Licenziamento disciplinare per il responsabile di banca che concede affidamenti senza cautele (Cass. n. 16860/2012)

Redazione 04/10/12
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Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città, con la quale era stata respinta la domanda di C.B. tendente ad ottenere l’accertamento della illegittimità del licenziamento intimatogli dalla Banca (omissis) spa per: a) avere deliberato, quale Responsabile Affari Roma Sud Latina Frosinone, la concessione di affidamenti supplementari a favore di soggetti che avevano già manifestato sintomi di inaffidabilità tali da consigliare l’immediato blocco di ogni rapporto; b) avere abusato dell’autovettura aziendale in sua dotazione, effettuando, in particolare, rifornimenti di carburante che non apparivano giustificati dai percorsi dichiarati e dal tipo di autovettura che gli era stata concessa in uso; c) avere indebitamente percepito indennità di missione e rimborsi spese per trasferte che, in realtà, non erano state effettuate (addebito, quest’ultimo, che il Tribunale ha ritenuto sfornito di prova, respingendo la domanda della Banca di restituzione delle indennità di trasferta e dei rimborsi spese, ma ritenendo tuttavia che i primi due addebiti fossero già sufficienti a giustificare il licenziamento).
A tali conclusioni la Corte territoriale è pervenuta osservando che la prima contestazione disciplinare doveva ritenersi sufficientemente provata, essendo emerso, sulla base delle risultanze istruttorie e della c.t.u. espletata in primo grado, che il B. aveva deliberato la concessione degli affidamenti in questione senza assumere, come avrebbe dovuto, le necessarie informazioni sulla reale situazione finanziaria dei soggetti beneficiari e sulle garanzie prestate, pur in presenza di sintomi di inaffidabilità riscontrabili anche dal semplice esame degli estratti conto di tali soggetti. Il giudice d’appello ha ritenuto poi, come già il primo giudice, che anche il contestato uso abusivo della carta carburante, oggetto del secondo addebito, avesse trovato validi elementi di riscontro nella documentazione acquisita agli atti, ritenendo di disattendere le giustificazioni fornite sul punto dall’appellante, ed ha, infine, confermato la sentenza impugnata anche nella parte concernente la statuizione di rigetto della domanda riconvenzionale, relativa alla restituzione delle indennità di trasferta e dei rimborsi spese, ritenendo che la Banca non avesse fornito sufficienti elementi di prova al riguardo.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione B.C. affidandosi a tre motivi di ricorso cui resiste con controricorso la (omissis) spa (già Banca (omissis) spa) che ha proposto anche ricorso incidentale fondato su un unico motivo.
Il B. ha depositato controricorso per resistere al ricorso incidentale.
Entrambe le parti anno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

 

