblici poteri sono tenuti a proteggere e promuovere e l’interesse pubblico generale alla sicurezza del territorio e del controllo delle frontiere che richiede soprattutto il rispetto delle norme sull’immigrazione da parte dei soggetti ad essa sottoposti; e che rappresenta, secondo la Corte Costituzionale e le fonti internazionali menzionate, un valore primario di pari rango ed egualmente degno di tutela; tanto che la Corte CEDU lo ha incluso fra gli interessi pure fondamentali indicati dall’art. 8, comma 2 della Convenzione europea, a fronte dei quali ha considerato recessivi anche quelli del 1 comma, e comunque oggetto di un necessario bilanciamento che ha dato origine al noto catalogo dei parametri contenuti nella decisione Boultif del 2 agosto 2001. Questa interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione dell’art. 31, non consente di condividere l’indirizzo c.d. restrittivo, laddove travalicando la lettera della legge, qualifica la norma “eccezionale” o la correla a requisiti di emergenza o la ritiene addirittura applicabile solo in situazioni di estremo pericolo per la salute (fisica) del minore: se non nel senso che, incidendo soprattutto sugli stranieri che soggiornano irregolarmente in Italia ed apportando una deroga (testualmente: “anche in deroga alle altre disposizioni”) alla precedente disciplina sull’immigrazione e sulle condizioni per conseguire il ricongiungimento familiare,rappresenti un istituto extra – ordinem “a favore dei minori” (come recita lo stesso titolo 4^ della legge in cui è compresa), nel significato tradizionale attribuitogli fin dal diritto romano. Al quale dunque – almeno nella seconda delle ipotesi considerate di permanenza del familiare sul territorio nazionale – può farsi ricorso, tutte le volte in cui è invocabile il presupposto sostanziale legittimante del grave motivo connesso allo sviluppo psicofisico del titolare del diritto: significativamente devoluto alla valutazione del Tribunale per i minorenni. Ma essa rende del pari inaccettabile la funzione attribuitale da una parte della giurisprudenza di merito e da alcuni studiosi, di superare e porre nel nulla la disciplina del ricongiungimento posta dalla normativa precedente tutte le volte in cui per effetto dell’espulsione del genitore irregolare si realizzi la rottura dell’unità familiare comprendente un minore, muovendo dal presupposto che quest’ultima comporti per lui sempre e comunque un danno psichico: con la conseguente applicazione automatica della deroga dell’art. 31, in tal modo trasformata in regola, onde impedire detto allontanamento per tutta la durata della minore età, o (secondo altre decisioni) per la durata dell’intero percorso scolastico. Una tale lettura risulta incompatibile proprio con l’intero sistema integrato delle fonti costituzionali, comunitarie ed internazionali introduttive dei criteri di bilanciamento di cui si è detto, da ultimo espresso dalla ricordata direttiva comunitaria del 2008, la quale non considera affatto “esclusivo” e sempre gerarchicamente prevalente l’interesse del minore, ma pur raccomandando agli Stati sia nel 22 considerando che nell’art. 5 di tenere in debita considerazione “l’interesse superiore del bambino” e “la vita familiare”, mantiene ferma la regola che “qualunque cittadino di un paese terzo…il cui soggiorno è irregolare” può essere espulso e rimpatriato allorchè ricorrono le condizioni poste dall’art. 6: facendo salve le sole deroghe di cui i paragrafi da 2 a 5 fra le quali non è compresa la presenza di figli minori. Ed appare egualmente inconciliabile con la normativa del T.U., rendendola illogica ed irrazionale, laddove da un lato (art. 19, comma 2, lett. a) non consente l’espulsione degli “stranieri minori degli anni 18”, ma non anche quella dei familiari, perciò considerata legittima anche in presenza di figli minori ai quali in tal caso è attribuito espressamente il diritto di seguire il genitore o l’affidatario espulsi; e dall’altro attraverso la disposizione dell’art. 31 la contraddice vietando non più l’espulsione della sola madre nei 6 mesi successivi al parto, bensì quella dei genitori per l’intera durata della minore età, o comunque per il periodo di formazione del minore o del completamento del suo ciclo scolastico: finalità questa più semplicemente conseguibile dal legislatore, ove effettivamente voluta – e peraltro senza alcuna contraddizione – con la mera aggiunta nell’art. 19 dell’espressione “e dei loro genitori” (o dei familiari entro un certo grado).

Pertanto, l’art. 31, comma 3 non si contrappone a quest’ultima disciplina, nè a quella posta dall’art. 28 e segg. sul ricongiungimento familiare, ma va coordinato con l’una e l’altra perchè rivolto ad operarne il bilanciamento con l’interesse del minore nel grado più elevato possibile ed oltre il limite posto da quest’ultima normativa, senza per questo pregiudicare l’interesse pubblico alla sicurezza nazionale nonchè all’osservanza della disciplina dell’immigrazione. Da qui l’individuazione e la selezione della soluzione ritenuta più adeguata a consentirne il contemperamento, la quale: A) subordina l’autorizzazione alla permanenza del genitore (o familiare) irregolare del minore straniero alla ricorrenza del requisito legale della “gravità dei motivi” e con la necessaria connessione di detta formula allo sviluppo psicofisico del minore: perciò da apprezzare avendo riguardo alla situazione in atto del fanciullo;e soprattutto, allorquando si prospetta un deterioramento grave della sua condizione, – con giudizio eventualmente prognostico sulle conseguenze che la sua modificazione possa comportare per il minore. Il che le Sezioni Unite avevano già evidenziato nella precedente decisione del 2006, osservando che la situazione oggettiva nella quale vanno ravvisati i gravi motivi “può essere attuale, ma può anche essere dedotta quale conseguenza dell’allontanamento improvviso del familiare sin allora presente e cioè di una situazione futura ed eventuale rimessa dall’accertamento del giudice minorile”; B) considera, tuttavia il provvedimento che esclude l’allontanamento in funzione esclusiva della tutela del minore e non del genitore o del familiare che, dovrebbe essere espulso; per cui, essendo la sua condizione fisio – psichica una situazione che si modifica ed evolve, la norma ne giustifica una periodica rivalutazione, a seguito della quale (ove la gravità della situazione permane l’autorizzazione (significativamente prevista a tempo determinato) può essere prorogata. Mentre la stessa deve essere immediatamente “revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificano il rilascio..”, pur se inizialmente presenti, e gli effetti siano, perciò, raggiunti prima della scadenza naturale del provvedimento.

Detta ricostruzione del contenuto e della finalità della norma, ne esclude in radice estensioni applicative rivolte a consentire ai familiari del minore la regolarizzazione,in via amministrativa della posizione di soggiorno, nonchè la sanatoria di situazioni contingenti di irregolarità e di violazione della disciplina in tema di immigrazione: caratterizzate tutte dal disconoscimento della centralità dell’interesse del minore, relegato al ruolo marginale di mera occasione indiretta, piuttosto che di ragione giuridica esclusiva del provvedimento autorizzatorio.

 

Rocchina Staiano
Dottore di ricerca; Docente all’Università di Teramo in Medicina del Lavoro e in Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato. E’ stata Componente della Commissione Informale per l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del Dipartimento della Gioventù.

Sentenza collegata

40496-1.pdf 97kB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Staiano Rocchina

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento