Legittimo il sequestro sui beni oggetto di vendita in sequenza (Cass. pen. n. 19524/2013)

Redazione 07/05/13
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Svolgimento del processo

1. Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Rieti ha confermato il decreto di sequestro preventivo di un complesso di beni immobili emesso dal G.I.P. del medesimo Tribunale in data 25/10/2012 nell’ambito delle indagini relative al reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11.

Nell’ordinanza si osserva che in base a verifiche fiscali era emerso che la società *************** era debitrice nei confronti dell’Erario della somma di Euro 1.214.422,76 corrispondente a 19 cartelle esattoriali emesse da Equitalia.

Successivamente alla notifica di 7 delle 19 cartelle esattoriali A.A., rappresentante legale della società, aveva venduto i beni oggetto del sequestro. In particolare, detti beni immobili erano transitati prima per la Darima Immobiliare S.r.l., rappresentata da P.G., madre dell’indagato, poi erano stati da questa venduti alla Pavant S.r.l., rappresentata da M. R., ed infine venduti alla D.R.M. ******, rappresentata da P.Z., moglie dell’indagato, e da A.S., fratello dell’Indagato. Sulla base di tali risultanze e di ulteriori elementi la pubblica accusa aveva ipotizzato il reato di cui al D.Lgs n. 74 del 2000, art. 11, e nel provvedimento impositivo della misura cautelare i beni oggetto del sequestro erano stati identificati come mezzo per commettere il reato.

L’ordinanza ha rigettato le deduzioni difensive con le quali gli istanti per il riesame avevano eccepito l’Incompetenza per territorio dell’autorità giudiziaria procedente, in quanto il primo atto di compravendita era stato stipulato a (omissis); dedotto che il debito della società ******** nei confronti di Equitalia era di incerta natura e che lo stesso, in ogni caso, era sensibilmente inferiore all’ammontare indicato, risultando complessivamente di Euro 353.410,68, secondo la prima cartella esattoriale notificata successivamente alla stipula dei primo atto di vendita.

In particolare, con riferimento all’eccezione di incompetenza per territorio, l’ordinanza ha affermato che il reato era stato realizzato attraverso una pluralità di trasferimenti, costituenti un’operazione unitaria, perfezionatasi con l’ultima vendita degli immobili, posta in essere nel territorio di competenza del G.I.P. di Rieti.

2. Avverso l’ordinanza hanno proposto ricorso gli istanti per il riesame, tramite il difensore, che la denuncia con due mezzi di annullamento.

2.1 Violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 18, e art. 8 c.p.p., art. 12 c.p.p., lett. b), e art. 16 c.p.p., in relazione all’art. 27 c.p.p.; violazione ed errata applicazione dell’art. 12 c.p.p., lett. b), e art. 16 c.p.p., in relazione all’art. 81 c.p., comma 2.

L’ordinanza ha erroneamente fatto rientrare la fattispecie oggetto di indagine nella categoria del “reato a consumazione segmentata”, in cui la condotta dovrebbe ritenersi unitaria e quindi consumata nel luogo dell’ultimo atto posto in essere.

Il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11, invece, ha natura istantanea e si consuma nel momento e nel luogo in cui viene effettuata la simulata alienazione di beni o posti in essere altri atti fraudolenti sul propri o altrui beni in modo da rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva. Nel caso In esame l’atto dispositivo con il quale la società *************** avrebbe sottratto i beni sequestrati alle ragioni dell’erario è esclusivamente l’atto di compravendita stipulato in (omissis). Solo tale atto infatti ha formato oggetto di azione revocatoria proposta da Equitalia e solo tale atto di vendita è stato contestato nella imputazione all’ A.. Gli ulteriori atti di disposizione, seppure riconducibili, in ipotesi, allo stesso imprenditore, non hanno mutato il quadro, ma possono al più servire a corroborare l’ipotesi criminosa. Le alienazioni successive possono ritenersi avvinte alla prima dal vincolo dell’unicità del disegno criminoso, che però determina la competenza sempre in relazione al luogo in cui è stato commesso il primo reato.

2.2 Violazione ed errata applicazione dell’art. 321 c.p.p., comma 2, art. 240 c.p., e art. 25 Cost., art. 125 c.p.p..

La fattispecie di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11, si riferisce esclusivamente alle imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

Di fronte alla deduzione difensiva riguardante l’Incertezza in ordine alla natura del debito tributario posto a fondamento dell’ipotesi di reato, l’ordinanza si è limitata ad affermare che secondo la segnalazione proveniente da Equitalia il debito di imposta della Antonini S.r.l. ammontava a Euro 911.873,37, oltre Euro 249.895 di mora.

