Mancato riconoscimento ai fini dell’equo indennizzo della dipendenza di una malattia da causa di servizio (Cons. Stato n. 4033/2013)

Redazione 31/07/13
Scarica PDF Stampa

FATTO e DIRITTO

1. Nei confronti della signora *************, in servizio dal 25 luglio 1980 come infermiera alle dipendenze della U.S.L. LE/6 veniva riconosciuta, previa istanza, la dipendenza da causa di servizio dell’infermità contratta “ernia discale”, ascrivibile alla tabella A, categoria 7, con delibera n.794 del 19 novembre 1985 della predetta Amministrazione, in adesione al parere n.588 del 19 settembre 1985 reso dalla C.M.O. di Bari a seguito di apposita visita medica.
Con successiva delibera n.189 del 22 febbraio 1990 la predetta U.S.L. LE/6 riconosceva la causa di servizio anche per la sopraggiunta patologia del “morbo di Werchof”, ascrivibile alla tabella A, categoria 7^ e per cumulo con la pregressa malattia alla tabella A, categoria 6^, recependo i pareri n.655 del 13 ottobre 1988 e n.61 del 7 novembre 1989 rilasciati dalla C.M.O. di Bari dopo nuova visita medica dell’interessata.
La suindicata Amministrazione sanitaria, tuttavia, con successiva delibera n.703 del 4 dicembre 1991, non riconosceva ai fini dell’equo indennizzo la dipendenza da causa di servizio dell’infermità “esiti di splenectomia in soggetto con morbo di Werchof e incostante piastrinodemia”, facendo proprio il parere del C.P.P.O. del 6 maggio 1991.
L’interessata impugnava, quindi, davanti al Tar Puglia, Lecce, la delibera n.703/1991 di cui sopra unitamente al parere in ultimo citato, per eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione, dell’illogicità, perplessità e contraddittorietà e dell’errore nei presupposti.
La ricorrente, in particolare, deduceva la carente motivazione della delibera gravata, che avrebbe dovuto esplicitare, a suo dire, le ragioni di preferenza per il parere del C.P.P.O., parere non vincolante, rispetto al differente orientamento manifestato dalla C.M.O., il difetto di motivazione dello stesso parere del C.P.P.O. a fronte dell’opposto giudizio espresso dalla C.M.O., la mancata considerazione degli effetti cumulati delle patologie in esame.
L’Amministrazione sanitaria si costituiva in giudizio deducendo, nel merito, l’infondatezza del ricorso e chiedendone la reiezione.
1.1. Il Tar respingeva il ricorso ritenendo che la delibera impugnata risultava corredata da adeguata e congrua motivazione nel richiamare il previo parere del C.P.P.O. atteso che, in sede di liquidazione dell’equo indennizzo, la norma contenuta nell’art.5 bis della Legge n.472 del 1987 riserva a tale organo consultivo l’accertamento della sussistenza della causa di servizio e che del pari era da respingere la censura di carenza motivazionale del menzionato parere.
Al riguardo il citato giudizio del C.P.P.O. (“…nel merito, l’infermità esiti di splenectomia in soggetto con morbo di Werchof e incostante piastrinodemia, non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio, in quanto trattasi di patologia a carattere familiare caratterizzata da manifestazioni emorragiche spontanee a poussèes, sull’insorgenza e decorso della quale, gli eventi di servizio non possono essere invocati neanche sotto il profilo concausale efficiente e determinante”) era motivato in modo idoneo e sufficiente, né poteva sussistere alcuna relazione tra l’infermità di cui trattasi rispetto a quelle accertate in precedenza.
2. Nell’atto di appello si insiste per la carenza di motivazione della impugnata deliberazione n.703 che si sarebbe limitata ad un mero rinvio del tutto acritico e immotivato alle risultanze del parere reso dal C.P.P.O..
Si duole l’appellante, reiterando la censura già respinta dal Tar, che a fronte di una significativa divergenza registratasi nella formulazione dei pareri da parte di due organismi consultivi (C.P.P.O. e C.P.O.) la cui composizione risulta caratterizzata dalla presenza di soggetti muniti di adeguate competenze specialistiche di tipo medico legale, con l’effetto che non potrebbe affermarsi a priori la preponderanza di uno dei due organismi rispetto all’altro, la amministrazione avrebbe acriticamente aderito al parere del C.P.P.O. senza illustrare le ragioni che avrebbero indotto a ritenere preponderante siffatto giudizio nell’ambito del procedimento.
Né il richiamato giudizio del C.P.P.O. sarebbe motivato essendo un semplice giudizio basato sull’analisi di fattispecie astratte della letteratura scientifica prevalente, scollato dalla effettiva realtà fattuale e in contrasto con i principi generali e la disciplina in materia, secondo cui il parere deve basarsi su indagini di fatto dirette a valutare, oltre la patologia, anche l’ambiente nel quale la attività lavorativa del pubblico dipendente viene prestata e la sua connessione con l’insorgere della malattia.
Sostiene la appellante che anche l’eventuale predisposizione del soggetto alla malattia e la eventuale patologia preesistente non potrebbero “..elidere la incidenza ingravescente anche sottostante di concorrenti nocivi fattori esterni capaci di determinare l’aggravamento della stessa”.
La C.M.O. aveva tenuto conto della situazione complessiva della ricorrente nel proprio verbale valutando anche gli effetti ingravescenti di una ulteriore patologia e come questa ultima si era presentata su soggetto già particolarmente provato da altre malattie, tutte riconosciute dipendenti da causa di servizio, per cui aveva trovato la sua eziopatogenesi proprio nella situazione deficitaria dell’organismo colpito almeno sotto l’aspetto concausale. Di contro il C.P.P.O. avrebbe completamente ignorato tali circostanze concludendo per la definitiva esclusione della dipendenza da causa di servizio. Né una tale acritica adesione poteva trovare giustificazione nell’art. 5 bis della legge n.422 del 1987 atteso che una tale disposizione, pur riconoscendo al C.P.P.O. un ruolo particolare nella definizione delle pratiche di liquidazione dell’equo indennizzo, non attribuisce al suo parere una vincolatività assoluta, atta eventualmente a giustificare il mero rinvio al parere del C.P.P.O..
2.1. Si è costituita la Unità Sanitaria Locale Le/6 chiedendo il rigetto del ricorso. Sono state depositate ulteriori memorie difensive. Alla pubblica udienza del 5 luglio 2013 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
3. L’appello non merita accoglimento.
La disciplina contenuta nel d.P.R. n.349/94 (“Regolamento recante riordino dei procedimenti di riconoscimento di infermità o lesione dipendente da causa di servizio e di concessione dell’equo indennizzo”) aveva ingenerato alcune iniziali incertezze in ordine alle ipotesi di possibili contrasti tra i pareri del C.M.O. da una parte e del C.P.P.O. dall’altro in materia di accertamento della dipendenza delle infermità e delle patologie da causa di servizio e di equo indennizzo.
Come chiarito dopo iniziali oscillazioni dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie (C.P.P.O.) esprime un giudizio conclusivo che rappresenta il momento di sintesi e di finale ponderazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti, quale la Commissione medica ospedaliera, e costituisce un parere di carattere più articolato e complesso, sia per la sua composizione, essendo presenti nel Comitato soggetti con professionalità mediche, giuridiche ed amministrative, sia per la più completa istruttoria esperita, non limitata soltanto agli aspetti medico-legali (Cons. Stato, IV, 2 luglio 2002 n.3613; 21 giugno 2001 n.3316).
Pertanto l’amministrazione datrice di lavoro è tenuta a motivare le ragioni per le quali, eventualmente, decide di discostarsi dal parere del C.P.P.O., ma ben può rinviare per relationem al parere espresso dal Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, mentre una motivazione specifica e puntuale è dovuta nei soli casi in cui l’amministrazione, in base ad elementi di cui disponga e che non siano stati vagliati dal C.P.P.O. ovvero in presenza di evidenti omissioni e violazioni delle regole procedimentali, ritenga di non poter aderire al parere del predetto consesso. (cfr.Cons. Stato, sez. VI, 14 agosto 2007, n. 4471).
Ne discende che la delibera n.703 del 4.12.1991 impugnata, contrariamente a quanto dedotto, era sufficientemente motivata con il richiamo al parere del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie.
4. La correlata censura volta a contestare l’incongruità delle valutazioni svolte nel parere del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, per la mancata considerazione del nesso causale con le condizioni lavorative della appellante, deve parimenti essere respinta.
Va premesso, quanto ai contenuti del parere del C.p.p.o, che essi sono espressione di discrezionalità tecnica censurabile solo per illogicità ed errori evidenti che nella specie non sono ravvisabili.
Nel caso in esame infatti il giudizio del Comitato in ordine al mancato riconoscimento si basa sulla la natura della patologia derivante da fattori familiari del tutto indipendenti eziologicamente e clinicamente dalle mansioni espletate dalla dipendente.
La C.P.P.O. ha pertanto formulato un valutazione medico legale sull’origine e le caratteristiche della malattia riscontrata, che come tale sfugge ad ogni censura di illogicità e contraddittorietà e non necessita di ulteriori accertamenti sanitari poiché lascia inalterata, e anzi conferma appieno, la diagnosi già espressa in precedenza. Peraltro infondata è la censura relativa ad una presunta mancanza del giudizio sulla qualificazione della suddetta patologia come aggravamento di altra preesistente e già riscontrata come dipendente da causa di servizio e sull’eventuale rapporto di con casualità e interdipendenza tra le due malattie.
Dalla documentazione versata in atti e dalle allegazioni del ricorrente, non risultano profili di irragionevolezza, incongruità, travisamento o errore di fatto nel giudizio medico in quanto è documentata una familiarità nella patologia.
4. Per le ragioni che precedono l’appello va respinto
5. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2013

Redazione