Mediazione – Mediatore professionale – Diritto alla provvigione – Conclusione dell’affare – Intervento del mediatore – Rapporto di causalità – Necessità (Cass. n. 7043/2012)

Redazione 09/05/12
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Massima
In tema di mediazione, per aversi diritto alla provvigione, non basta che l’affare sia stato concluso, ma, in forza dell’art. 1755 c.c., comma 2, occorre che la conclusione sia avvenuta per effetto dell’intervento del mediatore (la Corte di merito si è attenuta a tale principio nel negare il diritto alla provvigione, sul rilievo che l’attività del mediatore non aveva avuto efficacia causale nella conclusione dell’affare). (a cura del **************)

 

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Firenze ha confermato la decisione del Tribunale di rigetto della richiesta dell’indennità di mediazione e, in subordine, di risarcimento del danno, proposta M.M., mediatore professionale, nei confronti di R.M.F. e della ******à Cooperativa Argo a.r.l. per la vendita di un immobile commerciale.

La Corte di merito ha ritenuto che l’attività del M. non aveva avuto alcuna efficacia causale nella conclusione dell’affare, sul rilievo che le parti, rispettivamente locatrice e conduttrice dell’immobile, erano già in relazione fra loro prima dell’intervento del M., il quale aveva procurato una proposta di acquisto due miliardi di lire da parte della Argo, non andata a buon fine, pari alla metà di quanto richiesto dalla R., ed inferiore di un terzo alla somma con sui si era concluso l’affare a distanza di due anni.

Propone ricorso M.M. con cinque motivi, illustrato da memoria.

Resiste con controricorso la ******à Cooperativa Argo a.r.l..

Non presenta difese R.M.F..

Motivi della decisione

1. Preliminare è l’esame del terzo, quarto e quinto motivo del ricorso aventi ad oggetto il diritto al pagamento della provvigione.

Con il terzo motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 1574 e 1755 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene il ricorrente che la Corte di merito ha deciso la controversia in modo difforme da quanto statuito dalla costante giurisprudenza di legittimità, in base alla quale il diritto di mediazione sorge anche in presenza della semplice segnalazione dell’affare da parte del mediatore, senza che sia necessario il suo perdurante intervento fino alla conclusione dell’affare. so 2.Con il quarto motivo viene denunziata violazione degli artt. 1322, 1362, 1365, 1754 e 1755 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Assume il ricorrente che la Corte di merito ha erroneamente interpretato il documento con cui era stato conferito al M. l’incarico di mediazione, da cui si evinceva l’impegno delle parti a compensare l’attività di mediazione con una provvigione del 3% sul prezzo pagato, da corrispondersi al momento della stipula del preliminare.

Di conseguenza era dovuta la provvigione, essendo stato formalizzato l’accoro durante la vigenza dell’incarico di mediazione del M..

3. Con il quinto motivo si denunzia insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo e controverso.

Il ricorrente segnala la contraddittorietà fra l’affermazione della ritenuta conclusione del contratto di mediazione ed il rigetto della richiesta di pagamento dell’indennità di provvigione; la insufficienza della motivazione in ordine all’esclusione degli effetti,in relazione al compenso, del riconosciuto contratto di mediazione; la carenza di motivazione in relazione alla circostanza che la vendita si era conclusa fra le stesse parti ed allo stesso prezzo, se pur a distanza di due anni e mezzo.

4. I tre motivi si esaminano congiuntamente per la stretta connessione logico giuridica e sono infondati.

La Corte di appello ha riconosciuto che la R. ha conferito l’incarico di mediazione al M. e che la **** ha mostrato di volersi giovare dell’intervento dello stesso, ma ha rigettato la domanda ritenendo che l’attività del M. non ha avuto alcuna efficacia causale nella conclusione dell’affare.

