Legittimo annullamento di aggiudicazione con escussione della relativa cauzione provvisoria per irregolarità contributiva per mancato versamento di importi pari ad € 12.810,00 (TAR N.01658/2011)

Lazzini Sonia 03/11/11
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Rilevano inadempimenti contributivi anche inerenti a sfere di attività estranee all’oggetto del contratto messo a gara

la ratio della normativa in tema di regolarità contributiva delle ditte partecipanti alle procedure di evidenza pubblica è finalizzata a garantire l’affidabilità complessiva delle concorrenti e non dell’offerta relativa ad un determinato appalto, con la conseguenza che rilevano inadempimenti contributivi anche inerenti a sfere di attività estranee all’oggetto del contratto messo a gara.

Si premette, in punto di fatto, che è pacifico e risulta confermato dalle emergenze processuali (cfr. DURC del 25 novembre 2010 e nota confermativa dell’INPS di Castellammare di Stabia n. 0095937 del 16 dicembre 2010) che la società ricorrente versava in situazione di irregolarità contributiva per mancato versamento di importi pari ad € 12.810,00 (oltre a sanzioni per ritardato pagamento), sia alla data di presentazione dell’istanza di partecipazione (10 settembre 2010) sia alla data di scadenza per la presentazione delle offerte fissata nel bando di gara (13 settembre 2010).

Orbene, assodata la suddetta circostanza, non meritano condivisione le doglianze di parte ricorrente incentrate sull’omesso accertamento, da parte della stazione appaltante, della gravità e definitività della violazione contributiva commessa, sulla contraddittorietà degli atti amministrativi adottati, nonché sulla violazione del principio del contraddittorio procedimentale.

Infatti, quanto all’aspetto della gravità e definitività della violazione contributiva, è principio consolidato in giurisprudenza, e condiviso dal Collegio, che il DURC (unitamente alle analoghe certificazioni degli enti previdenziali) si configura come dichiarazione di scienza, da collocarsi fra gli atti di certificazione o di attestazione redatti da un pubblico ufficiale ed aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso della pubblica amministrazione, assistito da pubblica fede ai sensi dell’art. 2700 c.c.; pertanto, esso fa prova fino a querela di falso e, attesa la sua natura giuridica, non lascia alla stazione appaltante alcun margine di valutazione o di apprezzamento in ordine ai dati ed alle circostanze in esso contenute inerenti al settore previdenziale, in considerazione dei gravi effetti negativi sui diritti dei lavoratori, sulle finanze pubbliche e sulla concorrenza tra le imprese derivanti dalla mancata osservanza degli obblighi in materia (cfr. per tutte Consiglio di Stato, Sez. V, 4 agosto 2010 n. 5213; Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 aprile 2010 n. 1934 e n. 1931).

 

Inoltre, a seguito dell’entrata in vigore del d.m. 24 ottobre 2007 (emanato in attuazione dell’art. 1, comma 1176, della legge n. 296/2006), il DURC ha acquisito l’idoneità ad attestare anche la qualità dell’inadempimento degli obblighi contributivi, dando conto solo delle situazioni irregolari che superano una certa soglia di gravità (determinata autonomamente dal citato decreto) e di quelle definitivamente accertate, con la conseguenza che in forza di tale decreto la dichiarazione di irregolarità contenuta nel DURC è destinata a costituire grave indizio, sufficiente ai fini dell’adozione dei provvedimenti di autotutela per insussistenza del requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. i), del codice dei contratti pubblici, che sia stata commessa una violazione contributiva grave e definitivamente accertata (cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, 7 luglio 2010 n. 16605).

Ne discende che la presenza, nel caso di specie, di DURC e di successiva certificazione previdenziale che davano conto di una situazione di irregolarità contributiva in sé grave e definitivamente accertata, non fa configurare in capo alla stazione appaltante alcuna omissione di doveroso accertamento.

Né, come adombrato dalla ricorrente, tale irregolarità contributiva può essere scusata in base al fatto che nella fattispecie sarebbe stato commesso un mero errore nelle deleghe di pagamento, in quanto tale errore, determinando un inesatto adempimento dell’obbligazione contributiva, assume valenza sostanziale e non meramente formale.

Né, tantomeno, è ravvisabile alcuna contraddittorietà nel comportamento della stazione appaltante od alcuna lesione del principio del contraddittorio, dal momento che, da un lato, la giurisprudenza richiamata nel corpo della nota prot. n. 670 dell’11 gennaio 2011 (Consiglio di Stato, Sez. V, 19 novembre 2009 n. 7255) non appare in contraddizione con le determinazioni assunte dall’amministrazione, e poiché, dall’altro, alla ricorrente è stato assicurato un sufficiente margine per fornire i propri chiarimenti prima dell’adozione del provvedimento di revoca (cfr. nota comunale prot. n. 30389 del 2 dicembre 2010, in atti).

Con altra censura, parte ricorrente stigmatizza che la matricola contributiva collegata all’insoluto “è quella concernente l’attività di noleggio della società ricorrente, e non la matricola contributiva relativa al trasporto pubblico e scolastico, rilevante nell’appalto di cui all’oggetto, la cui regolarità non è stata mai intaccata”.

Anche tale doglianza non merita condivisione, giacché la ratio della normativa in tema di regolarità contributiva delle ditte partecipanti alle procedure di evidenza pubblica è finalizzata a garantire l’affidabilità complessiva delle concorrenti e non dell’offerta relativa ad un determinato appalto, con la conseguenza che rilevano inadempimenti contributivi anche inerenti a sfere di attività estranee all’oggetto del contratto messo a gara.

Quanto sopra esposto riveste carattere assorbente ed esime il Collegio dall’esaminare le censure, articolate nei motivi aggiunti, con cui si contestano le ulteriori ragioni giustificative del provvedimento di revoca, contenute nella nota prot. n. 4364 del 18 febbraio 2011, dal momento che la ricorrente era comunque priva del requisito di ammissione alla gara previsto dall’art. 38, comma 1, lett. i), del codice dei contratti pubblici.

Soccorre, al riguardo, il condiviso principio secondo il quale, laddove una determinazione amministrativa di segno negativo tragga forza da una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali sia di per sé idonea a supportarla in modo autonomo, è sufficiente che anche una sola di esse passi indenne alle censure mosse in sede giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti esente dall’annullamento (cfr. per tutte Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 luglio 2010 n. 4243; Consiglio di Stato, Sez. V, 27 settembre 2004 n. 6301).

In conclusione, resistendo gli atti impugnati a tutte le censure prospettate, il ricorso principale, come integrato dai motivi aggiunti, deve essere respinto per infondatezza.

Sentenza collegata

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