Limiti alla spesa sanitaria e potere delle Regioni (Cons. Stato n. 1913/2013)

Redazione 09/04/13
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FATTO e DIRITTO

1.- La Fondazione Istituto Neurologico “****************”, la Fondazione “*****************” – Clinica del Lavoro e della Riabilitazione, il Centro Cardiologico Fondazione Monzino, l’Istituto Auxologico Italiano, la Fondazione Centro San Raffaele Del Monte Tabor, l’Istituto Europeo di Oncologia, la Fondazione “Don *************” e l’Istituto Scientifico ************* – Fondazione “La Nostra Famiglia” avevano impugnato con ricorso straordinario, poi trasposto davanti al T.A.R. per la Lombardia, il decreto della Direzione generale Sanità della Regione Lombardia n. 1104 del 29 gennaio 2002, avente ad oggetto la decurtazione dei valori delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e di diagnostica strumentale per l’anno 2000, nonché gli atti presupposti e connessi.

2.- Il T.A.R. per la Lombardia, sede di Milano, Sezione I, con sentenza n. 1492 del 23 aprile 2004 ha accolto in parte il ricorso e per l’effetto ha annullato il decreto n. 1104 del 29 gennaio 2002.

3.- Il Centro Cardiologico Fondazione Monzino, l’Istituto Europeo di Oncologia e la Fondazione Istituto Neurologico “****************” hanno appellato (con atto notificato il 6 ottobre 2004) l’indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.

4.- Il 9 marzo 2011 la Fondazione Istituto Neurologico “****************”, con nuovi procuratori costituiti in giudizio, ha rinnovato la domanda di fissazione dell’udienza di discussione dell’appello al fine di evitarne la perenzione.

Analoga domanda non risulta presentata dal Centro Cardiologico Fondazione Monzino e dell’Istituto Europeo di Oncologia.

Ciò stante, ai sensi dell’art. 1 dell’allegato 3 (norme transitorie) del c.p.a., deve essere dichiarata l’intervenuta perenzione dell’appello nei confronti del Centro Cardiologico Fondazione Monzino e dell’Istituto Europeo di Oncologia.

Resta quindi da esaminare l’appello della Fondazione Istituto Neurologico “****************”.

5.- Il T.A.R. per la Lombardia, con la citata sentenza n. 1492 del 2004 ha accolto in parte il ricorso di primo grado avendo ritenuto illegittimo il decreto 29 gennaio 2002 n. 1104 del Direttore generale Sanità della Regione Lombardia per aver definito i criteri di abbattimento per il 2000 in assenza di contraddittorio. Infatti tale decreto, secondo il T.A.R., «doveva essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento in modo che l’Amministrazione potesse acquisire, con l’apporto degli interessati, tutte gli elementi di cognizione e di valutazione utili ad una appropriata ed equilibrata determinazione degli abbattimenti, sia pure nell’ambito dei criteri generali prestabiliti nelle delibere di Giunta». Ciò anche in considerazione del fatto che il decreto in questione era «sopraggiunto nel 2002 con la finalità di disporre relativamente ad un esercizio (2000) oramai concluso».

Tale statuizione non è stata appellata dalla Regione e deve ritenersi quindi passata in giudicato.

6.- L’appello della Fondazione Istituto Neurologico “****************” riguarda quindi la parte della sentenza con cui il T.A.R. ha ritenuto infondate le censure che erano state proposte avverso gli atti presupposti del citato decreto n. 1004 del 29 gennaio 2002 (e quindi avverso le delibere di Giunta regionale 26 febbraio 1999 n. VI/41742, recante modifica ed integrazioni alla DGR 29 dicembre 1998 n. VI/40903, e 3 agosto 2000 n. VII/943), nonché l’altra parte della sentenza con cui il T.A.R. ha ritenuto infondate le dedotte violazioni della disciplina dettata dal contratto sottoscritto fra le parti per l’erogazione delle prestazioni sanitarie.

7.- Con l’indicata delibera n. VI/40903 del 29 dicembre 1998, la Giunta regionale aveva distribuito le risorse del Fondo sanitario regionale (F.S.R.), per gli anni 1999 e 2000, tra le diverse funzioni in cui si articola l’assistenza sanitaria pubblica, ed aveva fissato il tetto di spesa per le diverse prestazioni che il servizio sanitario doveva erogare. In particolare, per quel che qui interessa, era stato fissato il tetto di spesa per l’attività di specialistica ambulatoriale e diagnostica per l’anno 2000 (1.501 miliardi di lire). Con la successiva delibera n. 943 del 2000 tale importo veniva aumentato a 1.800 miliardi. Con la DGR n. 41742 del 1999 era poi stabilito che la decurtazione delle tariffe per le prestazioni eccedenti il tetto di spesa assegnato avrebbe operato, in modo meno rigido rispetto a quanto in precedenza determinato, fino al 20% della spesa dell’anno precedente per le strutture che avevano superato la spesa e, qualora ciò non fosse stato sufficiente, con una decurtazione generalizzata per tutte le strutture.

