Liquidazione compenso del notaio delegato alle operazioni di vendita in una procedura di espropriazione forzata (Cass. n. 2474/2013)

Redazione 01/02/13
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Svolgimento del processo

Resasi aggiudicataria di un immobile nella procedura di espropriazione delegata ex art. 591 bis c.p.c., la Capital Invest Immobiliare s.r.l. il 24.11.2005 proponeva opposizione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, al provvedimento in data 27.9.2005 col quale il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Velletri aveva liquidato in favore del notaio delegato, J.P. R., la somma di Euro 10.605,00 a titolo di compenso D.M. n. 313 del 1999, ex art. 2, comma 2.

A sostegno, deduceva che l’importo doveva essere addebitato alla procedura, e non all’aggiudicatario, e che i documenti giustificativi esibiti dal notaio delegato erano generici.

Nel resistere, quest’ultimo eccepiva che il ricorso in opposizione era stato proposto decorso il termine perentorio di venti giorni stabilito dall’art. 170, comma 1, D.P.R. cit..

Con ordinanza 19.6.2007 il Tribunale di Velletri accoglieva il ricorso e revocava il decreto impugnato nella parte in cui poneva a carico della società aggiudicataria la somma liquidata. Riteneva il giudice dell’opposizione che il notaio resistente, oneratovi, non aveva provato il fondamento della propria eccezione, atteso che la Capital Invest Immobiliare aveva sì preso visione del provvedimento, ma senza che di ciò vi fosse data certa. Nel merito, invece, rilevava che ai sensi del D.M. n. 313 del 1999, art. 7, il compenso spettante al notaio delegato gravasse sul creditore procedente e su quelli intervenuti.

Per la cassazione di tale provvedimento il notaio J.P. R. propone ricorso, affidato a due motivi (il primo intitolato come violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2964 e 2966 c.c., D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, il secondo come violazione falsa applicazione del D.M. n. 313 del 1999, artt. 2, 4 e 7, e dell’art. 591 bis c.p.c., nonchè, ancora, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, il tutto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), corredati da quesiti di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis alla fattispecie), redatti in calce al ricorso.

La parte intimata non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1. – Il primo motivo, che investe la decisione impugnata nella parte in cui ha posto a carico del notaio opposto, e non della società aggiudicataria opponente, la prova della tempestiva proposizione del ricorso ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, è infondato per le ragioni che seguono, che integrano e correggono, ex art. 384 c.p.c., u.c., quelle esposte nell’ordinanza impugnata.

La comunicazione di un provvedimento del giudice è valida anche se eseguita in modo diverso dalle forme previste dall’art. 136 c.p.c., sempre che vi sia stata un’attività a tal fine del cancelliere e vi sia certezza che il provvedimento sia stato portato a conoscenza delle parti e sia altresì certa la data di tale conoscenza, certezza che può aversi soltanto con la sottoscrizione per ricevuta da parte del destinatario medesimo (Cass. nn. 24742/06, 14737/06, 6967/01, 10422/91 e 5201/89). Perchè vi sia, dunque, una comunicazione equipollente alle forme previste dall’art. 136 c.p.c., occorrono due condizioni, ossia la firma del destinatario e la certezza della data in cui il provvedimento del giudice gli è stato portato a conoscenza. In difetto dell’una come dell’altra condizione non si inverte alcun onere probatorio, ma semplicemente non si produce l’effetto processuale che consegue alla comunicazione.

1.1.- Nel caso di specie, vi è in calce al provvedimento di liquidazione una sottoscrizione apparentemente riferibile alla Capital Invest Immobiliare, ma manca la data in cui la stessa è stata apposta, per cui, restando incerto il momento della comunicazione, non è decorso il termine di 20 gg. per proporre l’opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, nel testo previgente (applicabile ratione temporis) alla modifica di cui al D.Lgs. n. 150/11. E non essendo neppure applicabile il termine c.d. lungo di cui all’art. 327 c.p.c., (v. Cass. n. 24085/11), termine che peraltro neppure sarebbe decorso nella specie, l’opposizione è da ritenersi tempestiva.

2. – Preliminare rispetto all’esame del secondo motivo è il seguente rilievo d’ufficio in ordine all’integrità del contraddittorio nel procedimento di primo grado.

