Mandato di arresto europeo: il limite minimo di pena deve avere riguardo alla sentenza nella sua interezza (Cass. pen. n. 35533/2013)

Redazione 27/08/13
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Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 12/7/2013 la Corte di appello di Venezia, Sezione Penale per i Minorenni, ha disposto la consegna del sig. F. all’autorità giudiziaria rumena: a) in esecuzione della condanna alla pena di sei mesi di reclusione divenuta definitiva in relazione al reato di furto previsto dall’art. 208 c.p. rumeno, comma 1, reato comportante una pena edittale massima pari a sei anni di reclusione, come da MAE del 26/2/2013; b) in esecuzione della condanna alla pena di due anni e sei mesi di reclusione (pena sospesa con beneficio successivamente revocato) divenuta definitiva in relazione a plurimi reati di rapina e furto commessi nell’anno 2008 e puniti dall’art. 211 c.p. rumeno e art. 208 c.p. rumeno, comma 1, reati comportanti pene edittali massime pari a dieci, sette e sei anni di reclusione, come da MAE del 21/2/2013.

La Corte di appello ha rilevato che per i medesimi fatti sono puniti dalla legge italiana quali reati puniti con pene che consentono la consegna; ha rilevato, altresì, che possono dirsi rispettate le altre condizioni di legge, in quanto: a) la documentazione trasmessa dalle autorità rumene contiene tutti gli elementi e le informazioni richiesti dalla L. 22 aprile 2005, n. 69; b) che l’ordinamento rumeno contempla la previsione per le persone minori di un accertamento della effettiva capacità di intendere e volere; c) prevede, infine, un trattamento carcerario differenziato.

Tutto ciò premesso, la Corte di appello ha ritenuto che i limiti i pena edittale fissati dalla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, lett. i), per le persone minori consentano la consegna del sig. F. per scontare la pena dei soli reati di rapina, non rientrando in tali limiti i restanti reati per cui vi è stata condanna. Tale disposizione, peraltro, non è riportata nel dispositivo della sentenza.

2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia, in sintesi lamentando:

errata applicazione di legge ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, lett. i), per avere la Corte di appello applicato a provvedimenti esecutivi di sentenza irrevocabile il limite di pena che detta disposizione fissa per i così detti MAE “processuali”. Le limitazioni alla consegna costituiscono elementi di eccezione al regime ordinario e sono di stretta interpretazione. Gli artt. 3 e 4 della Decisione Quadro del Consiglio n. 2002/584/GAI del 13/6/2002 non includono detti limiti di pena tra le ipotesi i rifiuto obbligatorio o facoltativo; il che impone, ove non si voglia valutare la esistenza di un contrasto fra la disposizione citata e l’art. 117 Cost., a dare dell’art. 18 una lettura costituzionalmente orientata, che in caso di consegna per esecuzione di sentenza irrevocabile non preveda alcun limite edittale di pena per i reati oggetto di condanna.

3. Ha proposto ricorso personalmente il sig. F., che, dopo avere richiesto che la consegna venga in ogni caso sospesa, lamenta:

a. errata applicazione di legge ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, lett. g), perchè le sentenze poste a fondamento delle due richieste dell’autorità rumena sono state emesse al termine di processi celebratisi nella contumacia dell’imputato e, una di esse (quella emessa il 17/7/2012, oggetto del MAE emesso il 26/2/2013) mentre l’imputato era detenuto in Italia (come documentato all. 1 al ricorso) e impossibilitato a presenziare;

b. errata applicazione di legge ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 24 per avere la Corte di appello non considerato che il ricorrente sta scontando in regime di custodia domiciliare la condanna impartitagli con sentenza irrevocabile (all. 2) e dovrà scontare anche la pena di tre anni e due mesi di reclusione per la condanna oggetto del ricorso deciso negativamente dalla Corte di cassazione in data 15/7/2013 (all. 3).

Motivi della decisione

1. La Corte ritiene che la sentenza impugnata presenti un profilo di scarsa chiarezza, che rende possibile l’errata comprensione da parte delle autorità richiedenti, e presenti alcuni vizi che impongono un nuovo esame.