Con l’annullato decreto n. 1104 del 29 gennaio 2002 la Regione, preso atto del superamento del tetto di spesa, aveva quindi stabilito la misura della regressione tariffaria da applicare in concreto alle singole strutture sanitarie.

8.- Ciò chiarito, si deve ricordare che con altro ricorso la Fondazione Istituto Neurologico “****************” ha appellato la sentenza (n. 1485 del 23 aprile 2004) con la quale il T.A.R. per la Lombardia aveva respinto il ricorso con il quale la stessa Fondazione, insieme ad altre strutture sanitarie, aveva impugnato la DGR 29 dicembre 1998 n. VI/40903.

8.1.- Al riguardo, come affermato da questa Sezione nella decisione sul predetto appello, si deve anche in questa sede ricordare che, nel vigente quadro normativo, spetta alle Regioni provvedere con atti autoritativi e vincolanti di programmazione, alla fissazione del tetto massimo annuale di spesa sostenibile con il fondo sanitario regionale e di distribuire le risorse disponibili per singola istituzione o per gruppi di istituzioni, nonché di provvedere alla determinazione dei preventivi annuali delle prestazioni, assicurando l’equilibrio complessivo del sistema sanitario dal punto di vista organizzativo e finanziario (fra le più recenti: Consiglio di Stato, Sez. III, 30 gennaio 2013, n. 598).

8.2.- Anche l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, chiamata ad affrontare la questione della legittimità degli atti di programmazione delle risorse, con la fissazione dei tetti di spesa, intervenuti in corso d’anno, ha affermato che «alle Regioni è … affidato il compito di adottare determinazioni di natura autoritativa e vincolante in tema di limiti alla spesa sanitaria, in coerenza con l’esigenza che l’attività dei vari soggetti operanti nel sistema sanitario si svolga nell’ambito di una pianificazione finanziaria» (decisioni n. 3 e n. 4 del 12 aprile 2012). Ed ha aggiunto che tale attività di pianificazione delle risorse, in quanto necessaria, può essere esercitata anche nel corso dell’anno di riferimento.

Si è poi precisato che l’osservanza del tetto di spesa rappresenta un vincolo ineludibile che costituisce la misura delle prestazioni sanitarie che il servizio sanitario nazionale può erogare e può quindi permettersi di acquistare da ciascun erogatore privato (Consiglio di Stato, Sez. III, 14 dicembre 2012, n. 6432).

8.3.- Anche la Corte Costituzionale, nel sottolineare l’importanza del collegamento tra responsabilità e spesa, ha evidenziato che l’autonomia dei vari soggetti ed organi che operano nel settore, deve essere necessariamente correlata alle disponibilità finanziarie e non può prescindere dalla limitatezza delle risorse e dalle esigenze di risanamento del bilancio nazionale (Corte Costituzionale 28 luglio 1995, n. 416).

9.- Nell’esercizio della indicata funzione programmatoria le Regioni hanno quindi un ampio potere discrezionale nello stabilire come le risorse disponibili per il sistema sanitario debbano essere utilizzate, ed esercitano tale potere tenendo conto di molteplici esigenze quali il diritto degli assistiti alla fruizione di prestazioni sanitarie adeguate, l’efficienza delle strutture pubbliche, le legittime aspettative degli operatori privati che operano secondo logiche imprenditoriale, l’interesse pubblico al contenimento della spesa (Consiglio di Stato, Sez. III, 14 gennaio 2013 n. 134).

10.- In tale quadro anche il sistema di regressione tariffaria per le prestazioni sanitarie che eccedono il tetto massimo prefissato, deve ritenersi espressione del potere autoritativo di fissazione dei tetti di spesa e di controllo pubblicistico della spesa sanitaria e si giustifica sia con la considerazione che, ove venisse consentito lo sforamento dei tetti complessivi di spesa fissati, il potere di programmazione regionale ne risulterebbe vanificato, sia con l’ulteriore considerazione che i soggetti erogatori delle prestazioni possono effettuare le opportune programmazioni della rispettiva attività sulla base delle risorse loro assegnate (Consiglio di Stato, Sez. III, 5 febbraio 2013 n. 679).

11.- Sulla base delle esposte considerazioni, a prescindere da ogni profilo di possibile inammissibilità del ricorso per la tardiva (in questo giudizio) impugnazione della predetta DGR n. VI/40903 del 29 dicembre 1998, le censure sollevate avverso la stessa delibera devono ritenersi infondate.

Ed egualmente infondate, per gli stessi motivi (ed a prescindere sempre dalla possibile tardività dell’impugnazione) risultano le censure sollevate avverso le DGR 26 febbraio 1999 n. VI/41742 e 3 agosto 2000 n. VII/943.

12.- Deve solo aggiungersi che risulta esente da manifesti vizi logici la previsione di una regressione tariffaria secondo i criteri dettati dalle stesse delibere (che si sono prima ricordati).

Peraltro tale delibere prevedevano solo il limite massimo di riduzione delle tariffe in applicazione della regressione tariffaria che era necessaria per riportare la spesa sanitaria nei limiti delle risorse disponibili. In concreto per l’anno 2000, con il decreto poi annullato dal T.A.R., la regressione era stata disposta in una percentuale (5,76%) molto al di sotto del limite massimo stabilito. E per il 2001, come ricordato in memoria dalla Regione, in un accordo stipulato fra l’Assessore regionale alla sanità e le organizzazioni sindacali di categoria era stato stabilito che l’abbattimento avrebbe operato in misura non superiore all’8%.

13.- In relazione alla doglianze sollevate avverso il mancato rispetto (da parte dell’amministrazione) degli obblighi assunti contrattualmente, correttamente il T.A.R. ha ricordato che l’art. 11, commi 4 e 5, del contratto-tipo (approvato con DGR 47508 del 29 dicembre 1999) prevedeva che «in caso di emanazione di norme legislative o regolamentari regionali, nonché di adozione di provvedimenti amministrativi regionali generali incidenti sul contenuto del contratto stipulato, lo stesso deve ritenersi automaticamente modificato ed integrato. In tali casi la struttura contraente ha facoltà, entro trenta giorni dalla pubblicazione dei provvedimenti di cui sopra, di recedere dal contratto, a mezzo di formali comunicazioni da notificare all’ASL e alla direzione generale sanità».

Tale previsione costituisce applicazione del principio secondo il quale il contratto sottoscritto dagli operatori sanitari deve ritenersi inevitabilmente condizionato dagli atti normativi e generali di programmazione della spesa sanitaria.

14.- Peraltro, come giustamente ricordato dal giudice di primo grado, la possibilità di abbattimenti tariffari è prevista dal legislatore (art. 8 quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992), ed è, come si è visto, insita in un sistema che gli operatori conoscono e che accettano nel momento in cui decidono di operare nello stesso con la sottoscrizione del relativo contratto.

15.- Inammissibili, come sostenuto dalla Regione, risultano invece le doglianze, sollevate solo in memoria in appello, fondate sulla particolare natura delle prestazioni erogate dagli IRCCS.

Le doglianze sono comunque anche infondate in quanto tutte le strutture, a prescindere dalla loro natura, risultavano sottoposte alle determinazioni in materia di tetti di spesa e di regressione tariffaria.

Come questa Sezione ha affermato nella decisione sull’appello proposto avverso la sentenza del T.A.R. per la Lombardia n. 1485 del 2004, la regressione tariffaria coinvolge infatti tanto le strutture pubbliche quanto quelle private, mentre la specificità degli istituti di ricerca è salvaguardata attraverso specifiche quote di finanziamento a carico del F.S.R., finalizzate a remunerare categorie di spese riconducibili anche alle attività istituzionali degli enti di ricerca (prestazioni ad alta specialità e funzioni sanitarie non tariffabili).

16.- Né si può sostenere l’illegittimità delle decurtazioni tariffarie per non essere stato posto un limite alle prestazioni richieste dai cittadini posto che invece il limite doveva essere ricavato dalle assegnazioni delle risorse e dai conseguenti tetti di spesa.

Peraltro questa Sezione ha già precisato che il mancato rispetto dei tetti di spesa rende non solo legittime le previste regressioni tariffarie per le prestazioni rese in eccedenza (peraltro nella fattispecie anche articolate secondo la natura delle prestazioni e dei soggetti eroganti) ma rende finanche possibile la previsione di una mancata totale remunerazione delle prestazioni rese in eccedenza, fatti salvi i casi di riconosciuta inderogabilità delle prestazioni rese.

17.- Alla luce di tutto quanto esposto l’appello della Fondazione Istituto Neurologico “****************” è infondato e va respinto.

Le spese dell’appello seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto:

dichiara la perenzione dell’appello nei confronti del Centro Cardiologico Fondazione Monzino e dell’Istituto Europeo di Oncologia;

respinge l’appello proposto dalla Fondazione Istituto Neurologico “****************”;

condanna la Fondazione Istituto Neurologico “****************” al pagamento, in favore della Regione Lombardia, di € 3.000,00 (tremila) per le spese e competenze del grado di appello;

ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2013

Redazione