Medici condannati per omicidio colposo nei confronti di una paziente. Il marito chiede un’azione disciplinare, ma non sussiste alcuna omissione di atti d’ufficio (Cass. pen. n. 30463/2012)

Redazione 25/07/12
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Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza in epigrafe, il Giudice della udienza preliminare del Tribunale di Napoli dichiarava non luogo a procedere nei confronti di T.C., in ordine al reato di cui all’art. 328, comma secondo, ascrittogli, con la formula ‘‘perché il fatto non sussiste”.
Al C., in qualità di direttore generale dell’Agenzia Ospedaliera M. di Napoli, era stato addebitato di avere omesso di rispondere alla richiesta formulata da L.B., e pervenuta il 24 aprile 2010, di attivazione di procedimento disciplinare nei confronti di dipendenti ospedalieri (medici C.E. e F.C.) condannati con sentenza irrevocabile per il reato di omicidio colposo in danno della moglie.
Osservava il G.u.p. che la richiesta del B. del 24 aprile 2010 non conteneva una esplicita diffida a rispondere e una messa in mora del C. Tali requisiti risultavano caratterizzare solo la successiva richiesta indirizzata dal B., protocollata il 15 settembre 2010, quando ormai il C. era cessato dalla carica di direttore generale dell’ospedale.
In ogni caso, difettava l’elemento soggettivo del reato, avendo il C. consultato il legale avv. Ca. il quale gli aveva comunicato che non era necessaria alcuna risposta, essendo la richiesta analoga ad altra precedente cui era stato dato riscontro.
2. Ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, denunciando, con un unico motivo, la violazione dell’art. 328, comma secondo, cod. pen., sulla base, in primo luogo, del rilievo che in realtà la richiesta del 24 aprile 2010 conteneva una messa in mora, con riferimento esplicito al termine di trenta giorni per la risposta di cui alla legge n. 241 del 1990. In secondo luogo, quanto all’elemento soggettivo, non vi era traccia documentale della asserita interlocuzione avuta dall’imputato con l’avv. Ca., che comunque non era appagante, dato che nella richiesta del 24 aprile il B. aveva avuto cura di segnalare il fatto nuovo consistente nella intervenuta condanna dei sanitari, passata in giudicato.
3. Ha presentato memoria il difensore della persona offesa aderendo ai motivi di ricorso del pubblico ministero.

 

Considerato in diritto

1. Osserva la Corte che l’art. 328, comma secondo cod. pen., collega l’omissione di un atto di ufficio alla mancata risposta, entro il termine di trenta giorni, alla richiesta ‘‘di chi vi abbia interesse”, con la quale si dovrebbero esporre le ragioni del ritardo.
L’interesse cui fa riferimento la norma deve intendersi in senso di interesse qualificato, e cioè quello di ‘‘un interesse diretto, concreto e attuale, corrrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata”, come si esprime l’art. 22, comma 1, lett. b), legge 7 agosto 1990, n. 241, in tema di procedimento amministrativo.
Ora, va osservato che l’istanza proposta dal B. al C. di attivazione di un procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti ospedalieri condannati per omicidio colposo nei confronti della moglie non era accompagnata da un simile qualificato interesse, non derivando dall’esito di una simile procedura alcuna tutela di una situazione giuridica soggettiva, con la conseguenza che il destinatario della richiesta, il C., non aveva alcun dovere di dare una risposta a una simile istanza, e comunque non derivando dalla omessa risposta alcuna responsabilità penale.
3. Essendo il ricorso, per quanto sopra esposto, manifestamente infondato, ne va dichiarata la inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Redazione