Licenziamento (Cass. n. 402/2012) (inviata da R. Staiano)

Redazione 13/01/12
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Svolgimento del processo
Con sentenza del 19.12.2006 – 10.1.2007, la Corte d’Appello di Firenze, accogliendo il gravame principale proposto dall’lnps nei confronti della F. spa, della C. spa e della Cassa di Risparmio di F. spa, condannò la F. spa al pagamento, in favore dell’Istituto, della sanzione una tantum sulle inadempienze di cui ai nn. 523 e 524 della cartella esattoriale opposta (relative al mancato pagamento dei contributi pertinenti alle posizioni di un dirigente e di un dipendente, per i quali distinte sentenze avevano rispettivamente dichiarato l’illegittimità del recesso per giusta causa, con conseguente spettanza dell’indennità sostitutiva del preavviso, e l’illegittimità del licenziamento, con conseguente applicazione della tutela reale) e delle somme aggiuntive relative alle inadempienze di cui ai nn. 520 e 525 della medesima cartella esattoriale (relative alla mancata contribuzione sulle agevolazioni tariffarie praticate ai dipendenti).
A sostegno del decisum, per ciò che ancora qui rileva, la Corte territoriale ritenne:
quanto alle inadempienze di cui ai nn. 523 e 524, che l’effetto giuridico delle sentenze, il solo rilevante nella specie, retroagiva necessariamente a prima del compimento dell’atto illecito;
quanto alle inadempienze di cui ai nn. 520 e 525, che I’ esistenza, all’epoca dei fatti, di un’unica decisione emanata al riguardo dal Pretore Penale di Milano, proprio perché unica non poteva di per sé esprimere un contrasto negli assetti interpretativi. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la F. spa ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro motivi e illustrato con memoria.
L’lnps ha resistito con controricorso.
Le intimate C. spa e Cassa di Risparmio di F. spa non hanno svolto attività difensiva.

 

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione dell’art. 1, comma 218, legge n. 662/96, in relazione all’art. 12 disposizioni sulla legge in generale, deduce, con riferimento all’applicazione della sanzione una tantum per le inadempienze connesse alla mancata contribuzione sulle agevolazioni tariffarie praticate ai dipendenti, che, attesa l’esistenza, all’epoca di tali inadempienze, di un solo precedente giurisprudenziale specifico (Pretura di Milano, Sezione Penale, in data 17.6.1994), con il quale era stata negata la sussistenza dell’obbligazione contributiva, doveva essere esclusa l’applicabilità della sanzione una tantum di cui all’art. 1, comma 217, lett. b), legge n. 662/96, stante l’applicabilità delle sola somma aggiuntiva di cui al successivo comma 218.
1.1 L’art. 1, comma 217, legge n 662/96 disciplina alla lettera a), in caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi il cui ammontare sia rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie, il “pagamento di una somma aggiuntiva, in ragione d’anno, pari al tasso dell’interesse di differimento e di dilazione di cui all’articolo 13 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, e successive modificazioni ed integrazioni, maggiorato di tre punti’; la successiva lett. b) contempla invece il pagamento, oltre alla somma aggiuntiva di cui alla lettera a), di una sanzione una tantum per l’ipotesi di evasione connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero.
Il comma 218 dello stesso articolo prevede che, in caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo, successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa, sempreché il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro il termine fissato dagli enti impositori, sia applicata “una somma aggiuntiva, in ragione d’anno, in misura pari al tasso dell’interesse di differimento e di dilazione di cui all’articolo 13 del D.L. 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 settembre 1981, n.
537 e successive modificazioni ed integrazioni.
1.2 Osserva la Corte che l’applicabilità del suddetto comma 218, pur nella ricorrenza di contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’ obbligo contributivo, è subordinato (“sempreché”) all’effettuazione del versamento dei contributi o premi
“entro il termine fissato dagli enti impositori; la ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non ha ivi indicato le emergenze probatorie (e, tanto meno, le ha riportate nel ricorso) dimostrative dell’avvenuto versamento dei contributi nel termine fissato dall’lnps (pur ricordando che sul punto era stato effettuato verbale di accertamento), né i tempi e i modi in cui avrebbe allegato in giudizio che (come sostenuto peraltro solo nella memoria ex art. 378 cpc) nessun termine le era stato fissato dall’Ente impositore: da ciò discende l’inammissibilità del motivo.
1.3 Ferma l’assorbente considerazione che precede, deve altresì osservarsi che il comma 218 si riferisce espressamente alla “somma aggiuntiva”, contemplata dalla lettera a) del precedente comma 217, della quale prevede sostanzialmente, la riduzione, con l’esclusione della maggiorazione di tre punti sul tasso dell’interesse di differimento e di dilazione, ma non contempla affatto la sanzione una tantum di cui alla lettera b) del medesimo comma 217, l’applicabilità della quale trova il suo presupposto nella ricorrenza dell’evasione connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero, cosicché, ricorrendone i presupposti, la debenza di tale sanzione non può ritenersi esclusa dalla eventuale sussistenza di contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo.
2. Con il secondo e il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente siccome fra loro connessi, la ricorrente denuncia violazione di plurime norme di diritto, deducendo che, soltanto con le sentenze che avevano dichiarato l’illegittimità del licenziamento per giusta causa del dirigente D. ritenendolo invece legittimo sotto il profilo oggettivo, con conseguente spettanza della indennità sostitutiva del
preavviso, e l’illegittimità del licenziamento intimato al dipendente C. con conseguente condanna della parte datoriale alla reintegra e al pagamento delle retribuzioni e dei contributi dal dì del
recesso, erano sorte le obbligazioni contributive a suo carico; pertanto, essendo stato rispettato il termine stabilito per il pagamento dei contributi, non erano applicabili né le somme aggiuntive, né le sanzioni una tantum.
2.1 La questione all’esame, con specifico riferimento al caso di licenziamento dichiarato illegittimo con conseguente ordine di reintegrazione, è stata già oggetto di disamina da parte della giurisprudenza di questa Corte, che, in particolare con la sentenza n. 7934/2009, ha ritenuto che l’omissione contributiva del datore di lavoro nel periodo compreso tra il licenziamento, dichiarato
illegittimo, e la reintegrazione, non rientra in alcuna delle fattispecie di evasione o omissione sanzionate dall’art. 1, commi 217 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, applicabile ratione temporis, né alcuna sanzione può essere irrogata per il ritardato versamento adducendo l’efficacia retroattiva che esplica la reintegrazione in caso di licenziamento illegittimo, atteso che il rapporto assicurativo non è assistito dalla medesima fictio iuris che caratterizza il rapporto di lavoro (che si considera, de iure, come mai interrotto); con la conseguenza che l’efficacia del licenziamento, costitutiva della cessazione del rapporto di lavoro, determina, nei rapporti tra datore obbligato ed ente previdenziale, l’impossibilità dei versamenti secondo le scadenze prefissate, e l’obbligazione contributiva non può, quindi, rivivere, retroattivamente, al momento della reintegra, sì da determinare la mora del debitore nei confronti dell’ente previdenziale e l’irrogazione della sanzione per la relativa omissione contributiva.
Ritiene il Collegio di non poter dar seguito a tale indirizzo ermeneutico.
L’azione diretta ad invalidare il licenziamento perché privo di giusta causa o giustificato motivo è da qualificarsi come azione di annullamento (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 5092/2001; 459/2011) e,
pertanto, la sentenza dichiarativa dell’illegittimità del licenziamento ha effettivamente natura costitutiva.
Tale sentenza, peraltro, ha effetti retroattivi, statuendo la debenza (ora per allora) di somme dovute al lavoratore, alle quali va riconosciuta natura non solo risarcitoria ma anche retributiva, con la conseguenza che l’attribuzione patrimoniale, sopravvivendo il rapporto di lavoro e quello assicurativo, è assoggettabile alla contribuzione previdenziale.
Non può dunque condividersi l’assunto secondo cui il rapporto assicurativo non sarebbe assistito dalla medesima fictio iuris che caratterizza il rapporto di lavoro, poiché proprio la previsione
legislativa (art. 18, comma 4, legge n 300/70 e successive modifiche) secondo cui la parte datoriale deve essere condannata “al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell’effettiva reintegrazione”, comporta la non interruzione de iure anche del rapporto assicurativo previdenziale collegato a quello lavorativo (cfr. con riferimento alla ricorrenza della tutela reale ex art. 18 legge n. 300/70, ex plurimis, Cass., SU, n. 11327/1991, Cass., nn. 2296/1986: 3688/1986, 3013/1989, 15621/2001).