Non è stata, pertanto, verificata l’esistenza dell’elemento costitutivo del reato rappresentato dalla natura del debito tributario, che deve riferirsi all’IRPEF o all’IVA e non ad altre imposte di diversa natura.

Si deduce anche che con la memoria difensiva era stata depositata documentazione comprovante che il debito di imposta relativo alle prime sette cartelle esattoriali era stato estinto, per cui si era proceduto alla cancellazione dell’ipoteca iscritta da Equitalia su altro immobile.

Motivi della decisione

1. Il ricorso non è fondato.

2. Osserva la Corte, in relazione al primo motivo di gravame, che la giurisprudenza citata dai ricorrenti, secondo la quale il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11) si consuma nel momento e nel luogo in cui venga posto in essere qualsiasi atto che possa mettere in pericolo l’adempimento dell’obbligazione tributaria (sez. 3, sentenza n. 23986 del 05/05/2011, *******, Rv. 250646; sez. 3, 27/10″010 n. 40481), si riferisce all’Ipotesi in cui vi sia unicità dell’atto negoziale con il quale la parte aliena simulatamente I suoi beni e comunque pone in essere un atto di disposizione degli stessi al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto.

La stessa norma, però, prevede anche l’ipotesi di un’attività più complessa ed articolata sui propri o su altrui beni, idonea a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva.

E’ evidente in tale seconda ipotesi il riferimento ad una condotta, che si articoli in un complesso di atti dispositivi o di diversa natura collegati tra loro, tutti finalizzati al raggiungimento del medesimo scopo fraudolento.

Il compimento di un unico atto di trasferimento, infatti, nella maggior parte dei casi può rivelarsi inidoneo al fine di sottrarre i beni che ne formano oggetto alle pretese del fisco, essendo gli stessi agevolmente recuperabili tramite l’azione revocatoria citata dagli stessi ricorrenti, che sarebbe stata posta in essere nei loro confronti dall’erario.

Una pluralità di passaggi proprietari, che peraltro nel caso in esame si palesa del tutto carente di qualsiasi giustificazione, rende invece più difficile l’individuazione del destinatario finale dei beni ed il loro recupero alle ragioni dell’erario.

Orbene, proprio tale ipotesi, secondo l’accertamento di merito, si è verificata nel caso in esame.

In tale ipotesi, però, ai fini della configurazione del reato, non assume rilevanza il singolo atto negoziale, bensì il complesso unitariamente considerato di quelli che risultano finalizzati al raggiungimento del medesimo scopo.

In tal caso la fattispecie criminosa si caratterizza per la natura complessa della condotta, che si articola nella esecuzione di una pluralità di trasferimenti di beni, che non assumono di per sè rilevanza decisiva e risultano tutti finalizzati al raggiungimento del medesimo scopo, la cui consumazione si perfeziona con l’ultimo degli atti posti in essere, (cfr., sia pure con riferimento ad una diversa ipotesi criminosa, sez. 2, sentenza n. 39756 del 05/10/2011, ********** ed altri, Rv. 251192; conf. sez. 1, 28/05/2010 n. 23266, RV 247581).

Orbene, l’ordinanza impugnata ha correttamente applicato tale principio di diritto, affermando, nel caso in esame, la competenza del G.I.P. di Rieti, sulla base dell’accertamento che la pluralità di trasferimenti immobiliari costituiscono un’operazione unitaria, finalizzata alla sottrazione fraudolenta al pagamento dei debiti di imposta, con la conseguenza che la commissione del reato si è perfezionata nel momento in cui è stata realizzata l’ultima di tali operazioni.

3. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.

L’ordinanza ha escluso che vi fosse incertezza in ordine alla natura dei crediti mediante il riferimento alla informativa della polizia giudiziaria, dalla quale si evince il chiaro riferimento della verifica fiscale ad ipotesi criminose riconducigli atta fattispecie di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8.

Anche i rilievi in ordine alla intervenuta cancellazione di ipoteca sono stati esaminati dal giudici di merito, che hanno escluso che la stessa fosse riconducibile all’intervenuto annullamento delle cartelle esattoriali, bensì a vizi relativi all’iscrizione dell’ipoteca.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2013.

Redazione