Legittimo l’allontanamento dell’addetto alla refezione scolastica che sniffa cocaina all’interno dell’istituto scolastico (Cons. Stato n. 2281/2013)

Redazione 24/04/13
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Fatto e diritto

Il sig. M. G. prestava servizio presso il Comune di Milano, quale dipendente a tempo determinato (da ultimo nel periodo 10 marzo – 9 settembre 1997), con mansioni di addetto alla refezione scolastica.
Nell’aprile 1997 la direzione dei servizi ausiliari del Comune riceveva una nota della coordinatrice di zona, che rappresentava di avere appreso, in via confidenziale, che il sig. M. G., unitamente ad altri soggetti, si appartava in alcuni locali dell’istituto scolastico per “sniffare cocaina”.
La stessa coordinatrice sollecitava il Comune ad adottare i necessari provvedimenti in considerazione delle delicate mansioni svolte dal sig. G. e della circostanza che il luogo di lavoro era frequentato da circa 600 bambini
Veniva, pertanto, interessata la polizia municipale di Milano che riferiva di avere raccolto altra testimonianza di contenuto analogo ma, nel contempo, rappresentava anche la indisponibilità del testimone a confermare formalmente i fatti.
Con nota del 12 giugno 1997 la coordinatrice comunicava altri dettagli sulla vicenda e proponeva l’allontanamento dell’interessato dal luogo in cui svolgeva l’attività, consistente nella preparazione e cottura dei pasti destinati ai bambini dell’istituto scolastico.
L’amministrazione comunale, visto l’imminente scadere del termine del rapporto di lavoro con il sig. M. G., preferiva non intervenire, ma, nel successivo mese di ottobre 1997, non ritenendo utile continuare ad avvalersi della sua collaborazione, con provvedimento n. 37005350 del 28.10.1997 gli negava il conferimento di un nuovo incarico, pur rientrando nella relativa graduatoria.
Avverso tale provvedimento il sig. M. G. proponeva ricorso al T.A.R. per la Lombardia, sede di Milano, lamentando l’illegittimità dello stesso per eccesso di potere, falsa ed erronea motivazione.
Il T.A.R., con sentenza n. 3118 del 5 dicembre 2000, depositata il 13 aprile 2001, ha accolto il ricorso, annullando l’atto gravato.
Avverso la sentenza ha proposto appello il Comune di Milano che, con unico articolato motivo, sostiene che il provvedimento amministrativo annullato esprime un giudizio di carattere globale in ordine all’inadeguatezza, sotto il profilo professionale, delle prestazioni svolte dal sig. G. e non solo per l’assunzione di sostanze stupefacenti, peraltro ritenuta ampiamente provata.
Si è costituito in giudizio il sig. M. G. che ha chiesto il rigetto dell’appello e la integrale conferma della sentenza gravata.
L’appello è fondato e va accolto.
Invero, il giudice di prima istanza ha ritenuto che il provvedimento di diniego al conferimento del nuovo incarico al sig. G. sarebbe stato determinato dalla circostanza, peraltro non provata, che lo stesso facesse uso di sostanze stupefacenti durante il servizio, mentre la motivazione espressa nel dispositivo dello stesso provvedimento è stata di “una deficiente professionalità” del dipendente nell’espletamento delle mansioni affidategli. Ciò avrebbe prodotto, a parere del T.A.R., l’illegittimità dell’atto gravato perché basato su una motivazione falsa ed erronea.
L’assunto non è condivisibile, atteso che il provvedimento in questione è stato adottato dal Comune sulla base della relazione del responsabile del servizio presso il quale l’interessato ha operato, anche per il complessivo comportamento tenuto dello stesso sul luogo di lavoro.
In ordine all’inadeguatezza sotto il profilo professionale delle prestazioni, nella relazione del 14 ottobre 1997, il direttore del settore servizi educativi del Comune affermava che “non ritiene utile avvalersi della collaborazione” del sig. M. G., esprimendo un giudizio complessivo al riguardo, facendo riferimento a tutti i precedenti atti intercorsi con l’ufficio del personale e più complessivamente con la struttura amministrativa comunale, con riguardo al comportamento, e quindi al rendimento in servizio, del dipendente.
La vicenda, oggetto di ampio approfondimento e scambio di corrispondenza interna tra gli uffici, trae origine, invero, da un primo rapporto in data 10 aprile 1997 della coordinatrice di zona dei servizi ausiliari, che faceva presente di aver appreso in due occasioni, da personale interno, che il G. si appartava con altro operatore comunale (poi cessato dal servizio) e con un dipendente di ditta esterna per “sniffare cocaina”.
La polizia urbana, interessata alla questione, pur non essendo stata in condizione di verificare i fatti, con nota del 12 giugno 1997 sconsigliava, quindi, che i sospettati fossero mantenuti in contatto con i minori.
Tale soluzione veniva condivisa dalla coordinatrice di zona, sia per il G. che per l’altro dipendente comunale sospettato di assumere droga che con lui si appartava, tendendo così ad assentarsi dal lavoro.
Con nota del 27 giugno 1997 il direttore di settore ff. della refezione scolastica, tenuto conto di tali circostanze, ritenute “gravi e precise”, segnalava al settore personale l’opportunità che “allo scadere del contratto a tempo determinato… non sia disposta la proroga già richiesta per i collaboratori dei Servizi di cucina assunti a t.d., data la delicatezza dei compiti a cui i cuochi sono adibiti (contatto con alimenti e contatto con minori) e data ovviamente l’impossibilità per lo scrivente di assegnare il dipendente a mansioni che escludano la manipolazione di cibi”.
Alla luce di quanto rappresentato, non è dubbio che le prestazioni dell’interessato non potevano più ritenersi adeguate e utili per l’amministrazione, così da giustificare il rinnovo della sua assunzione a tempo determinato proprio quale collaboratore del servizio di cucina presso le scuole comunali.
Giova soggiungere, inoltre, che l’adeguatezza sotto il profilo professionale delle prestazioni di un dipendente presuppone il persistere di un vincolo fiduciario con l’amministrazione, per cui non deve sussistere il sospetto che il comportamento tenuto, anche nella vita privata, possa avere ripercussioni all’interno dell’ambiente di lavoro.
E tra i comportamenti gravi e rilevanti che giustificano il recesso per giusta causa, va ricondotta l’assunzione di sostanze stupefacenti, specie se ciò pregiudichi l’applicazione costante al lavoro.
In tali sensi si è espressa anche la Corte di Cassazione con sentenza del 26.4.2012, n. 6498.
Il provvedimento risulta coerente, infine, con la delibera della Giunta Municipale n. 3566/1997, con cui era già stato disposto di non procedere all’assunzione del personale che avesse riportato, come avvenuto nel caso di specie, un giudizio negativo formulato dal settore di assegnazione nelle ipotesi di “insoddisfacente comportamento in servizio” e di “altre gravi e motivate ragioni”.
Conclusivamente l’appello è fondato e da accogliere e, conseguentemente, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso di primo grado.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione