Licenziamento per il lavoratore che per contestare la sospensione disciplinare produce in giudizio delle foto che poi si rivelano false (Cass. n. 20823/2013)

Redazione 11/09/13
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo

1. – Con ricorso al Tribunale di Genova, T.P., dipendente di AIMIU (Azienda multiservizi e igiene urbana) s.p.a. di Genova con mansioni di autista, proponeva opposizione alla sanzione disciplinare della sospensione dal servizio irrogatagli per aver scaricato un carico di rifiuti in sito diverso da quello indicato dalle disposizioni aziendali. Con successivo ricorso il T. impugnava il licenziamento disciplinare irrogatogli dall’Azienda in quanto, in allegato al primo ricorso, egli aveva prodotto in giudizio alcune fotografie che descrivevano un episodio di sversarmento di rifiuti liquidi che si assumeva compiuto da altro personale in violazione delle norme di igiene e sicurezza, che non risultava mai avvenuto.
2. – Riuniti i ricorsi e rigettate entrambe le domande, proposto appello dal T., la Corte d’appello di Genova con sentenza in data 11.05.09 rigettava l’impugnazione. La Corte, riscontrata la correttezza dell’istruttoria testimoniale e accertata in entrambi i casi la materiale realizzazione della condotta ascritta, verificava la corrispondenza del fatto contestato con quello oggetto della motivazione sia della sanzione conservativa che di quella espulsiva, concludendo in entrambi i casi per la proporzione tra la sanzione irrogata ed i comportamenti posti in atto.
3. – Avverso questa sentenza T. proponeva ricorso, cui rispondeva l’Azienda con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio ha disposto la stesura di motivazione semplificata.