Motivi della decisione

Preliminarmente, deve essere disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, ex art. 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza.
1 – Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione degli artt. 112 e 116 c.p.c., nonché vizio di motivazione, con riferimento alla statuizione con la quale la Corte d’appello ha ritenuto provata l’esistenza del primo addebito. Tali violazioni discenderebbero dall’impossibilità di ricostruire l’iter logico che ha portato la Corte territoriale alle proprie conclusioni, nonché dalla mancata valutazione, da parte dei giudici d’appello, di alcune circostanze che avrebbero avuto valore decisivo nell’escludere ogni responsabilità del lavoratore in ordine alla sussistenza dell’addebito.
2 – Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 7 della legge n. 300/70, anche in relazione all’art. 2119 c.c., e dell’art. 61 c.c.n.l. 11.7.99 per i quadri direttivi e per il personale delle aree professionali dipendenti delle aziende di credito, contestando l’esistenza del requisito della immediatezza della contestazione per avere essa riguardato fatti avvenuti circa dieci mesi prima (quanto alle delibere assunte nel novembre 2003) o risalenti addirittura al 2002 (per quanto riguarda l’uso della vettura aziendale).
3.- Con il terzo motivo si denuncia l’insufficienza della motivazione in ordine alla limitazione della prova testimoniale e la falsa applicazione dell’art. 244 c.p.c. relativamente al capo della sentenza concernente le contestazioni rivolte al ricorrente in materia di rimborsi spese e di diarie.
4.- Con il ricorso incidentale si denuncia violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., nonché vizio di motivazione, relativamente alla statuizione con cui la Corte territoriale ha rigettato l’appello incidentale della Banca, riproponendo al giudizio di questa Corte i diversi elementi che non sarebbero stati adeguatamente considerati dalla Corte territoriale.
5.- Il primo motivo del ricorso principale è infondato.
In tema di configurabilità del vizio di omessa pronuncia, questa Corte ha già precisato che il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132 n. 4 c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito. Ne consegue che il vizio di omessa pronuncia – configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto – non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto (cfr. ex plurimis Cass. n. 10696/2007, Cass. n. 407/2006). È stato altresì precisato che il vizio di omessa pronuncia, che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., si configura esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto, e non anche in relazione ad istanze istruttorie (come quella di ammissione di una c.t.u.) per le quali l’omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. n. 3357/2009). Nella stessa linea, questa Corte ha ulteriormente precisato (Cass. n. 14486/2004) che non ricorre il vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia se l’omissione riguarda una tesi difensiva o un’eccezione che, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto della tesi o dell’eccezione, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronuncia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento, bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto.
6.- Quanto alla denuncia del vizio di motivazione, deve ribadirsi che, come è stato più volte affermato da questa Corte, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo esame, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti. Il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., ricorre, dunque, soltanto quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, mentre tale vizio non si configura allorché il giudice di merito abbia semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore e un significato diversi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (cfr. ex plurimis Cass. n. 10657/2010, Cass. n. 9908/2010, Cass. n. 27162/2009, Cass. n. 16499/2009, Cass. n. 13157/2009, Cass. n. 6694/2009, Cass. n. 42/2009, Cass. n. 17477/2007, Cass. n. 15489/2007, Cass. n. 7065/2007, Cass. n. 1754/2007, Cass. n. 14972/2006, Cass. n. 17145/2006, Cass. n. 12362/2006, Cass. n. 24589/2005, Cass. n. 16087/2003, Cass. n. 7058/2003, Cass. n. 5434/2003, Cass. n. 13045/97, Cass. n. 3205/95).
7.- Nelle citate sentenze questa Corte ha già avuto modo di precisare che, in tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (cfr. ex plurimis, Cass. n. 16499/2009 cit.). E, per quanto riguarda specificamente la valutazione della prova testimoniale, ha affermato che la valutazione delle risultanze delle prove e il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 42/2009 cit., cui adde Cass. n. 21412/2006, Cass. n. 4347/99, Cass. n. 3498/94).
8.- Né può trascurarsi che per poter configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario che il mancato esame di elementi probatori contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia sia tale da invalidare, con giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle risultanze sulle quali il convincimento del giudice è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base (cfr. ex plurimis Cass. n. 14034/2005), essendo necessario, in altri termini, che sussista un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza (Cass. n. 21249/2006).
9.- Nella specie, la Corte territoriale ha adeguatamente motivato il proprio convincimento osservando che, come risultava dagli accertamenti del consulente tecnico d’ufficio, il ricorrente aveva deliberato la concessione degli affidamenti supplementari senza svolgere tutti i necessari accertamenti sulla reale situazione finanziaria dei richiedenti e sulle garanzie prestate a fronte delle loro richieste, pur in presenza di “sintomi negativi” e di “eventi pregiudizievoli” (così definiti dalla normativa interna) facilmente riscontrabili da un semplice esame degli estratti conto degli stessi richiedenti. Lo stesso ricorrente aveva affermato di aver operato “a sistemazione di utilizzi già consentiti impropriamente dalla filiale”, dimostrando così di aver avuto piena consapevolezza della irregolarità di tali operazioni. Né il B. poteva invocare, a sua discolpa, un difetto di adeguata informazione da parte del direttore della filiale, giacché proprio la presenza delle pregresse rilevanti esposizioni debitorie delle società richiedenti doveva imporgli l’adozione di una diversa condotta, e cioè “quella di richiedere maggiori informazioni sulla reale situazione finanziaria delle predette società e sulle garanzie dalle stesse prestate a fronte delle richieste di affidamenti in esame”.
10.- La Corte d’appello ha inoltre osservato che le deduzioni svolte dall’appellante in ordine alle risultanze degli accertamenti peritali riguardavano solo aspetti marginali della vicenda e non scalfivano la validità dei suddetti accertamenti anche per quanto riguarda l’insufficienza delle garanzie immobiliari offerte dalle società richiedenti e la mancata adozione, da parte del ricorrente, di quelle misure che, secondo la normativa aziendale, avrebbero consentito di attivare una serie di procedure di controllo e di monitoraggio idonee a ridurre i rischi delle operazioni contestate.
11.- Alla luce dei principi enunciati sub 5), 6), 7) e 8), la sentenza impugnata, per essere adeguatamente motivata e coerente sul piano logico-formale, non merita, dunque, le censure che le sono state mosse con il primo motivo del ricorso principale.
12.- Anche il secondo motivo è infondato. Questa Corte ha già precisato che il principio della immediatezza della contestazione dell’addebito e quello della tempestività del recesso datoriale, la cui ratio riflette l’esigenza di osservanza della regola di buona fede e correttezza nell’attuazione del rapporto di lavoro, devono essere intesi in senso relativo, potendo essere compatibili con un intervallo necessario, in relazione al caso concreto e alla complessità dell’organizzazione del datore di lavoro, per un’adeguata valutazione della gravità dell’addebito mosso al dipendente e della validità o meno delle giustificazioni da lui fornite; in ogni caso, l’accertamento della violazione di tale principio spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato (cfr. ex plurimis Cass. n. 29480/2008, Cass. n. 22066/2007, Cass. n. 14115/2006).
13.- In particolare, il requisito in esame è compatibile con un intervallo di tempo necessario per l’accertamento e la valutazione dei fatti contestati, specie quando il comportamento del lavoratore consista in una serie di fatti convergenti in una unica condotta ed implichi, pertanto, una valutazione globale ed unitaria; in tal caso l’intimazione del licenziamento può seguire l’ultimo di questi fatti, anche ad una certa distanza temporale dai fatti precedenti (Cass. n. 7983/2008, Cass. n. 282/2008, Cass. n. 22066/2007, Cass. n. 18711/2007, Cass. n. 3948/2000).
14.- Rileva, inoltre, l’avvenuta conoscenza da parte del datore di lavoro della situazione contestata e non l’astratta percettibilità o conoscibilità dei fatti stessi (Cass. n. 23739/2008, Cass. n. 21546/2007).
15.- È stato altresì precisato (Cass. n. 5308/2000) che il requisito dell’immediatezza della contestazione è posto a tutela del lavoratore ed inteso a consentirgli un’adeguata difesa, onde il ritardo nella contestazione può costituire un vizio del procedimento disciplinare solo ove sia tale da determinare un ostacolo alla difesa effettiva del lavoratore, tenendo anche conto che il prudente indugio del datore di lavoro, ossia la ponderata e responsabile valutazione dei fatti, può e deve precedere la contestazione anche nell’interesse del prestatore di lavoro, che sarebbe palesemente colpito da incolpazioni avventate o comunque non sorrette da una sufficiente certezza da parte del datore di lavoro (Cass. n. 1101/2007, Cass. n. 241/2006).
16.- Nel caso di specie, la Corte d’appello ha ritenuto, confermando anche su questo punto la sentenza di primo grado, e rilevando peraltro la genericità delle censure svolte dall’appellante, che la contestazione degli addebiti – intervenuta a distanza di circa due mesi dal momento in cui si erano conclusi gli accertamenti ispettivi e di circa un mese dal momento in cui i risultati delle ispezioni erano stati portati a conoscenza dell’organo titolare del potere disciplinare – rispettasse il principio di immediatezza della contestazione, e tale plausibile valutazione, che tiene conto anche della pluralità dei fatti contestati e della necessità di un ponderata valutazione dei relativi accertamenti, non è censurabile nel giudizio di legittimità.
17.- Il terzo motivo del ricorso principale è inammissibile per riguardare, per quanto è dato comprendere, un capo della sentenza (e cioè quello concernente le contestazioni rivolte al ricorrente in materia di rimborsi spese e di diarie) rispetto al quale non vi è stata soccombenza del ricorrente e, in ogni caso, per difetto di autosufficienza, non avendo il ricorrente indicato specificamente le circostanze sulle quali avrebbero dovuto essere ascoltati i testimoni non escussi dal giudice di primo grado, né indicato se la doglianza concernente il provvedimento di limitazione della prova testimoniale fosse già stata proposta con l’atto di appello.
18.- Il ricorso incidentale, che riguarda il capo della sentenza con cui è stato respinto l’appello incidentale della Banca, è infondato.
