Malati mentali cronici: spese di ricovero a carico del servizio sanitario (Cons. Stato n. 3997/2012)

Redazione 09/07/12
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’istituto ospedaliero di Sospiro ha proposto ricorso dinanzi al Tar Brescia chiedendo che fosse accertato l’obbligo dell’Usl n. 4, e in subordine dei comuni di Parma e di Collecchio, al pagamento delle rette di degenza, relative al periodo 1.1.1994-31.5.1994, di L.G. e A.G., da lunghi anni ricoverate presso la struttura in quanto affette da “frenastenia di grado elevato”.

1.1. In primo grado l’Istituto ha dedotto che le rette erano state pagate in passato dalla Provincia di Parma, sino al 1981, e successivamente dall’Usl n. 4 di Parma e che quest’ultima, con nota del 1993 aveva revocato la propria disponibilità sul presupposto che l’onere fosse a carico dei comuni di Parma e di Collecchio. Quindi ha concluso che il pagamento fosse comunque a carico dell’Usl in ragione della natura della terapia praticata, avente natura sanitaria piuttosto che assistenziale.

2. Il Tar, disposta CTU per accertare la natura delle infermità dei pazienti e quindi la natura delle prestazioni loro erogate, sul presupposto che il trattamento prestato alle due pazienti, una delle quali frattanto deceduta, fosse assimilabile a quello socio-assistenziale e che la somministrazione dei farmaci non avesse finalità riabilitative, ha accertato l’obbligo dei Comuni di provvedere al pagamento delle rette di degenza, condannandoli a corrispondere, ciascuno di essi, l’importo di Euro 5696,18.

3. Avverso la sentenza hanno proposto distinti atti di appello, in ordine cronologico, il Comune di Parma, quello di Collecchio e lo stesso Istituto ospedaliero originario ricorrente.

I due Comuni contestano il presupposto sul quale si fonda la sentenza, ovvero la natura assistenziale delle prestazioni rese alle degenti, sottolineando l’importanza e la frequenza delle cure farmacologiche prestate, specie nel corso degli ultimi anni, via via che le condizioni cliniche andavano peggiorando.

Le stesse contestazioni muove l’Istituto ospedaliero, ma solo limitatamente alla paziente L.G..

In tutti e tre i giudizi si è costituita l’azienda sanitaria, replicando diffusamente nel senso della correttezza della sentenza.

All’udienza pubblica del 18.5.2012 i tre appelli sono passati in decisione.

4. In via preliminare deve essere disposta la riunione di tutti gli appelli, ai sensi dell’art. 96 Cpa.

4.1. Nel merito si controverte in ordine alla individuazione di quali soggetti pubblici siano obbligati al pagamento delle rette di degenza di due pazienti affette da gravissimi malattie mentali. Ciò sul rilievo che, come noto, mentre le funzioni relative all’erogazione dei servizi di assistenza e beneficienza sono di competenza dei comuni di residenza (v. già art. 25 D.P.R. n. 616 del 1977); restano invece a carico del servizio sanitario nazionale le attività di rilevanza sanitaria, sebbene connesse con quelle socio-assistenziali (art. 26 L. n. 833 del 1978 e art. 30 L. n. 730 del 1983).

4.2. Stabilire peraltro quando le prestazioni abbiano natura assistenziale, con finalità di conservazione, e quando più propriamente rilievo sanitario, con finalità di cura, può non essere agevole, come dimostrano sia gli interventi normativi succedutisi in questa materia (v., da ultimo, il D.P.C.M. 14 febbraio 2001, art. 3), sia i precedenti giurisprudenziali, con particolare riferimento ai malati mentali cronici, che testimoniano l’esistenza di un contenzioso non infrequente (v., per un’ampia ricostruzione della questione, Cons. St., Ad. Plen. n. 8/2008 e Cons. St., V, n. 461/2009).

