Legittimo impedimento del difensore: non rileva, ai fini di un rinvio di udienza, nei procedimenti in camera di consiglio (Cass. pen., n. 43789/2013)

Redazione 25/10/13
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

C.S. ricorre per cassazione contro la sentenza in data 16/11/2011, con la quale la Corte di Appello di Bologna ha confermato la condanna inflittagli dal giudice di primo grado per il reato ex art. 385 c.p. e a sostegno della richiesta di annullamento articola due motivi.

Con il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 178 c.p.p. in riferimento al mancato rinvio dell’udienza camerale per impedimento del difensore, che aveva aderito all’astensione proclamata dalla classe forense e censura l’errore della corte di merito, che aveva ritenuto non necessaria la presenza del difensore, trattandosi di rito camerale ex art. 127 c.p.p., in tal modo violando le disposizioni concernenti l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato e il diritto del difensore di aderire alla proclamata astensione.

Con il secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla mancata valutazione del profilo psicologico del reato, essendo il ritardato rientro alla propria abitazione dovuto a circostanze di fatto debitamente accertate e provate, nonchè in riferimento al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 385 c.p., comma 4.

Il ricorso è inammissibile.

Il primo motivo è manifestamente infondato, laddove pone in discussione il principio ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, a mente del quale il legittimo impedimento del difensore, quale causa di rinvio dell’udienza, non rileva nei procedimenti in camera di consiglio – quale quello in discussione -, per i quali è previsto che i difensori, il P.M. e le altre parti interessate siano sentite solo se compaiono, sicchè ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio è sufficiente che vi sia stata la notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza (ex plurimis Cass. sez. 1 20/12/2012-5/2/2013 n. 5722 Rv. 254807).

Il secondo motivo introduce una censura, fondata su argomenti in fatto e congetturali, preclusi in questa sede, a fronte di una motivazione sul punto immune da vizi logici o giuridici, laddove valorizza la arbitrarietà degli spostamenti non autorizzati.

Inoltre pone in discussione il principio, ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, per cu l’attenuante de qua è applicabile all’imputato nelle sole ipotesi – che qui non ricorrono – in cui questi, prima della condanna si adoperi efficacemente e spontaneamente, costituendosi in carcere o comunque tenendo una condotta assimilabile, quale la consegna spontanea ad una autorità, che abbia l’obbligo di tradurvelo, per eliminare le conseguenze negative del reato (ex multis Cass. sez. 6 18/2-28/4/2004 n. 19648 rv. 228137).

Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2013.

Redazione