Deve escludersi anzitutto l’allegata violazione dell’art. 2697 c.c. sull’onere della prova.
È erroneo infatti sostenere che, a fronte di una richiesta di restituzione di quanto indebitamente percepito dal lavoratore a titolo di indennità di trasferta e rimborsi spese, “non spettava alla Banca dimostrare la non veridicità delle attestazioni di sig. B. , ma a quest’ultimo dimostrarne la veridicità”.
È pacifico, infatti, secondo l’indirizzo giurisprudenziale della S.C. in materia, che, essendo l’inesistenza della causa debendi un elemento costitutivo (unitamente all’avvenuto pagamento e al collegamento causale tra il versamento ed il debito rivelatosi insussistente) della domanda di indebito oggettivo (art. 2033 c.c.), la relativa prova incomba all’attore (cfr. ex plurimis Cass. n. 15162/2008, Cass. n. 5896/2006).
19.- In tema di prova per presunzioni, questa Corte ha inoltre affermato che la prova per presunzioni costituisce prova “completa” alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, al fine della formazione del proprio convincimento, nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, controllarne l’attendibilità e la concludenza e, infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione. Spetta pertanto al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve far emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dar luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (Cass. n. 10847/2007, Cass. n. 15737/2003).
20.- Nella specie, la Corte d’appello ha spiegato, con motivazione adeguata e priva di vizi logici o giuridici, le ragioni per le quali ha ritenuto che dalle circostanze evidenziate dalla società non fosse desumibile con ragionevole certezza la veridicità di quanto affermato dalla Banca a sostegno della domanda di restituzione. Ha osservato, in particolare, la Corte di merito che la gran parte delle contestazioni si fondava sull’apparente incompatibilità tra le date e gli orari degli accessi al sistema informatico dell’azienda, effettuati con la password del B. , e la richiesta, da parte di quest’ultimo, di trattamenti di missione e di rimborsi spese per le stesse giornate in cui, stando ai dati del sistema informatico, avrebbe dovuto trovarsi in ufficio. La Corte d’appello ha escluso, tuttavia, che tale circostanza fosse, per sé sola, idonea a dimostrare la presenza in ufficio del B., e, quindi, l’inesistenza di una causa che giustificasse la corresponsione, da parte della Banca, di indennità di trasferta o di rimborsi spese per la stesse giornate, osservando che dalla prova testimoniale era emerso che la chiave di accesso al sistema informatico, di cui era dotato il B., era conosciuta e utilizzata anche da altri colleghi di lavoro, sicché il collegamento al sistema informatico mediante l’utilizzazione di tale chiave di accesso non poteva costituire, da solo, circostanza decisiva in ordine all’identificazione del soggetto che ne aveva usufruito.
21.- Le circostanze evidenziate dalla società con il ricorso incidentale non sono tali da far emergere una assoluta illogicità o contraddittorietà del ragionamento decisorio, limitandosi la controricorrente a contrapporre alla valutazione della Corte territoriale il proprio diverso convincimento in ordine all’efficacia probatoria degli elementi evidenziati nel giudizio di merito e a denunciare la mancata valutazione di alcune circostanze (quali l’utilizzo dell’autovettura aziendale o l’effettuazione di prelievi a mezzo della tessera “bancomat” in luoghi diversi da quelli indicati ai fini della liquidazione dell’indennità di trasferta) già correttamente ritenute dalla Corte d’appello meramente indiziarie e di per sé non decisive ai fini dell’esclusione del diritto del lavoratore alla corresponsione delle indennità e dei rimborsi spese di cui si discute.
22.- Quanto agli elementi desumibili dalle ricevute delle spese di parcheggio – su cui la Banca ha particolarmente insistito con il controricorso – va rilevato che il giudice d’appello non ha mancato di sottolineare, con argomentazione corretta sotto il profilo logico-giuridico, che “con riferimento tanto alle spese di parcheggio, quanto all’uso del Telepass e della Viacard aziendali, il riconoscimento, da parte del B., di un singolo episodio, giustificato in modo più o meno plausibile, non esonera affatto la datrice di lavoro dagli oneri probatori sulla medesima incombenti, in relazione alla legittimità della sanzione adottata nei confronti del dipendente”.
23.- In conclusione, deve escludersi che nella fattispecie possa ravvisarsi la violazione delle norme di legge denunciata dalla controricorrente con il ricorso incidentale, così come deve escludersi l’esistenza di alcun vizio motivazionale in ordine alla valutazione delle prove assunte.
24.- Sia il ricorso principale che quello incidentale devono essere pertanto rigettati con la conferma della sentenza impugnata, dovendosi ritenere assorbite in quanto sinora detto, tutte le censure non espressamente esaminate.
25.- L’istanza di cancellazione ex art. 89 c.p.c. formulata dal B. con il controricorso proposto avverso il ricorso incidentale non può trovare accoglimento per la genericità della formulazione (che non individua con precisione e chiarezza le espressioni ritenute sconvenienti od offensive).
26.- Le spese del giudizio di legittimità seguono la prevalente soccombenza del ricorrente principale.

 

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi; condanna il ricorrente principale al pagamento delle le spese del presente giudizio liquidate in Euro 40,00 oltre Euro 3.000,00 per onorari, oltre ***, Cpa e spese generali.

Redazione