Motivi della decisione

4. – Le censure mosse dal T. alla sentenza di appello sono relative al solo capo concernente l’impugnazione del licenziamento e possono essere così riassunte.
4.1. – Con i primi tre motivi è censurato, sotto il profilo della carenza di motivazione e della violazione di legge (art. 7 della l. 20.05.70 n. 300), il giudizio circa la tempestività della contestazione dell’illecito disciplinare da cui è derivato il licenziamento, atteso che la relativa lettera raccomandata è del 15.05.07, quando le fotografie oggetto della contestazione erano state da tempo depositate agli atti del giudizio di impugnazione della sanzione disciplinare conservativa, introdotto con ricorso notificato il 9.12.06;
4.2. – con i motivi quarto e quinto è dedotta violazione dell’art. 7 della 1. 20.05.70 n. 300 e dell’art. 2119 c.c., nonché dei principi di ermeneutica negoziale nell’interpretazione della lettera di contestazione e del principio dell’immutabilità della contestazione disciplinare, con conseguente lesione del diritto di difesa, non avendo il giudice considerato che il comportamento contestato (alterazione di alcune fotografie) era diverso da quello oggetto della motivazione del licenziamento (abusivo sversamento di liquami in zona vietata, al solo fine di documentare fotograficamente pretesi quanto inesistenti comportamenti illeciti non puniti, compiuti da altri operatori);
4.3. – con i motivi sesto, settimo ed ottavo è contestata la violazione del principio dell’onere della prova e la contraddittorietà del processo interpretativo delle risultanze istruttorie, avendo il giudice motivato sulla base di indizi, tralasciando la considerazione dei fatti e delle circostanze di causa acquisiti sulla base dei documenti e delle testimonianze in atti; in particolare, il giudice non avrebbe considerato che il T. non era in possesso delle cognizioni tecniche per aprire le valvole che consentivano gli scarichi abusivi, omettendo di considerare la circostanza, ritenendola non tempestivamente dedotta in sede disciplinare;
4.4. – Con i motivi dal nono al dodicesimo è dedotto omesso esame di specifici motivi di appello inerenti: la mancanza di prova che nelle foto fosse rappresentato effettivamente uno scarico di rifiuto liquido (nono), l’istanza di confronto dei testi M. e D. (decimo), la richiesta di prova per testi su circostanza emersa in corso di causa (undicesimo), decadenza di AMIU dall’escussione del teste D. tardivamente indicato (dodicesimo);
4.5. – con il tredicesimo motivo è dedotta violazione degli artt. 7 della 1.300 del 1970 e dell’art. 2119 c.c. circa il giudizio di proporzionalità tra la violazione commessa e la sanzione espulsiva espresso dal giudice di appello, derivante da una incomprensione del motivo di impugnazione con cui si era sostenuto che AMIU non si doleva della lesione del rapporto fiduciario intercorrente con il dipendente, quanto dell’accusa di incapacità gestionale che costui aveva mosso all’Azienda e di mancanza di responsabilità da parte dei colleghi nell’espletamento del lavoro. E’ con riferimento a questa contestazione che avrebbe dovuto, quindi, essere effettuato il giudizio di proporzionalità della sanzione irrogata.
5. – Quanto ai primi tre motivi di ricorso, deve rilevarsi che nel licenziamento per giusta causa, il principio dell’immediatezza della contestazione dell’addebito deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti sia molto laborioso e richieda uno spazio temporale maggiore, e non potendo equipararsi alla conoscenza effettiva la mera possibilità di conoscenza dell’illecito, ovvero supporsi una tolleranza dell’azienda a prescindere dalla conoscenza che essa abbia degli abusi del dipendente. In ogni caso, la valutazione della tempestività della contestazione costituisce giudizio di merito, non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivato (v. per tutte Cass. 8.03.10 n. 5546 e 22.10.07 n. 22066).
Nella specie la Corte d’appello si è attenuta a questi principi, rilevando che la conoscenza da parte dell’azienda dei fatti poi contestati ai fini della sanzione espulsiva (produzione agli atti di causa di una fotografia artatamente costruita) avvenne solo quando l’Azienda stessa ne ricevette comunicazione dal proprio difensore, il che avvenne in momento successivo al momento cui questi ebbe modo di prendere visione degli atti di causa. Dato che il mandato a detto difensore fu rilasciato il 10.05.07, che la lettera di contestazione reca la data del 15.05.07 e che la lettera di risposta del T. è del 18.05.07 (secondo quanto accertato dalla Corte d’appello), il giudizio di congruità dei tempi è logicamente articolato ed in nulla è scalfito dalle obiezioni di parte ricorrente, che tendono invece ad una nuova valutazione dei fatti, inammissibile in sede di legittimità.
6. – Sono infondati i motivi quarto e quinto, atteso che nella sentenza impugnata non si rinvengono i difetti interpretativi in cui sarebbe incorso il giudice nel mettere a confronto l’addebito contestato e il comportamento posto a base del licenziamento. A prescindere dalla circostanza che parte ricorrente non indica (in termini sostanziali e non meramente formali) quali siano i canoni interpretativi che il giudice avrebbe violato, secondo un preciso onere a lui facente capo (v. per tutte Cass. 30.04.10 n. 10554), deve in ogni caso rilevarsi che il giudice precisa che “il fatto addebitato (avere artatamente costruito la fotografia) può essere riferito non solo a manipolazione diretta sulla fotografia (fotomontaggio) ma anche ad una alterazione dei luoghi e delle cose e alla loro successiva ripresa fotografica …”. Trattasi di motivazione di fatto congruamente motivata e come tale incensurabile in questa sede.
7.- Analogamente deve rilevarsi per i motivi dal sesto all’undicesimo (v. supra nn. 4.3 e 4.4), ove si contesta l’iter argomentativo del giudice sostenendosi che questi avrebbe basato il suo ragionamento su indizi e non su prove, riproponendosi una rilettura delle dichiarazioni rese dai testi e una rilettura di vari documenti. Anche in questo caso ad argomentazioni congrue e logicamente organizzate parte ricorrente ripropone solo diverse ed inammissibili considerazioni di fatto.
8. – Il dodicesimo motivo (v. n. 4.4.) è inconferente, in quanto la Corte d’appello non ha dato rilevanza autonoma alla testimonianza D., giungendo alla ricostruzione dei fatti e delle connesse responsabilità sulla base di una valutazione complessiva del cospicuo materiale istruttorio. La motivazione, pertanto, non subirebbe alcun pregiudizio dall’eventuale accoglimento del motivo.
9. – Quanto al tredicesimo motivo (v. n. 4.5), deve rilevarsi che la lettera di contestazione (riportata integralmente a pag. 3 del ricorso), tra l’altro, testualmente recita: “… lei si è proposto di far credere ad una inesistente incapacità gestionale dell’Azienda e, peggio ancora, una grave mancanza di coscienza dei suoi colleghi di lavoro. Un tale deprecabile comportamento viola i doveri di correttezza, buona fede e leale comportamento al fine – altrettanto illecito – di attribuire all’Azienda carenze tali da non giustificare il potere-dovere sanzionatorio. …”. Parte ricorrente, nel riportare uno stralcio solo parziale di questa contestazione, assume che la Corte di merito nel ritenere violato il vincolo fiduciario avrebbe frainteso il contenuto cd il senso della contestazione. Deve invece ritenersi che la lettura fatta dal giudice sia consonante con il contenuto della contestazione, al punto da giustificare logicamente l’esposto giudizio di proporzionalità. Anche in questo caso, dunque, il motivo si risolve nella sollecitazione di un inammissibile nuovo giudizio di fatto.
9. – In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alle spese del giudizio di legittimità nella misura di seguito indicata.
I compensi professionali vanno liquidati in € 4.000 sulla base del d.m. 20.07.12 n. 140, tab. A-Avvocati, con riferimento alle tre fasi previste per il giudizio di cassazione (studio, introduzione del giudizio, decisione) ed allo scaglione del valore indeterminato.

Per questi motivi

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 50 (cinquanta) per esborsi ed in € 4.000 (quattromila) per compensi, oltre *** e Cpa.

Redazione