Sotto il primo profilo, la Corte rileva che la sentenza ha limitato la consegna ai soli reati di rapina, argomentando sulla circostanza che i reati di furto, puniti nel Paese richiedente con la pena massima di sei anni, non siano ricompresi nella condizione fissata dalla lett. i) del citato art. 18. Ora, una conclusione espressa in termini così generali non tiene conto della circostanza che i due mandati di arresto europeo presentano caratteristiche diverse che impongono un giudizio non uniforme. Il primo dei mandati citati dalla Corte di appello si riferisce a condanna alla pena di sei mesi di reclusione per ipotesi di furto; il secondo, invece, ha come fondamento una condanna alla pena di due anni e sei mesi riferita a più reati di rapina e a un reato di furto, in continuazione tra loro.

2. Tale differenza impone una prima considerazione: la previsione dell’art. 18, lett. i), citata, deve essere letta non solo con riferimento ai reati per cui si sta procedendo, e dunque al mandato di arresto europeo c.d. “processuale”, ma anche ai reati per cui si è proceduto e si è giunti a condanna irrevocabile, e dunque al mandato di arresto europeo cd. “esecutivo”. Tale interpretazione si fonda sulle ragioni di garanzia nel confronto del minore che hanno condotto a fissare per tale persona un regime diverso e assai più rigoroso rispetto al regime applicabile ai maggiori di età, così che parrebbe incoerente fissare per i minorenni limiti di pena ben più alti per la fase delle indagini e, quindi, applicare agli stessi i medesimi limiti di pena per la fase dell’esecuzione delle condanna.

3. Va conseguentemente respinto il profilo di ricorso del Pubblico ministero nella parte in cui censura l’applicazione del regime derogatorio alla richiesta di consegna fondata su sentenza irrevocabile.

4. Sussiste, tuttavia, un diverso profilo che merita di essere chiarito con riferimento alla esclusione della consegna per i reati di furto così come fissata con la sentenza impugnata. Mentre appare corretta la limitazione apposta al mandato di arresto europeo del 26/2/2013, non altrettanto può dirsi per il mandato del 21/2/2006, fondato su una condanna per reati di rapine e furto, posti in continuazione tra loro. In questo caso, infatti, vengono meno le esigenze di garanzia sottese alla disciplina fissata dall’art. 18, citato, lett. i) e debbono trovare applicazione i principi che la Corte ha fissato, seppure con riferimento a circostanze diverse, in tema di unicità del titolo esecutivo. Il richiamo è alle sentenze della Sezione Feriale, n. 31874 del 9/8/2011, Hritcu, e della Sezione Sesta, n. 16117 del 26/4/2012, Simidzhiyski, e n. 27163 del 26/6/2009, B. (rv 244283); secondo queste decisioni, il limite minimo di pena esecutiva che consente la consegna, L. 22 aprile 2005, n. 69, ex art. 7 deve avere riguardo alla sentenza nella sua interezza, non potendo la decisione essere scissa con riferimento ai singoli episodi o la pena scissa con riferimento alla parte residua ancora da espiare.

5. Ciò comporta che il mandato di arresto datata 21/2/2013 non può incontrare limitazioni ed è necessario che sul punto la sentenza di consegna sia chiara e non si presti a dubbi interpretativi da parte delle autorità richiedenti. La Corte di appello, cui si rinvia come da motivazione che segue, dovrà pertanto provvedere in conformità al principio enunciato nella presente decisione.

6. Venendo ai motivi di ricorso proposti dal sig. F., risulta dalla documentazione in atti che egli versa in regime di custodia domiciliare presso una comunità applicatogli anteriormente alla pronuncia della Corte di appello oggi impugnata. Il ricorrente ha, altresì, documentato l’esistenza di una condanna a pena non minima comminata con sentenza che è stata oggetto di esame di questa Corte in data 15/7/2013.

7. L’esistenza di una attuale e probabile fase di esecuzione in Italia di pena irrogata per fatti commessi in Italia impone alle autorità italiane di formulare un giudizio sulla compatibilità della misura restrittiva e della procedura di consegna “con i processi educativi in atto” (art. 18, lett. i). Una valutazione del tale profilo difetta nella motivazione della sentenza impugnata e deve essere formulata anche in relazione all’esito del giudizio da questa Corte effettuato con riferimento alla sentenza di condanna sopra ricordata. Sotto questo profilo la sentenza impugnata merita di essere annullata e gli atti vanno restituiti al giudice di merito per le sue valutazioni in relazioni ai principi affermati con la presente decisione.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Trieste, Sezione per i Minorenni. Dichiara cessata l’efficacia della misura cautelare in atto. Manda alla Cancelleria per le comunicazioni L. n. 69 del 2005, ex art. 22, comma 5.

Così deciso in Roma, il 22 agosto 2013.

Redazione