Questa Corte ha avuto occasione di chiarire (v. Cass. nn. 1887/07 e 711/10) che il notaio delegato alle operazioni di vendita immobiliare (e così anche gli altri professionisti menzionati nell’art. 591 bis c.p.c. e, nel caso di vendita mobiliare, dall’art. 534 bis c.p.c.) rientra fra gli ausiliari del giudice, come del resto è espressamente stabilito dalla disposizione generale dell’art. 68 c.p.c., in quanto chiamato a contribuire con la propria attività al compimento degli atti propri dell’ufficio giudiziario delegante (su tale qualificazione del notaio con riguardo alla delega alle operazioni divisionali, v. Cass. n. 12949/99). In conseguenza di ciò, si è affermato, il rimedio dato contro il provvedimento del giudice dell’esecuzione che liquida il compenso al notaio è costituito dall’opposizione prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, che estende il proprio ambito d’applicazione ai decreti di liquidazione del compenso emessi in favore di qualsiasi “ausiliario del magistrato”. Tale disciplina, prosegue la stessa giurisprudenza, per il suo carattere speciale prevale sull’opposizione agli atti esecutivi prevista dall’art. 617 c.p.c., che diversamente sarebbe applicabile in quanto il decreto di liquidazione del compenso al notaio delegato ex art. 591 bis c.p.c., è sia soggettivamente (per l’organo che lo emette), sia oggettivamente (per la sua inerenza al subprocedimento di vendita) un atto del processo di esecuzione.

Tale sostituzione del rimedio speciale (l’art. 170 D.P.R. cit.) a quello comune (l’art. 617 c.p.c.) per ragioni, appunto, di sola specialità, lascia tuttavia intatta la natura prettamente esecutiva del rapporto processuale che la domanda di liquidazione del compenso instaura tra il professioni sta delegato e le parti ed i soggetti che nel processo di esecuzione hanno diritto, rispettivamente, di contraddire e di interloquire, e che in esso confrontano le rispettive posizioni di vantaggio e di svantaggio nelle forme esecutive o in quelle cognitive di volta in volta applicabili. Ai sensi dell’art. 179 bis c.p.c., il giudice dell’esecuzione nel liquidare il compenso dovuto al professionista stabilisce la parte riguardante le operazioni di vendita, il cui costo rientra fra le spese: della procedura, e quella che concerne le operazioni successive, che sono poste a carico dell’aggiudicatario. Pertanto, il provvedimento incide sulla posizione dei creditori (procedente e intervenuti), del debitore e dell’aggiudicatario, e a seconda del suo contenuto grava di più o di meno su quest’ultimo o sulla massa (e in ultima analisi sul debitore).

Tutti i predetti soggetti, di conseguenza, devono partecipare al relativo procedimento di opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, in veste di litisconsorti necessari, in base alla regola generale dell’art. 102 c.p.c. (sull’applicabilità del quale alla materia, cfr. Cass. n. 4739/11, che a sua volta richiama in motivazione il caso analogo di Cass. penale n. 6680/04).

2. – Nella specie, dagli atti del procedimento di merito, il cui esame è consentito a questa Corte in ordine ai profili di natura processuale, risulta che il ricorso D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, fu indirizzato anche alla Banca di Roma e alla Banca di M., ma non regolarmente notificato nè all’una, nè all’altra. Quanto alla prima, la relata di notifica risulta negativa; quanto alla seconda, effettuata a mezzo del servizio postale, manca agli atti l’avviso di ricevimento.

In entrambi i casi, pertanto, le notificazioni sono da considerare inesistenti.

2.1. – Consegue la nullità del procedimento di merito, in quanto svolto a contraddittorio non integro, e la nullità derivata del provvedimento impugnato, che va pertanto dichiarata. Gli atti vanno rimessi al Tribunale di Velletri il quale, in altra composizione, integrato il contraddittorio nei confronti dei predetti litisconsorti necessari, deciderà nel merito e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, decidendo sul ricorso, dichiara la nullità del provvedimento impugnato e rimette gli atti al Tribunale di Velletri, in altra composizione, che provvederà anche sulle spese di cassazione.

Redazione