4.3. La questione deve essere risolta essenzialmente in punto di fatto, ma al lume di un orientamento giurisprudenziale consolidato per il quale, nel caso in cui, oltre alle prestazioni socio-assistenziali, siano erogate anche prestazioni sanitarie, l’intera attività va considerata come di rilievo sanitario e, pertanto, di competenza del sistema sanitario nazionale, senza che assuma rilievo, in contrario, la circostanza dell’impossibilità di guarigione o di miglioramento della malattia psichica nella specie trattata (v. Cass. s.u. n. 8102/2004; I, n. 10150/1996; Cons. St., V, n. 461/2009, 7766/2004 e 2472/2001).

4.4. Ebbene, nel caso di specie, proprio sulla scorta della relazione del CTU nominato dal Giudice di primo grado, oltre che della documentazione prodotta, deve osservarsi come a L.G. fossero stati somministrati di continuo farmaci, volti sia a controllare i disturbi psichici sia a curare una serie di patologie correlate al suo deficiente sviluppo psichico, e come con il passare degli anni l’assistenza medico-infermieristica e la somministrazione farmacologica siano andate aumentando progressivamente, essendo la paziente sottoposta, dal 1988, a terapie farmacologiche per ipertensione arteriosa.

Quanto invece ad A.G., dalla relazione del CTU e dalla documentazione prodotta, non risulta che la paziente, quantunque bisognevole di continua assistenza, conducendo una vita vegetativa, fosse nei primi mesi del 1994 sottoposta a cure farmacologiche e quindi beneficiaria, almeno in parte, di prestazioni sanitarie in senso proprio.

Ciò posto, le conseguenze che il consulente inferisce da un simile quadro clinico sono corrette e condivisibili in relazione alla posizione di A.G. mentre non lo sono per quanto attiene a L.G..

Infatti, l’assunto per il quale, data l’impossibilità di guarigione della paziente, anche le prestazioni rese a L.G. avrebbero avuto un rilievo solamente assistenziale, non solo esula dai compiti del CTU ma è anche una tesi inesatta sul piano giuridico.

Ciò sul rilievo che, come già ricordato, l’art. 3 del D.P.C.M. 14 febbraio 2001 – e prima ancora l’art. 6 del D.P.C.M. 8 agosto 1995 – pone a carico del Servizio Sanitario Nazionale, e quindi delle ASL, le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale che definisce come “prestazioni assistenziali che, erogate contestualmente ad adeguati interventi sociali, sono finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite”. Sulla base quindi di una nozione ampia di prestazioni sanitarie, per le quali non è richiesta una prognosi positiva in merito alla guarigione dalla malattia.

4.5. Il che dimostra come L.G. sia stata destinataria di cure in senso proprio, volte a contenere l’esito degenerativo della sua patologia, nell’esercizio di un’attività nella quale, seppure il profilo assistenziale era compenetrato con quello sanitario, il secondo aspetto era da considerarsi divenuto prevalente all’epoca dei fatti, giustificando così l’imposizione dell’obbligo di pagamento a carico del servizio sanitario nazionale e, quindi, in definitiva dell’Asl di Parma.

5. In conclusione, per tali ragioni, gli appelli del Comune di Parma e dell’Istituto ospedaliero di Sospiro sono fondati e vanno accolti, con la conseguenza che, in riforma della sentenza impugnata, va accertato l’obbligo del pagamento della retta di degenza di L.G. a carico dell’Asl anziché del Comune di residenza della paziente. Va invece respinto l’appello del Comune di Collecchio e pertanto confermata la sentenza del Tar resa in ordine alla posizione di A.G..

6. Le spese di lite del doppio grado di giudizio possono essere compensate tra tutte le parti costituite, dato il confine obiettivamente incerto tra le prestazioni assistenziali e quelle sanitarie, come ricordato dalla stessa Adunanza Plenaria n. 8 del 2008.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),

definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, così provvede:

accoglie gli appelli del Comune di Parma e dell’Istituto ospedaliero di Sospiro e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accerta l’obbligo dell’Asl di Parma di pagare la retta di degenza di L.G. relativamente al periodo dal 1.1.1994 al 31.5.1994;

respinge l’appello del Comune di Collecchio;

Compensa le spese tra tutte le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione