Mancata iscrizione nel quadro di avanzamento al grado superiore per l’anno 2006 (Cons. Stato n. 245/2012) (inviata da R. Staiano)

Redazione 19/01/12
Scarica PDF Stampa

FATTO
Con sentenza 11 febbraio 2010, n. 1998, il T.A.R. per il Lazio – Roma, Sez. I bis, respingeva il ricorso proposto dal signor *********, colonnello dell’Arma dei Carabinieri, contro la mancata iscrizione nel quadro di avanzamento al grado superiore per l’anno 2006. Il ricorrente, preso in esame, aveva ottenuto il punteggio di merito di 27,83, per effetto del quale era stato giudicato idoneo. Peraltro, essendo stato classificato al 32° posto nella graduatoria finale, non era stato ricompreso nel numero delle promozioni – in numero di dieci – da effettuare nel corso dell’anno.
Il Giudice di primo grado riteneva legittimo il comportamento dell’Amministrazione. Non sarebbe riscontrabile il vizio di eccesso di potere in senso assoluto perché la documentazione in atti non mostrerebbe un livello così macroscopicamente ottimale dei precedenti di carriera dell’ufficiale da denunciare con immediatezza l’assoluta inadeguatezza del punteggio assegnato. Neppure vi sarebbe il vizio di eccesso di potere in senso relativo – dedotto in relazione al punteggio attribuito ai parigrado ********** e ********, entrambi utilmente collocati in graduatoria, rispettivamente al 9° e al 10° posto – in quanto l’Amministrazione avrebbe fatto corretta applicazione dell’amplissimo potere discrezionale che ad essa è tradizionalmente riconosciuto come proprio in questo particolare settore.
Contro tale sentenza il F. interponeva appello, ritenendola sostanzialmente apodittica e non sufficientemente motivata, neppure in forma sintetica, in relazione agli elementi di giudizio che emergerebbero dalla documentazione in atti. Contro i provvedimenti impugnati in primo grado, in buona misura, l’appellante rinnovava la doglianza di eccesso di potere in senso relativo.
Accogliendo l’istanza formulata dall’appellante, il Presidente della Sezione – con propria ordinanza 25 ottobre 2010, n. 9 – autorizzava l’integrazione del contraddittorio per pubblici proclami nei confronti dei controinteressati non ancora intimati e cioè degli altri ufficiali collocati in posizione utile nella graduatoria finale. Il successivo 1° dicembre l’appellante depositava i documenti comprovanti l’avvenuta notifica, avvenuta mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 20 novembre 2010, n. 138. parte seconda.
L’Amministrazione si costituiva in giudizio per resistere all’appello, riportandosi alle difese già svolte in primo grado e chiedendo il rigetto del ricorso per infondatezza.
All’udienza pubblica del 20 dicembre 2011 l’appello veniva chiamato e trattenuto in decisione.

 

DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e va perciò accolto.
2. Ciò di cui si controverte, nel caso in questione, è se l’operato della Commissione superiore di avanzamento abbia manifestato una intrinseca irragionevolezza, tale da integrare il vizio dell’eccesso di potere.
Nel procedere all’esame di tale profilo, il Collegio ha ben presenti gli strettissimi confini che circondano la possibilità, da parte del Giudice amministrativo, di sindacare negativamente il giudizio espresso dall’Amministrazione in vicende come quella ora in esame, nella misura in cui in esse viene in gioco una valutazione complessiva degli elementi emersi, che non possono essere considerati in modo separato e atomistico (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 6 ottobre 2010, n. 7341; Id., 23 dicembre 2010, n. 9374; Id., 22 marzo 2011, n. 1744). In altri termini l’Amministrazione deve compiere un unico complesso giudizio, che ha come figura astratta di riferimento quella dell’ufficiale idealmente meritevole (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 10 marzo 2011, n. 1568).
Non c’è dubbio, in definitiva, che la conclusiva valutazione è apprezzamento di merito di per sé non sindacabile (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 23 dicembre 2010, n. 9374), ma soggetta in limiti assai ristretti al giudizio di legittimità (Cons. Stato, Sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4247), in quanto espressione di discrezionalità tecnica censurabile in sede giurisdizionale solo quando il suo esercizio appaia ictu oculi viziato da manifesta illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà, travisamento dei fatti o quando la motivazione sia assente o insufficiente (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 16 aprile 2010, n. 2179; Id., 13 ottobre 2010, n. 7482; Id., 11 febbraio 2011, n. 929; Id., 24 marzo 2011, n.1816).
In particolare, per giurisprudenza del tutto pacifica, in sede di giudizio d’avanzamento degli ufficiali, il vizio d’eccesso di potere in senso relativo deve essere sostenuto dall’esistenza di vistose incongruenze nell’attribuzione dei punteggi in riferimento all’ufficiale interessato e ad uno o più parigrado iscritti in quadro, in modo che sia dimostrata la disomogeneità e l’incongruenza del metro di valutazione di volta in volta seguito, in modo da dare evidenza alla mancata uniformità di giudizio (cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. IV, 11 febbraio 2011, n. 1568). In altri termini, ciò che assume rilievo è la rottura dell’uniformità del criterio valutativo, che deve emergere dall’esame della documentazione caratteristica con assoluta immediatezza: la valutazione in concreto attribuita deve apparire inspiegabile ed ingiustificabile in relazione alle valutazioni dei pari grado iscritti in quadro di avanzamento (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 24 dicembre 2008, n. 6557).
3. Sotto questo profilo, allora, occorre domandarsi se il distacco in graduatoria che separa il ricorrente – sia nei punti di merito assegnati (0,42 punti rispetto al M. e 0,40 rispetto al F.) che nella posizione di graduatoria (32° il ricorrente; 9° il M., 10° il F.) – trovi giustificazione in rapporto al criterio di giudizio impiegato dalla C.s.a. (desumibile dalla lettura delle schede di valutazione) ovvero sia inadeguato perché connesso alla rottura dell’uniformità di tale criterio.
Proprio collocandosi in tale angolazione prospettica potrà cogliersi all’evidenza una distonia nella motivazione del giudizio di avanzamento in questione, che sembra addebitabile vuoi a un travisamento dei fatti (e cioè a una non fedele lettura della documentazione caratteristica degli scrutinati), vuoi all’impiego di un illogico e penalizzante parametro valutativo.
4. Per riassumere in estrema sintesi il quadro normativo di fondo, può dirsi che esso è costituito dagli artt. 8 e 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1997, n. 40: l’uno prescrive i requisiti per l’avanzamento degli ufficiali al grado superiore; l’altro stabilisce che le Commissioni competenti esprimono il giudizio sull’avanzamento sulla base degli elementi risultanti dalla documentazione caratteristica e matricolare dell’ufficiale, tenendo conto della presenza dei particolari requisiti previsti dall’art. 8 e dell’eventuale frequenza del corso superiore di Stato Maggiore Interforze.
Dal canto loro, gli artt. 25 e 26 della legge 12 novembre 1955, n. 1137, delineano procedure e modalità per l’attribuzione del punto di merito ai militari in valutazione, il quale viene formato con riguardo a quattro diversi parametri:
a) qualità morali, di carattere e fisiche;
b) benemerenze di guerra e comportamento in guerra e qualità professionali dimostrate durante la carriera, specialmente nel grado rivestito, con particolare riguardo all’esercizio del comando o delle attribuzioni specifiche, qualora richiesti dalla presente legge ai fini dell’avanzamento, al servizio prestato presso reparti o in imbarco
c) doti intellettuali e di cultura con particolare riguardo ai risultati di corsi, esami, esperimenti;
d) attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore, con specifico riferimento ai settori di impiego di particolare interesse per l’Amministrazione.
5. Con riguardo a tali parametri, il Collegio non ritiene di poter mettere in discussione le valutazioni rese e i punteggi dati per quelli sub b) e sub d), in quanto espressione di una amplissima discrezionalità tecnica l’esercizio della quale, nel caso di specie, avrebbe forse anche potuto condurre a conclusioni differenti, ma che comunque – tenuto conto della particolare latitudine che lo caratterizza, tanto più accentuata per il fatto di riferirsi a giudizi espressi su ufficiali superiori – non presenta distonie tali da meritare una censura di illegittimità.
Lo stesso non può dirsi per i punteggi assegnati in relazione ai restanti due parametri.
Quanto a quello sub a), è incontestato che il ricorrente (27,86 punti) può fregiarsi di un encomio. E’ del tutto ragionevole che, per questo, egli abbia ottenuto una valutazione inferiore a quella del F., con un encomio solenne e un elogio (28,27); non è invece spiegato, e dunque rimane incomprensibile, perché un punteggio maggiore sia stato attribuito anche al M. (28,29), che invece non può giovarsi di analoghe benemerenze. Non è possibile escludere a priori che sussistano fattori ulteriori idonei a dare ragione delle valutazioni compendiate nei termini ora detti: ma essi non appaiono nella documentazione in atti, cosicché è impossibile accertare se, sotto quali aspetti e in che misura la Commissione li abbia presi in considerazione nel redigere il proprio giudizio.
Uno scarto analogo tra elementi noti di giudizio e risultato della valutazione è dato cogliere in relazione al parametro sub c). Tutti e tre i candidati hanno la laurea in scienza della sicurezza; solo il ricorrente ha anche la laurea in giurisprudenza. Perché poi il F. abbia ottenuto il punteggio di 27,79, il F. quello di 28,19 e il M. di 28,23 rimane francamente oscuro. Né può valere in contrario l’argomento addotto dall’Avvocatura, secondo la quale la Commissione potrebbe anche aver tenuto dei diversi risultati ottenuti dai concorrenti all’esito degli studi in Accademia. Se, per giurisprudenza costante, peso relativo va dato alle valutazioni ricevute dagli ufficiali nelle prime fasi della loro carriera, analoga conclusione è legittimo trarre circa le prestazioni di studio: risultati meno brillanti all’Accademia possono essere compensati dall’ottenimento di diplomi di laurea di rilievo più cospicuo e in numero maggiore. Sempre che, naturalmente, non emergano fattori ulteriori capaci di sorreggere valutazioni di segno diverso; fattori che, peraltro, non è consentito scorgere nemmeno sotto il profilo ora in questione.
6. Conclusivamente l’esame degli atti consente denuncia la compresenza manifesta degli indici di un vizio della funzione valutativa affidata alla C.s.a., che impone l’annullamento, in parte qua, del giudizio di avanzamento per l’anno 2006 e la sua rinnovazione con riguardo alla posizione del colonnello F..
L’appello deve essere quindi accolto e per l’effetto deve essere riformata la sentenza di primo grado.
Sussistono peraltro giustificate ragioni per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado, nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione