Ministero condannato al risarcimento integrale dei danni, anche futuri, in favore dell’alunno minorenne infortunatosi mentre era a scuola (Cass. n. 9708/2012)

Redazione 14/06/12
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Svolgimento del processo

Con sentenza del 10 settembre 2009 la Corte di appello di Reggio Calabria ha condannato il Ministero della Pubblica Istruzione a risarcire ad L.E. i postumi permanenti – 18%- conseguiti alle lesioni – da cui era derivata l’asportazione della milza – che egli si era cagionato nel (omissis), allorchè, alunno di quinta elementare, durante la ricreazione nel cortile della scuola ed in assenza della maestra, arrampicatosi sul muretto per andare a prendere il pallone caduto nel cortile adiacente, era caduto rovinosamente a terra.

In particolare la Corte di merito, in relazione ai punti di impugnazione concernenti l’eccessività delle somme liquidate dal giudice di primo grado li ha respinti sulle seguenti considerazioni:

1) la censura sub a) non contiene nessuna critica alla sentenza impugnata perchè si incentra sulla considerazione che il danno biologico è una lesione all’integrità fisica in sè considerata e risarcibile indipendentemente dalle conseguenze patrimoniali e morali, che trovano tutela nei molteplici aspetti del benessere fisiopsichico del soggetto danneggiato; la censura sub b) secondo cui la liquidazione del danno patrimoniale era da limitare alle spese affrontate a causa dell’invalidità e non poteva comprendere L. 18 milioni per perdita delle chance professionali e lavorative era infondata perchè tale somma era stata liquidata dal giudice di primo grado in via equitativa non a titolo di risarcimento dal danno patrimoniale da invalidità permanente, ma per il danno conseguente alla limitazione all’accesso al mondo del lavoro per alcuni tipi di esso particolarmente pesanti ed incidente perciò sulla sua capacità lavorativa generica intesa come aspetto del danno biologico, in tal modo opportunamente personalizzato.

Ricorre per cassazione il M.I.U.R. cui resiste L.E.. Il ricorrente ha depositato memoria.

 

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo il ricorrente deduce: “art. 360, comma 1, n. 3; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2059 c.c.” per non avere la Corte di merito adeguatamente esaminato la censura di appello concernente la liquidazione equitativa del danno biologico conseguito alla riduzione dell’attività ludica del bambino effettuata dal giudice di primo grado in v relazione all’inabilità temporanea, assoluta e parziale, quantificata in L. 3.250.000, consistente nell’aver evidenziato come a partire dalla sentenza della Corte Costituzionale del 1986 n. 184 nel danno biologico sono convogliati tutti gli aspetti del benessere dell’individuo lesi dal fatto illecito – danni permanenti, temporanei, estetici, alla vita di relazione – che quindi non devono esser più risarciti frazionatamente, come invece ha operato il primo giudice che ha liquidato ad L.E. il danno biologico sia per l’invalidità temporanea sia per l’invalidità permanente, in tal modo duplicando lo stesso danno non patrimoniale, dato che l’invalidità temporanea non poteva incidere sulla sua capacità di guadagno avendo egli dieci anni al momento del fatto.

1.1- Con il secondo motivo deduce: “art. 360, comma 1, n. 4:

violazione dell’art. 112 c.p.c., per mancata pronuncia in relazione a motivo di appello” per non avere comunque la Corte di merito pronunciato sulla censura attinente alla liquidazione del danno da invalidità temporanea.

I motivi, congiunti, sono infondati.

Infatti i giudici di merito hanno correttamente applicato il principio secondo il quale il danno biologico deve essere risarcito integralmente, e perciò il giudice di merito ha l’obbligo di scandagliare tutte le ripercussioni negative sul valore – uomo delle lesioni subite, alla luce sia della valutazione scientifica medico – legale, sia dell’incidenza negativa sulle attività quotidiane (c.d.

inabilità totale o parziale), sia dell’incidenza sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato (che attengono anche alla perdita della capacità lavorativa generica e di attività socialmente rilevanti ovvero anche meramente ludiche, ma comunque essenziali per la salute o la vita attiva), e di effettuare la relativa liquidazione in maniera assolutamente personalizzata, sì che i pregiudizi di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della vita o qualità della medesima possono esser considerate “voci” del danno biologico nel suo aspetto dinamico e conglobante e trovare quindi nel suo ambito complessivo il loro integrale ed unitario ristoro (Cass. 3906 e 24864 del 2010).

2.- Con il terzo motivo lamenta: “art. 360, comma 1, n. 3: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c.” sulla liquidazione del danno patrimoniale – L. 18 milioni – con cui il giudice di primo grado ha inteso liquidare questo tipo di danno futuro avendo considerato la perdita della capacità lavorativa generica conseguente all’invalidità permanente subita e quindi al di fuori del danno biologico, come invece non convincentemente ritenuto dalla Corte di merito. E poichè all’epoca del fatto illecito il ragazzo aveva 10 anni e non vi sono elementi per presumere la sua attitudine all’occupazione futura e a detta data nessuna posta attiva di reddito era presente nel suo patrimonio, non può ammettersi neppure un’ ipotetica posta futura di reddito sì che, non essendovi elementi per ritenere che il ragazzo avrebbe cercato lavori pesanti e turni faticosi, che la C.T.U. ha escluso sostenibili dal L. a causa delle lesioni subite, il risarcimento per la perdita di tali chances costituisce un arricchimento ingiustificato; in ogni caso manca qualsiasi elemento probatorio al riguardo e perciò la relativa voce si traduce in una pena privata.

Il motivo è infondato.

Ed infatti, ribadito che nella nozione di danno biologico – che è danno alla salute, valore della persona umana inviolabile a norma dell’art. 32 Cost., tutelato ai sensi dell’art. 2059 cod. civ. – rientrano tutte le ipotesi di danno “non reddituale”, compresi i danni alla vita di relazione e i danni da riduzione della capacità lavorativa generica, va altresì escluso che la sentenza di merito sia erronea se, sebbene il danno non patrimoniale costituisca una categoria unitaria, le cui diverse sottocategorie hanno una funzione solo descrittiva, attraverso il ricorso ad esse il giudice di merito tuttavia non ha risarcito due volte le medesime conseguenze pregiudizievoli bensì diverse, come nella fattispecie, in cui l’invalidità temporanea è stata liquidata come danno biologico alla vita di relazione anche nel suo aspetto ludico considerata l’età del bambino, e l’invalidità permanente come danno biologico nel suo aspetto di limitazione di vita socio – lavorativa futura (Cass. 6750 e 10527 del 2011).

Concludendo il ricorso va respinto.

Le spese giudiziali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il Ministero a pagare le spese del giudizio di cassazione pari ad Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Redazione