Ciò premesso, poiché la sussistenza dell’obbligazione retributiva costituisce il presupposto della corrispondente obbligazione contributiva, quest’ultima sorge contestualmente alla ricorrenza della prima; ne discende, pertanto, che i contributi sono da ritenersi “dovuti’, ai fini dell’applicazione dell’art. 1, comma 217, legge n. 669/96, fin dal momento in cui in conseguenza degli effetti retroattivi delle pronunce di annullamento del licenziamento illegittimamente intimato, devono essere riconosciute al lavoratore le spettanze economiche in relazione alle quali insorge l’obbligazione contributiva (ricorrendo, pertanto, anche le omissioni contemplate ai fini dell’applicabilità della sanzione una tantum di cui alla lettera b) della norma suddetta).
La circostanza che, prima della sentenza dichiarativa dell’illegittimità del licenziamento, il datore di lavoro non sarebbe abilitato al pagamento della contribuzione non è dunque di per sé decisiva, una volta riconosciuto che anche il rapporto contributivo previdenziale – in forza della ricordata fictio iuris – deve ritenersi sussistente fin dalla data dell’illegittimo licenziamento.
Le considerazioni che precedono valgono, a fortiori, anche nel caso della ritenuta illegittimità del recesso per giusta causa intimato al dirigente, con conseguente spettanza a quest’ultimo dell’indennità sostitutiva del preavviso, considerato che, in tale ipotesi, la consequenziale obbligazione contributiva avrebbe dovuto essere assolta con riferimento temporale al recesso datoriale comunque efficace.
I motivi all’esame vanno pertanto disattesi.
3. Con il quarto, subordinato, motivo, la ricorrente, denunciando vizio di motivazione e violazione di norme di diritto (art. 1, comma 217, lett. b), legge n. 669/96), si duole che la Corte territoriale non
abbia preso in considerazione l’asserita ricorrenza, nella specie, dell’ipotesi contemplata dalla norma suddetta, in base alla quale “qualora la denuncia della situazione debitoria sia effettuata spontaneamente prima di contestazioni o richieste da parte degli enti impositori, e comunque entro sei mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o premi, la sanzione di cui alla presente lettera non è dovuta sempreché il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro trenta giorni dalla denuncia stessa; sostiene infatti la ricorrente di avere spontaneamente denunciato all’Inps, prima di qualsivoglia contestazione da parte dell’Ente, le obbligazioni scaturite dalle ricordate sentenze dichiarative dell’illegittimità dei licenziamenti D. e C. L.
3.1. Osserva il Collegio che la doglianza muove pur sempre dall’assunto (non condivisibile alla stregua delle considerazioni che precedono) secondo cui le obbligazioni contributive sarebbero
insorte soltanto con le pronunce dichiarative dell’illegittimità dei licenziamenti.
Così non essendo deve considerarsi che l’applicabilità della norma invocata richiede, oltre alla spontaneità della denuncia, anche che detta denuncia sia effettuata “comunque entro sei mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o premi”.
Ne discende che l’inapplicabilità della sanzione una tantum deve essere senz’altro esclusa laddove la denuncia spontanea sia avvenuta oltre i sei mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi.
Ciò, come emerge dallo stesso contenuto di tali denunce, quali trascritte in ricorso, si è sicuramente verificato per i contributi relativi alla posizione D., essendo il diritto all’indennità insorto alla cessazione del rapporto (3.9.1997), prima quindi del sesto mese dall’invio della denuncia spontanea (13.4,1999).
Per ciò che riguarda la posizione C. l’insorgenza dell’obbligazione contributiva va invece individuata con riferimento alle distinte scadenze dei ratei retributivi afferenti al periodo intercorrente fra il licenziamento e la reintegra: poiché la denuncia spontanea è stata inoltrata il 12.5.1999 e, secondo quanto allegato e non contestato in punto di fatto, le spettanze arretrate sono state corrisposte per il periodo 26.3.1998 – 30.3.1999 e il pagamento dei contributi è avvenuto prima ancora della denuncia spontanea, per una parte dei contributi dovuti (quelli cioè afferenti ai ratei ricompresi nel semestre anteriore alla denuncia spontanea) deve essere esclusa l’applicabilità della sanzione una tantum.
Nei suddetti limiti il motivo all’esame merita quindi accoglimento.
4. Per le suesposte considerazioni il ricorso va quindi accolto nei limiti indicati. solo con riferimento al quarto motivo.
Per l’effetto la sentenza impugnata va cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio, per nuovo esame, al Giudice designato in dispositivo, che provvederà altresì sulle spese del giudizio di
cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie nei limiti di cui in motivazione il quarto motivo di ricorso, rigetta le restanti censure e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione.

Redazione