Licenziamento disciplinare: non può essere licenziato in tronco il dipendente che si collega nottetempo al pc aziendale (Cass. n. 10432/2012)

Redazione 22/06/12
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Svolgimento del processo

La Corte di appello di Palermo, parzialmente riformando la sentenza di primo grado, accoglieva la domanda di L.C.A., proposta nei confronti della Banca Nuova S.p.A., avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento disciplinare con il quale la predetta Banca gli aveva contestato l’effettuazione di tentativi notturni di accesso al SEC e l’avvenuta configurazione del PC aziendale con software ed hardware non autorizzati.

La Corte del merito, per quello che interessa in questa sede,ritenuto legittimo sotto il profilo formale il licenziamento impugnato, lo considerava non sorretto da giusta causa o giustificato motivo.

Tanto perchè, relativamente ai contestati tentativi di connessione con il sistema centrale, il relativo addebito non trovava riscontro nelle deposizioni dei testi C., S. e D. in quanto le loro dichiarazioni erano tra loro divergenti e come tali non idonee a fornire certezza circa l’effettivo collegamento al compiuter del modera necessario per il controllo remoto della postazione.

Del resto, aggiungeva la Corte del merito, considerato che il LOG del sistema del Sec evidenziava il codice identificativo della postazione di lavoro del lavoratore appariva alquanto improbabile che lo stesso avesse t tentato l’accesso fuori l’orario di servizio. Per di più il CT nominato nello instaurato giudizio penale aveva ipotizzato che i tentativi di connessione potevano essere stati generati dal server di posta del sistema in corrispondenza delle operazioni compiute dall’utente per scaricare la propria posta elettronica. Nè, precisava la Corte territoriale, la Banca aveva fornito i dati telefonici relativi al centralino della Banca che avrebbero potuto chiarire se effettivamente si erano verificati dei tentativi non autorizzati al sistema centrale o si era trattato di semplici collegamenti al servizio di posta elettronica.

Relativamente, poi, alla addebitata alterazione della configurazione standard del compiuter, osservava la Corte palermitana, che, oltre alla circostanza della non attendibilità di tutto l’hadware e del software portato alla luce dal CT -atteso che il tutor della Banca in sede ispettiva aveva operato sugli hard disk originali-, era, altresì risultato che il compiuter della postazione lavorativa del L.C. poteva essere utilizzato anche da altri soggetti, sicchè non poteva operare alcuna presunzione di responsabilità in suo danno.

Avverso questa sentenza la Banca in epigrafe ricorre in cassazione sulla base di un’unica complessa censura, precisata da memoria.

Resiste con controricorso la parte intimata che propone impugnazione incidentale condizionata assistita da una sola censura, articolata sotto diversi profili, cui si oppone, con controricorso, la Banca Nuova S.p.A..

Motivi della decisione

I ricorsi vanno preliminarmente riuniti riguardando l’impugnazione della stessa sentenza.

Con il ricorso principale la Banca deduce violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 2727 c.c. nullità della sentenza, nonchè omessa e contraddittoria motivazione.

La società denuncia, innanzitutto, che la Corte del merito non ha preso in considerazione tutte le prove e non si è premurata di specificare le discordanze delle dichiarazioni rese dai testi S.D. e C..

Osserva,poi, la società che la Corte territoriale, diffidando delle dichiarazioni fornite dai testi, ha fondato la propria decisione sulla mera circostanza che il CT P. non aveva escluso che i tentativi di connessione potevano essere stati generati da tentativi di scaricare la propria posta. Nè, secondo la Banca, la Corte spiega quale urgenza aveva il lavoratore di scaricare da casa alle ore 00,29 la propria posta o perchè aveva impostato il proprio PC con il wake up on ring, ecc. .Nè, assume la società, la Corte palermitana tiene conto delle ulteriori dichiarazioni del teste S..

Assume,poi, la ricorrente principale, che per quanto attiene l’alterazione del compiuter, la Corte erroneamente ritiene che tale alterazione non era addebitabile al L.C., non tenendo conto delle dichiarazioni rese dai testi D. e S..