Ha ritenuto che il M. non ha procurato il contatto fra le due parti, in quanto risulta che esse erano già in relazione per la conclusione della compravendita prima dell’intervento del M., come riferito dal teste Ca., commercialista della R., circostanza avvalorata dal fatto che è verosimile che il locatore ed il conduttore intavolino trattative quando il locatore manifesta l’intenzione di vendere l’immobile. La Corte ha ritenuto che non vi è la prova che il M. ha procurato un’offerta di acquisto di lire 3,1 miliardi, ma che,come ammesso dalla stessa R., egli ha procurato una proposta di acquisto di **** solo di lire 2 miliardi, proposta che non ha avuto un’apprezzabile efficacia causale rispetto alla futura conclusione dell’affare,avvenuta al prezzo di lire 3,1 miliardi, sul rilievo che la proposta era inferiore di un terzo rispetto a quello che è stato il reale punto di incontro degli interessi delle parti, e pari circa alla metà rispetto alla richiesta di lire 4 miliardi formulata dalla R. al momento dell’intervento del M.. Infine la Corte di merito ha evidenziato che l’interessamento del M. per la soluzione delle esigenze di Argo per ottenere un finanziamento non risulta dirimente, essendosi concluso l’affare dopo circa due anni dall’attività svolta dal M., quando il mercato dei mutui bancari era stato interessato da trasformazioni.

5. La motivazione della sentenza impugnata non è incorsa nei denunciati vizi di violazione di legge, nè nei dedotti vizi motivazionali. Si deve infatti osservare che, in tema di mediazione, per aversi diritto alla provvigione, non basta che l’affare sia stato concluso, ma, in forza dell’art. 1755 c.c., comma 2, occorre che la conclusione sia avvenuta per effetto dell’intervento del mediatore.

L’accertamento sull’esistenza del rapporto di causalità o di concausalità, se più furono gli intermediari che prestarono la loro opera, tra la conclusione dell’affare e l’attività svolta dal mediatore, si riduce ad una questione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in Cassazione, se informato, come nella specie, ad esatti criteri logici e di diritto Cass n. 15880 del 06/07/2010 Cass., 18.9.2008, n. 23842;

Cass., 23.4.1999, n. 4043. 6. La Corte di merito si è attenuta a tale principio nel negare il diritto alla provvigione,sul rilievo che l’attività del M. non aveva avuto efficacia causale nella conclusione dell’affare.

Il ricorrente confonde la circostanza, ammessa dalla stessa Corte di appello, che la R. gli conferì l’incarico di svolgere l’attività di mediazione nei confronti della Argo, ritenendo in tal modo conclusa la mediazione, quando tale circostanza da sola non fa sorgere il diritto alla provvigione,che matura solo quando l’attività di mediazione svolta ha efficacia causale nella conclusione dell’affare.

E’ vero che la giurisprudenza di legittimità ha affermato che anche la semplice segnalazione dell’affare può determinare il sorgere del diritto alla provvigione ma,al di là della circostanza che nella presente fattispecie è stato accertato che le parti erano già in contatto fra loro prima dell’intervento del M., la segnalazione dell’affare è rilevante sempre quando abbia avuto efficacia causale nella conclusione dell’affare.

7. Non ricorre il denunziato vizio interpretativo in relazione al documento con cui la R. conferì l’incarico di mediazione al M., poichè dal contenuto dello stesso, nella sua formulazione letterale,si ricava che il diritto di provvigione del 3% era legato alla conclusione dell’affare.

8. In ordine al denunciato vizio di motivazione, si osserva che il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio della motivazione non può essere inteso a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non vi si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’”iter” formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). In caso contrario, il motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, ovvero di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione. Cass., 22 febbraio 2006, n. 3881. 9. Nella specie il ricorrente non evidenzia effettive contraddittorietà nel ragionamento logico- giuridico della Corte di merito,ma richiede a questa una diversa valutazione del materiale probatorio, volta a provare, diversamente da quanto motivatamente accertato dal giudice di merito, il positivo svolgimento della sua attività di mediazione, valutazione inammissibile in sede di legittimità. 10. Il primo motivo di ricorso, con cui si denunzia violazione art. 112 c.p.c., per omessa pronunzia della domanda accertamento responsabilità extracontrattuale, ed il secondo motivo, con cui di denunzia vizio di motivazione sullo stesso punto, sono infondati.

La Corte di appello ha espressamente rigettato la domanda di risarcimento danni per responsabilità ex art. 2043, e la motivazione adottata per il rigetto della richiesta di provvigione, già ritenuta priva di vizi motivazionali, è idonea a sorreggere implicitamente anche il rigetto della domanda di risarcimento. Le spese del giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione liquidate in Euro 3.700,00 di cui Euro 200,00 per spese,oltre spese generali e accessori come per legge.

Redazione