Conclude, quindi, la Banca che la Corte del merito avrebbe dovuto, pertanto, ai sensi dell’art. 2727 c.c., trarre dalle risultanze istruttorie, sia documentali che orali, conclusioni completamente diverse tenendo conto ex art. 116 c.p.c., della valutazione globale delle risultanze stesse.

Il ricorso è infondato.

Innanzitutto è opportuno, preliminarmente, ribadire che al fine di adempiere all’obbligo della motivazione, il giudice del merito non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. 25 maggio 1995 n. 5748).

Parallelamente va riaffermato che al giudice del merito spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge), mentre al giudice di legittimità non è conferito il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito (Cass. 12 febbraio 2008 n. 3267 e 27 luglio 2008 n. 2049) .E nella stessa ottica i giudici di legittimità hanno, altresì, precisato che nel caso in cui nel ricorso per cassazione venga prospettato come vizio di motivazione della sentenza una insufficiente spiegazione logica relativa all’apprezzamento, operato dal giudice di inerito, di un fatto principale della controversia, il ricorrente non può limitarsi a prospettare una possibilità o anche una probabilità di una spiegazione logica alternativa, essendo invece necessario che tale spiegazione logica alternativa del fatto appaia come l’unica possibile (cfr. in tali sensi Cass. 12 febbraio 2008 n. 3267 e 27 luglio 2008 n. 20499).

Alla luce di tali principi cardini del nostro ordinamento processuale risulta, conseguentemente, del tutto infondato il ricorso in esame.

Infatti con detto ricorso si mira sostanzialmente ad ottenere, in sede di legittimità, una diversa valutazione, rispetto a quella operata dal giudice del merito, delle emergenze istruttorie chiedendosi a questa Corte di legittimità di accertare la non discordanza delle dichiarazioni rese dai testi e di affermare, quindi, in contrasto con l’accertamento condotto della Corte di Appello, che “il compiuter fosse stato modificato proprio dal L. C. e non da altri, che questo fosse collegato ad un modem che una chiamata esterna si accendeva e si metteva in funzione; che il L. nella notte del 22 gennaio 2003 si era collegato, tramite il suddetto modem, dalla propria utenza, al Sec di Padova”.

Nè, e vale la pena di sottolinearlo, la società ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, riporta nel ricorso le dichiarazioni dei testi ed il contenuto dei documenti di cui lamenta l’erronea valutazione(Cass. 20 febbraio 2007 n. 3920 nonchè Cass. 28 febbraio 2006 n. 4405).

Del resto, la Corte di appello, nell’escludere la sussistenza di una prova, circa la sussistenza dei contestati tentativi di connessione con il sistema centrale, sulla base delle dichiarazioni discordanti dei testi, della possibilità riferita dal CT penale di connessione avvenuta ai soli fini di semplici collegamenti al servizio di posta elettronica personale del lavoratore e della mancanza di dati telefonici, fornisce sul punto adeguata e congrua motivazione.

Lo stesso dicasi in ordine all’addebito relativo all’alterazione del compiuter che coerentemente la Corte del merito esclude difettando la prova di un uso esclusivo da parte del L.C. del compiuter relativo alla sua postazione di lavoro e della inutilizzabilità di quanto emerso in sede di CT penale circa la configurazione dello stesso essendo l’ispettore della Banca intervenuto precedentemente sugli hard disk originali.

Sulla base delle esposte considerazioni, in conclusione, il ricorso principale va rigettato, essendo la sentenza impugnata sorretta da motivazione che, per essere congrua, priva di salti logici e corretta sul versante giuridico, si sottrae a tutte le censure che le sono state mosse.

Il ricorso incidentale condizionato, proposto in relazione al capo della sentenza di appello concernente gli aspetti formali del licenziamento, con il quale si deduce violazione della L. n. 300 del 1970, art. 7, artt. 115 e 116 c.c.p., nonchè vizio di motivazione, rimane assorbito.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della ricorrente principale sostanzialmente soccombente.

 

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale; condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 30,00 per esborsi ed Euro 3000,00 per onorario oltre IVA, CPA e spese generali.

Redazione